[Il testo è più ampio rispetto a quelli che di solito pubblico in questa sede. Ma la questione è talmente complessa e delicata da dover essere affrontata nella molteplicità dei suoi aspetti. Per una lettura più comoda, ho preparato anche una versione pdf del testo]
«Wer Menschheit sagt, will betrügen», ‘chi dice umanità vuole ingannare’, non è una massima di Carl Schmitt bensì di uno dei fondatori dell’anarchismo moderno: Pierre-Joseph Proudhon. Schmitt la cita e la fa propria. Questo non deve stupire, visto che in entrambi i casi si tratta di menti capaci di comprendere la complessità delle strutture sociali e del loro divenire. La fecondità dell’avvertimento di Proudhon è confermata da quanto accade nei Social Network (e in tutto il resto della comunicazione contemporanea), dentro i quali problemi complessi e difficili come quello delle migrazioni dall’Africa all’Europa vengono affrontati con grave superficialità -per non dire in modi sempre più beceri, umorali e volgari- sia sul versante degli ‘accoglienti’ sia su quello dei ‘respingenti’. Si tratta invece di un tema fondamentale che va compreso con gli strumenti che la storia e le scienze sociali offrono.
Un argomento difficilmente eludibile sul tema dei migranti è quello marxiano dell’esercito industriale di riserva, concetto classico e sempre attuale. È infatti chiaro che un’apertura indiscriminata ai migranti è ben vista dal padronato, che può utilizzare persone disposte a lavorare per pochi euro all’ora e senza nessuna garanzia. La sinistra accogliente favorisce in questo modo pratiche di schiavizzazione.
Alcuni dati sono utili a comprendere la dimensione internazionale della questione, certamente non limitabile alle vicende del Mediterraneo. Ad esempio, in Australia ottenere la cittadinanza è molto difficile ed è di fatto riservata ai ‘migranti culturali’, intesi come professori, giornalisti, intellettuali. In Giappone delle 19.628 domande presentate nell’anno 2017, soltanto 20 furono accettate. Avete letto bene, venti. Per venire all’Europa, il governo spagnolo -che pure un anno fa accolse in modo spettacolare 600 migranti a Valencia– minaccia ora le ONG di multe sino a 900.000 euro se i salvataggi si verificheranno fuori dalla «zona di search and rescue (Sar) di responsabilità nazionale», azioni che dovranno svolgersi «comunque sempre sotto il coordinamento delle autorità»1.
Alcune delle principali ragioni e forme del fenomeno migratorio sono analizzate da un sociologo progressista e politicamente corretto come Stephen Smith, docente di Studi africani alla Duke University (USA), per molto tempo collaboratore dei quotidiani francesi Libération e Le Monde, corrispondente dall’Africa (dove ha vissuto a lungo) per numerose agenzie, autore de La ruée vers l’Europe. La jeune Afrique en route pour le Vieux Continent (Grasset, Paris 2018) che significa La corsa verso l’Europa e non il ben diverso Fuga in Europa, con il quale Einaudi ha deciso di tradurre il titolo.
Questo studioso rileva come in Africa esista una middle class suddivisa in due fasce. I membri della prima -costituita da 150 milioni di persone, pari al 13% della popolazione africana- «dispongono attualmente di un reddito quotidiano tra i 5 e i 20 dollari, incalzati da oltre 200 milioni di altri, il cui reddito giornaliero oscilla tra i 2 e i 5 dollari. Insomma: un numero in rapida crescita di africani è in ‘presa diretta’ con il resto del mondo e dispone dei mezzi necessari per andare in cerca di fortuna all’estero»2. Si tratta di un elemento chiave in quanto «la prima condizione» per progettare l’abbandono del proprio Paese «è il superamento di una soglia di prosperità minima» poiché «attualmente, in relazione al luogo di partenza e al precorso previsto», la cifra necessaria al perseguimento di tale obiettivo «oscilla fra i 1500 e i 2000 euro, ossia almeno il doppio del reddito annuo in un paese subsahariano» (83-84).
Quella che arriva dall’Africa in Europa è quindi una collettività, scrive Smith, «sincronizzata con il resto del mondo, al quale è ormai ‘connessa’ tramite i canali televisivi satellitari e i cellulari – la metà dei paesi [a sud del Sahara] ha accesso al 4G, che consente streaming e download di video e di grandi quantità di dati; ma anche mediante Internet, via cavi e sottomarini di fibra ottica» (XIII). Gli altri, vale a dire la grande parte della popolazione africana, «non hanno i mezzi per migrare. Non ci pensano neppure. Sono perennemente occupati a mettere insieme il pranzo con la cena, e quindi non hanno il tempo di mettersi al passo con l’andamento del mondo e, meno ancora, di parteciparvi» (87).
Solo una minoranza fugge da persecuzioni e guerre, tanto è vero che nel periodo di massima virulenza delle guerre in Africa, gli anni Novanta del Novecento, l’arrivo di migranti era incomparabilmente minore rispetto a quello che si sta verificando negli anni Dieci del XXI secolo. Ragionando in termini sociologici e storici e non sentimentali e morali -come va sempre fatto di fronte a fenomeni di tale portata– Smith ne deduce che «sarebbe tuttavia aberrante riconoscere in blocco lo status di vittima a chi fugge davanti alle difficoltà e magari non a chi le affronta» (86).
Riflettendo sui 1500 dollari mediatamente necessari per raggiungere la Libia dalla Nigeria, il vescovo cattolico di Kafanchan, Joseph Bagobiri, osserva che «se ognuna di queste persone avesse investito questa somma in modo creativo in Nigeria in imprese realizzabili, sarebbero diventati datori di lavoro. Invece sono finiti soggiogati alla schiavitù e ad altre forme di trattamento inumano da parte dei libici. […] In questo Paese vi sono ricchezze e risorse immense. I nigeriani non dovrebbero diventare mendicanti lasciando la Nigeria alla ricerca di una ricchezza illusoria all’estero»; un altro vescovo, Julius Adelakun, invita i nigeriani a non sprecare il proprio danaro, offrendolo ai mercanti di vite umane, e utilizzarlo invece allo scopo di «sviluppare il nostro paese per renderlo attraente e favorevole alla vita, in modo che siano i cittadini stranieri a voler venire da noi»3. Un simile autolesionismo che uccide le persone e impoverisce il Paese d’origine ha molte spiegazioni, due tra queste sono: la visione distorta che si ha dell’Europa come luogo di ricchezza assicurata; i finanziamenti dei quali godono le ONG cosiddette ‘umanitarie’ allo scopo di raccogliere quanta più possibile forza lavoro a basso costo da immettere nelle economie europee.
Anche il progetto sintetizzato nella formula «aiutiamoli a casa loro» ha poco senso. Si tratta infatti di un obiettivo contraddittorio sia in via di diritto sia di fatto. Smith lo definisce un vero e proprio paradosso:
«I paesi del Nord sovvenzionano i paesi del Sud sotto forma di aiuto allo sviluppo, affinché i deprivati possano migliorare le loro condizioni di vita e, sottinteso, restino a casa loro. In questo modo, i paesi ricchi si danno la zappa sui piedi. Infatti, almeno in un primo momento, premiano la migrazione aiutando alcuni paesi poveri a raggiungere un certo livello di prosperità grazie al quale i loro abitanti dispongono dei mezzi economici per partire e insediarsi all’estero. È l’aporia del ‘cosviluppo’, che mira a trattenere i poveri a casa loro mentre nello stesso tempo ne finanzia il sradicamento. Non c’è soluzione, perché bisogna pur aiutare i più poveri, chi ne ha più bisogno…» (86).
Chi invece sostiene l’accoglienza più o meno universale, dovrebbe riflettere su altri dati di fatto, da Smith esposti con grande chiarezza:
«Nel 2017, tra gennaio e la fine di agosto, hanno attraversato il Mediterraneo 126.000 migranti, di cui 2428 dichiarati dispersi, cioè l’1,92%; dato leggermente inferiore alla mortalità post-operatoria di un intervento di chirurgia cardiaca nell’Europa occidentale (2%). Nonostante il rischio sia, per fortuna, limitato, ci si chiede perché non smetta di aumentare nonostante gli occhi del mondo siano puntati sul Mediterraneo e i soccorsi dovrebbero essere sempre più efficienti. La risposta è che le organizzazioni umanitarie rasentano la perfezione! In effetti, le imbarcazioni di soccorso si avvicinano sempre di più alle acque territoriali libiche e, in caso di pericolo di naufragio, non esitano a entrarvi per prestare soccorso ai migranti. Dal canto loro, i trafficanti stipano un numero sempre maggiore di migranti in imbarcazioni sempre più precarie. […] In cambio di una riduzione tariffaria, un passeggero è incaricato della ‘navigazione’ e di lanciare l’Sos non appena entri in acque internazionali: a tal fine gli viene consegnata una bussola e un telefono satellitare del tipo Thuraya. […] Lasciando i migranti alla deriva…per essere prima o poi soccorsi dalle navi delle organizzazioni umanitarie che sanno fare molto bene il loro mestiere, con l’inconveniente, però, che i migranti, sapendo di essere soccorsi, badano assai poco all’efficienza delle imbarcazioni messe a disposizione dai trafficanti. […] Occorre, tuttavia, arrendersi all’evidenza: per arrivare in Europa i migranti africani corrono un rischio calcolato simile ai rischi che corrono abitualmente nella vita che cercano di lasciarsi alle spalle» (107-108).
