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L’oggetto amoroso

L’oggetto amoroso

Si sono concluse oggi le lezioni del corso di Filosofia della mente dedicate al tentativo di elaborare insieme agli studenti e con l’aiuto di Meinong, Husserl, Paci, Beckett, Proust, Barthes, una teoria dell’oggetto amoroso.
Ringrazio qui pubblicamente gli studenti che hanno seguìto le lezioni con un’attenzione profonda, che si è spesso manifestata anche attraverso interrogativi e contributi sempre pertinenti e capaci di aprire nuovi itinerari alla comune riflessione.
L’oggetto amoroso è una utopia temporale, è  la volontà di possedere l’altro in ogni suo stare e muoversi nello spazio e nel tempo, rinchiudendolo nel sempre, penetrando in ogni suo labirinto e sciogliendo il frattale che è l’alterità in una retta sempre a disposizione del nostro sguardo.
L’oggetto amoroso è un oggetto linguistico prodotto dalla parola con la quale l’innamorato narra a se stesso il proprio desiderio sempre uguale e sempre rinnovato. Una delle principali figure retoriche dell’amore è la tautologia: “Ti amo perché ti amo”.
Nel contrappunto doloroso ed esaltante del sentimento, l’oggetto amoroso rimane un enigma. Ma esso è anche un oggetto innocente poiché è l’innamorato a dargli la potenza che lo caratterizza. Esso non ha colpe. L’esperienza d’amore è infatti anche un dramma ermeneutico, nel quale ci infliggiamo da soli delle torture che attribuiamo all’altro.
L’oggetto amoroso è sempre raggiunto e sempre desiderato poiché è un oggetto semantico, una pienezza di significati nella quale si cede tutto di se stessi. È una “cosa mentale”, come Leonardo dice della pittura. È un oggetto iconico, un’immagine costruita dal corpomente. Immagine che si installa come pienezza del tempo, come inquietudine di un’attesa che in realtà non avrà mai fine. La struttura iconica e mentale dell’Altro diventa la cosa stessa poiché il soggetto amoroso è un soggetto creatore. Anche nei momenti più appassionati, dolci e sereni l’Altro rimane una nostra invenzione, è l’entità che ci concilia con la morte e dunque con noi stessi. Anche per questo l’esperienza d’amore è così esaltante. Poter trasformare la tragedia ermeneutica nella pienezza dell’istante –Kairós– è la ragione per la quale torniamo sempre a innamorarci.
Abbiamo compreso la verità delle parole di Ruysbroeck: in quell’esperienza totale ci ubriachiamo di un vino che non abbiamo mai bevuto e che mai berremo.

[È possibile ascoltare una di queste lezioni sull’amore]

 

17 commenti

  • agbiuso

    Aprile 1, 2015

    La rivista Doppiozero ha ripubblicato una splendida intervista di Philippe Roger a Roland Barthes, uscita su Playboy del settembre 1977, con il titolo Dominare il desiderio per non dominare l’altro
    Si tratta di una vera e propria sintesi dei Frammenti di un discorso amoroso.
    Tra le tante tesi e suggestioni, ricordo soltanto questa: “Non si è innamorati che di un’immagine”.

  • Alberto G. Biuso » Fica / Fibonacci

    Aprile 12, 2014

    […] si sposa e scompare. «L’amore non è cieco, è peggio. L’amore distorce la realtà». Verissimo, naturalmente. Eventi, piaceri, morte, solitudine. Tutto immerso nella piena, feroce e trionfante naturalità […]

  • agbiuso

    Luglio 9, 2013

    “Quando siamo innamorati, è il nostro cervello, e non il nostro cuore, a trasformare il corpo dell’amato o dell’amata in un’appassionata e vivida estensione di noi stessi mettendo ininterrottamente insieme odori, sensazioni tattili, suoni e sapori.
    […]
    Il dolore causato dall’amore è reale, molto probabilmente perché, per il nostro cervello, perdere l’oggetto del nostro amore è come tagliare una parte del nostro io solitario.
    Non stupisce pertanto che milioni di persone siano incapaci di sopportare il pensiero di separarsi, anche solo per qualche minuto, dal loro amato BlackBerry. Una volta che i sentimenti primordiali emergenti dal corpo simulato vengono espressi, il cervello li incorpora illimitatamente”.
    (Miguel Nicolelis, Il cervello universale. La nuova frontiera delle connessioni tra uomini e computer, Bollati Boringhieri 2013, p. 91)

    È una piccola conferma neurologica di quanto abbiamo detto durante il corso a proposito del fatto che la logica dell’ “innamorato che parla e che dice” è una logica dell’Identità che vorrebbe annullare ogni Differenza; l’Altro è amato così tanto perché l’Oggetto amoroso al quale ci rivolgiamo siamo Noi.

