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Heidegger e la Scolastica

Tra Tommaso, Scoto e Suárez
Una nota su Heidegger e la Scolastica
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
2 luglio 2024
pagine 1-7

Indice dell’articolo
-Tommaso
-Scoto e Suárez
-Heidegger

I concetti, il linguaggio, gli itinerari della Scolastica- e in generale del pensiero medioevale – stanno a fondamento delle grandi metafisiche di Descartes e di Spinoza. Si diramano poi attraverso il lessico di Wolff, ripreso interamente da Kant. E arrivano a una rielaborazione profonda ma ancora ben visibile nell’ontologia heideggeriana.
In questo breve saggio ho cercato di cogliere alcuni di tali sviluppi, attraverso l’analisi del De ente et essentia di Tommaso, mediante l’alternativa al tomismo rappresentata da Duns Scoto e infine con la grande sintesi di Francisco Suárez. A Scoto Heidegger dedicò la sua tesi per la libera docenza e riconobbe in Suárez un pensiero originale e fecondo. Se Heidegger ha potuto richiamare la differenza ontologica tra l’essere e gli enti è anche perché si è posto molto al di là della gnoseologia moderna e al di là della stessa fenomenologia, attingendo al terreno della Scolastica, oltre che ovviamente dei Greci.

Sulla teoresi

Lo scorso 2 maggio tenni a Napoli (nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II) una lezione dedicata alla filosofia come musica: «Φιλοσοφία οὐσης μεγίστης μουσικής».
Cercai di argomentare il fatto che la filosofia consista anche in un interrogarsi che non teme le domande radicali, che apre al luogo stesso del domandare e del capire, che pensa ciò che va pensato senza attardarsi in nostalgie di verità ricevute e consolidate ma senza neppure assecondare il presente solo perché in questo momento è il presente.
Ho presentato e discusso le definizioni che della filosofia hanno dato Hegel, Nietzsche, Horkheimer e Adorno, Heidegger. Mi sono poi soffermato sulla capacità che la filosofia teoretica ha di moltiplicarsi e diramarsi diventando metafisica, ontologia, gnoseologia, fenomenologia, ermeneutica, genealogia.
Tra le conclusioni è centrale il fatto che il lavoro filosofico sia sempre stato e sia ancora un 
 dispositivo di liberazione, il quale può e deve porsi come luogo di comprensione e decostruzione dei flussi di dominio che percorrono le società contemporanee. Il potere degli stati e delle chiese laiche che hanno sostituito quelle religiose non ha infatti più bisogno di uccidere chi dissente poiché tale potere si propone ormai di rendere impossibile il sorgere stesso del dissenso. Generare, argomentare e offrire una conoscenza e un’esperienza del mondo che non si conformi ai canoni del dominio è una delle più antiche e profonde ragioni di esistenza della filosofia. La sua necessità è oggi più evidente che mai. Per questo il lavoro filosofico, anche il più tecnicamente teoretico, è sempre un lavoro politico, inseparabile dal lavoro esistenziale su di sé.

Metto qui a disposizione il file audio della lezione:

Al di là dell’etica

Recensione a:
Chiara Agnello
Una ontologia della tecnica al tempo dell’Antropocene
Saggi su Heidegger
InSchibboleth, 2023
Pagine 179
in Discipline Filosofiche, 29 aprile 2024

L’interesse e la fecondità degli studi di Chiara Agnello consistono in gran parte nell’applicare quanto emerge dalla disamina del pensiero heideggeriano a due temi tra di loro legati: l’Antropocene e l’etica. E questo a partire ancora una volta da un esito ermeneutico più generale. Per Heidegger, infatti, «sembra non bastare la semplice cura e consapevolezza umana del limite invocata da Heisenberg, l’unica strada da percorrere appare piuttosto la deposizione della soggettività in favore di un decentramento che lascia spazio alla capacità degli uomini di porsi in ascolto dell’essere, consapevoli che persino l’impiego provocante è l’illusione di dominare ciò che invece concede all’uomo la possibilità di disvelare» (pp. 128-129), posizione che a sua volta deriva dalla ben nota tesi heideggeriana per la quale «la questione della tecnica va posta su basi ontologiche e non antropologiche, così come la questione dell’essere. […] L’affermazione della tecnica su scala planetaria è intesa come l’esito naturale della metafisica del soggetto caratterizzante la filosofia e la scienza d’età moderna» (p. 119).
Sta qui la spiegazione più profonda di quell’apparente paradosso per il quale la diffusione nel nostro tempo del concetto di «Antropocene» è parallela e si accompagna a mature e argomentate esigenze antropodecentriche, anche e proprio perché la consapevolezza di quanto e come la presenza umana possa costituire un rischio esiziale per la sopravvivenza della Terra rende sempre più giustificato l’invito anche heideggeriano a sostituire la tracotanza di una parte, la parte umana, con la consapevolezza dell’intero del quale l’umano è appunto soltanto una parte.