Di fronte a tali eventi e dinamiche, Smith afferma lucidamente che è necessario «de-moralizzare il dibattito» sull’emigrazione. I sentimentalismi costituiscono infatti in casi come questi i migliori alleati della violenza degli schiavisti e di quella dei razzisti. Anche lo scrittore Emmanuel Carrère sostiene la necessità di non trasformare la questione migratoria «in un eterno affare Dreyfus»4. Come ha insegnato Max Weber, l’etica impolitica della convinzione deve sempre confrontarsi con l’etica politica della responsabilità, la quale deve fare i conti con «tutte le conseguenze prevedibili dei propri atti, al di là del narcisismo morale» (Smith, p. 146). Cercando di delineare le possibili conseguenze di quanto sta accadendo tra Europa e Africa, Smith individua per il prossimo futuro cinque scenari.
Il primo è l’Eurafrica, che «consacrerebbe l’ ‘americanizzazione’ dell’Europa» (145) e implicherebbe «la fine della sicurezza sociale. […] Lo Stato sociale non s’adatta alle porte aperte, donde l’assenza storica di una sicurezza sociale degna del nome negli Stati Uniti, paese d’immigrazione per eccellenza. Insomma, sopravviverà in Europa unicamente lo Stato di diritto, il vecchio Leviatano di Hobbes -che dovrà darsi un gran daffare per impedire la ‘guerra di tutti contro tutti’ in una società senza un minimo di codice comune» (146-47).
Il secondo scenario è la fortezza Europa, alimentato anche dalle reazioni che suscita «una stampa che si preoccupa più della fiamma del proprio umanitarismo che delle sue conseguenze sulla collettività»; Smith ammette che «la fortezza Europa è forse meno indifendibile di quanto non sembrasse. […] Ciò nondimeno, se si tiene conto della sollevazione di massa prevista da questo libro, qualsiasi tentativo esclusivamente sicuritario è votato al fallimento» (148-149).
Il terzo scenario è la deriva mafiosa, una vera e propria «tratta migratoria» il cui rischio è «che i trafficanti africani facciano combutta o entrino in guerra con il crimine organizzato in Europa» (149); una conferma sta nel fatto che l’80% delle donne soccorse nel Mediterraneo «erano oggetto di un traffico a fini di sfruttamento sessuale. […] Gli intrecci fra prossenetismo e ‘passatori’, troppo spesso presentati come individui soccorrevoli che praticano una forma di commercio solidale, non è che la parte visibile di un’attività criminale assai più importante» (150).
Un quarto scenario è il ritorno al protettorato, per il quale in cambio di privilegi e danaro ai ceti dirigenti, alcuni Paesi africani accetterebbero una «sovranità limitata in maniera proporzionale alle esigenze di difesa dell’Europa» (151).
Il quinto e ultimo scenario è secondo Smith il più probabile e consiste «in una politica raffazzonata» che «consisterebbe nel mettere assieme tutte le opzioni che precedono, senza mai realizzarle sino in fondo: insomma, ‘fare un po’ di tutto ma senza esagerare’» (151).
A decidere quale di questi scenari prevarrà non saranno probabilmente gli europei ma gli stessi africani. In questi casi, infatti, il numero diventa decisivo.
Nell’affrontare per quello che possono la questione, gli europei dovrebbero ragionare sine ira et studio sulla natura e sulle conseguenze del liberalismo capitalistico che prima ha prodotto l’imperialismo in Africa e poi, di rimbalzo, la corsa impetuosa di molti africani verso l’Europa. Uno dei fondamenti teorici del liberalismo, infatti, è la distruzione di corpi intermedi tra il singolo essere umano e l’umanità in quanto tale. In questo senso il liberalismo è l’opposto della democrazia, la quale pone al centro dello scenario sociale non l’individuo ma le citoyen, il cittadino, vale a dire una persona radicata in un contesto collettivo consolidato, frutto di condizioni geografico–economiche ben precise e di eventi storici condivisi. Ed è sempre in questo senso che la sovranità del popolo è cosa ben diversa dalla difesa dei diritti dell’uomo.
Uomo è infatti un concetto astratto, per i Greci ad esempio del tutto marginale. Al centro della vita collettiva si pone invece l’abitante della πόλις, con i suoi diritti e con i suoi obblighi. Per la democrazia i territori, le culture, le organizzazioni collettive non costituiscono soltanto la somma di individui isolati e tra loro irrelati ma sono il risultato della contiguità spaziale e della comunanza temporale. Si è prima di tutto abitanti di un certo luogo e soltanto per questo si può diventare cittadini del mondo. È qui che il concetto di border mostra la propria funzione di delimitazione della dismisura, di κατέχον rispetto alla dissoluzione.
La critica superficiale e pregiudiziale al concetto di frontiera , che pervade innumerevoli pagine della Rete e gli articoli di molta stampa, è dunque anch’essa una forma di ignoranza spettacolare, nel molteplice senso di questo aggettivo. Nella storia del XXI secolo il contrario di frontiera non è chiusura, il contrario della frontiera è il mercato, è il capitale, che sin dall’inizio ha avuto come fondamento la massima liberista «Laissez faire, laissez passer».
Applicare questo principio in modo assoluto e irrazionale, come tende a fare il liberismo contemporaneo significa, tra le altre conseguenze, scrive Smith, «fare i conti senza l’ospite», vale a dire fare i conti senza coloro che nel territorio europeo risiedono da secoli e che cominciano a sentirsi stranieri nel proprio Paese (passeggiare ad esempio in via Padova a Milano mi ha dato esattamente questa impressione) o persino ‘invasi’. «L’arrivo di stranieri può importunare, la loro presenza può disturbare. Pretendere che non sia così mi sembra una petizione di principio idealistica e pericolosa» (112). Affrontare una simile realtà in termini psicologici o addirittura moralistici è sterile, per non dire anche pericoloso. De-moralizzare il problema è necessario anche perché
«né lo straniero, né l’ospite sono a priori ‘buoni’ o ‘cattivi’, ‘simpatetici’ o ‘egoisti’. Vengono a trovarsi, insieme, in una situazione che occorre cercar di capire al pari delle circostanze, ovviamente differenti per l’uno e per l’altro. La mancata assistenza a un persona in pericolo è un reato, a condizione di potere prestare aiuto senza esporsi a pericoli (ultra posse nemo obligatur). […] La preoccupazione dell’equità internazionale non può confondersi con l’apertura delle frontiere a titolo di perequazione planetaria. Non è incoerente essere favorevoli all’equità internazionale e contrari alla totale apertura delle frontiere» (112-113).
Della giustizia è parte fondamentale anche la difesa di se stessi, in caso contrario si tratta non di solidarietà ma di autodistruzione. Se è doloroso ma inevitabile che una potenza meglio armata e determinata ne sottometta o distrugga un’altra, è assai meno comprensibile che i soggetti sottomessi collaborino attivamente alla propria distruzione. L’Impero Romano, ad esempio, non venne certo cancellato dai cosiddetti barbari ma si dissolse per ragioni interne, alle quali le popolazioni del nord e dell’est aggiunsero soltanto la propria presenza, invocata da molti cristiani come purificatrice della decadenza latina. «La verità è che i barbari hanno beneficiato della complicità, attiva o passiva, della massa della popolazione romana. […] La civiltà romana si è suicidata»5.
Qualcosa di analogo sta avvenendo nell’Europa contemporanea, uscita sconfitta e miserabile dalle due guerre mondiali del Novecento, vale a dire dalla più distruttiva guerra civile della storia moderna. L’Europa sta infatti implodendo su se stessa per una manifesta incapacità di gestire il proprio presente, affidato al capitalismo globalista sotto la guida statunitense e ai flussi religiosi provenienti dal mondo islamico. Invece di nutrire ed esercitare prudenza rispetto a queste complesse dinamiche, la più parte degli europei si divide tra i sostenitori di un’accoglienza totale e indiscriminata e i difensori di una pregiudiziale chiusura. Posizioni entrambe inadeguate a comprendere ciò che sta avvenendo. Gli accoglienti, in particolare, praticano comportamenti dettati dal sentimentalismo umanistico e romantico e dall’universalismo cristiano. Due posizioni antropologiche assai rischiose e che contribuiranno alla fine dell’Europa come sinora è stata conosciuta.
Il futuro degli europei è sempre meno in mano agli europei anche a causa del fatto che «la gioventù africana si precipiterà nel vecchio continente, perché è nell’ordine delle cose. […] Secondo le previsioni dell’Onu (United Nations Populations Division 2000, p. 90), l’arrivo di 80 milioni di migranti nel corso di cinquant’anni porterebbe a una popolazione immigrata di prima e seconda generazione corrispondente al 26% di quella presente nell’Unione Europea […]. Oggi vivono nell’Unione Europea (compreso il Regno Unito) 510 milioni di europei a fronte di 1,3 miliardi di africani sul continente vicino. Entro trentacinque anni, questo rapporto sarà di 450 milioni di europei a fronte di 2,5 miliardi di africani, ossia il quintuplo» (Smith, pp. XII–XIV).
Sottovalutare la demografia è scientificamente insensato6. Il rapporto tra gli umani e l’ambiente si fonda infatti, come quello di qualsiasi altra specie, soprattutto sul dato quantitativo. Il numero e la giovinezza dei popoli africani molto probabilmente prevarranno. E alla fine sarà giusto così, di fronte al pervicace cupio dissolvi che sempre più caratterizza l’Europa.
Note
1. il Fatto Quotidiano, 6.7.2019
2. Stephen Smith, Fuga in Europa. La giovane Africa verso il vecchio continente, trad. di P. Arlorio, Einaudi, Torino 2018, pp. XII–XIV. Sulla giovinezza dell’Africa si legga l’intero secondo capitolo del libro, dal significativo titolo L’isola-continente di Peter Pan, pp. 29-53. I riferimenti ai numeri di pagina delle citazioni da questo volume saranno indicati nel corpo del testo, tra parentesi.