  • agbiuso

    Luglio 9, 2013

    Cara Erika, la ringrazio di cuore. Il pensiero libero è l’essenza della filosofia, è la condizione affinché si dia umanità.

  • Erika Di Bennardo

    Luglio 8, 2013

    Caro Prof.
    è veramente un piacere seguire le sue lezioni, che considero l’assoluta prova del nove che l’università, a parte dare un titolo, dia la libertà assoluta di pensiero.
    Con stima,
    Erika

  • agbiuso

    Maggio 25, 2013

    Ti ringrazio, Diego, per aver ricordato Federico Caffè, che è stato non soltanto uno dei più grandi economisti del Novecento -le cui teorie costituiscono l’esatto opposto della Scuola di Chicago e quindi della politica contemporanea- ma è stato anche un grande maestro. Un mio amico che frequentò uno dei suoi ultimi corsi alla Sapienza me lo ha descritto come sempre rigoroso nell’espletamento dei suoi doveri e disponibile verso gli studenti.
    Se vissuto con un po’ di passione, l’insegnamento dà una gioia profonda.

  • diegod56

    Maggio 25, 2013

    Riporto un brano da un bel libro dedicato alla scomparsa del prof. Federico Caffè. Fra gli altri motivi della sua misteriosa sparizione c’è sicuramente il dispiacere di non avere più il rapporto con i suoi studenti, fatto essenziale nella sua vita.

    «Una volta a settimana li intratteneva in una sorta di dibattito aperto. Ciascuno poteva porre un tema di conversazione, avanzare un dubbio o muovere un’obiezione. […] Erano gli appuntamenti che viveva con maggior gioia, attraverso i quali riusciva a percepire sino in fondo il senso del suo esistere e la misura del suo successo di uomo e di maestro. Anche perché in quei momenti l’affetto e l’ammirazione degli studenti si facevano quasi tangibili
    (Ermanno Rea, L’ultima lezione, Einaudi 1992, pag. 55)

  • agbiuso

    Maggio 25, 2013

    Caro Prof. Woland,
    meglio trasformarsi in un “oggetto amoroso” che essere un inquieto “soggetto amoroso” 😉

  • Prof. Woland

    Maggio 25, 2013

    Caro Prof. Biuso,
    La giusta “nemesi” per un bravo docente dopo un corso su “L’oggetto amoroso” è di trasformarsi lui stesso in “oggetto amoroso”.

  • Pasquale D'Ascola

    Maggio 23, 2013

    Che bello Biuso, che bello.

  • agbiuso

    Maggio 21, 2013

    Grazie di cuore, cari amici.
    Così rischiate di ubriacarmi di gratificazioni 🙂

  • Grazia Lucia Greco

    Maggio 21, 2013

    Sono molto dispiaciuta per non essere stata a lezione in questo anno accademico.Il lavoro e lo studio mi stanno impegnando molto (naturalmente con immenso piacere).
    Spero ci sia in futuro qualche altra possibilità di ascoltarla su questo argomento così importante, bello e interessante.
    Per fortuna esiste questo magnifico sito web.
    Grazie tante.

  • diegob

    Maggio 21, 2013

    Ricordo una delle prime volte che passai da queste pagine, caro Alberto, e ti posi una questione sulla filosofia riprendendo una metafora dal gioco del calcio. Come allora io penso che tu sei sicuramente come un grande giornalista sportivo, che sa descrivere il gioco e i suoi campioni, ma sei anche, e soprattutto, un giocatore, un fuoriclasse «nel gioco vero». Per questo sei anche un professore molto amato.

  • gabriella carnino

    Maggio 21, 2013

    Concordo con Giusy al mille per mille!
    Certo che un complimento come quello che ti ha fatto il tuo fantastico studente può dare alla testa…!
    E’ sempre un vero piacere

  • Giusy Randazzo

    Maggio 20, 2013

    Credimi, Alberto, tu sarai fortunato, ma chi ti ascolta a lezione lo è di più. Fidati. Senza piaggeria, lo sai. Non avrei alcun motivo.
    Un abbraccio

  • agbiuso

    Maggio 20, 2013

    Grazie, Giusy. Ma sono anch’io beato ad averli come studenti.
    Sono grato a tutti loro e particolarmente a chi segue le lezioni avendo già dato la materia, essendo iscritto ad altri corsi di laurea o senza essere proprio iscritto all’Università. Uno di loro -se posso raccontarlo- oggi mi ha detto: “Per noi seguire le sue lezioni è come andare a un concerto dei Rolling Stones. La differenza è che lei è gratis” 🙂
    Sono molto fortunato, non ti sembra?

  • Giusy Randazzo

    Maggio 20, 2013

    Beati i tuoi studenti. Beati, senza alcun’ombra di dubbio.

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