
Ždanov
Sul politicamente corretto
Algra Editore, 2024
«Contemporanea, 9»
Pagine 160
€ 14,00
In una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole
e di dire quello che pensa.
(Spinoza, Tratctatus Theologico-Politicus, titolo del cap. XX)
Questa la quarta di copertina, firmata da Davide Miccione, Direttore della collana nella quale il libro esce:
«Il politicamente corretto, l’oblio del corpo e della biologia, il crollo di ogni tentativo di trasmettere un’attitudine alla comprensione del reale, l’odio per la propria storia culturale e le sue feconde contraddizioni, il tentativo di operare ortopedicamente sul linguaggio. Questi sono alcuni degli argomenti di Ždanov. Evocando sin nel titolo i guardiani delle più ottuse ortodossie novecentesche Biuso compie una difesa solenne e dolente e a volte dura e beffarda della necessità di serbare il pensiero, la libertà e la nostra natura cercante di fronte a chi ha deciso di maneggiare la bontà e i valori come fossero un randello o un sudario» .
E questa è la pagina introduttiva:
«Andrej Aleksandrovič Ždanov (1896-1948) fu, tra l’altro, capo del Dipartimento per l’agitazione e la propaganda dello Stato Sovietico. In questa veste elaborò una Dottrina per la quale ciò che viene chiamato scienza, cultura e conoscenza deve essere sempre subordinato agli scopi supremi della pubblica autorità, a ciò che tale autorità ritiene essere un Valore, costituire il Bene. Questo libro intende mostrare che lo spirito di Ždanov, lo ždanovismo, pervade di sé molti fenomeni collettivi e molta elaborazione culturale del XXI secolo e soprattutto intrama la tendenza omologatrice, uniformante e politicamente corretta dei media, della rete Internet, delle università e dei governi. In questo senso, Ždanov non è un testo dedicato soltanto al politicamente corretto ma costituisce un tentativo di ragionare sulla difficoltà o persino sulla impossibilità di buona parte della cultura dominante di pensare il mondo. Di questo inciampo il politicamente corretto è spesso l’aspetto più grottesco e in ogni caso emblematico e assai grave.
Naturalmente, il libro avrebbe potuto intitolarsi anche Goebbels. Sul politicamente corretto» (p. 9)
Il libro si compone di una premessa, sei capitoli e l’indice dei nomi:
Un titolo
1. Un sintomo
2. Umanitarismo
3. Contro l’etica
4. La dissoluzione della scuola e delle università
5. Femmine e maschi
6. In difesa delle libertà
Indice dei nomi
Il volume è disponibile in varie librerie e sul sito dell’editore, che ringrazio ancora una volta per l’apertura e il coraggio che mostra nel pubblicare libri così critici nei confronti delle idee dominanti.
Recensioni
–Marcosebastiano Patanè su il Pequod, n. 10, dicembre 2024
–Federico Nicolosi su Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre-dicembre 2024
–Stefano Isola su ACrO-Pólis, 25 agosto 2024
–Marta Mancini su Aldous, 3 luglio 2024
–Enrico Palma su Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 11 giugno 2024
–Sergej su girodivite.it, 23 maggio 2024
–Sarah Dierna su Discipline Filosofiche, 29 aprile 2024
34 commenti
agbiuso
Quando si inizia a porre delle eccezioni alla libertà di espressione, il risultato non può che essere uno solo, questo:
agbiuso
L’Ue getta la maschera: la libertà è solo un’illusione
il Simplicissimus, 26.5.2025
Nell’immagine di apertura vedete il documento grazie al quale Thomas Mann fu espulso dalla Germania nel 1936. Trattandosi di un premio Nobel, cosa che allora aveva un valore, e visto che lo scrittore non aveva ascendenze ebraiche, la cosa si presentava abbastanza delicata e così l’espulsione venne richiesta ufficialmente da Ernst von Weizsäcker, allora inviato del governo nazista a Berna, a causa di una lettera di Mann pubblicata dalla Neue Zürcher Zeitung, il giornale di Zurigo, fortemente contraria alla politica del Terzo Reich. Caso del destino, il figlio di von Weizsäcker, Richard, diventerà il presidente della Germania appena riunificata. Ci si potrebbe domandare se sia una mera coincidenza, oppure il contesto dei veleni di allora non abbia continuato a vivere sottopelle in attesa di rispuntare alla prima occasione propizia. E questa ha un nome inequivocabile: Ue. Sì perché sta accadendo di nuovo: il Consiglio dell’Unione Europea ha imposto sanzioni per la prima volta contro due giornalisti tedeschi, Alina Lipp e Thomas Röper che ha fama internazionale.
Le accuse nei confronti dei due sono stanzialmente analoghe e si riferiscono al fatto che essi diffondono “sistematicamente disinformazione sulla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e delegittimano il governo ucraino, soprattutto allo scopo di manipolare il sentimento pubblico tedesco riguardo al sostegno all’Ucraina”. Inoltre, in particolare Röper, “è coinvolto e sostiene l’uso della manipolazione e dell’interferenza delle informazioni e facilita un conflitto armato in un Paese terzo“. Siamo evidentemente nel Paese di Alicee dove decisori che non sembrano avere un’età mentale di molto superiore a quella in cui normalmente si legge il racconto di Lewis Carroll, fanno carne di porco di ogni regola della democrazia: la disinformazione consiste nel dire che la Russia sta vincendo la guerra, fatto inequivocabile, e che il governo ucraino è illegittimo, cosa del tutto ovvia visto che le elezioni sono saltate da oltre un anno e questo, anzi, è uno dei problemi che si pongono sulla via della pace. La disinformazione semmai viene da chi dice il contrario.