3. Africa/Nigeria – “Le somme pagate ai trafficanti per finire schiavi in Libia avrebbero potuto creare posti di lavoro in Nigeria”, nota dell’agenzia di stampa cattolica Fides, 15.12.2017.
4. Emmanuel Carrére, A Calais, trad. di L. Di Lella e M.L. Vanorio, Adelphi, Milano 2016, p. 16.
5. Jacques Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, trad. di A. Menitoni, Einaudi, Torino 1983, pp. 22–23.
6, Lo mostra con ricchezza di argomenti anche Olivier Rey nel suo Dismisura (il significativo titolo originale è Une question de taille [Éditions Stocks, Paris 2014], «un problema di dimensione») trad. di G. Giaccio, Controcorrente, Napoli 2016.
67 commenti
agbiuso
Il contributo degli immigrati africani alla follia e al degrado italiani sta diventando consistente (come se non avessimo un sufficiente numero di teppisti e di dementi autoctoni).
Bisognerebbe far pagare i danni subiti da queste auto ai cattolici, al Partito Democratico e ad accoglienti vari.
Consolo - agb
[…] sulla base degli studi di Fernand Braudel sul Mediterraneo e delle indagini sociologiche di Stephen Smith. A fare da guida in questo percorso è la recente monografia che Giuseppe Traina ha dedicato allo […]
agbiuso
Qualche giorno fa a Milano, sulla linea 5 della metropolitana verso le 23.00, ho assistito al furto violento da parte di una persona nordafricana ai danni di una ragazza che poi ho saputo essere originaria del Sud dell’Italia. Questa persona ha strappato con violenza la collana dal collo della ragazza e poi è subito scappata dalla porta del vagone prima che il treno ripartisse. La ragazza non riusciva a parlare, era terrorizzata.
Immigration et criminalité : le malaise italien en chiffres
di Adriano Scianca
Éléments, 13.11.2024
En Italie, les débats autour de l’immigration se heurtent à une réalité dérangeante : la corrélation entre immigration et criminalité violente. Si les jeunes issus de l’immigration sont complaisamment présentés par les médias centraux comme intégrés (ou en passe de l’être), les données statistiques disent tout autre chose. Elles montrent une surreprésentation des étrangers dans les violences sexuelles, les meurtres et les délits impliquant des mineurs. Adriano Scianca fait le point.
Le 2 juin est un jour férié en Italie. On célèbre la Journée de la République, en souvenir du référendum de 1946 par lequel les Italiens ont abandonné la monarchie. Il est donc très significatif qu’en 2022, à une date aussi symbolique, l’Italie ait ouvert les yeux sur un phénomène déjà incontrôlable : celui des gangs d’origine nord-africaine. Ce jour-là, à Peschiera del Garda, charmante station balnéaire de Vénétie surplombant le lac de Garde, quelque 2 000 jeunes, pour la plupart d’origine maghrébine, se sont rassemblés en meute pour célébrer la République à leur manière, après s’être mis d’accord sur TikTok. Dans les vidéos diffusées sur les réseaux sociaux, où le rassemblement était annoncé, il avait été baptisé : « L’Afrique à Peschiera del Garda ».
La situation a rapidement dégénéré : cris, musique forte, attitudes agressives, vols, bagarres, vandalisme, ivresse. Dans des vidéos publiées sur les réseaux sociaux, souvent par les émeutiers eux-mêmes, on voit aussi des jeunes danser sur des voitures. Le maire de la municipalité voisine de Castelnuovo a déclaré qu’il s’était lui aussi retrouvé au milieu de certains participants, qui auraient crié des phrases telles que : « Nous sommes venus reconquérir Peschiera. C’est notre territoire, l’Afrique doit venir ici. » Après cette journée de violence, de cris et de vandalisme, la joyeuse troupe s’est déversée dans la gare, où beaucoup, venus de Lombardie, ont pris d’assaut le premier train disponible dans des conditions épouvantables, sans que les autorités n’interviennent pour éviter une issue qui était déjà écrite.
Des zones de non-droit
Six filles, âgées de 16 et 17 ans, se sont retrouvées à bord du train régional reliant Peschiera del Garda à Milan. L’histoire est digne d’un film d’horreur : « Nous étions encerclées. La chaleur était suffocante, certaines d’entre nous se sont évanouies. Alors que nous cherchions un contrôleur, en nous débattant dans les wagons, une agression sexuelle a eu lieu. Tous riaient, en nous disant : “Les femmes blanches ne montent pas ici” », racontent-elles.
Ces vandales, ces harceleurs, ces anti-Italiens de Peschiera del Garda sont les « nouveaux Italiens » pour lesquels, même récemment, la gauche locale réclame une acquisition plus facile de la citoyenneté, voire directement un droit du sol complet. Et ce, alors que l’Italie détient déjà le record des citoyennetés accordées à des étrangers : 22 % du total de l’UE. L’Italie compte 1,3 million de mineurs issus de l’immigration, dont 300 000 ont la nationalité italienne et environ un million une nationalité autre qu’italienne. Ils représentent 12 % des résidents âgés de 0 à 17 ans. Une loi soutenue par le Parti démocrate rend non expulsables les mineurs non accompagnés débarqués en Italie. Et souvent, en l’absence de papiers, ce sont les jeunes immigrés eux-mêmes – avec la complicité des ONG qui leur expliquent ce qu’il faut faire et dire – qui déterminent leur âge. Par coïncidence, ils ont tous 17 ans…
Ils vivent principalement dans le centre et le nord de l’Italie, où le tissu industriel a attiré une immigration plus ancienne, et où ceux qui viennent d’arriver tentent encore de s’installer. Ils représentent 13,2 % des mineurs dans le centre, 14,9 % dans le nord-est et 15,8 % dans le nord-ouest, alors qu’ils n’atteignent pas 5 % dans le sud et les îles. L’incidence est beaucoup plus élevée dans les grandes villes. À Milan, les quartiers que les Italiens fuient sont Baggio, Quarto Oggiaro, Gratosoglio, Barona, Corvetto et San Siro. Mais la criminalité impliquant des immigrés est de plus en plus fréquente, même dans le centre, à l’ombre des gratte-ciel chics. À Turin, ce sont les habitants de Barriera, Falchera, Porta Palazzo, Aurora, Valdocco qui doivent supporter les joies de la diversité. À Rome, un vaste no man’s land s’étend autour de la gare Termini, en plein centre-ville, et englobe le quartier de l’Esquilino. À Torre Spaccata, un habitant sur trois est étranger ; à Grottarossa, un sur quatre ; et à Casetta Mistica-Torrenova, 24 %.
La farce d’une délinquance à la papa
Dans la rhétorique journalistique, les jeunes issus de l’immigration sont tous parfaitement intégrés, avides de lasagnes, parlant le dialecte de leur ville de résidence et ayant dans leur garde-robe les maillots des équipes de football italiennes : tous « Italiens de fait », mais pas assez souvent des « Italiens de papier ». Quelle injustice ! La réalité est cependant différente. Selon les données du ministère italien de l’Intérieur, recueillies par la chercheuse Francesca Totolo, qui travaille depuis de nombreuses années à faire la lumière sur les délits liés à l’immigration et a récemment publié un livre sur le sujet, La vie des femmes compte, (Le vite delle donne contano. Lola, Pamela e Desirée, quand l’immigrazione uccide, Francesca Totolo, Altaforte edizioni, Roma, 2024), les auteurs étrangers de violences sexuelles représentaient 59 % du total dans la tranche d’âge comprise entre 14 et 34 ans. Par ailleurs, en 2023, 26 % des meurtres de femmes impliquaient un étranger. Sur les 165 meurtres de femmes dont l’auteur est connu, 43 ont été commis par des immigrés. Au 15 janvier 2024, 254 étrangers étaient détenus dans les 17 établissements pénitentiaires italiens pour mineurs, soit 51,2 % du total.
Impossible de cacher ces statistiques, de dissimuler des événements comme ceux de Peschiera, de masquer les batailles rangées entre bandes de rappeurs étrangers. Même la presse grand public, sans renoncer quand il le fallait au mythe du « nouvel Italien », a dû finalement mettre un nom sur ce phénomène devenu trop visible. Le coup de génie médiatique a été de transformer les gangs d’immigrés en une sorte de sous-culture inoffensive, comme s’il s’agissait de punks ou de hippies. À commencer par le nom. En fait, le terme d’argot « maranza » s’est imposé. L’origine du terme n’est pas claire, mais il semble qu’il s’agisse de la contraction de « marocchino » (marocain) et de « zanza », qui en dialecte milanais signifie « petit voleur ». Un mot déjà connoté dans un sens ethnique donc, mais rendu inoffensif par des reportages dont le trait stylistique dominant est l’euphémisation.
Un célèbre musicien italien, Fabio Rovazzi, a même écrit une chanson très « sympa » qui leur est dédiée, intitulée Maranza. Pour la promouvoir, il a mis en scène un faux vol de son téléphone portable par un jeune Maghrébin.
agbiuso
I buoni, gli accoglienti e i progressisti dovranno adesso decidere tra la difesa del capotreno donna vs il migrante violento o la difesa del migrante violento vs il capotreno donna. Un bel rompicapo.
agbiuso
Questo episodio mostra con chiarezza come molti immigrati ritengano di dover rispettare non le leggi della Repubblica ma quelle del loro Paese d’origine. Pensare che questo problema sia secondario è semplice e pericolosa miopia politica e sociale.
agbiuso
Ma anche i sindacati partecipano al festival dell’’accoglienza’ indiscriminata dei migranti in Italia. Così come fanno le gerarchie cattoliche, la sinistra caviale, la destra confindustriale la quale ha bisogno di un esercito industriale di riserva per moltiplicare i profitti e privare di diritti i lavoratori.
