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«Si dimostra che in una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole e di dire quello che pensa»

«Si dimostra che in una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole e di dire quello che pensa»

Questo è il lungo titolo del XX e ultimo capitolo del Trattato teologico-politico, nel quale si afferma -tra l’altro- che «se, dunque, nessuno può rinunciare alla propria libertà di giudicare e di pensare quello che vuole, ma ciascuno è, per diritto imprescrittibile della natura, padrone dei suoi pensieri, ne segue che in un ordinamento politico non è mai possibile, se non con tentativi destinati a fallire miseramente, voler imporre a uomini di diverse, anzi contrarie opinioni l’obbligo di parlare esclusivamente in conformità alle prescrizioni emanate dal sommo potere.
[…]
È dunque soltanto al diritto di agire di proprio arbitrio, che ciascuno rinunciò, e non a quello di ragionare e giudicare.
[…]
Ma supponiamo che questa libertà si possa reprimere e che gli uomini si possano dominare al punto che non osino di proferir parola che non sia conforme alle prescrizioni della suprema potestà. Con ciò, però, questa non potrà far sì che essi non pensino se non ciò che essa vuole: onde seguirebbe necessariamente che gli uomini continuerebbero a pensare una cosa e a dirne un’altra.
[…]
Tali essendo dunque le condizioni della natura umana, ne segue che le leggi che si fanno intorno alle opinioni non riguardano i malvagi, ma gli uomini liberi; e sono fatte, non per frenare i malviventi, ma piuttosto  per irritare gli onesti, e non possono essere mantenute se non con grave pericolo per lo Stato. Si aggiunga che tali leggi sono perfettamente inutili» (Trad. di A. Droetto ed E. Giancotti Boscherini, Einaudi 1980, pp. 480-486).
In queste parole pensate nel XVII secolo, pubblicate nel 1670, vi è non soltanto una grande saggezza ma anche una profonda conoscenza della storia e della passioni umane e la prefigurazione del politicamente corretto con le sue grottesche, oltre che nefaste, conseguenze.
Quando si perseguono penalmente le opinioni -per quanto possano sembrare ed essere aberranti- vuol dire che una società ignora la libertà o della libertà è stanca. Vuol dire che la potenza maligna del Leviatano si è affermata ancora una volta. L’idea che l’universo fosse infinito era assolutamente aberrante e pericolosissima per i cristiani che credevano alla unicità della incarnazione di Dio sulla terra. Vuol dire dunque che Giordano Bruno fu bruciato vivo per buone ragioni, per garantire la salvezza eterna a tanti esseri umani che dalle sue idee avrebbero potuto essere condotti verso il Male. Oggi viene ritenuta perseguibile con il carcere una certa opinione. E domani? Quali altre? Dato il via a questa sfera inquisitoria, il piano inclinato può condurre il potere davvero lontano. Spinoza, un ebreo, lo sapeva bene. Per chi volesse verificare che le parole del filosofo siano proprio queste, riporto i brani anche nel suo bel latino secentesco:

Ostenditur, in Libera Republica unicuique et sentire, quae velit, et quae sentiat, dicere licere.

Si itaque nemo libertate sua judicandi, et sentiendi, quae vult, cedere potest, sed unusquisque maximo naturae jure dominus suarum cogitationum est, sequitur, in republica nunquam, nisi admodum infoelici successu tentari posse, ut homines, quamvis diversa, et contraria sentientes, nihil tamen nisi ex praescripto summarum potestatum loquantur;
Jure igitur agendi ex proprio decreto unusquisque tantum cessit, non autem ratiocinandi, et judicandi;
At ponatur, hanc libertatem opprimi, et homines ita retineri posse, ut nihil mutire audeant, nisi ex praescripto summarum potestatum; hoc profecto nunquam fiet, ut nihil etiam, nisi quid ipsae velint, cogitent: atque adeo necessario sequeretur, ut homines quotidie aliud sentirent, aliud loquerentur.
Cum itaque humanam naturam sic comparatam esse constet, sequitur, leges, quae de opinionibus conduntur, non scelestos, sed ingenuos respicere, nec ad malignos coërcendum, sed potius ad honestos irritandum condi, nec sine magno imperii periculo defendi posse. Adde, quod tales leges inutiles omnino sunt.

6 commenti

  • agbiuso

    Ottobre 23, 2013

    Un altro intervento, sul Manifesto del 22.10.2013, contro questa insensata proposta di legge: Una scorciatoia tutta politica, di Enzo Collotti

  • agbiuso

    Ottobre 21, 2013

    Cara Marina e cari amici, segnalo un articolo assai chiaro di tre storici i quali ribadiscono l’insensatezza e il pericolo di leggi siffatte:
    Shoah, no alla legge anti negazionisti, di Marcello Flores, Simon Levis Sullam, Enzo Traverso.

  • marina

    Ottobre 20, 2013

    Da un lato questa ventilata legge sul reato di negazionismo mi sembra la classica boutade propagandistica di una classe politica che insegue l’ondeggiare emotivo di un’opinione pubblica mediamente diseducata al pensiero critico. Da un altro lato, tuttavia, concordo sul sottile (ma non tanto) pericolo insito nel far passare l’idea della legittimità di punire un reato di opinione. Come quasi sempre, Stefano Rodotà ha fatto un’affermazione sacrosanta. Senza dubbio è per lucide prese di posizione come questa che – ahimè – non sarà mai presidente della Repubblica….