Ma in ogni caso ci si chiede che fine abbia fatto l’articolo 11 della carta fondamentale dell’Unione secondo cui “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere e comunicare informazioni e idee senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà e il pluralismo dei media devono essere rispettati”. Buttato nel luogo dove dovrebbe stare tutta l’Ue. Però ecco la trovata pseudo giuridica, anzi meramente linguistica: visto che in mancanza di reato, non ci può essere punizione, il Consiglio dice che devono essere prese delle “misure” che sono di fatto peggio della galera, ovvero il divieto di ingresso in altri Paesi dell’Unione e il “congelamento” di tutti i beni che equivale al sequestro. Secondo la legge tedesca la confisca dei beni è attuabile solo in presenza di un reato penale (ma in questo caso non esiste) che abbia direttamente a che fare con i beni stessi. Ma evidentemente la decisione del Consiglio diventerà preminente, specie con il cancelliere BlackRock. Il livello intellettuale, oltre che etico è così deprimente che alla fine di questo riaccendersi dell’inquisizione, il Consiglio dice che tutto questo sarebbe conforme alle leggi europee, anche se non tenta minimamente di spiegare come mai le opinioni sono libere solo quando coincidono con quelle della Ue e dei suoi capetti corrotti. In questo caso il mascheramento di decisioni contrarie a qualsiasi legge di uno stato di diritto, corrisponde allo smascheramento della dittatura di fatto che si va preparando.
Faccio notare che nel testo di questo scellerato Consiglio di assoluti servi del potere finanziario, si trova uno dei topoi del globalismo, ovvero l’idea che esprimere un’opinione, sia perciò stesso “manipolare”. In un certo senso è ovvio che sia così, visto che da anni le opinioni pubbliche vengono condizionate attraverso narrazioni inconsistenti e del tutto contrarie alla realtà delle cose: si teme che la corrente principale del discorso pubblico venga perturbata. Il globalismo delle menzogne insomma concepisce l’informazione esclusivamente come manipolazione dal momento che è ciò che fa in continuazione. Viviamo infatti in una mediocrazia che ha reciso qualsiasi legame con i cittadini. Certo non è un caso che le decisioni contro Alina Lipp e Thomas Röper, arrivino dopo che quest’ultimo ha decostruito e ridicolizzato le ragioni con cui l’Ue si appresta ad istituire un tribunale farsa contro la Russia, cui non parteciperanno gli Stati Uniti. Un tribunale che tra l’altro costerà un miliardi di euro, senza tenere conto degli “incentivi” ai giudici che dovranno far passare tesi del tutto contrarie ai fatti. Ma tutto questo alle fine servirà a Bruxelles per rubare alla Russia i 300 miliardi congelati dalla Ue. Cosa che sarà l’atto finale dell’euro, moneta con cui nessuno vorrà più avere a che fare.
agbiuso
Pensare a vanvera
il Simplicissimus, 18.5.2025
Succedono cose davvero strane e inesplicabili, o meglio giustificabili con la semplice assenza di pensiero dietro le parole, l’abracadabra delle formule politicamente corretto o le parole d’ordine che vengono sparse come lo ioduro d’argento nelle nuvole per far piovere. Per esempio quando si stava formando il nuovo governo tedesco era emersa nelle cronache la notizia che l’Afd era stato schedato come movimento “sicuramente di estrema destra” dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, cosa che poteva anche essere interpretata come il tentativo di mettere fuori legge questo partito. Ma adesso che il governo è fatto, questa schedatura è stata frettolosamente cancellata. Ora lasciamo perdere il gioco politico dietro tale andirivieni di definizioni e il fatto, strutturalmente assai più inquietante, che l’ufficio per la protezione della Costituzione sia un’ emanazione del ministero dell’Interno, realizzando un vulnus non da poco per lo Stato di Diritto: la cosa rilevante è che questa cavolata ha focalizzato per due o tre settimane il dibattito pubblico. Dietro però non c’era nulla, solo una bolla di sapone come dimostra il fatto che si è passati da un’opinione a un altra in brevissimo tempo.
In realtà la gran parte delle cose che formano il mormorio dell’informazione e dei social, è semplice aria fritta, o magari solo impanata, discutono di cose che non hanno senso e che chiudono le persone dentro un labirinto che impedisce loro di percepire il mondo reale e li fa correre in giro, almeno fino a quando quando esse non sono toccate direttamente, scuotendosi dall’ipnosi. È insomma uno pseudo discorso che ovviamente non viene mai argomentato, ma solo asserito. Questo crea scontro, anche se in realtà non c’è nulla su cui scontrarsi, ma solo immagini olografiche. Per questo ho titolato il post pensare a vanvera: è la parola ideale per definire il tempo presente poiché deriva da fanfera voce che poi ha dato origine a fanfara, ovvero all’azione collettiva che da aria alle trombe, il che si lega al frastuono mediatico e alle sue fanfaronate. Per la verità, a Venezia, vanvera definiva anche un accessorio dei vestimenti femminili che permetteva di separare le pesanti gonne delle dame dalle adiacenze del lato B e quindi facilitava l’espulsione di gas intestinali. E anche questo ci sta alla perfezione se si pensa alla qualità di gran parte degli ordini del giorno da cui simo subissati.
