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Brexit

Brexit

Premessa

Quanto accaduto in Gran Bretagna il 23 giugno 2016 è fondamentale. I risultati del referendum britannico sulla permanenza o meno nell’Unione Europea vanno infatti al di là del merito politico-economico della questione e mostrano più di ogni altro evento la struttura totalitaria del Capitalismo finanziario. Totalitaria in senso tecnico, nel significato individuato da Guy Debord e da molta parte della storiografia del Novecento, per la quale totalitario è un regime fondato sull’adesione delle masse alle decisioni dei capi ottenuta mediante il dispiegamento massiccio e propagandistico delle tecnologie dell’informazione.
Si è visto dunque e si sta vedendo che cosa intendono per democrazia e per libertà i portavoce politici e mediatici della finanza. Intendono la servitù volontaria alle parole d’ordine del potere. Questo è la democrazia del Parlamento Europeo, questa è la libertà dei suoi giornalisti e intellettuali organici, del mainstream mediatico che si è scagliato con toni isterici conto il risultato della consultazione britannica.
Tanto più significative e importanti sono le voci discordanti, le voci che per democrazia e libertà intendono il diritto di ogni cittadino a non condividere ciò che il potere presenta come ovvio. Raccolgo qui un’antologia di tali voci, invitando caldamente a leggere con calma queste riflessioni nella loro interezza (cliccando sui loro titoli).

Alcune parole sensate sull’evento Europa

Brexit: è la rabbia dei popoli contro un’ Europa che non è democratica, di Carlo Formenti
«Il senso più profondo della vittoria della Brexit riguarda il fatto che il terrorismo politico mediatico non riesce più a condizionare la rabbia popolare contro quell’istituzione profondamente antidemocratica che è la UE: una struttura burocratica non eletta, strumento di dominio del capitale globale e delle élite ordoliberiste»

Gli Spitfire sono spuntati dalle urne, di Giorgio Cremaschi, Contropiano
«Minoranze oscurate dai mass media, ma che sono state determinanti. Il popolo della sinistra britannica ha chiarito che sinistra ed europeismo oggi sono incompatibili e che la battaglia contro la UE delle banche è stata egemonizzata finora da forze di destra perché la sinistra ufficiale ha abbandonato il suo popolo».

Ci siamo sbagliati, fateci rivotare”. La petizione truffa contro la Brexit, di Marco Santopadre, Contropiano
A proposito della petizione-imbroglio ‘per ripetere il referendum’: «In realtà una truffa bella e buona utile a sminuire la legittimità del voto dei popoli della Gran Bretagna. Complimenti ai tanti ‘giornalisti’ che hanno abboccato alla becera iniziativa di propaganda del fronte sconfitto del ‘Remain’ senza verificare la natura dell’iniziativa» .

Brexit? Tutta colpa dei vecchi e dei poveri…, di Giorgio Cremaschi – Paola Pellegrini, Contropiano
«Avremo tempo per analisi più approfondite del voto britannico e delle sue conseguenze. Permettetemi qui di esprimere il mio disgusto per la campagna razzista contro i poveri, gli operai e perché no gli anziani, colpevoli di aver votato la Brexit».

Brexit: ecco le dichiarazioni più incredibili, di Marco Mori, Sollevazione
«L’UE oggi è un ordinamento di carattere spiccatamente imperialista che punta a sottomettere chiunque non si pieghi al proprio volere, che poi non è altro che quello della grande finanza. In sostanza, come ho riferito al Parlamento Europeo davanti al gruppo EFDD, l’UE è il primo totalitarismo finanziario della storia».

Giovani contro vecchi? Il vecchio gioco delle “voci del padrone”, della redazione di Contropiano
«Petizioni fasulle, dove possono ‘firmare’ anche i non britannici (quindi esclusi dall’improbabile ‘ri-voto’), anche più volte (basta avere più account mail, o farseli alla bisogna)…
Centinaia –a volersi tenere bassi– di articoli incentrati sul tema ‘questi bastardi dei vecchi che non pensano al futuro dei loro figli e nipoti che stanno nel programma Erasmus’…
Notissimi tromboni della ‘sinistra riflessiva e ironica’ che improvvisamente calano la maschera della tolleranza e inveiscono come novelli Marchesi del Grillo, offesi nel profondo da fatto che in democrazia – la loro democrazia – il voto di un ignorante, plebeo, operaio disoccupato o pensionato preoccupato, valga davvero quanto il loro… Proprio una testa un voto, dove andremo a finire, signora mia…
Come questo, per esempio [di Michele Serra, e in generale della Repubblica, un quotidiano ormai chiaramente reazionario]»