A viaggiare su quei treni sono cittadini normali, normali pendolari. Che in quanto tali non hanno diritto alla sicurezza.
Come se in Italia non avessimo un adeguato numero di criminali autoctoni, dobbiamo importarne altri, anche dal Nord Africa.
agbiuso
Le temps des passions tristes et des haines purulentes…
Xavier Eman,éléments, 1 octobre 2024
L’abominable martyr de la jeune Philippine, violée et assassinée par un migrant marocain sous OQTF, a engendré un immense flot de commentaires, un vaste vacarme médiatico-internetesque au sein duquel se sont disputés la bêtise, le cynisme, le calcul, la bassesse et même l’ignominie, chacun soumettant sa « réaction » aux intérêts supposés de son « camp ». Dignité et retenue interdites. Derrière l’omniprésence d’un discours «moraliste » et « vivre-ensembliste » toujours plus factice et désincarné, sommes-nous encore capables d’humanité ?
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Il fut un temps où l’on respectait la mort, y compris celle de ses adversaires et même de ses ennemis. Un temps où le brouhaha des querelles partisanes et des conflits politiques s’apaisait quelque peu à proximité des tombeaux, où l’on ne sa gaussait pas des larmes, et où les huées et les glapissements des hyènes ne couvraient pas les sanglots des familles endeuillées.
Oh, bien sûr, ne soyons pas naïfs, il ne s’agissait bien souvent que de conventions sociales, et il a sans doute également toujours existé des exceptions, les cœurs secs et les âmes basses n’étant pas une invention de notre modernité. Mais au moins, il existait des règles de décence et de tenue, et la majorité des gens partageaient une « décence commune » minimale qui interdisait de rire ou de cracher dans les cimetières, quel que soit le drapeau qui y flottait.
C’est un temps, hélas, fort lointain. Désormais toutes les barrières morales et éthiques sont tombées, les codes d’honneur ont été remisés dans les caves poussiéreuses de temps obscurantistes, et plus rien ne restreint le goût âcre et violent de la curée, de l’éructation vindicative, de l’insulte et de la vomissure. L’ère des réseaux sociaux a inauguré le temps des hommes sous pseudos mais sans masque, révélant, à travers le relatif anonymat par lequel ils se sentent protégés, toute l’abjection de leur nature profonde. Ce mal est aujourd’hui omniprésent, s’est répandu partout, les hystéries idéologiques justifiant tout, jusqu’aux pires saloperies. On peut bien se vautrer dans le mal concret, la dénonciation, la diffamation, l’injure et la violence, si c’est pour faire triompher un « Bien » éthéré, absolu, fantasmatique et désincarné ! Nous ne nous confrontons plus à des adversaires, des opposants, mais à des monstres, des erreurs de la nature dont la seule existence est une offense à la bienséance et une entrave à l’établissement du paradis terrestre universel. Ils doivent donc être éliminés. Et l’on se réjouit donc de leur élimination, quels qu’en soient les circonstances et les responsables. C’est en tenant ce genre de raisonnement que des activistes d’extrême gauche peuvent, sans crever de honte, interrompre des minutes de silence consacrées à la mémoire d’un jeune femme violée et massacrée, que des harpies estudiantines peuvent arracher les affiches lui rendant hommage et que des porcs satisfaits peuvent ricaner, sur Twitter ou Instagram, des circonstances de sa disparition.
Guerre civile ?
C’est d’ailleurs ici que la dialectique identitaire purement « ethnique » montre ses limites. Car ces gens qui glaviotent sur des cadavres encore chauds, qui font passer leurs obsessions idéologiques avant la plus infime décence, qui dégueulent leur exécration de toute ce que représente une jeune fille comme Philippine (bourgeoisie, catholicisme, scoutisme… ) et leur préférence viscérale, systématique et définitive, pour les migrants et les « racisés » de tout poil, même meurtriers et violeurs, tous ces étudiants déconstruits, ces vieux profs retraités et autres punks à chiens, ils sont bien « blancs », bien autochtones et « de souche ». Et, sans nul doute, ils détestent la France traditionnelle, son histoire, sa culture et son identité, plus absolument et radicalement que la majorité des étrangers ou des français d’origine immigrée.
Il existe aujourd’hui des fractures internes à ce qui fut jadis le peuple français qui semblent indépassables, impossibles à résorber, des visions du monde et de la vie irréconciliables et une polarisation des antagonismes de plus en plus radicale. La « guerre civile » est déjà là, dans les têtes, dans les cœurs et dans les mots. Peut-on encore éviter qu’elle explose dans les rues ? S’il faut bien sûr l’espérer de toutes ses forces, on peine néanmoins à discerner les voies pouvant éviter cette tragique finalité.
agbiuso
Ma come? Siti chiusi? Perché? Non si tratta forse di strutture umanitarie che aiutano i “migranti economici” a conseguire il loro obiettivo? Perché trattarle come volgari e criminali agenzie schiavistiche? Esse non coadiuvano invece l’Europa a diventare più inclusiva?
agbiuso
Il globalista camuffato da laburista
il Simplicissimus, 13.9.2024
C’è una piccola scia di notizie che gira incauta per il web inseguita dalle folate di astio di chi scambia l’immigrazione selvaggia in qualche modo indotta per accoglienza e valuta la clandestinità come un valore in sé. Non voglio nemmeno sprecare tempo a contestare le distorsioni introdotte dall’ideologismo globalista che ha sostituito un astratto diritto a vagabondare ovunque senza restrizioni, con quelli fattuali dell’uguaglianza e del lavoro, definendo razzista qualsiasi obiezione. Non voglio sprecare tempo sia perché le capacità critiche sono in coma profondo e il livello di acculturazione è crollato in maniera impressionante, sia perché la notizia di cui sto parlando, unita ad altre due coeve, squaderna il tema nei suoi termini reali.
Dunque accade che nel felice regno di Britannia, retto da re Carlo III Rothschild, alcuni cittadini di Farnborough abbiano chiesto, ai sensi delle leggi sulla libertà di informazione (Foi), quale sia il costo dell’arredamento degli appartamenti per i richiedenti asilo che pare siano riccamente forniti, certamente oltre le possibilità della grande maggioranza dei cittadini britannici. Ma il ministero dell’Interno si è rifiutato di fornire questi dati e John Edwards, commissario per l’informazione, ha affermato che l’interesse pubblico nel rivelare il costo per i contribuenti dell’arredamento era superato dalla necessità di proteggere i richiedenti asilo dalle proteste e dai rischi per la loro “salute e sicurezza”. Insomma non ve lo possiamo dire altrimenti scoppierebbe una rivolta, a dimostrazione che probabilmente tali spese sono incongrue e hanno passato denaro a speculatori locali. E non basta perché due giorni dopo questa presa di posizione, il governo britannico si è rifiutato di pubblicare dati su criminalità e richieste di assistenza sociale in base allo status di immigrazione o alla nazionalità, rendendo impossibile accertare l’impatto dell’immigrazione sulla società e sull’economia.
Quale democrazia reale nasconde i dati ai cittadini per celare le situazioni effettive? Non è piuttosto un sistema autarchico quello che nasconde la realtà, in questo caso per salvare la tesi di un supposto effetto positivo dell’immigrazione selvaggia come recita il vangelo globalista? Non è certo un mistero per chi abbia conservato qualche neurone che la tesi dell’immigrazione sostitutiva abbia una valenza politico-economica che ha ben poco a che vedere con i diritti quanto piuttosto con la soppressione di essi. Ora non c’è nulla di male nel trattare bene la gente, anche quella in attesa di asilo, ma tale concetto va applicato a tutti senza discriminazioni, persino a quelli che hanno un regolare passaporto e che hanno la colpa di essere nati in un determinato Paese. Ma non è così: la terza notizia è che sempre il governo britannico ha fatto approvare alla Camera dei Comuni un provvedimento per la sospensione del contributo di 300 sterline ai pensionati per il riscaldamento invernale i cui costi sono saliti alle stelle. Circa 10 milioni di anziani non riceveranno più un sussidio finanziario per aiutarli a pagare le salatissime bollette energetiche e a tenere le loro case calde questo inverno.
Il neo primo ministro, il laburista dei mei stivali Starmer, ha detto che non è possibile fare altrimenti perché la Gran Bretagna ha accumulato un deficit di oltre 22 miliardi di sterline. Non ha però detto che Londra ha dato al regime di Kiev 12,5 miliardi di sterline in aiuti militari, ovvero un bel mucchio di soldi ai produttori di armi e che nonostante il buco nel bilancio vuole aumentare di 3 miliardi di sterline il bilancio della difesa prendendo a pretesto il fatto che la Russia intende colpire il Regno Unito.
È fin troppo chiaro che le politiche antisociali le quali ovviamente non si fermano alle 300 sterline per i pensionati, ma si allargano, per esempio, alla sottrazione di fondi alla sanità pubblica, fanno parte di un modello globalista nel quale anche l’immigrazione selvaggia ha un suo ruolo come ariete contro gli Stati e nel quale chi ci guadagna sono solo e soltanto i ricchi. Migranti e cittadini sono unicamente pedine in un gioco di scacchi per il governo del mondo.
agbiuso
L’analisi, del tutto plausibile, di un ex ambasciatore francese nel Regno Unito.