Ne volete un esempio? Il nuovo Papa non aveva nemmeno finito di dire che la famiglia si forma tra un uomo e una donna che subito su tutto il mainstream è comparsa la notizia che il nonno di Leone XIV aveva un’amante o forse era addirittura bigamo. Come dire si predica bene, ma si razzola male e svalutare attraverso questo insensato moralismo genealogico, le parole di Prevost. Sì, siamo ridotti questa continua guerriglia di scemenze: così nello stesso giorno si esalta la lotta contro la l’omolesbobitransfobia, mentre si ci si scandalizza come beghine di fronte a un tradimento. Ieri, come accadde al nonno del Papa, si rischiava la galera per una storia extra moenia, oggi la si rischia se si osa dire che un uomo non può rimanere incinto. Ma c’è, come chiunque potrebbe capire se solo lo volesse, una sostanziale differenza, a prescindere dalle mutazioni culturali: una volta si poteva finire in galera per qualcosa, oggi per sostenere una verità. Del resto l’omolesbobitransfilia è una cosa radicalmente diversa dal suo contrario: non si tratta di combattere i pregiudizi, ma di crearne di nuovi che rassomigliano all’ applicazione dell’ingegneria genetica alle coltivazioni. Si tratta, per ora, di un’ingegneria etica che si propone essenzialmente di negare in radice la biologia in funzione delle teorie maltusiane. Non è una posizione, diciamo così, dialettica, tipica di un marxismo orecchiato, nel quale la natura sarebbe unicamente espressione dei rapporti di produzione e dunque socialmente variabile: al contrario, l’idea fondante è dell’uomo come “ente naturale”, ovvero della profonda unità uomo-natura che la storia non sopprime.
Vabbè mi stavo inutilmente inerpicando su sentieri interrotti che del resto non sono frequentati dal pensiero a vanvera e quindi nemmeno seriamente discutibili. L’importante è dar fiato alle trombe.
agbiuso
LE UNIVERSITÀ AMERICANE SONO STATE DISTRUTTE DALL’ATTIVISMO WOKE
di Luca Ricolfi, sociologo per la fondazione Hume
Startmag, 10 maggio 2025
Antefatto. L’università di Harvard, una delle più prestigiose del mondo, è un ente privato che, per il proprio funzionamento, usufruisce di cospicui finanziamenti pubblici. Una settimana fa l’amministrazione Trump ha inviato ai vertici dell’università una lettera in cui ricorda che ricevere il finanziamento pubblico non è un diritto, e che d’ora in poi i fondi federali continueranno ad essere erogati solo a determinate condizioni. Alcune di tali condizioni sono sicuramente discutibili, ad esempio la richiesta di non ammettere studenti “ostili ai valori e alle istituzioni americane” (che cosa sono i valori americani?). Altre sono ragionevoli ma difficili da applicare, come la richiesta di combattere le discriminazioni contro gli studenti ebrei o israeliani, o evitare vessazioni anti-semite e programmi ideologizzati.
Ma le condizioni più interessanti sono quelle che appaiono decisamente ovvie o scontate. Due su tutte. Primo, Harvard dovrà abbandonare politiche di reclutamento che discriminano in base a “razza, colore della pelle, religione, sesso, origine nazionale”. Secondo, Harvard dovrà rinunciare alle politiche di ammissione (degli studenti) e di assunzione (dei docenti) che discriminano sulla base dell’orientamento politico-ideologico, e dovrà cercare di promuovere il pluralismo delle idee (viewpoint diversity).
E’ curioso che, anziché apprezzare gli intenti egualitari e anti-discriminazione delle raccomandazioni di Trump, la maggior parte dei media italiani abbia interpretato tali raccomandazioni come un attacco “senza precedenti” alla libertà accademica, un’intromissione indebita della politica nel mondo della cultura, una prepotenza rispetto a cui Harvard e le altre università minacciate da Trump avevano non solo il diritto ma il dovere di opporre “resistenza” (termine evocativo della lotta al nazi-fascismo).
Come mai questa reazione della maggior parte dei nostri media?
Credo che la risposta sia che pochi conoscono la vera storia delle università americane, e in particolare di quel che è capitato dal 2013 in poi, ossia da quando la cultura woke e l’ossessione per il politicamente corretto si sono saldamente installate nei campus e nelle redazioni dei giornali.
Difficile riassumere, nello spazio di un articolo, quel che è successo nel corso di un decennio, ma ci provo lo stesso elencando alcuni dei cambiamenti (o delle radicalizzazioni) che più hanno messo a soqquadro la vita universitaria.
Uno. I criteri di reclutamento di studenti e professori sono diventati sempre più politici e meno meritocratici, con l’adozione di politiche esplicitamente discriminatorie verso bianchi, maschi, eterosessuali, studenti conservatori o non impegnati.
Due. Sono stati aperti appositi sportelli (BRT, o Bias Response Teams) per permettere non solo la denuncia (sacrosanta) di abusi, violenze, intimidazioni, ma anche quella di qualsiasi violazione dei codici woke in materia di linguaggio o espressione delle proprie idee e sentimenti. Qualsiasi situazione fonte di disagio per qualcuno è stata ricodificata come micro-aggressione, con conseguente instaurazione di un clima di paura e di autocensura (chilling effect). Il numero delle prescrizioni e dei divieti del galateo woke è enormemente cresciuto, non solo nelle università ma più in generale nei media, nella vita sociale e nel mondo del lavoro.
Tre. Si sono diffuse e ampliate le pratiche volte a togliere la parola agli studiosi considerati politicamente scorretti o portatori di idee non gradite all’establishment progressista, con campagne di delegittimazione o boicottaggio, con pressioni a non concedere la parola a determinati relatori (deplatforming), con cancellazioni di inviti (disinvitation), con azioni collettive volte a impedire materialmente di parlare a ospiti sgraditi per le loro opinioni.
