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Memorie e Differenza

Mente & cervello 114 – giugno 2014

M&C_114_giugno_2014Gli altri animali sono per l’appunto altri rispetto all’umano ma lo sono come le tigri sono anch’esse altre rispetto a tutto il resto del mondo animale, umani compresi. E così pure le lucertole e i gatti e le api. Ogni specie è altra rispetto all’intero. Ma lo è come sezione di una totalità della quale tutti gli animali sono parte. Ritenere che la specie umana abbia qualche primato è del tutto privo di senso dal punto di vista sia biologico sia logico. Ogni specie ha delle particolari caratteristiche, peculiarità, strutture e funzioni. L’antropocentrismo di Pico della Mirandola è chiaramente un errore. Che lo sia è ampiamente dimostrato da tutto l’insieme delle scienze naturali. È un errore tuttavia ancora molto praticato, anche e forse soprattutto per ragioni religiose.
L’affermazione con la quale Marco Cattaneo chiude l’editoriale di questo numero di Mente & cervello va quindi applicata non all’umano soltanto ma a ogni specie vivente: «La nostra unicità non può più essere banalmente considerata un sinonimo di superiorità» (pag. 3); altrettanto ‘unica’ infatti è ogni altra specie. Gli articoli che compongono il dossier intitolato L’intelligenza degli altri si occupano soprattutto delle api, degli elefanti, dei macachi, dei delfini. Ciascuna di queste specie possiede delle abilità cognitive diverse dalle altre. Ridurre tale ricchezza della materia e della natura al solito, ossessivo, ridicolo confronto con le caratteristiche di una ben precisa specie -la nostra- è davvero penoso. È quindi vero che scimpanzé e umani condividono il 96% dei geni. È vero che -come afferma C. Boesch «gli scimpanzé hanno un sé autobiografico, ossia sanno di esistere nel tempo, pianificano il futuro e sono in grado di ricordare dettagli specifici del passato anche lontano» (cit. da A. Meldolesi, 28). È vero che in un alveare alcune api sono coraggiose ed esploratrici e altre più timide e domestiche. È vero che gli elefanti vivono in complesse strutture matriarcali e vegliano i loro morti. È vero che alcuni uccelli possiedono una memoria spaziale di straordinaria potenza.
Ma ciò che conta non è ciascuna di queste differenze. Ciò che conta è non misurare tali elementi in relazione ad analoghe caratteristiche dell’Homo sapiens ma semplicemente accettare la Differenza come valore non gerarchico. E invece l’articolo di Meldolesi -che introduce il dossier- rimane contraddittorio nel muoversi tra il riconoscimento di tale differenza e la ribadita superiorità umana, a partire dalla accettazione della vivisezione, metodologia che se applicata agli umani farebbe gridare al crimine. Indice di tali contraddizioni sono le immagini che costellano l’articolo, nelle quali si vedono alcuni fotomontaggi che riducono dei cani alle patetiche figure di giocatori di scacchi in camicia e papillon, medici in cravatta e occhiali, giocatori di tennis con fascia in testa e racchetta in zampa. Evidentemente oltrepassare davvero i pregiudizi dello specismo è difficile. Ma è questione di tempo.
Si diceva della strepitosa memoria spaziale di un uccello come la nocciolaia di Clark. La memoria è naturalmente parte fondamentale dell’intelligenza e dell’identità di tutto ciò che ha coscienza di esistere. «Senza memoria non potremmo sopravvivere», come racconta James McGaugh ad Anna Lisa Bonfranceschi (79 e 83). McGaugh ha in particolare studiato i rari casi di ipertimesia, di persone che hanno una highly superior autobiographical memory (HSAM). Casi che si avvicinano, senza toccarla naturalmente, alla memoria del personaggio borgesiano Ireneo Funes. Costoro non riescono infatti a dimenticare. La memoria è una funzione complessa e affascinante, che coinvolge i sensi, la coscienza, l’identità. Come ben sa ogni lettore di Proust, anche «gli odori hanno il potere di richiamare alla mente ricordi di luoghi e momenti vissuti» (M. Saporiti, 20). I ricordi sono la vita stessa, tanto è vero che «la differenza tra memorie più o meno forti sta nella portata emotiva sperimentata durante la formazione della memoria. Più è forte l’emozione che si prova, più facile sarà ricordare gli eventi legati a quell’emozione»  (Bonfranceschi, 82-83).
Un ulteriore elemento che accomuna l’umano alle altre specie sociali è il branco, il conformarsi al branco. I celebri esperimenti di Salomon Asch, ricordati da D. Ovadia (pp. 66-69), hanno mostrato che quando in un gruppo anche ristretto la maggioranza fa affermazioni palesemente insensate, un individuo isolato comincia a condividerle, per quanto continui razionalmente a percepirne l’insensatezza. Se invece gli si dà la possibilità di rispondere per iscritto o senza che gli altri sentano la sua risposta, eviterà di accettare tesi assurde. Sta anche in tale condizionamento la forza del potere

 

5 commenti

  • agbiuso

    Luglio 11, 2014

    Sì, bello e assai chiaro su come l’animale umano possa interagire con gli altri viventi: peculiarità empatica e rispetto della differenza.
    Grazie Pasquale.