François-joseph Schichan
Les émeutes de Southport montrent combien nos sociétés sont fracturées par l’immigration de masse (pdf)
Cosmologie antropodecentriche - agb
[…] è invece da tempo stabilizzato verso il basso ma viene invaso senza posa da milioni di persone, generando problemi enormi. L’auspicio è che anche altri territori del nostro pianeta inizino la china della diminuzione […]
agbiuso
Da: Il y a 50 ans, la prophétie d’Enoch Powell sur les ravages de l’immigration en Grande-Bretagne
Polémia, 5.8.2024
L’Angleterre se soulève après le meurtre abominable de trois fillettes, poignardées par un immigré d’origine rwandaise. Dans tout le pays, des Anglais manifestent et, parfois, protestent violemment contre les politiques immigrationnistes de leurs gouvernants. Certains attaquent même des mosquées, symboles tout trouvé de cette invasion aux conséquences dramatiques. Comment ne pas penser à la figure d’Enoch Powell ? Le 20 avril 1968, alors que l’Angleterre et l’Europe ne subissaient que les tout premiers assauts d’une crise migratoire qui culmine aujourd’hui avec l’arrivée massive d’extra-Européens sur le continent, Enoch Powell, brillant homme politique britannique promis aux plus hautes fonctions, avait décidé d’évoquer ses craintes avec les citoyens de son pays. Dans un discours passé à la postérité, aujourd’hui publié par La Nouvelle Librairie, il les avertissait des conséquences néfastes d’une ouverture à l’immigration extra-européenne : « Si je regarde vers l’avenir, je suis empli de sombres présages ; tel le poète romain, il me semble voir le Tibre écumer d’un sang abondant. »
Celui qui était alors député de Birmingham aura payé de sa carrière politique ce discours résolument visionnaire. Aujourd’hui, le Royaume-Uni est attaqué par les terroristes islamistes et miné par un changement de population qui modifie en profondeur son identité et provoque de nombreux drames.
Enoch Powell avait raison. Honneur au diabolisé. Honneur à ceux qui défendent leur identité.
Immigration : Enoch Powell, le prophète diabolisé
Lire cette vidéo sur YouTube.
Helléniste, latiniste, poète anglais, ancien de Cambridge, le député conservateur Enoch Powell était promis aux plus hautes destinées britanniques. Mais, élu d’une banlieue de Birmingham, il jugea de son devoir de s’inquiéter de l’immigration massive qui affectait alors sa circonscription. Son discours du 20 avril 1968 reste prophétique. Mais une campagne de diabolisation s’abattit sur lui. Pour évoquer les risques des sociétés multiculturelles il avait cité un vers de Virgile : celui évoquant la vision de la sibylle décrivant le « Tibre tout écumant de sang ». Le peuple britannique apporta son soutien à Enoch Powell mais les médias ne retinrent de son discours qu’une expression, celle des « fleuves de sang ». Enoch Powell fut brisé par le Système qui lui préféra le pâle Edward Heath. Plus tard, la leçon fut retenue par Margaret Thatcher : pour conserver le pouvoir et imposer des réformes libérales, la « Dame de fer » sut mobiliser l’esprit national pour reconquérir les Malouines mais laissa des pans entiers du Royaume-Uni s’islamiser et s’africaniser
agbiuso
Condivido per intero i contenuti di questo articolo:
La lezione dell’Inghilterra
il Simplicissimus, 5.8.2024
Un mio lontano antenato che forse è stato il maggior reazionario italiano dei primi decenni dell’Ottocento (e per rendersene conto basterebbe leggere il carteggio con Monaldo Leopardi, padre di Giacomo) diceva che gazzette e treni sarebbero stati la rovina dello status quo perché con la diffusione di questi mezzi, non era più possibile fermare i fermenti rivoluzionari, che allora si imperniavano nella presa di potere della borghesia. In un certo senso aveva perfettamente ragione: il mondo che difendeva era già condannato, ma la sue fine era accelerata proprio dalla diffusione delle idee che correvano sui treni e nelle tipografie.
Quindi immaginate la sorpresa di leggere che le rivolte innescate in Inghilterra dopo che un immigrato ruandese di 17 anni ha ucciso tre bambine e ne ha ferito una decina durante un saggio di danza, ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso delle doleances, vengono addebitate non alle condizioni oggettive che si sono create con l’irresponsabile politica di apertura ad ogni costo dell’immigrazione (che i laburisti intendono ulteriormente favorire), bensì al fatto che su X non viene applicata una censura su questi eventi. Siamo tornati indietro di due secoli. Anzi questo episodio ha fatto emergere il peggio nella copertura mediatica del regime occidentale, con palesi tentativi di deviare la reale origine dei disordini. Tutti i politici e i media stanno mettendo in croce ogni possibile colpevole, tranne l’enorme elefante nella stanza, che è la migrazione di massa incontrollata, dentro la quale vicende come questa sono assolutamente situabili e comprensibili visto che si tratta di persone completamente e spesso drammaticamente sradicate dal proprio ambiente e dalla propria cultura a causa dello sfruttamento delle risorse che viene compiuto dallo stesso potere grigio che poi ne impone l’accoglienza come dimostrazione di civiltà. Addirittura viene persino data la colpa di tutto questo alla libertà concessa alle polemiche sulle olimpiadi, oppure, come al solito, a Putin, mentre il nuovo premier Keir Starmer, in un discorso delirante, ha addossato le responsabilità a una fantomatica “ultra destra”. È lo stesso schema utilizzato in ogni Paese sotto il controllo del potere globalista: deviare sempre e indiscriminatamente verso lo spettro fasullo della “destra” perché rappresenta l’unica minaccia narrativamente spendibile al dominio totalitario che si sta affermando in Occidente e che suscita fra l’altro reazioni pavloviane che impediscono a molti di infrangere il velo di una grottesca narrazione.
E naturalmente l’arma di questa destra di fantasia è la diffusione della notizie e la libertà di commento. I media nel Regno Unito sono incredibilmente controllati e tagliano fuori immediatamente chiunque osi anche solo dire la verità su ciò che sta realmente accadendo e fanno del loro meglio per indirizzare ogni ragionamento sul “nazionalismo bianco” di destra come radice di tutte le crisi. Ecco perché la piattaforma X viene attaccata con ferocia per la sua mancanza di censura. Tuttavia proprio gli stessi si mostrano totalmente irrispettosi di ogni differenza culturale e sono assolutamente disposti alle stragi, anzi le creano, quando si tratta di “altri”. Ma la gente sembra averne abbastanza e il brevissimo periodo di luna di miele di Keir Starmer si è esaurito con il crollo netto del 16% del suo indice di gradimento. Da notare che i disordini si sono principalmente svolti nelle aree operaie che avevano votato per i laburisti e che si sentono tradite perché l’immigrazione selvaggia è la causa dell’abbassamento dei salari, quanto meno per le mansioni meno specializzate.
Questo dà la misura di come nelle cosiddette democrazie occidentali non vi sia una reale possibilità di scelta poiché il passaggio da un partito all’altro è a somma zero. Vale a dire non cambia nulla perché la narrazione quotidiana crea una cortina fumogena fatta di retorica e falsità che impedisce di decrittare la realtà e di vedere con chiarezza i propri interessi. Del resto l’accesso stesso alla politica è condizionato dal potere reale che gestisce i media, fornisce i soldi e assegna i compiti. Si tratta di un sistema messo insieme con colla, nastro adesivo e materiali di scarto che si sta rapidamente logorando.
Da notare che se non i treni, almeno la mobilità individuale viene sempre più compressa attraverso le più stravaganti tesi climatiche perché persino la banale libertà di movimento potrebbe essere perniciosa per lo status quo. Globalismo del denaro, ma repressione individuale. E tuttavia questa visione reazionaria sta ormai mostrando la corda perché una parte di mondo, la parte di gran lunga maggiore, non vuole saperne di una borghesia che giunta all’apice dell’accumulazione capitalistica, si sta trasformando in un nuovo feudalesimo.
agbiuso
A poco a poco ma inesorabilmente verso la violenza e la guerra civile alle quali il globalismo dei liberisti, delle ONG, del capitalismo sta conducendo ciò che resta della società e della cultura europee.
agbiuso
Ancora una volta e sempre più. Come se non fossero sufficienti i tanti criminali autoctoni che abbiamo in Italia.
Chi permette la strage dei propri cittadini, chi incoraggia – per ragioni etiche e umanitarie – l’arrivo di masse dentro le quali ci sono molti criminali di altre terre, non è un amministratore della cosa pubblica, è un complice.
agbiuso
La questione migranti/lavoro per uno dei padri del socialismo europeo.
agbiuso
Temo che sia la classica punta di un iceberg. Dove circola molto denaro i fenomeni di corruzione sono quasi inevitabili. In ogni caso, sono ben pronti agli affari questi accoglienti, questi filantropi.
agbiuso
Ecco uno degli obiettivi delle deportazioni di migranti dall’Africa all’Europa: avere a disposizione delle persone pronte a tutto, anche a uccidere e a essere uccise. E le cosiddette ‘destre’ (come le cosiddette ‘sinistre’) sono complici attive di tali progetti.
agbiuso
Gli accoglienti, i cristiani, il Partito Democratico, le ONG, i nordafricani, lo schifo, Catania, i barbari…
agbiuso
“I francesi i migranti non li vorrebbero”. Eh già…
agbiuso
“Il modello è il solito, il bianco armato di fucile e quello armato di crocifisso: il primo infierisce e il secondo benedice. Il colonialismo si è sempre fatto così”
da “IO NO, CAPITANO!”: caro consimile bianco europeo, l’Africa non ha bisogno di te
di Michelangelo Severgnini
l’AntiDiplomatico, 10.11.2023
agbiuso
Dato che i cosiddetti ‘hotspot’ di Lampedusa sono sempre strapieni oltre ogni limite, e poiché questo non garantisce i diritti delle persone, la soluzione è non permettere gli sbarchi in quest’isola, a meno che i migranti abbiano anche il diritto di spostarsi dappertutto a loro piacimento e senza nessuna identificazione. Diritto che la stessa CEDU – Corte europea dei diritti umani, ha negato ai cittadini italiani ed europei i quali, come me, non avevano commesso alcun reato e sono stati:
-obbligati al confino
-obbligati a cedere l’autonomia del proprio corpo allo Stato, pena la perdita del lavoro e dei diritti.