Quattro. Si sono moltiplicati i tentativi (per lo più riusciti) di ottenere licenziamenti e sanzioni nei confronti di professori per le idee che avevano espresso. Greg Lukianoff, presidente della Fondazione FIRE, che si occupa di difendere i diritti individuali e la libertà di espressione, ne ha contati centinaia in pochi anni, e ha osservato – a partire dal 2015 – un ritmo di crescita superiore al 30% all’anno.
Tutto questo fin dai primi anni ’10, ben prima dell’inasprirsi della situazione con le proteste studentesche seguite all’intervento israeliano a Gaza.
Morale. Può darsi che l’intervento di Trump, alla fine, non riesca a ristabilire la libertà accademica, che per definizione richiede l’astensione della politica. Ma quel che è certo è che nel decennio precedente la libertà accademica era stata distrutta dall’attivismo woke, che aveva reso irrespirabile la vita nei campus. L’intervento di Trump, sicuramente ruvido e sgradevole nei modi, è stato dettato dalla necessità di ristabilire la libertà accademica, non certo di sopprimerla. La domanda quindi non è “riuscirà Harvard a resistere alle ingerenze di Trump?”, bensì: riuscirà Harvard a tornare un’università normale, in cui chiunque possa sentirsi libero di esprimere il suo pensiero, anche se contrasta con l’ortodossia woke?
agbiuso
Roma, 27 aprile 2025
«La direttrice del Cimitero Acattolico di Roma ha comunicato il divieto di portare bandiere rosse [sulla tomba di Gramsci], così come le bandiere di partito tutte perché potevano turbare altri frequentatori e perché “non era riguardoso per le altre persone sepolte di diverse fede politica all’interno del Cimitero”. Si tratta di una disposizione che appare assurda e irrispettosa della stessa memoria di Gramsci e della democrazia».
Si tratta della follia politicamente corretta la quale, come da previsione, ha un unico esito: il silenzio delle parole, di ogni simbolo, dell’intelligenza stessa.
Credo che il politicamente corretto sia più pericoloso di ogni Inquisizione conosciuta, proprio perché si maschera da rispetto quando è soltanto l’espressione di un moralismo e di un’ignoranza fanatici.
agbiuso
Stasera sono andato al cinema. Prima dell’opera scelta si sono susseguiti i trailer di altri cinque film.
Tutti e cinque simili tra di loro e assai banali, tutti e cinque intrisi e costellati dei temi e delle tonalità dominanti del gender, dell’immigrazione, dei buoni sentimenti. Cinque film del tutto falsi, una finzione mal riuscita.
Non bastava: uno spot celebrava il riciclo differenziato dei tappi delle bottiglie (e analoghe azioni eroiche) come mezzo per salvare la Terra, uno spot dalle modalità rivolte agli infanti deficienti che sono diventati i cittadini.
Così lo spirito del tempo celebra il proprio conformismo.
agbiuso
Semplice buon senso, esattamente.
agbiuso
Leggo solo oggi questo magnifico testo di Simone Lenzi sugli effetti della stupidità autoritaria del Politicamente corretto woke e gender (a Livorno e ovunque):
La gogna rossa nel comune di Livorno
il Foglio, 21.10.2024
Versione in pdf
agbiuso
Eh sì, i buoni, gli inclusivi, gli accoglienti, i difensori delle donne, quelli che istituiscono o approvano le commissioni «contro l’odio», quando si tratta di escludere, respingere, insultare e odiare (anche le donne) sono tra i primi e molto bravi.
Nella loro ipocrisia sono proprio patetici ma anche pericolosi.
(La citazione del brano contro Zakharova è tratta da un articolo dell’inclusivo, accogliente, progressista, liberale Corriere della Sera)
agbiuso
Il documento che allego dimostra la gravità delle pratiche discriminatorie ed escludenti messe in opera dal Comune di Bologna. Per l’assegnazione delle case popolari la condizione è condividere la visione del mondo degli amministratori.
Nel documento si specifica inoltre che due appartamenti destinati ai disabili saranno assegnati ai “normodotati” se non ci saranno disabili che supereranno il «test di affinità» richiesto dalla circolare. E pertanto i requisiti ideologici diventano preferenziali rispetto alla condizione economica e all’essere portatori di handicap.
Una tipica espressione della dittatura del politicamente corretto.
agbiuso
Sandra Harding, docente in un’università statunitense, definisce i Principia di Newton un manuale dello stupro, per la centralità che ha in quella trattazione il concetto di forza.
Fonte: Is Newton’s Principia a rape manual?
Stephen Hicks, 24.6.2017
agbiuso
Effetti dell’accoglienza.
agbiuso
Aggiornamenti dalla Francia, uno dei territori d’origine della vicenda gender:
Théorie du genre et wokisme
par Michel PAROLINI, La sociale, 4.12.2024
agbiuso
Siamo tutti politicamente corretti 🙂
agbiuso
agbiuso
La barbarie gender tocca senza scrupoli i bambini nella fasi più delicate dalla loro crescita.
E le università dell’Impero statunitense diventano pienamente complici; quelle italiane si mostrano, come sempre, particolarmente zelanti
agbiuso
Buone notizie da Le Figaro del 4.9.2024:
Le mouvement de reflux du wokisme dans les entreprises américaines s’est amorcé récemment.
