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Polvere cosmica

Polvere cosmica

Star Stuff
di Milad Tangshir
Italia, 2019
Con: Gaspar Galaz, Emilio Molinari, Sivuyile Manxoyi, Willem Prins, Joan Rodriguez, Rodriguez Miguel, Martin Gonzelz, Fransiena Onke, David Barrera, Magdalena Blauun, Fernando Salgado, Betty Anza
Trailer del film

Collocata in un punto preciso e insieme cangiante – in ogni caso del tutto irrilevante – del cosmo, l’umanità ha sin dall’inizio cercato di capire che cosa fosse la fonte della luce che consente di vivere e quali enigmi racchiudesse il buio della notte, profondo sì ma abitato da luci molteplici e diverse, alcune fisse (le stelle) e altre erranti (i pianeti), variabili anche nell’intensità del loro manifestarsi.
La vicenda umana è quindi inseparabile dall’astronomia. Tre dei più importanti osservatori astronomici contemporanei – Atacama nel deserto del Cile, l’isola di La Palma nell’Oceano Atlantico, il Grand Karoo in Sudafrica – vengono in questo film presentati insieme agli umani che abitano quei luoghi. Non soltanto i rapporti tra astronomi, scienziati e abitatori ma anche e soprattutto le diverse credenze sulla natura del cielo, sull’ontologia cosmica. E poi le tradizioni, i sogni, le scoperte, le meditazioni, le riflessioni, i pensieri, le rabbie, le perdizioni e le riconquiste che a quelle terre derivano dalla potenza delle luci astrali.
Gli osservatori astronomici, questi tra i massimi risultati dell’ingegno e dell’ingegneria umani, diventano così luoghi palpitanti, nei quali l’evidente insignificanza – e ‘insignificanza’ è già troppo – della vita su questo pianeta si riscatta nel suo essere polvere di quelle stelle dalle quali gli enti raffreddandosi derivano; polvere delle galassie con il loro vertiginoso numero di mondi; polvere del magma solare del quale la Terra è stato un trascurabile sasso, diventato crosta, oceani, atmosfera.
La storia dell’astronomia è coinvolgente anche dal punto di vista teoretico per la pluralità delle tesi, delle ipotesi e dei metodi con i quali da almeno 3000 anni i cieli vengono studiati. E lo è anche per il fatto che l’astronomia non è soltanto una scienza sperimentale nel senso galileiano, poiché i suoi fenomeni sono osservabili ma non manipolabili. Come afferma nel film un astronomo cileno: «non posso immettere o togliere qualcosa nelle stelle e vedere l’effetto che fa; devo cercare di conoscere la loro storia e la loro natura da qui, da lontano, dalla interpretazione dei dati». E tuttavia a partire dai suoi fondamenti matematici e fisici (Pitagora, Platone, Democrito, Aristotele, Tolomeo) l’astronomia è sempre stata una scienza fondamentale. Questo significa, tra l’altro, che scienza e scienza sperimentale non sono sinonimi, che la seconda è un ambito più ristretto della prima.
La potenza del cielo – luminoso, oscuro, popolato di luci, in espansione, statico, vuoto, pieno – è tale da aver generato gli interrogativi più vari, le risposte più raffinate e più implausibili, le più formalizzate e insieme le più bizzarre. Tra le ultime, ad esempio, l’universo delle stringhe o i multiversi, ambiti nei quali la cosmologia mostra la propria assai stretta vicinanza con la fantascienza e ben oltre ogni fantasiosa metafisica.
Neppure i metodi delle scienze contemporanee possono rispondere alla domanda se l’universo abbia un tempo finito o se sia eterno, da sempre e per sempre (io credo che lo sia), ma certamente ci dicono che l’universo, inteso più concretamente come spaziotempo, è sostanzialmente vuoto, è continuo -non esistendo in esso  nulla di isolato dall’intero- è omogeneo ed è isotropo, il che significa (ed è un’acquisizione fondamentale) che nessun punto dell’universo può avere un qualche privilegio materico, osservativo e ontologico, tantomeno teologico. Come afferma in questo film l’astrofisico Emilio Molinari, «noi siamo tra i ‘qualunque’ dell’universo, come tanti altri qualunque».
Una conclusione che costituisce un definitivo affrancamento dall’ingenuità antropocentrica, della quale la filosofia e la cultura dell’antica Grecia erano già criticamente consapevoli e che l’astrofisica contemporanea ha definitivamente dissolto nell’immensità dello spazio e del tempo.
Anche questo porsi oltre ogni ingenuità epistemologica e antropocentrica fa dell’astronomia una scienza filosofica per eccellenza.

[L’immagine è di Francesco Battistella; raffigura la Nebulosa del Cigno, NGC 7000]

2 commenti

  • Dario Generali

    Gennaio 28, 2021

    Caro Alberto,

    certo che non tutte le scienze sono sperimentali o, almeno, non in tutti i loro aspetti. Soprattutto non tutte sono formalizzate, ma non sono per questo meno rigorose.
    Un etologo che osserva i comportamenti animali lo fa di solito senza intervenire e limitandosi all’osservazione. In alcuni casi si possono introdurre tecniche sperimentali, come, per esempio, l’isolamento, la modifica del contesto per favorire l’osservazione (mettere un formicaio in una teca di vetro che permetta l’osservazione, ecc.), ma usualmente tutto si limita all’osservazione.
    Ricordo che quando insegnavo a Biologia uno zoologo protestò per le dichiarazioni di qualche politico, che aveva identificato la scienza con la scienza sperimentale e, alla fine, il politico si scusò, ricevendo lo zoologo e modificando la propria dichiarazione.
    Un caro saluto.
    Dario

    • agbiuso

      Gennaio 29, 2021

      Caro Dario, ti ringrazio per questo commento.
      Quello che a uno studioso può apparire ovvio, non sempre lo è per un lettore generico; è anche per questo che ho evidenziato la differenza tra scienza e scienze sperimentali, in modo da ricordare quanto ricche e complesse siano la storia della scienza e l’epistemologia. Ciò che giustamente dici a proposito dell’etologia, credo si possa applicare anche, ad esempio, alla geologia e ad altri saperi.
      Grazie anche per aver riferito quell’episodio, certamente significativo di un sentire diffuso ma errato.

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