Non c’è niente da fare: le istituzioni europee vanno respinte in blocco, tutte. Esse infatti non garantiscono né equità né libertà né giustizia.
agbiuso
“Tale controllo da parte del nord del mondo sull’Africa avviene anche per mezzo della cooptazione delle nostre élite, colpevoli di un gravissimo collaborazionismo, e spesso di criminale indifferenza verso questa emorragia di persone che finisce a morire in mare o vittima del caporalato. L’Africa subisce uno svuotamento di valore umano, di persone che sono intelligenze, forza lavoro, professionisti”
da Migrazioni, Sandouno (Urgences Panafricanistes): “Italiani e africani lottino insieme contro il globalismo”
l’AntiDiplomatico, 25.9.2023
agbiuso
Un territorio perduto. Il primo.
agbiuso
I luoghi, le città, le comunità, i cittadini si stanno (troppo) lentamente rendendo conto di che cosa realmente sia l’accoglienza indiscriminata di persone da altri continenti, contesti, costumi. È un pericolo assai grave per la convivenza e per la vita stessa dei corpi collettivi.
agbiuso
Ah, ecco.
Una delle sciagure dell’Italia è la sua posizione nel Mar Mediterraneo: geograficamente splendida ma politicamente pericolosa.
agbiuso
Le enormi spese dell’Italia, pagate con le tasse dei cittadini, per diventare sempre più poveri e con servizi assai scadenti. Un veloce degrado dell’intera collettività.
agbiuso
Lampedusa, che una volta era Europa.
Settembre 2023.
–Video dei disordini causati da migliaia di persone arrivate dal continente africano.
agbiuso
Il rifiuto da parte di Francia e Germania dell’accoglienza di migranti provenienti dall’Italia conferma che l’Unione Europea è una costruzione artificiale, sbagliata, irriformabile.
agbiuso
Ma certo. L’Unione Europea non ha mai lasciato sola l’Italia ad accogliere i migranti. Tantomeno lo fa adesso. Tutti i Paesi dell’UE sono pronti all’accoglienza.
agbiuso
Venezia / Italia 2023. Questa – lo sfruttamento del lavoro umano – è una delle principali ragioni della difesa e della rivendicazione del fenomeno migratorio attuata da partiti, movimenti politici, imprenditori, ONG, giornali e televisioni.
agbiuso
Fallimentari, complici e patetici.
agbiuso
Ipotesi su Crotone.
agbiuso
Il principio cristiano del “tutti siano uno”, della fratellanza universale, di una sola umanità confligge ogni giorno con l’esistenza di lingue, religioni, culture, etnie, costumi diversi tra di loro.
Ignorarlo, o fare finta di ignorarlo, conduce alla guerra, alla catastrofe.
UN SOLO GRIDO UN SOLO ALLARME IL BELGIO IN FIAMME IL BELGIO IN FIAMME
Avanti!, 28 Novembre 2022
agbiuso
Radici e significati del caso Soumahoro.
SOUMAHORO FACCI SOGNARE!
Giuseppe Russo, Avanti!, 25.11.2022
agbiuso
La violenza dei buoni.
Le menzogne dei veritieri.
Il dispotismo di chi toglie diritti mentre parla dei diritti.
Gli effetti della trasformazione dei valori in una religione.
Ma la questione migranti è di una tale gravità che prima o poi si farà luce su quanto è accaduto e sta accadendo.
Rappresentanti Ong censurano la proiezione del film “l’Urlo” a Napoli. Insulti al regista
L’AntiDiplomatico, 26.11.2022
agbiuso
Francia «razzista, fascista, sovranista, nazionalista…» 🙂 🙂
agbiuso
Ah ecco, gli accoglienti francesi non lo sono così tanto. Confermano, in realtà, che non lo sono mai stati.E si tratta di poche persone. Non decine di migliaia all’anno.
Soltanto Italia e Grecia devono esserlo. L’Unione Europea è anche questa discriminazione.
agbiuso
La consueta e inemendabile ipocrisia dell’Unione Europea, in questo caso della Francia.
Da anni e sempre, infatti, “i flussi migratori” sono un problema dell’Italia e della Grecia, non di altri Paesi della UE.
agbiuso
L’analfabetismo funzionale di Repubblica sulla Libia
di Michelangelo Severgnini, 29.7.2022
Mancano meno di due mesi al voto e lo sappiamo già: ne sentiremo di tutti i colori.
Chi scrive o solo pensa un articolo simile è un analfabeta della Libia.
La quasi totalità dei migranti risiede sulla costa occidentale, lì trasportata dalle mafie africane perché sia manodopera a costo zero per le milizie.
È lì, in Tripolitania, dove risiedono i criminali a piede libero, altre volte detti trafficanti, dove i migranti vengono imbarcati su gommoni sgonfi mortali, dopo aver trovato un accordo con le Ong.
Loro, trafficanti libici e Ong, sono i responsabili dei quasi 30.000 sbarchi già quest’anno.
Di quale pressione russa stanno parlando?
I barconi che partono dalla Cirenaica sono tanto rari quanto le notizie obiettive di La Repubblica.
Che ci sia dietro la Wagner è poi “wishful thinking”. Gli piacerebbe fosse così per nascondere quello che loro già fanno in Tripolitania.
In 4 anni dacché sono in contatto con i migranti-schiavi in Libia non ne ho sentito uno lamentarsi dalla Cirenaica.
Al contrario abbiamo presentato un’interrogazione a Di Maio il mese scorso.
Soldi a Tripoli non per i migranti, ma per le armi e il saccheggio del petrolio.
È tutto nero su bianco. Nessuno ha ripreso.
Ma a questi che vivono nella bolla EU-NATO piacciono le narrazioni fiabesche. Tutto un altro genere letterario rispetto al giornalismo.
agbiuso
Espressioni umanitarie
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Navi quarantena, il racconto delle rivolte a bordo
di Valerio Nicolosi, Micromega, 9.11.2021
agbiuso
Questo continuo pianto di Lamorgese e del Governo Draghi volto a implorare i Paesi dell’UE a essere «solidali» con l’Italia sulla questione migranti è veramente poco dignitoso, oltre che del tutto inutile.
L’Italia è da sempre lasciata sola e lo sarà ancora. Dentro la UE «solidarietà» è parola del tutto vuota, ideologica.
agbiuso
agbiuso
Come era ampiamente prevedibile.
Sia perché la “solidarietà” tra Paesi dell’Unione Europea è una leggenda (una menzogna) sia perché “chi si fa verme non deve poi lamentarsi se lo calpestano” (Kant).
agbiuso
Le Grand Remplacement en chiffres. Chronique d’une mort annoncée ?
di François Bousquet, Revue Éléments, 9.12.2020
[A conclusione del breve articolo vengono forniti dei dati e, subito dopo, alcune significative citazioni]
Quelques données extraites de L’invasion de l’Europe, Les chiffres du Grand Remplacement (et ce ne sont que des estimations basses) :
France
66,9 millions d’habitants.
Proportion de naissances d’au moins un parent né en dehors de l’UE : 27 % en métropole (2017).
Proportion d’enfants nés avec un prénom musulman : 21,6 % (2018).
Royaume-Uni
66,4 millions d’habitants (2018).
9,4 millions de personnes nées à l’étranger (2018).
Allemagne
82 millions d’habitants (2018).
13 millions de personnes nées à l’étranger dont 7,7 millions d’extra-Européens.
Suède
10,3 millions d’habitants (2019).
Proportion de la population immigrée : 24,9 % de la population (2018).
Pays-Bas
17 millions d’habitants (2019).
Proportion de la population d’origine immigrée : 23 %.
Suisse
8,5 millions d’habitants (2019).
Proportion de la population d’origine immigrée : 37 % (2017).
Autriche
8,2 millions d’habitants (2019).
Proportion de la population d’origine immigrée : 22,8 %.
Belgique
11,3 millions d’habitants (2018).
Proportion du nombre de résidents nés à l’étranger : 16,7 % de la population (2018).
Danemark
5,8 millions d’habitants (2019).
Population immigrée : 800 618 personnes (2019).
UE
23 millions d’extra-européens au 1er janvier 2018.
Parmi les 825 000 étrangers ayant acquis une nationalité européenne, 82 % d’extra-Européens (2017).
60 millions de personnes résidant dans un pays de l’UE où elles ne sont pas nées.
Et pour la route, quelques avertissements que nous adressent des amis étrangers :
« La Belgique finira arabe. » Fawzia Zouari, Jeune Afrique.
« Vous êtes envahis par d’autres cultures, d’autres peuples, qui vont progressivement vous dominer en nombre et changer totalement votre culture, vos convictions, vos valeurs. » Cardinal Robert Sarah (Guinée).