En mai 2022, après avoir perdu 200 000 utilisateurs, une note interne de Netflix rappelle aux salariés que leur travail est d’abord de divertir et que si certains contenus sur lesquels ils doivent travailler les dérangent, le mieux est de quitter l’entreprise. Quelques mois plus tard, en avril 2023, le brasseur Anheuser-Busch (Budweiser) perd 5 milliards en bourse après un partenariat avec une influenceuse trans. Le président de la compagnie s’excuse par un tweet : «Nous n’avons jamais eu l’intention de prendre part à un débat qui divise les gens. Notre métier consiste à rassembler les gens autour d’une bière». Fin novembre 2023, le président de Disney déclare : «les créateurs ont perdu de vue ce que devrait être leur objectif numéro un. Nous devons d’abord divertir. Il ne s’agit pas d’envoyer des messages».
Depuis 2024, les déclarations sont suivies d’actes. Des entreprises n’hésitent plus à déclarer publiquement qu’elles abandonnent leur politique woke afin d’être davantage en adéquation avec les aspirations de leurs clients. Ainsi, Tractor supply dont la clientèle est essentiellement composée d’agriculteurs, a annoncé sa décision d’arrêter sa politique de diversité et d’inclusion. Un autre géant du marché agricole, Deere & Co, adopte la même démarche dans la foulée. Tout récemment, coup sur coup, Jack Daniels (Whisky), Harley Davidson (motos) et Ford (automobile), ont déclaré se recentrer sur les besoins de la clientèle et annonce mettre fin à leur politique de Diversité, d’Équité et d’Inclusion. Le mouvement est donc nettement amorcé aux États- Unis. Il faudra donc sans doute attendre quelques années pour qu’il arrive en France…
agbiuso
–Su ACrO-Pólis del 25 agosto 2024 Stefano Isola ha dedicato un’ampia riflessione a Ždanov:
Per un’ascesi barbarica
agbiuso
«La pedofilia è un modo di essere che va incluso» e un pedofilo va chiamato (per non offenderlo e non discriminarlo) «persona attratta dai minori».
A proposito di questa ennesima violenza e perversione del wokismo statunitense – rivolta contro i bambini -, consiglio la lettura di Il buon pedofilo vittima delle discriminazioni, il Simplicissimus, 31.8.2024
agbiuso
Da: Woke e tabù
di Davide Miccione
Aldous, 20.8.2024
Riporto qui ampi brani di un articolo del quale consiglio la lettura integrale. In questo testo Miccione dà conto infatti dell’analisi del politicamente corretto che Costanzo Preve formulava già all’inizio degli anni Dieci del XXI secolo
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Sarebbe un vero peccato non corrispondere alla gentilezza che l’editore Petite Plaisance di Pistoia ha mostrato per i lettori mettendo loro a disposizione tutti questi “piccoli Preve”. Mi riferisco a quella serie di volumetti di prezzo e foliazione ridotta (molto meno di cento pagine e di dieci euro) spesso tratti da volumi collettanei o da opere maggiori di Costanzo Preve e centrati su temi quanto mai attuali e puntuali: il Sessantotto, il ruolo degli intellettuali, le differenze tra destra e sinistra o, come nel caso del libro di cui qui parliamo, il politicamente corretto. Un’occasione dunque per scoprire o riscoprire o approfondire un autore che ha pochi eguali per parresia (a volte ai limiti di una, per me deliziosa, brutalità), coraggio intellettuale, preparazione, sistematicità. Preve riesce come pochi a congiungere l’analisi del minuto, dell’attuale, del singolare con un solidissimo incardinamento teoretico, con una rapida e sicura risalita alla matrice del suo pensiero, con il suo sistema, con quel corpo a corpo che svolge con l’intera tradizione occidentale e soprattutto con Hegel e Marx.
Il titolo oggetto di queste brevi righe è il serio Elementi di politicamente corretto doppiato da un ancor più serio sottotitolo: Studio preliminare su un fenomeno ideologico sempre più invasivo. Entrambi rivelano la natura sistematica e fondata di questo autore che mai però, ennesimo peccato dell’accademia italiana, ha insegnato in una università. Il volume inizia con una breve perlustrazione del rapporto tra struttura e sovrastruttura risolto olisticamente, in un reciso rifiuto della abituale meccanicità topografica del sotto/sopra, attraverso il concetto di “totalità unica espressiva” segnalando “al lettore la centralità del concetto di ideologia per la riproduzione del sistema capitalistico” (p. 8).
Il Politicamente corretto rappresenta per Preve non un errore di sistema, non una esagerazione di alcuni elementi da parte di soggetti ipersensibili, non qualcosa di laterale ed episodico, ma la principale Formazione Ideologica unificata “di una nuova fase del modo di produzione capitalistica postborghese e postproletario” (p. 9). Questa centralità è del resto dimostrata dalla recente e sempre più approfondita riflessione, in pensatori interessati ai destini della cultura e della convivenza umana, sulle conseguenze concettuali e sui concetti soggiacenti della correttezza politica. Penso tra i tanti testi (di cui una parte significativa si limita a resocontare le vette di stupidità della correttezza politica o proporre una sacrosanta ma insufficiente difesa della libertà di pensiero) al necessario e recente Ždanov. Sul politicamente corretto di Alberto Biuso per i tipi di Algra che indaga l’ontologia implicita di queste proposte o, andando indietro di qualche anno e concentrandosi sul piano della teoria politica, a Il lupo nell’ovile di Jean Claude Michea per i tipi di Meltemi.