Il popolo-colesterolo, quello buono vota bene, quello cattivo è zozzone, di Alessandro Robecchi, il Fatto Quotidiano
«Ma resta il problema: ammesso e non concesso che il 52 per cento dei britannici sia incolto, burino, razzista, ignorante, stupido ed egoista, quale democrazia matura mantiene più della metà del suo popolo in condizione di incultura, burinaggine, razzismo, ignoranza stupidità ed egoismo? E’ una specie di equazione della democrazia: se i poveri sono ignoranti bisognerà lavorare per avere meno poveri e meno ignoranti. Questo significa welfare e riduzione delle diseguaglianze, mentre invece da decenni – in tutta Europa e pure qui da noi – si è ridotto il welfare e si è aumentata la diseguaglianza. La sinistra dovrebbe portare il popolo alla Tate Gallery, non sputargli in un occhio dicendo che è diventato razzista. Eppure».

Perché è necessario un populismo di sinistra, di Gianpasquale Santomassimo, il manifesto
«È accaduto per altre grandi Utopie novecentesche, sta accadendo ora per l’ideale europeistico, che è stato il più grande investimento delle classi dirigenti del continente in un arco ormai lunghissimo di anni. Era stato fin dall’inizio un matrimonio di interessi, ma si volle che sbocciasse anche l’amore tra i sudditi, e si organizzò la più massiccia opera di indottrinamento mai perseguita dalle élites, dalla culla alla bara, come si conviene a ogni idea totalitaria: dai mielosi temi per gli alunni delle elementari al martellamento quotidiano di politici, giornalisti, mezzi di comunicazione di massa.
[…] Ma da Maastricht in poi il potere delle élites europee ha proceduto con spietata determinazione a smantellare le fondamenta dello Stato Sociale europeo, vale a dire la creazione più alta che i popoli europei avevano conseguito nella seconda metà del Novecento, distruggendo quindi quello che era ormai l’elemento caratterizzante della stessa civiltà europea
[…] Sono populismi, si dirà con quella punta di disprezzo delle ‘folle’ che ormai caratterizza il linguaggio delle sinistre come delle élites. Ma in realtà avremmo bisogno di un serio populismo di sinistra, capace di parlare alle masse e di opporsi alle politiche dell’establishment.
[…] E ormai la mitica Generazione Erasmus è sommersa dalla Generazione Voucher, che sperimenta sulla sua pelle l’incubo della precarietà in cui si è convertito il ‘sogno’ europeo.
Nell’immane campionario di frasi fatte che costituisce il nerbo dell’ideologia europeistica, accanto all’affermazione ipocrita sull’Europa che avrebbe impedito 70 anni di guerre (la guerra alla Serbia è stata fatta probabilmente dagli esquimesi), spicca anche l’asserito superamento degli Stati-nazione. Si tratta con ogni evidenza di una illusione ottica, perché gli stati nazionali esistenti (e quelli che si aggiungeranno, a partire dalla Scozia per finire probabilmente con la Catalogna) sono l’unica realtà in campo, e ciò che chiamiamo Europa è il risultato della mediazione di interessi ed esigenze tra essi».

L’inglese se n’è gghiuto, di Franco Berardi Bifo, Alfabeta2
«L’Unione europea non è (e non è mai stato) altro che un dispositivo di impoverimento della società, precarizzazione del lavoro e concentrazione del potere nelle mani del sistema bancario
[…] L’Unione europea è una trappola finanzista da Maastricht in poi.
[…] Ma nei prossimi anni credo che dovremo ragionare solo su questo. Non su come salvare l’Unione europea, che il diavolo se la porti. Non su come salvare la democrazia che non è mai esistita. Ma su come trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria. Pacifica e senz’armi, se possibile. Guerra dei saperi autonomi contro il comando e la privatizzazione».