Debating Anti-Natalism

Debating Anti-natalism
Interview with David Benatar, Alberto Giovanni Biuso and Théophile de Giraud
di Sarah Dierna
il Pequod
anno V, numero 9, giugno 2024
pagine 5-14

Il numero 9 della rivista il Pequod ha ospitato un’articolata intervista sull’Antinatalismo realizzata da Sarah Dierna e rivolta a David Benatar, Théophile de Giraud e a me. Dalle domande e dalle diverse risposte dei tre interlocutori emerge credo in modo chiaro la centralità di questo tema in un ambito prima di tutto ontologico e poi di conseguenza anche bioetico.

Premessa della curatrice

Anti-natalism is one of that controversial philosophical issues which is more difficult to accept than to understand. Even if in the last decades the argument has been discussed more than before, in my opinion it should have a wider diffusion because of the purpose of it. In question is the pain that is there and that could not be there, that is there and that could be avoided.
For this reason, I decided to hand the floor over to three Anti-natalist philosophers: David Benatar (DB), Alberto Giovanni Biuso (AGB) and Théophile de Giraud (TdG) who have exposed their perspectives in several and different ways. Since they have already expressed their ideas about the main aspects of Anti-natalism in their books or articles, I tried to pose them questions which regard other issues related to Anti-natalism. So, I started with a personal question about their anti-natalist awareness, and I asked them for questions which focus on other animal, anthropocentrism, and any future development of anti-natalist perspectives. Intentionally I posed them only a few questions because I would like that their answers are read in order to have an idea of Antinatalism and its philosophical grounds.
The idea of this interview is the result of my work on Anti-natalism. Studying this argument, I had the opportunity to discuss with each of them about my studying and to receive their advice and feedback which improved a lot my research. This interview represents only a summary of the dialogue we had in these two years.
I am sincerely grateful to David Benatar, Alberto Giovanni Biuso and Théophile de Giraud and I thank them for their availability to answer my questions. I would also like to thank the Editor-in-Chief Enrico Palma and all the Editorial Board of Il Pequod Journal for their open-mindedness and availability to host this interview.

L’intervista è stata ripresa e commentata da un podcast dedicato ai temi dell’Antinatalismo e della bioetica: The Cosmic Antinatalism, nella puntata del 16.6.2024:
Antinatalism This Week | 16th June 2024 (al minuto 2.18)

Francisco Suárez


Francisco Suárez

in Vita pensata
n. 30, maggio 2024
pagine 135-148

Indice
-Ontologia
-Scolastica
-Suárez: essere ed ente
-Suárez: il realismo metafisico
-Suárez: la metafisica come scienza disumana e universale

Abstract
Il saggio cerca di presentare la filosofia di Francisco Suárez nella complessità, fecondità e ricchezza delle sue articolazioni sin dentro il pensiero contemporaneo, in particolare Heidegger. Dopo aver definito i significati di ontologia e metafisica e aver presentato la Scolastica medioevale, il testo analizza in dettaglio le prime tre Disputationes Metaphysicae. Universam doctrinam duodecimo librorum Aristotelis comprehendentes del pensatore spagnolo. 

The paper seeks to present the philosophy of Francisco Suárez in the complexity, fruitfulness and richness of its articulations within contemporary thought, in particular Heidegger. After having defined the meanings of ontology and metaphysics and having presented medieval Scholasticism, the text analyzes in detail the first three Disputationes Metaphysicae. Universam doctrinam duodecimo librorum Aristotelis comprehendentes of the Spanish thinker.

Filosofia come musica

Giovedì 2 maggio 2024 alle 15.30 nell’Aula DSU3 del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli terrò una lezione dal titolo «Φιλοσοφία οὐσης μεγίστης μουσικής. La filosofia come musica».