Il politicamente corretto, come “forma di totalitarismo ideologico flessibile”, svolge per Preve una funzione dissuasiva nei confronti della filosofia come tentativo di “salvare la polis dalla dissoluzione” (p. 13). Una continua perimetrazione di ciò che si può dire e pensare può far vacillare i pensatori meno indipendenti e meno coraggiosi nonché la gran parte degli ascoltatori/lettori che dovrebbero avventurarsi, proprio per poter capire e pensare, fuori dalla zona di conforto abituale. Di passaggio segnaliamo, nel libretto, alcune importanti pagine di Preve sulle antiche e attuali forme di riproduzione sociale della filosofia e sul suo miserevole attuale stato.
[…]
Una situazione, questa, meglio illustrata dalla seconda lettura, questa “antropologica”, che è il cuore della proposta teorica di Preve e che vede il politicamente corretto come una “tarda elaborazione razionalizzata del sistema dei tabù che regge tutte le società primitive, che al di là delle radicali differenze dei marxiani modi di produzione hanno regole che si sono riprodotte fino ad oggi”. (p. 18) “Nessuna civiltà umana può esistere o riprodursi senza un sistema di interdizioni” annota Preve e “nelle nostre civiltà monoteistiche, il Politicamente corretto è una secolarizzazione dell’interdetto alla bestemmia” (p. 19). Se si pensa come alcune parole ritenute politicamente scorrettissime non le si pronunci neppure per dire che non vanno pronunciate, allora è proprio l’interdetto alla bestemmia divina l’unica analogia che venga in mente.
Ma, al di là degli utilizzi attuali, questa suggestione antropologica fa pensare che se non la nascita perlomeno l’espansione enorme del fenomeno, qualcosa abbia a che vedere con la religione. Potremmo pensare che la secolarizzazione, la perdita di vigenza delle regole diffuse dalla religione abbiano creato un vuoto, per dir così, di “catechismo”. Una incertezza su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è lecito e ciò che non lo è. Tramontata ormai l’idea di una emancipazione dalla minorità forse il sistema, da sé, aborre il vuoto creando il proprio personale catechismo della bontà e comminando pene sociali a chi non si conforma.
L’impostazione di Preve rende così più chiara la questione e potremmo vedere il momento attuale (Preve ci ha lasciato nel 2013 e la prima edizione di questo testo è del 2010) come quello in cui le elite, per “calmierare” le idee che le inquietano e per serrare i ranghi degli ormai pochi sostenitori, procedono ad una progressiva tabuizzazione di tutte le questioni in modo da toglierle dal dibattito e da un’eventuale presa di coscienza collettiva. Un “blocco” di sicurezza alla pensabilità del mondo che ben si coadiuva con l’oblio della storia e più in generale con l’indebolimento culturale indotto.
La tabuizzazione antropologica e la deviazione linguistica del tentativo di cambiare la realtà sociale e politica da parte della sinistra americana danno un quadro chiaro della vicenda sicuramente influenzata, secondo Preve, da una mancata rilettura del dogma del progresso, “ultima religione popolare della sinistra europea” (p. 31) e da un ceto medio “del tutto privo di ambizioni di guida politica (…) pronto ad accettare il politicamente corretto come suo nuovo profilo identitario di appartenenza” (p. 33). Questa ideologia viene analizzata da Preve nella sua derivazione europea con i suoi principali elementi, dall’americanismo a quella che lui chiama teologia dei diritti umani, alla dicotomia destra/sinistra eccetera.
agbiuso
Da: Esercizi di bispensiero (per le vacanze)
di Davide Miccione
Aldous, 13.8.2024
Putin è il nuovo Hitler e arriverà con le sue truppe fino a Lisbona, bisogna fermarlo mandando armi. Putin è sopravvalutato e basterà inviare le armi all’Ucraina per respingerlo. (queste due frasi vanno recitate a giorni alterni, mai insieme).
Picchiare i fascisti è antifascismo.
Per risolvere i problemi ecologici bisogna sostituire l’intero parco auto dell’umanità con nuove auto elettriche.
Il digitale non inquina e non consuma, le informazioni in cloud sono allocate in uno spazio metafisico privo di effetti energivori ed ecologici.
Il ristoratore che sostituisce le dieci copie del suo menu che duravano sei mesi con un qrcode che costringe ogni giorno i clienti a decine di operazioni telematiche è un benemerito dell’ambiente perché si sa che il digitale è meglio della carta.
Il cliente del suddetto ristoratore che non possiede uno smartphone e non può leggere il menu si ricordi che questa è la società dell’inclusione.
La ragazzina che rimprovera il padre di poca sensibilità ecologica per la sua auto a benzina chiede poi la sostituzione del suo smartphone (anch’esso evidentemente fatto di aria e intelligenza).
Anche il tizio che non ha denaro e non riesce a trovare una spiaggia libera, tra i tanti lidi, e un parcheggio non a pagamento si ricordi che questa è la società dell’inclusione.
Sembra che, casualmente, gli strumenti tecnologici siano tanto più inquinanti e pericolosi per l’ambiente quanto meno costosi. Un diesel del 2001 sembra più dannoso di un jet privato, una vecchia stufa a legna più di una enorme piscina privata usata solo da tre persone.
Il livello dell’inclusione in una società si misura dalla discriminazione percepita e non dal livello di tutela economica e sanitaria che una società è in grado di garantire.
I diritti individuali sono tanto più centrali quanto meno costano allo stato. Sarà sicuramente casuale.
In ogni società dell’inclusione che si rispetti devi stare attento a quello che dici se no ti escludono.
Il ministero ritiene che si debba aumentare il tempo-scuola per combattere la povertà educativa. Il ministero ritiene che i licei che durano solo quattro anni siano l’innovazione del futuro.
Chi è stato obbligato per legge a vaccinarsi ha dovuto giustamente firmare il libero consenso.