« Un nombre limité, ça va [de réfugiés]. Sinon, toute l’Europe deviendra un jour musulmane ou africaine, c’est impossible. » Dalaï Lama
« L’intégration est possible entre Européens. La trame est la même, c’est le même continent. Ils [les Marocains] ne seront jamais 100 % Français, ils seront de mauvais Français, je peux vous l’assurer. » Hassan II, roi du Maroc
Disponible à la Nouvelle Librairie
Jean-Yves Le Gallou (et Polémia), L’invasion de l’Europe, Les chiffres du Grand Remplacement, éditions Via Romana, 214 p., 20 €.
agbiuso
Eh sì, i cittadini del mondo (nigeriani in questo caso) imparano presto che in Italia a loro è tutto permesso.
Nello stesso giorno nel quale come cittadino italiano ho dovuto indossare la museruola per visitare alcuni luoghi, a Roma accade questo. Siamo un popolo di cristiani accoglienti, sarebbe ancora meglio diventare una colonia della Nigeria.
agbiuso
Eppure per il governo italiano “non c’è emergenza” (Luciana Lamorgese, ministro degli Interni, dixit).
agbiuso
Maschere, museruole, distanziamenti, multe, media terrorizzanti. E poi i migranti, e sulla salute cala il silenzio.
agbiuso
Le Università siciliane chiuse, le museruole obbligatorie, imprese che non riaprono. Ma i migranti in libera fuga da Lampedusa, da Caltanissetta e da qualunque luogo. L’eterogenesi della «salute prima di tutto» e della solidarietà universale.
Ricciardi, medico consulente del governo Conte, propone un reddito per i migranti in quarantena, da finanziare inasprendo le multe a chi viola le norme Covid19.
Si pensa, evidentemente, che ai cittadini italiani si possa imporre qualunque angheria. E lo si pensa a ragione.
agbiuso
il manifesto del 2.10.2019 pubblica un articolo di Ignazio Masulli dal titolo Dopo l’inganno di Malta l’Europa al bivio nel quale, come si può vedere dalla prima parte del testo che copio qui sotto, non soltanto si comunicano cifre parziali -altre analisi arrivano infatti a opposte conclusioni- ma non ci si accorge dell’atteggiamento inconsapevolmente ma decisamente colonialistico di questo modo di impostare il problema.
Ritenere infatti che sia del tutto normale, e anzi auspicabile, che forze giovani e molto consistenti dei Paesi africani debbano venire in Europa e in Italia per risolvere i problemi demografici e contributivi del Vecchio Continente significa ancora una volta guardare la società e la popolazione africane in una prospettiva funzionale all’Europa, auspicando che cresca l’autodeportazione che è in atto in quei Paesi e che ha come conseguenza l’ulteriore aggravamento dei loro problemi economici.
E questo senza entrare, naturalmente, nelle questioni relative ai salari, allo sfruttamento e alle differenze di culture, che possono diventare secondarie in una prospettiva liberista ma non in una che si vorrebbe comunista.
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Dopo la deludente conferenza di Malta sull’emigrazione, soprattutto per le sue stesse motivazioni ed obiettivi, si è consumato l’ennesimo inganno nei confronti dell’opinione pubblica. Inganno che consiste nel dare ad intendere che i flussi migratori verso l’Europa costituiscono un problema per i paesi meta, tanto che occorre convincerli ad una poco desiderabile e difficile accoglienza.
La verità è esattamente opposta: i paesi membri dell’Ue, specie quelli che costituiscono le destinazioni preferite, hanno grande ed urgente bisogno di un numero di immigrati molto maggiore di quanti bussano alle nostre porte. E ciò per vari motivi.
In termini demografici, se consideriamo la popolazione dei 28 paesi dell’Ue, compresa la Gran Bretagna, un cittadino troppo giovane o troppo anziano per lavorare, dipende da meno di 2 persone in età lavorativa (1,8), che si ridurranno a 1,5 entro 10 anni. Il che prospetta una situazione insostenibile a detta della stessa Commissione europea (The 2017 Ageing Report).
La correzione di questo squilibrio è essenziale pure per garantire la tenuta degli attuali livelli di welfare in tutti i paesi dell’Ue.
Infatti il mantenimento dello standard attuale, evitando ulteriori tagli e privatizzazioni, richiederebbe una base contributiva garantita da un aumento della popolazione europea di circa quaranta milioni di persone in 5 anni. Cosa concepibile solo attraverso l’accoglienza e regolarizzazione di un numero di migranti moltiplicativo rispetto a quanti cercano di venire.
Per quanto riguarda il fisco, è dimostrato che tasse e contributi versati dagli immigrati nati all’estero eccedono di oltre il 60% tutte le spese di cui beneficiano, come dimostra il bilancio statale italiano del 2016 (anno di picco) e lo stesso può dirsi per gli altri maggiori paesi europei.
agbiuso
Che cosa facciamo, cari amici accoglienti? Andiamo a protestare contro l’ambasciata tedesca in Italia? Denunciamo l’inumanità dei germanici che pensano di avere diritto a chiudere i porti? Diritto che gli altri non hanno? Oppure?
agbiuso
L’editoriale del numero 349 di Diorama Letterario (maggio-giugno 2019) si intitola “I nuovi eroi”.
Con la consueta chiarezza, Marco Tarchi fa riferimento anche al libro si Stephen Smith e osserva che “la partita della questione migratoria si gioca, come da tempo ormai avviene ogni volta che ci si trova dinanzi a scelte politiche cruciali, sul terreno dei media e dell’immagine. I fatti contano relativamente”.
Il testo stigmatizza poi l’utilizzo mediatico dell’ “arma più efficace: quel ricatto della commozione e della compassione”, che impedisce di conservare la lucidità per chiedere ad esempio, a proposito dei campi di detenzione in Libia, come mai “l’ONU non imponga -e, di fatto, nemmeno proponga- la presenza di proprio personale, in cospicua quantità, per gestire i suddetti centri e impedire gli abusi. Ma la domanda forse è indiscreta”.
Altro esempio, a proposito del padre e della bimba messicani annegati sulle sponde del Rio Grande: “Nessuno ha avuto la sfrontatezza di giudicare irresponsabile il comportamento di un genitore che ha condotto alla morte una bambina di 23 mesi”.
“I maestri cantori della commozione” utilizzano strumentalmente queste e altre analoghe tragedie per nascondere “le statistiche sulla delinquenza degli allogeni, i problemi di convivenza con i locali, gli episodi di inciviltà quotidianamente denunciati dalla disprezzata ‘gente comune’: uno valeva per tutti”.
agbiuso
“Essere europei, secondo me, è essere uomini e donne che amano la grande cultura europea”.
Grazie, caro Diego, per questa tua affermazione -che condivido per intero- e per le testimonianze che porti di amore verso la cultura europea, la quale non è né inferiore né superiore ad altre (espressioni antropologicamente poco sensate) ma è semplicemente diversa. Difendere la differenza è, come sai, uno degli obiettivi principali del mio lavoro teoretico.
Augusto Cavadi
Grazie, Alberto, per questo ennesimo contributo documentato (nei contenuti) e chiaro (nella forma espositiva). Uno degli aspetti che mi rimane problematico è un assunto di fondo (abbastanza implicito): che l’Europa appartiene agli europei come l’Africa agli africani e la Cina ai cinesi…Personalmente ritengo che i problemi storico-concreti e complessi (come i flussi migratori) vadano affrontati alla luce di presupposti antropologico-filosofici più radicali: che la Terra appartiene ai terrestri e che ogni Stato-nazione ha il diritto/dovere di salvaguardare il proprio patrimonio etico-giuridico. Da chiunque. Nel nostro caso: dagli italiani barbari (noi siciliani, Alberto, ne sappiamo qualcosa) e dagli stranieri barbari, non da chi (indigeno italiano, immigrato africano o cinese) sia disposto effettivamente a rispettare i dettami della Costituzione e l’apparato normativo ad essa coerente. Dunque: calci nel sedere ai mafiosi, ai fondamentalisti (cattolici o protestanti, ebrei o islamici, induisti o fascisti o comunisti) e “porte/porti aperte/i” alle donne e agli uomini di buon senso di buoni sentimenti.
agbiuso
Caro Augusto, ti ringrazio per aver letto con cura un testo così lungo.
Uno degli assunti di fondo del mio ragionamento non è per nulla implicito e lo esplicito qui volentieri: l’Europa appartiene agli europei, l’Africa agli africani, la Cina ai cinesi. Anche per questo ritengo criminale ogni forma di colonialismo: religiosa, economica, etica. Tale appartenenza non ha niente di volontaristico (è questo uno degli errori categoriali che compie chi ragiona sempre in termini etici e non ontologici e naturalistici) ma è radicata nella conformazione delle comunità umane e nella loro stratificazione storica. È dunque radicata nello spazio e nel tempo. Ignorare o sottovalutare questi dati geografici, antropologici, storici, è uno dei limiti più gravi di ogni prospettiva universalistica, compresa quella cristiana.
La Sicilia è un conferma clamorosa di quanto sto dicendo: nonostante infatti la pluralità degli apporti etnici e la complessità delle sue vicende storiche, la nostra Isola e i suoi abitanti possiedono una fortissima identità, che si portano dietro sia se rimangono in Sicilia sia se vanno altrove (come me). E questo, come si suol dire, «nel bene e nel male».
Altro discorso è una resistenza alle forze dissolutive, sia che vengano dall’interno -come le mafie– sia che vengano dall’esterno, come un melting pot che è clamorosamente fallito sia negli USA sia in Francia. A proposito di quest’ultima, e a conferma ci quanto dico, ti consiglio di vedere, quando uscirà, il film Les Misérables, girato da un giovane regista di origine africana, Ladj Ly. L’ho visto in un’anteprima dedicata a Cannes 2019 e ha tutta la forza della testimonianza diretta e meditata, senza pregiudizi di tipo accogliente o respingente.