  • agbiuso

    Ottobre 19, 2013

    @diego
    Molto interessante questa idea dell’ultraliberismo individualistico come “istigatore alla violenza”. Concordo, caro Diego, anche sull’importanza dell’identità comunitaria.

    @Dario
    Le tue analisi sempre lucide e argomentate arricchiscono i miei interventi con la pacatezza della ragione. È proprio così: “Dovessimo condannare tutti i cittadini che sostengono tesi evidentemente errate dovremmo condannare la maggior parte degli individui, perché i più, in un ambito o nell’altro, si trovano spesso a sostenere tesi errate per semplici pregiudizi o per cattiva informazione”.
    Le tue parole spiegano assai bene come una delle massime raffinatezze del potere consista nel praticare ciò che retoricamente nega.

  • Dario Generali

    Ottobre 19, 2013

    Caro Alberto,

    non posso naturalmente che condividere in pieno la tua presa di posizione contro l’ultima sciocchezza di questi nostri esiziali decisori politici.
    A parte l’evidente mancanza di autorevolezza e capacità a fronteggiare i veri, gravissimi problemi del paese che questa cialtronissima classe politica maschera con provvedimenti insensati e di nessun effetto pratico, la criminalizzazione di un’opinione storica confligge evidentemente con le libertà borghesi garantite dalla nostra Costituzione, senza le quali, come mostrano le esperienze di qualsiasi stato totalitario, non vi può essere alcuna dignità sociale, civile e individuale. La stessa appropriatissima e bella citazione di Spinoza chiarisce con evidenza questo punto.
    Le posizioni negazioniste sono del tutto infondate sul piano storiografico, ma le opinioni storiche errate si combattono con l’evidenza della documentazione e non con il codice penale. Troverei giustissimo togliere la cattedra a un docente che sostenesse simili tesi, in quanto mostrerebbe di non conoscere la storia e di insegnare tesi evidentemente errate, così come la toglierei – ma questo purtroppo non accade mai – a un docente che mostrasse di non conoscere la propria materia d’insegnamento o che non fosse in grado di esprimersi in un italiano decente, ecc., ma certo a nessuno verrebbe in mente di condannare penalmente un insegnante che mostrasse di non conoscere la grammatica o che evidenziasse una grave ignoranza nelle proprie materie d’insegnamento.
    Rendendo il negazionismo un reato si giungerebbe all’assurdo di condannare, per esempio, un contadino o un manovale che facessero proprie quelle tesi. Se dovessimo condannare tutti i cittadini che sostengono tesi evidentemente errate dovremmo condannare la maggior parte degli individui, perché i più, in un ambito o nell’altro, si trovano spesso a sostenere tesi errate per semplici pregiudizi o per cattiva informazione.
    Non è con queste stupidaggini che si combattono il fascismo e il nazismo, soprattutto nelle forme che le prevaricazioni autoritarie hanno assunto nella nostra contemporaneità. Come sai ritengo l’antifascismo un punto inderogabile e non ho mai accettato alcuna mediazione o contatto con soggetti che sostengano posizioni che in qualsiasi modo possano essere riconducibili a quelle ideologie. Credo però che varrebbe la pena di concentrarsi maggiormente nello sforzo di opposizione e contrasto alle ideologie autoritarie contemporanee che alla condanna retorica di quello che è accaduto, che deve sicuramente sempre essere ricordato e condannato, ma non deve mai diventare un pretesto per evitare di confrontarsi nei modi più risoluti con ciò che invece oggi esiste e opera in nome, anche mediato e camuffato, di quei punti di vista. Mi sarebbe piaciuto vedere, per esempio, altrettanta energia e sdegno dell’opinione pubblica profusa per impedire i funerali di Priebke (essere che giudico sicuramente esecrabile, ma sicuramente più da vivo che da morto) anche per impedire raduni di forze politiche attuali che fanno direttamente riferimento all’ideologia nazista o per prendere posizione contro la presenza nel parlamento italiano di soggetti chiaramente legati all’ideologia fascista, ecc. Questo comporterebbe però ben altro impegno, perché dovrebbe confrontarsi duramente con la realtà e non solo con una retorica celebrativa.
    Un caro saluto.
    Dario

  • diego

    Ottobre 19, 2013

    io, caro Alberto, penso che proibire il negazionismo per legge sia la classica toppa peggio del buco, perché esalterebbe quel vittimismo particolare di chi, ostentando idee aberranti, si lamenta che il potere le perseguita

    altra cosa è l’istigazione a compiere atti violenti, anche se anche in questo ambito il confine fra opinione e istigazione non è poi così facilmente definibile, in quanto se io esprimo l’opinione per esempio che gli immigrati sono delinquenti, poi non posso stupirmi se qualche cretino organizza spedizioni punitive

    io credo che la violenza si combatta soprattutto promuovendo il più possibile l’aggregazione sociale, il generarsi di legami e mutualità diffuse, quindi potrei per converso accusare di istigazione alla violenza ogni esaltazione dell’individualismo egoistico; ho una mia tesi: persino l’invenzione della carta d’identità personale, il personale codice fiscale, la singolarità assoluta di fronte alla legge ed al fisco, sono fattori disgregatori della sana e vera natura umana che è sociale, intessuta di identità di gruppo e di culture;

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