La fine della filosofia è stata proclamata più volte ma la teoresi è sempre riapparsa all’orizzonte della cultura, del vivere e del pensare. Una tenace fedeltà a se stessa – alle sue origini greche – e una continua capacità di rinnovare linguaggi, metodi, risposte, interlocutori consentono alla filosofia di essere una vera e propria fenice che si ricompone dalle proprie ceneri.
La filosofia nasce dallo stupore verso ciò che è e che diviene (Aristotele) e dal desiderio di attingere il divino (Pitagora).
La filosofia è 
μετά τα Φυσικά, un domandare che cerca le ragioni perenni del contingente.
La filosofia è «quell’ombra che tutte le cose mostrano quando il sole della conoscenza cade su di esse» (Nietzsche, Umano, troppo umano II, introduzione).
La filosofia è «lo sforzo di resistere alla suggestione, la decisione della libertà intellettuale e reale» (Horkheimer – Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, Einaudi, p. 261).
La filosofia è «ontologia universale e fenomenologica» (HeideggerEssere e Tempo, §7C e §83).
Φιλοσοφία οὐσης μεγίστης μουσικής, la filosofia è la musica più grande (Platone, Fedone 61A).

Organon

Aristotele
Organon
Categorie, Dell’espressione, Primi Analitici, Secondi Analitici
in «Opere», a cura di Gabriele Giannantoni, volume I
Traduzione e note di Giorgio Colli
Laterza 1982
Pagine LXIV-373

Logica, Metafisica, Etica nel pensiero aristotelico appaiono sempre strettamente legate. Quanto viene acquisito in un ambito contribuisce a chiarire e ad approfondire altre discipline, settori, domande. È anche questo movimento interno della verità – quasi come il sangue che circola in un corpo – a fare dell’opera aristotelica una struttura di pensiero sempre viva, pulsante, attuale, come se fosse stata scritta oggi. Ciò che è stato chiamato Organon, lo strumento della ricerca, non è limitabile al campo della logica pur fondando la logica.
Nelle prime quattro delle sei opere che compongono l’Organon viene, infatti, chiarita la distinzione che è anche metafisica tra le sostanze prime – l’ente singolo nel qui e ora della sua esistenza irriducibile – e le sostanze seconde, i concetti, i generi, gli universali. Non ha quindi senso affermare che una sostanza prima sia più sostanza di un’altra, dato che il semplice esserci qualifica e caratterizza gli enti che sono. La logica mostra qui la sua natura profonda di scienza non antropomorfica, pur costituendo proprio essa una tipica caratteristica umana.

La ragione per cui le sostanze prime si dicono sostanze in massimo grado consiste nel fatto che esse stanno alla base di tutti gli altri oggetti, e che tutti gli altri oggetti si predicano di esse, oppure sussistono in esse […]. Allo stesso modo, del resto, tra le sostanze prime nessuna è sostanza in misura maggiore di un’altra; un determinato uomo è infatti sostanza in misura per nulla maggiore di un determinato bue.
(Cat. 5, 2b 15-30)

Se i concetti altro non sono che la generalizzazione degli enti operata dalla mente umana, è chiaro che ogni conoscenza non può nascere che dal contatto con la dimensione concreta degli oggetti singoli, della pluralità infinita e determinata delle cose individuali. La contrapposizione alla gnoseologia del Menone è quindi esplicita: «in effetti, non ci accadrà mai che dell’oggetto singolo sussista una prescienza; si deve dire piuttosto che mentre si sviluppa l’induzione noi assumiamo la conoscenza degli oggetti particolari, come se li riconoscessimo» (An. post. B 21, 67a 22-25; cfr. anche An. post. A 1, 71b 6-10). Non solo: nessuna conoscenza è possibile se si prescinde dalla sensazione «dal momento che noi impariamo o per induzione, o mediante dimostrazione […] non è tuttavia possibile cogliere le proposizioni universali se non attraverso l’induzione, poiché anche le nozioni ottenute per astrazione saranno rese note mediante l’induzione» (An. Post. A 18, 81a 39-40, 81b 1-5).
Dal particolare all’universale, dal singolo al concetto, questo è secondo Aristotele il cammino della conoscenza. Dalla sensazione nasce il ricordo, dal ricordo ripetuto si genera l’esperienza. Le forme più alte del sapere, l’intuizione e – a essa subordinata – la dimostrazione, hanno quindi a fondamento la sensazione diventata esperienza. Ma lo Stagirita non è un semplice empirista. Prima di Galilei e della Rivoluzione scientifica, nata più contro gli aristotelici che contro Aristotele, egli aveva chiara la differenza fondamentale tra la semplice osservazione dei fenomeni e la loro comprensione razionale. La percezione da sola non è, infatti, spiegazione: «la conoscenza dimostrativa non si può raggiungere attraverso la sensazione […] La sensazione si rivolge, infatti, necessariamente all’oggetto singolo, mentre la scienza consiste nel render noto l’oggetto universale» (An. post. A 31, 87b 28-35; cfr. anche An. post. A 13, 79a 10-12).