Per i giovani è fondamentale la socializzazione. La didattica digitale è il futuro.
Chi si sente donna anche se è uomo può essere donna; chi si sente giovane anche se è anziano può essere giovane. L’autopercezione è fondamentale. Chi si sente ricco anche se è povero può essere ricco. Ah no, questa è vietata.
Se avete trovato queste affermazioni ragionevoli e per nulla contraddittorie potete andare in vacanza sereni. Il mondo peggiorerà ma voi non ve ne accorgerete. La beatitudine è solo a un passo.
agbiuso
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In questa realistica analisi del giornalista Alberto Capece risuonano alcuni elementi concettuali che ho cercato di evidenziare in Ždanov:
-«argomentazioni grottesche e confuse tipiche dello scientismo ignorante che affligge i nostri tempi»;
-«in nome dell’ inclusività. che poi è in realtà l’esclusione delle donne»;
-l’ennesima espressione del culturalismo più delirante, per il quale «non esiste alcun metodo scientifico per identificare una donna»;
-«Ciò che si vuole negare è semplicemente la realtà, ovvero il fatto che la biologia prevale sul genere il quale riguarda invece la percezione di sè»;
-«Tutto ciò è una conseguenza della sub cultura in cui nuotiamo: già da decenni la percezione ha preso il posto dell’essere in ogni campo, come è naturale in una società basata sul narcisismo individuale, tanto che ormai sembrano non contare più le condizioni oggettive».
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La percezione vince l’oro
il Simplicissimus, 10.8.2024
In un primo momento avevo pensato che il Cio, per calmare le acque, avesse pensato di offrire qualcosa al pugile algerino Imane Khelif, che si batte contro le donne. purché perdesse contro qualche avversaria e salvasse il comitato olimpico dalla grossolana insipienza che lo ha portato ad ammettere un maschio nelle competizioni femminili, con argomentazioni grottesche e confuse tipiche dello scientismo ignorante che affligge i nostri tempi. Poi ci si sono messe di mezzo le minacce dell’Algeria che forse dovrebbe migliorare le sue attribuzioni di sesso alla nascita e così Imane che è maschio senza se e senza ma, visto che, come ha stabilito l’ Iba, ovvero l’Associazione pugilistica internazionale, possiede i cromosomi XY, ha conquistato l’oro olimpico.
Ma al di là della cronaca per così dire sportiva, questo evento è di fatto la campana a morto per le competizioni femminili: infatti basta avere sul passaporto la dicitura “femmina” per poter gareggiare nei tornei femminili. E questo può accadere a causa di un errore di registrazione alla nascita, abbastanza raro, ma non rarissimo e poi non corretto, oppure potrebbe derivare da una legislazione o un sistema di regole che consente a un maschio genetico di cambiare sesso sui documenti qualora si senta donna. In più questo esempio assieme a quello del pugile taiwanese Lin Yu-Ting, potrebbe portare a “errori” e “cambiamenti” intenzionali in vista delle competizioni, tanto più che dietro di esse generalmente c’è anche un cespite economico di qualche tipo. Del resto già oggi nei campus americani, dove lo sport è spesso più importante dello studio, succede sempre più spesso che gli uomini si dichiarino donne, gareggiano con loro e vincono premi: il caso più noto è quello di “Lia” Thomas che battendosi inizialmente con gli uomini era al 452 posto in classifica dei nuotatori maschili, mentre ora che si è dichiarato donna vince tutte le gare in stile libero e i relativi premi. Insomma basta la parola visto che il comitato olimpico non fa più controlli, in nome dell’ inclusività. che poi è in realtà l’esclusione delle donne. Caso strano non si trova mai una donna che vuole vedersela con gli uomini.
Questa cosa la si intuisce quando l’ orrendo Cio, per bocca del suo presidente, tale Thomas Bach sostiene che “non esiste alcun metodo scientifico per identificare una donna“. Il che è abbastanza strano visto che le olimpiadi e lo sport in genere dividono da sempre maschi da femmine per la differenza di forza fisica. Senza dire che conosciamo le differenze genetiche e fisiologiche tra i due sessi. Possiamo capire che a Bach, con quella faccia da tedesco ligio agli ordini, sfugga la differenza, ma è chiaro che da ora in poi regnerà il caos nello sport occidentale e altre manifestazioni atletiche internazionali finiranno per prendere il posto delle olimpiadi che peraltro suscitano sempre minor interesse e sono in via di diventare una gazzarra alla wrestling, come dimostrano bene gli stadi vuoti di Parigi, salvo quello riempito fino all’orlo per assistere all’ultimo incontro di Imane. Le parole del Cio ci dicono anche come sia stato strumentalmente introdotto il concetto di intersessualità, che in questo caso non c’entra proprio nulla e che riguarda comunque pochissime persone.
Ciò che si vuole negare è semplicemente la realtà, ovvero il fatto che la biologia prevale sul genere il quale riguarda invece la percezione di sè. Se uno si percepisce femminile – e ha tutto il diritto di farlo – non per questo diventa realmente femmina e non lo diventa nemmeno con la più ardita chirurgia, come dimostrano i frequentissimi suicidi di queste persone che sono preda di una vera e propria mafia medica che fa soldi sfruttando in maniera criminale queste situazioni. Se uno si percepisce come Napoleone, per fare il classico esempio barzellettiero di pazzia, non per questo può pretendere di essere imperatore dei francesi in nome dell’inclusività Anche perché c’è già Macron che ha occupato quel posto nel manicomio europeo.