  • diego

    Luglio 11, 2014

    che bel racconto, caro Pasquale

  • Pasquale D'Ascola

    Luglio 10, 2014

    Meraviglioso sì, miei cari. Io penso, molto pateticamente, a tutti i gatti con cui ho abitato, e ognuno era una personcina, attenta a ciò che si svolgeva in casa; penso al mio gatto ultimo che per anni mi ha atteso sulla sedia dell’ingresso ogni volta che ero via di casa per lavoro; lo portai a sopprimere quando ebbe il cancro e gli tenni la zampa, lui mi guardava facendo le fusa e se ne andava, mix della buona morte. Penso al misero piccione che raccattai anni e anni fa sbranato, un’ala quasi staccata. Lo curai con mia madre, prima spaventato poi sempre più fiducioso, benchè gli facesse male la ferita, per un mese, seguendo le indicazioni di un veterinario. Guarì. Si lasciò insegnare a volare, era un cucciolo e non sapeva, bisognava posarlo sulla ringhiera del balconcino di casa mia, e dargli una spintarella; così imparò prima a cadere per terra al sicuro, poi a spiccare il volo da terra fino alla ringhiera. Poi prese a fare voli più confidenti di andata e ritorno da un albero al balcone. Passò uno stormo, un giorno, lo videro penso, e cominciarono voli ravvicinati, credo di richiamo. Fatto è che l’animaletto si aggregò e cominciò a volare davanti al balcone per una o due o tre volte. Infine si staccò dal gruppo e si posò sul davanzale della cucina guardandoci con intenzione. Attese un attimo, mentre lo stormo riposava sparso sui tetti intorno. Poi si levò in volo, raggiunse i compagni e si allontanò con tutto lo stormo. Chiudo.

  • agbiuso

    Luglio 10, 2014

    Ti ringrazio, caro Diego, per aver ricordato alcuni dati biologici importanti, primo tra tutti quei “quattro composti piuttosto semplici ricombinati all’infinito”. Siamo materia, pura e meravigliosa materia strutturata in modi peculiari ma continui con le stelle.
    Questa è la nostra grandezza, la stessa grandezza del cosmo regolare e perfetto, nel quale la luce scaturisce come energia da un infinito oceano di tenebre senza dolore.
    Noi possiamo pensarlo e scriverlo. Questa è la nostra nicchia ecologica, che non ha nulla di superiore o inferiore ai cani, alle rane, alle aquile, alle rocce, alla polvere cosmica.
    Meraviglioso.

  • diego

    Luglio 10, 2014

    Sono anch’io convinto (ho letto la bella rivista, sto leggendo già il numero successivo) che sia un gioco un po’ da pagina di rotocalco mostrare le affinità stupefacenti fra molte intelligenze degli altri animali e la nostra. Un po’ da pagina «strano ma vero» della Settimana Enigmistica. Però ben venga se serve ad aumentare il rispetto verso gli (altri) animali. Per esser chiari: se ti convinco che soffre come noi forse sei meno contento di macellarlo.
    Sulla nostra esistenza credo sia sempre utile ribadire la prospettiva che sempre il Boncinelli, per iscritto o in conferenza, prospetta: la vita è un fenomeno unitario che, per la pressione evolutiva, ha preso tante strade (dal pipistrello al cavallo, dal lombrico all’uomo, e così via). Ma il tutto è costruito con gli stessi «pezzi», basti pensare che la proteina responsabile della memoria nella celebre Alipsya di Kandel è del tutto analoga a quella che c’è nel cervello umano, per non parlare del dna, quattro composti piuttosto semplici ricombinati all’infinito. Insomma siamo le propaggini, ognuno di noi, di un unico fenomeno biochimico che ha avuto un inizio e probabilmente avrà una fine. In questo senso è utile non sentirsi troppo speciali, per non farla troppo tragica sul nostro personale dover tirare le cuoia prima o poi. In fondo abbiamo una fortuna: possiamo lasciar scritto parecchio.

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