Dopo le rabbiose reazioni alla Brexit, la soluzione: senza I-Phone e Facebook niente più voto, di Francesco Erspamer (Harvard University), L’antidiplomatico
«Aspettatevi presto proposte di legge (probabilmente da sinistra) per togliere il voto agli anziani, ai malati e a chi è troppo povero o ignorante. In fondo hanno poco da vivere e comunque vivono male, e siccome non hanno soldi contribuiscono poco alla crescita economica; molti, pensate, manco usano lo smartphone e non vanno su facebook, cosa campano a fare? Di certo non dovrebbero avere una voce, un peso politico: sono solo parassiti, che con le loro assurde pretese di welfare, assistenza medica, pensioni, ostacolano l’ascesa dei rampanti.
Le rabbiose reazioni a Brexit hanno rivelato gli effetti profondi della deregulation morale e culturale praticata dal liberismo (e dai lib-lab): tanti giovani europei pensano che il mondo sia loro e solo loro; che tutto sia loro dovuto per ragioni anagrafiche; che anche la democrazia sia un diritto generazionale.
Siamo regrediti di un secolo, a livello della guerra igiene del mondo esaltata dai futuristi, anch’essi dei rottamatori del passato e dei grandi promotori di sé stessi.
Volevano bruciare i musei, ricorderete; e naturalmente sono tutti finiti nei musei.
Naturalmente dietro ci sono la finanza globale e i suoi media. Che alimentano e cavalcano l’insoddisfazione dei giovani come alimentano e cavalcano le paure e la disperazione degli anziani. Negli Stati Uniti la grande maggioranza dei teenager e ventenni americani ha votato per Bernie Sanders ma nessun giornale ha considerato un “tradimento generazionale” la nomina di Hillary Clinton. Come mai? Perché alle multinazionali Clnton va benissimo. Invece Brexit gli va male ed eccoli allora scatenare i media con motivazioni agghiaccianti ma che troppo gente accetta.
Divide et impera: è l’unica frase latina conosciuta da questa plutocrazia avida e ottusa; e purtroppo in tanti ci cascano: abbandonata ogni aspirazione alla solidarietà, si incarogniscono l’uno contro l’altro, nicchia contro nicchia, per avere diritto agli ossi e agli iPhone concessi dal potere».

Contro la “sinistra” elitaria, di Aldo Giannuli
«Sta venendo fuori tutta l’anima ferocemente classista, elitaria, antipopolare di questa sinistra dei salotti.
[…] Lo confesso, questa sinistra al chachemire, la sinistra delle terrazze romane, ebbene si, mi fa schifo non solo politicamente, ma più ancora moralmente ed umanamente, perché la “sinistra” neoliberista ed elitaria non esiste: è solo una ignobile truffa. Il Pd? E’ più spregevole della Lega e dell’Ukip, credetemi».

Brexit, effetto domino sulla UE, di Dario Guarascio, Federico Bassi, Francesco Bogliacino, Valeria Cirillo, Sbilanciamoci
«A questo punto, con un possibile effetto domino alle porte e ulteriori tensioni sulla strada dell’integrazione rimangono due sole strade possibili. Una maggiore integrazione, ancora una volta fondata su presupposti neoliberali e con la capital union a fare da perno; o un arretramento del medesimo processo di integrazione, con gli Stati membri a recuperare parte della loro sovranità politica ed economica. Nel primo caso, le garanzie che una maggiore integrazione non soffra degli stessi problemi di disegno istituzionali denunciati finora sono oggettivamente nulle. Politicamente, questo rischierebbe anche di favorire in modo sostanziale la crescita dell’estrema destra come le ultime elezioni hanno dimostrato.
Nel secondo caso, potrebbe aver luogo un accordo di cooperazione politico-economica, teso ad arretrare rispetto al processo di integrazione stesso, rimettendo in discussione, ad esempio, la libera circolazione dei capitali».

Brexit, uno spettro si aggira per l’Europa: la democrazia, di Carlo Formenti, Micromega
«Non ha funzionato la campagna del terrore orchestrata da partiti di centrosinistra e centrodestra, media, cattedratici, economisti, “uomini di cultura”, esperti di ogni risma, nani e ballerine per convincere gli elettori a chinare la testa ed accettare come legge di natura livelli sempre più osceni di disuguaglianza, tagli a salari, sanità e pensioni, ritorno a tassi di mortalità ottocenteschi per le classi subordinate e via elencando.
In entrambi i casi la sconfitta è stata accolta con rabbia e ha indotto l’establishment a riesumare le tesi degli elitisti di fine Ottocento-primo Novecento: su certi temi “complessi”, che solo gli addetti ai lavori capiscono, non bisogna consentire alle masse di esprimere il proprio parere, se si vuole evitare che la democrazia “divori se stessa”. Ovvero: così ci costringete a imporre con la forza il nostro punto di vista».