Le Categorie accennano anche alle tesi sviluppate nella Fisica a proposito delle diverse forme del mutamento, qui individuate in sei ma sintetizzabili in quattro: «generazione e corruzione, accrescimento, diminuzione, modificazione qualitativa, movimento» (14, 15a 13-14); elencano poi le dieci categorie: «i termini che si dicono senza alcuna connessione esprimono, caso per caso, o una sostanza, o una quantità, o una qualità, o una relazione, o un luogo, o un tempo, o l’essere in una situazione, o un avere, o un agire, o un patire» (4, 1b 25); enunciano infine una vera e propria filosofia del linguaggio che ha a fondamento la distinzione tra il nome, il verbo e la proposizione: un nome può diventare vero/falso solo se viene unito a una predicazione-determinazione, la funzione di verità dipende quindi dalla connessione fra i nomi, ciascuno dei quali può essere sensato o meno ma mai da solo può essere vero o falso.
La filosofia del linguaggio viene ulteriormente sviluppata nel De interpretatione. Qui Aristotele afferma con molta chiarezza che «i suoni della voce sono simboli delle affezioni che hanno luogo nell’anima, e le lettere scritte sono simboli dei suoni della voce» (1, 16 a 5). Anche per questo, «nessun nome è tale per natura» e il linguaggio è una delle espressioni peculiari dell’identità umana, intessuta sin dall’inizio di artificio, convenzione, tecnica (2, 16 a 25-30).
Anche qui, come in molti dei suoi scritti, Aristotele ribadisce il principio di fondo – ancora una volta insieme logico, gnoseologico e metafisico – secondo cui «noi pensiamo di conoscere un singolo oggetto assolutamente -non già in modo sofistico, cioè accidentale- quando riteniamo di conoscere la causa, in virtù della quale l’oggetto è» e la necessità che lo fa esistere e agire (An. post. A 2, 71b 9-10; cfr. anche An. post. B 8, 93a 4-5).

I risultati più specificatamente logici delle ricerche contenute nell’Organon sono riassumibili nel principio di non contraddizione: «Orbene, non è possibile che delle determinazioni contrarie appartengano simultaneamente allo stesso oggetto» (De interpr., 24b 10); nella delineazione di ciò che gli scolastici chiameranno «quadrato logico» (Ivi, 24b 1-5; An. pr. B, 62a 15-19); nella lucida, approfondita e finanche appassionata discussione dei sillogismi, delle dimostrazioni, dei ragionamenti capziosi come il “circolo vizioso”: «la dimostrazione è infatti un particolare sillogismo, mentre non tutti i sillogismi sono dimostrazioni. Orbene, quando tre termini stanno tra di essi in rapporti tali, che il minore sia contenuto nella totalità del medio, ed il medio sia contenuto, o non sia contenuto, nella totalità del primo, è necessario che tra gli estremi sussista un sillogismo perfetto» (An. pr. A 4, 25b 30-35). Cfr. anche An. pr. B 16, 64b 25-30, 65a 1-5; An. post. A 2, 71b 19-21; «colui che possiede la dimostrazione universale conosce pure l’oggetto particolare, mentre colui che possiede la dimostrazione particolare non conosce l’oggetto universale» (An. pr. A 4, 24, 86a 12).
Certo, molte pagine dell’Organon sono assai tecniche, a volte oscure e non prive di contraddizioni. Non a caso, la filologia aristotelica trova in esse un campo assai vasto di indagine. E tuttavia, il pensiero dello Stagirita è alla fine sempre lucido, coerente e sistematico; una vera e propria machine à penser. L’aristotelismo è tuttavia un dispositivo sempre consapevole dei limiti che ineriscono al ragionare umano, tanto più grandi quanto più esso si autocostruisce nella formalizzazione logica. Infatti, «su argomenti di questa natura è forse difficile, senza aver condotto ripetute indagini, formulare delle dichiarazioni nette; non è tuttavia inutile l’aver agitato delle difficoltà su questi vari punti» (Cat. 7, 8b 20-25). Ed è proprio tale agitazione uno degli specifici elementi della filosofia.

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