Siamo animali anche territoriali, caro Augusto. Possiamo dispiacerci di questo ma è come dispiacersi del fatto che siamo animali terrestri, non adatti a respirare nei fondi degli abissi marini o di volare liberamente nei cieli. È sempre dai corpi che bisogna partire e i corpi sono segnati dallo spaziotempo che abitano e dallo spaziotempo che sono. Sono dunque segnati dalla differenza. Con tutto ciò che ne consegue.
Ultima cosa: come si fa a distinguere -tra le centinaia di migliaia di africani che arrivano in Italia e in Europa– «le donne e gli uomini di buon senso di buoni sentimenti» da quelli privi di tali caratteristiche? E come? Prima li fai entrare e poi li sottoponi a esame? O prima li esamini e poi li fa entrare? E chi li esamina? Ancora una volta, i grandi principi etici si scontrano con la complessità fattuale del mondo.
diego
Ho letto l’interessante (scrivi sempre cose interessanti per la verità) risposta al commento di Augusto. Commento che io, nella sostanza, condivido. Cosa puo’ salvare l’Europa? Secondo me solo la potenza della cultura europea, alla quale ogni uomo o donna che amino pensare, in ogni parte del pianeta, guardano con interesse. È vero che siamo corpi, e di questo non dobbiamo dimenticarci, ma non è vero che siamo stanziali, come specie. Dal corno d’Africa, 50 mila anni fa, un uomo primordiale capace della potenza del linguaggio, ha colonizzato tutto il pianeta. La stanzialità, e con essa tutti i problemi che ha comportato, nasce con l’avvento dell’agricoltura. La caratteristica della specie, la sua forza, è proprio la duttilità rispetto alle circostanze. Abbiamo un istinto stanziale, ma anche un istinto nomade. Allora la questione è, secondo me, rendere europeo il mondo e non statunitense come purtroppo accade. Il pianeta è ormai tutto interconnesso, la connessione continua ed anche, a tratti, opprimente, è ormai una caratteristica antropologica. L’errore drammatico dell’Europa è stato fare prima l’Euro pensando che avrebbe consolidato il legame fra i popoli europei, mentre per una serie di motivi (non ultimo il comportamento sleale della Germania) sono esplose le divisioni. Ma la missione universalistica della cultura europea è per me essenziale. Leonardo, Giordano Bruno, Leopardi, Gentile, sono tesori dell’umanità tutta.
Un abbraccio, e scusa la prolissità
Pietro Ingallina
Caro Prof.,
la ringrazio per l’impegno e l’acutezza dei sui scritti che – cinque o cento righe – accolgono e invitano sempre al pensiero, contro l’eccitazione facile dello spettacolarismo.
Tuttavia, credo la prospettiva di Stephen Smith (2018) sia parziale. Ciò per due motivi, uno di ordine teoretico e uno socio-politico, infine connessi tra loro.
Quanto al primo, sebbene lo spazio umano sia fenomenologicamente
, nondimeno esso non è confinato a quello che si può intendere con la terra, bensì anche agli elementi dell’acqua e dell’aria (se non ricordo male, su questo sito se ne fa menzione in merito alle analisi dello stesso Carl Schmitt). Tant’è che chi conquista le nuove frontiere di questo spazio avrà un ruolo di maggiore comando nella storia avvenire del mondo.
Venendo quindi al secondo punto, Smith (2018) sembra non tenere conto della partita che sta giocando la Cina con i suoi investimenti in Africa, sia con la costruzione di autostrade e infrastrutture, sia con la costruzione della base del PLAN (Chinese People’s Liberation Army Support), a conti fatti il primo avamposto militare straniero del continente inaugurato a Djibouti nel 2017. Sono da considerare appartenenti alla stessa strategia anche gli investimenti cinesi nel circolo polare artico, per l’apertura di nuove rotte commerciali e lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie disponibili con le nuove terre emerse (vd. Dataroom, 23/06/2019).
A mio modesto parere, se dovessimo tenere conto anche di tali altri fattori economico-politici legati alla presenza e all’attività della Cina, il quadro finale proposto da Smith sarebbe alquanto più complesso.
Un saluto,
Pietro
agbiuso
Caro Pietro, la ringrazio della sua lettura.
Per quanto riguarda il primo punto, le analisi da me tentate sulla scorta anche di Smith fanno riferimento appunto al mare e al suo controllo come canale privilegiato di comunicazione e, in questo caso, di corsa-invasione.
Il secondo suo rilievo mi risulta, sinceramente, incomprensibile. L’analisi che ho tentato non riguarda infatti la geopolitica ma l’identità dell’Europa, la giovinezza e il numero dei popoli africani, l’islamizzazione. Non capisco pertanto che cosa c’entrino la Cina e le sue mire mondiali.
I problemi vanno affrontati nella loro connessione ma anche nella loro specificità, in modo da non confondere tutto con tutto.
diego
Però, in effetti, l’Africa sarà presto, economicamente, sotto il controllo cinese; quindi la partita con la Cina è di grande rilevanza per l’Europa; è chiaro, tanto per riferirsi alla cronaca politica recente, che il M5S, con Conte, ha una strategia (intelligente) di grande apertura verso la Cina, mentre l’altro partito di governo è invece legatissimo (pagato non si sa, per ora) alla Russia e alle sue mire verso l’Europa. Certo è vero che l’identità dell’Europa non è solo una questione di mercati, ma io, da marxista dilettante, la ritengo importantissima per leggere gli eventi. Certo caro Alberto, son questioni complesse, ogni nostro schema mentale puo’ esser inadatto a ragionarci, ma ci si prova.
agbiuso
Cari amici, ribadisco che il mio testo dal titolo Migranti cerca di affrontare una questione ben precisa: la corsa di africani del ceto medio verso l’Europa e dell’aiuto che loro offrono le ONG. E basta. Ho cercato di farlo con analisi molto mirate, che si possono naturalmente non condividere ma allora bisogna parlare di quello che ho scritto, dei dati che ho fornito e delle interpretazioni che ne ho proposto.
Vi chiedo di attenervi a questo problema e non alle mire imperialistiche delle maggiori potenze o ad altre questioni riguardanti un continente così complesso.
Avrei, ad esempio, potuto dire molto sull’imperialismo francese come causa delle guerre africane ma non l’ho fatto. Il problema che ho sollevato è questo: l’arrivo di giovani migranti del ceto medio africano in Europa, le sue modalità, le sue forme e le sue conseguenze sull’Europa stessa.
Al mondo esistono molte altre questioni ma sviare l’attenzione da un tema vitale come questo non lo ritengo positivo.
diego
In effetti hai ragione, molto anche. Il tema è quello del rapporto fra l’Europa e questa cospicua migrazione dell’Africa. Io credo che la «voglia di Europa» sia comunque l’ammirazione per un modello si società e di welfare che, con tutti i suoi limiti, è comunque il migliore sul pianeta. Anni fa lavorai ad una piccola rivista scritta da migranti e mi colpì una frase scritta da una giovane africana, migrante ma colta, che diceva, più o meno, come fosse giusto amare l’Europa dove c’è stato il genio di Piero della Francesca e il pensiero sulla libertà di Spinoza. Pensai a quanti di noi europei non amiamo abbastanza l’immensa cultura di questo continente. Essere europei, secondo me, è essere uomini e donne che amano la grande cultura europea. Ho un amico scultore che è nato in Somalia, adottato da genitori liguri. Lui ama immensamente Michelangelo, Canova, Rodin. L’Europa è meravigliosa, abbiamo bisogno di europei nuovi, non importa dove sono nati. Grandissimo Alberto, scusa la lungaggine, un abbraccio.
diego
l’argomento è interessante e complesso; certo l’estrema destra oggi al governo ci sguazza benissimo su certe paure; però è evidente che un paese di anziani come il nostro vedrà, per fortuna, l’apporto di gioventù proveniente da fuori, per poter tenere in equilibrio un sistema previdenziale fortemente a rischio (come dire, niente pensioni…); certo il capitalismo globale fa ribrezzo, ma per ora non vedo alternative efficaci in azione concreta; a latere una questione: sono una minoranza risibile gli stranieri che arrivano sui barconi, per esempio i cinesi, che qui a spezia sono tantissimi in tante attività commerciali e di ristorazione, non credo che vengano con una barca; comunque, una curiosità: ho lavorato di recente per un ristorante tipico locale comprato dai cinesi. Pagano puntuali. Comunque grazie Alberto per la approfondita trattazione, anche utile a ragionare meglio.
Tina Messineo
Torneremo cioè alle origini. Gli antropologi non dicono che l”homo sapiens è nato in Africa e poi si è spostato?
Tina messineo
Chiaro, chiarissimo,caro Alberto. Come sempre.
Della giustizia è parte fondamentale anche la difesa di se stessi, in caso contrario si tratta non di solidarietà ma di autodistruzione.
E sottovalutare il dato demografico è insensato
Esatto.
Grazie!
Pasquale
Ho letto caro amico e non ho parole per lodare la chiarezza non tanto di come e quanto scrivi ma la lucidità del procedere per argomenti tanto stringenti quanto inoppugnabili. Come scriveva Nietzsche chi ha orecchie per intendere. La domanda è chi mai ha orecchie per intendere.
agbiuso
Grazie, caro Pasquale, della tua lettura e delle parole.
Il tentativo di ‘procedere lucidamente’ è intrinseco al lavoro filosofico. Sono contento se, su un argomento così complesso e decisivo, ci sono riuscito con l’aiuto di Stephen Smith. Probabilmente l’Europa è destinata a soccombere ma dobbiamo cercare di essere sino all’ultimo buoni europei, come Nietzsche ha saputo dire.
Pasquale
Grazie Alberto, ho scaricato il pdf. PSq.