La Brexit di porta Pija, pesa e ripensa a casa, di Pasquale D’Ascola
D’Ascola ha colto anzitutto la natura terroristica dei commenti conformisti che dilagano ovunque, come se fosse l’Apocalisse stessa, dall’Erasmus a Ryanair, dai passaporti al calcio.
A indurre politici, funzionari e giornalisti a parlare è la paura di perdere la greppia alla quale tanti attingono da tanto, da troppo. Hanno avuto però il cattivo gusto, la maleducazione e l’imprudenza di escludere da tale desco i popoli (uso apposta tale impegnativa parola), confidando nella loro atavica dabbenaggine e obbedienza. Calcolo non privo di basi -altroché- ma nel caso specifico portato all’estremo dei bambini greci che muoiono di fame e dell’impressione di masse che arrivano. A quel punto anche il popolo si mette all’erta. E appena può dice che non è vero, no che Tout va très bien, madame la Marquise!.
Il secondo elemento della sua analisi -del tutto corrispondente alla realtà- è che la miserabile Europa della quale parliamo non è affatto l’Europa ma una montecarlo nella quale giocano le «cravatte globaliste di Dragomiro Draxit con tutti i suoi Junker». Mi permetto di dire che il dominio di costoro non è neppure «Οἰκονομία, economia, amministrazione della casa, da οἶκος, dimora e νόμος», ma è ciò che Aristotele chiamava crematistica, vale a dire semplice interesse personale se non proprio truffa.
Ma il dominio della crematistica non può reggere a lungo, come D’Ascola giustamente afferma.
In Europa comandano per l’appunto Draghi (che ha tradito gli insegnamenti del suo maestro Federico Caffè) e altri banchieri, i quali da nessuno sono stati eletti ma che decidono per tutti. L’UE non è una struttura democratica. Anche questo la uccide.
«Nessuno ci ruberà la nostra Europa» tuona il ministro degli esteri tedesco Steinmeier. L’hanno infatti già rubata queste indegne classi dirigenti, le quali tenteranno ancora la filastrocca: «Mais à part ça, madame la Marquise / Tout va très bien,tout va très bien ! » La risposta però questa volta potrebbe essere diversa: Fuck you James!

Consiglio infine la consultazione regolare del sito di Marino Badiale e Maurizio Tringali che da molti anni documentano e analizzano la politica economica dell’Unione Europea.


Riflessioni conclusive

Se Merkel e i burocrati di Bruxelles stanno facendo la faccia feroce contro la Gran Bretagna è soprattutto allo scopo di minacciare e avvertire altri che volessero uscire. Un atteggiamento chiaramente fascista. La cosa più triste è comunque vedere il tramonto della sinistra, diventata in molti suoi esponenti una serva del Capitale che sostituisce alla lotta di classe la lotta tra ‘vecchi e giovani’. Una lotta che sta solo nella propaganda di tali servi, anche perché -nota giustamente Gabriel Galice- «les discours sur ‘les jeunes britanniques  pro-européens’ omettent que 64% des 18-24 ans et 42% des 25-34 ans se sont abstenus, ce qui ramène les partisans effectifs du IN, pour chaque groupe d’âges, à 26% et 36%» (Les peuples, l’impératrice et les roitelets ).
Molti di questi giovani sono nati nell’epoca della finanziarizzazione trionfante, sono a essa abituati, rassegnati, sottomessi. Sembra che neppure si rendano conto che si tratta di una forma di gestione dei beni radicalmente insensata, politicamente rovinosa, esistenzialmente iniqua. Come ha scritto Santomassimo, la ‘Generazione Erasmus’ è ormai la ‘Generazione Voucher’ -vale a dire una generazione senza diritti sul lavoro e senza garanzie- che accetta come naturale lo sfruttamento e la precarietà. È esattamente questo uno degli elementi di vittoria del Capitale finanziario.
La Brexit ha svegliato molti da tale sonno dogmatico. Senza il risultato del referendum britannico tutto questo non sarebbe stato detto, non sarebbe emerso. Avendolo compreso, sono stato subito favorevole all’esito del referendum.
Ha quindi ragione Jacques Cotta a scrivere che «l’union européenne n’est pas réformable, c’est du moins l’histoire qui nous l’enseigne. Dans ce contexte, seule une position claire et sans ambiguïté, pour la sortie de l’union européenne peut être compréhensible et soulever une perspective d’avenir. […] A l’union européenne, construction politique faite pour servir le capital financier, étrangère à l’Europe des peuples, la Grande Bretagne pourrait ouvrir la voie à une Europe des nations libres, décidant librement entre elles des coopérations, des échanges, des projets communs» (Le Brexit ouvre la voie).
Amo l’Europa come la mia stessa madre. Mi sento in ordine: europeo, siciliano e italiano. Sono nemico dell’Europa della Banca Centrale, del Fondo Monetario Internazionale, dei mandarini dell’Unione perché sono amico dell’Europa di Canetti, Shakespeare, Goethe, Nietzsche.
In ultimo: come anarchico non posso difendere gli interessi del Capitale finanziario, non posso sostenere le politiche dei nazisti di Bruxelles.

