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Gioire dei mali dei nemici non è né ingiusto né invidioso

— Platone, Filebo, 49 D

Il Classico I

È uscito il numero 32 (anno XV, maggio 2025) di Vita pensata.
Copio qui l’editoriale, che si può leggere anche a questo indirizzo: Il Classico I

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Sostanza? Invenzione? Ermeneutica? Esempio tra i massimi di storicismo? Oggetto ludico e polemico? Manifestazione di conformismo o struttura che dissolve le mode? L’origine e la natura del Classico rimangono un enigma. Uno stimolante enigma, tanto è vero che questo tema ha suscitato un interesse tale da indurci a proporre due numeri della rivista a esso dedicati.
In entrambi troveremo delle riflessioni teoriche e dei casi specifici di discussione della natura classica di un autore o di un’opera. In questo numero 32 si analizzano quindi il canone classico dell’architettura; la relazione tra arte contemporanea, classicismo e anticlassicismo; una discussione fortemente critica sul classico come paradigma e modello perdente.
Tra le analisi della natura classica di un’opera o di un’epoca troveremo Debord, Michelstaedter e Warburg, la cultura tedesca del Novecento, le suggestioni greche che è possibile individuare nelle arti marziali, la rappresentazione di Eros nella manifattura neoclassica.
A questi contributi si aggiungono la prima parte di un saggio sugli elementi dualistici del pensiero leopardiano e la presentazione di un classico della filosofia del Novecento qual è Maurice Merleau–Ponty.
Ci sembra che dall’insieme di questi testi emerga la natura dialettica del Classico, che ha bisogno di memoria tanto quanto di oblio. La vita umana, infatti, sia quella individuale sia quella delle culture e dei popoli, ha bisogno di ricordare per non smarrire identità e radici, ha bisogno di dimenticare per filtrare e selezionare dall’immenso patrimonio di ciò che è accaduto quanto può essere ancora vitale e fecondo nel tempo che di volta in volta chiamiamo presente.
«Per ogni agire ci vuole oblio: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non soltanto luce, ma anche oscurità» afferma saggiamente Nietzsche nella Seconda Inattuale («Opere», Adelphi, vol. III/1, p. 264). Il Classico è probabilmente l’ombra necessaria a temperare la luce troppo intensa del presente, la sua forza. Ma deve essere un’ombra misurata e feconda e non una luce altrettanto intensa. In questo modo il presente si dispiega e si apre verso il futuro, conservando il chiaroscuro del pensiero e del passato, senza il quale la potenza del presente rischierebbe di accecare.
L’ignoranza della storia e del passato che permea in modo sempre più inquietante le istituzioni formative e politiche dell’Europa contemporanea è dunque segno di un declino che questo numero di Vita pensata intende esplicitamente contrastare poiché chi smarrisce la propria identità non può entrare in nessun dialogo con l’altro da sé, con la differenza. 

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