Tutto ciò è una conseguenza della sub cultura in cui nuotiamo: già da decenni la percezione ha preso il posto dell’essere in ogni campo, come è naturale in una società basata sul narcisismo individuale, tanto che ormai sembrano non contare più le condizioni oggettive. Molti misuratori economici puntano sulla percezione degli operatori, altri sulla percezione delle temperature oppure del grado corruzione o di libertà. E via dicendo, compreso il mondo stesso: in quanto percezioni esse non hanno solo un blando legame con la realtà, ma non sono nemmeno oppugnabili in quanto soggettive. L’unica realtà “dura” che viene presentata come tale è la volontà del potere come la psicopandemia ha perfettamente dimostrato: in quel caso ogni percezione o ogni dubbio viene bandito e diventa reato .
agbiuso
agbiuso
Strepitosa è la sintetica e libera analisi con la quale Walter Lapini, Professore ordinario di Letteratura greca nell’Università di Genova, descrive l’Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (ANVUR), la quale sta distruggendo la ricerca, costringendo gli Atenei a «una perpetua psicosi operativa e persino lessicale, costretti a usare la quasi totalità del loro tempo per risolvere gli pseudo-problemi creati dall’Agenzia stessa».
Tra le molte e anche amaramente ironiche osservazioni di Lapini, centrale risulta il fatto che valutare in modo astratto e con le stesse rigide modalità la ricerca nei campi più disparati e tra di loro diversi «è come voler contabilizzare la fede, l’amore, la felicità: un’idea fanatica, sovietica, da chiesa medievale».
Un’idea, appunto, ždanovista.
L’articolo è uscito sul Corriere della Sera del 3.7.2024 e lo metto qui a disposizione come pdf:
L’Anvur ha 18 anni. Ma già mostra le rughe
agbiuso
A proposito dell’articolo di Eugenio Mazzarella uscito ieri sul Fatto Quotidiano, segnalo un commento di Davide Miccione, il quale reputa «interessante quel passaggio sull’allargamento sociale di libertà già presenti da sempre nelle classi ricche. Una sorta di osso di gomma (o forse non è proprio un osso, ci somiglia) al cane affamato».
agbiuso
Un articolo di Eugenio Mazzarella sulla «polizia del linguaggio che ne violenta natura e funzione», sul «‘fascismo’ linguistico del politicamente corretto».
Festa dell’Unit*. L’opprimente polizia morale della lingua
il Fatto Quotidiano, 6.7.2024
Sergej su Ždanov - agb
[…] nel lato oscuro dell’Impero Recensione di Sergej a: Ždanov. Sul politicamente corretto in Girodivite.it 23 maggio […]
agbiuso
Gli eventi danno ragione all’analisi tentata in questo libro.
Nel crepuscolo della ragione e dell’Europa accade di leggere che la Divina Commedia sarebbe stata composta da una donna, la madre di Dante Alighieri; in una scuola di Treviso il preside autorizza due studenti islamici a non studiare Dante in quanto islamofobo.
A p. 13 di Ždanov si legge: “Chiede che non venga più letta nella scuole italiane la Divina Commedia poiché Dante raffigura islamici ed ebrei nella luce peggiore” (p. 13).
“Allo stesso modo si comincia a invocare la censura di Shakespeare e di Dante Alighieri in quanto antisemiti e antislamici” (pp. 32-33).
La condanna moralistica e anacronistica dei capolavori letterari viene discussa anche alle pp. 68 e 153.
Sarah Dierna su Ždanov - agb
[…] Dierna Recensione a: Ždanov. Sul politicamente corretto in Discipline Filosofiche 29 aprile […]
agbiuso
“E tutto questo nel modo in cui servo imita il padrone: senza credere davvero in nulla”
Da Crisi di identità, il Simplicissimus, 23.4.2024
Marco Christian Santonocito
Complimenti, caro Professore, e in bocca al lupo.
Michele Del Vecchio
In Zdanov risuona l’eco di una domanda antica, quella formulata dal Governatore romano Pilato al termine dell’interrogatorio di Cristo nel pretorio: “Che cosa è la verità?”.(Gv.18,38). Pilato non accenna ad alcuna risposta alla domanda che egli ha rivolto al figlio di Dio e accompagna il suo silenzio con una decisione pratica: la consegna di Gesù – che in cuor suo ritiene innocente- ai Giudei. La verità per lui, e per quelli come lui, è una questione eminentemente politica.
In pieno Novecento, Zdanov ha riproposto qualcosa di analogo: la domanda sulla Verità ha, per lui e per gli indottrinati di marxismo-leninismo, solo risposte pratico-operative.la questione sempre nelle mani del Grande Fratello che presiede il Politburo.
Scrivere oggi un lavoro storico o letterario su questi problemi può sembrare una operazione fuori tempo massimo. Ma non è così. Anche se il comunismo è stato inghiottito dai gorghi della storia ci sono ancora poteri che rispondono con la “flagellazione”. Ci sono ancora dottrine che generano forme di indottrinamento pericolosamente autocentrate; ci sono ancora poteri che stabiliscono confini e sanzioni per violazioni ideologiche.Bene hanno fatto Biuso e Miccione a rievocare la figura di Zdanov, personificazione emblematica di quelle Verità calate dall’alto e contro cui è spesso vano combattere.
agbiuso
Ti ringrazio, Michele, per l’occasione che mi offri di chiarire che il libro non si occupa di Ždanov, non è un testo di storia del Novecento ma un tentativo di analisi del presente della cancel culture e del politicamente corretto, analizzati come espressioni contemporanee dello ždanovismo, vale a dire della dottrina/tendenza a sottomettere le libertà di pensare, parlare, scrivere, a dei valori ritenuti assoluti.