26 commenti

  • agbiuso

    Maggio 22, 2021

    È bastato il Covid19 per far tornare in grande stile confini, nazionalismi e sovranismi.
    Appena si presenta un pericolo, scattano le strutture secolari, a volte millenarie.
    La superficie della globalizzazione e dell’universalismo rimane, appunto, superficie.

  • agbiuso

    Maggio 15, 2021

    Condivido il commento di Vladimiro Giacché a questa dichiarazione della burocrazia UE:
    “Nella neolingua UE la critica alla UE diventa „analfabetismo europeo“. Ora, a parte che analfabeta è chi scrive una cosa del genere (l’Unione Europea notoriamente non coincide con l’Europa), questa è roba da Goebbels”.

  • agbiuso

    Maggio 9, 2021

    Al di là dell’ignoranza, che per un burocrate dell’Unione Europea è praticamente obbligatoria, Ursula von Gattopardo è stata sincera 🙂

  • agbiuso

    Maggio 7, 2021

    Che Dioniso li fulmini.

  • agbiuso

    Aprile 4, 2021

    Riporto alcuni brani di un articolo di Denis Collin che fa il punto sulla fine dell’Unione Europea. Invito a leggere questa breve, efficace e ben argomentata analisi.

    L’UE est morte, mais elle ne le sait pas encore
    La Sociale, 4.4.2021

    La pan­dé­mie a fait une vic­time de taille : l’UE. Sous la pres­sion des cir­cons­tan­ces, tout l’édifice plus digne de la « Demeure du chaos » de Saint Romain que l’art des bâtis­seurs de cathé­dra­les, s’est fis­suré en de mul­ti­ples lignes et n’attend plus que la secousse minime qui le mettra à bas. Quelques exem­ples suf­fi­sent.
    Face la pan­dé­mie, on allait voir ce qu’on allait voir. Sous la hou­lette de Mme Ursula von der Leyen, l’UE devait assu­rer l’achat des vac­cins, leur répar­ti­tion et la coor­di­na­tion de l’action dans tous les pays. Le résul­tat est pro­bant : les contrats avec les pro­duc­teurs de vac­cins ont été rédi­gés par des ama­teurs et sans le moin­dre risque de sanc­tion les indus­triels de « big pharma » aug­men­tent leurs tarifs et limi­tent les livrai­sons. Le seul pays de l’UE qui s’en sort à peu près bien est… le Royaume-Uni qui, jus­te­ment, s’en sort parce qu’il s’est sorti de l’UE et que son gou­ver­ne­ment a relevé les man­ches et sorti les mil­liards de livres ster­ling quand il l’a fallu.
    […]
    la France d’abord qui a connu une débâ­cle sani­taire que le com­men­ta­teur Jacques Julliard, d’ordi­naire très modéré, com­pare à la débâ­cle mili­taire de 1940. Rien de moins ! Sous la férule de l’agent de Goldmann-Sachs, Mario Draghi, l’Italie est sur les genoux. Mais l’Allemagne ne va pas beau­coup mieux.
    […] Caton ter­mi­nait ses dis­cours par « Carthago delenda est ». « UE delenda est », l’UE doit être détruite, il n’y a pas d’alter­na­tive.

  • agbiuso

    Aprile 5, 2020

    MES, un rovinoso imbroglio
    Qui l’articolo completo: Coronavirus, eurovirus e nuovi scenari
    indipendenza, 5.4.2020

    “Alcune classi dominanti di Paesi ‘europei’ infieriscono su altri Paesi ‘europei’ in ginocchio! Nessun tradimento del sogno europeo. È la prosecuzione dell’impianto di costruzione europea, scandito in varie tappe dalla seconda metà degli anni Quaranta del secolo scorso, qui sintetizzabili in un trinomio: CEE-MEC-UE. Sullo sfondo uno scontro (geo)politico tra Stati ‘europei’ e tra alcuni di questi e gli Stati Uniti, originari ideatori di detto processo a partire dal loro ACUE, il Comitato Americano per l’Europa Unita (1948). Irrilevanti, in tale scontro tra frazioni di classe dominante e sub-dominante, le distinzioni tra confederalisti e federalisti europei.
    Funzionamento, rapporti, conseguenze della magnificata ‘Europa Unita’ di oggi sono lo sviluppo di quella di ieri. In questa fase si cerca di guadagnare tempo, di tirare in lungo, in attesa che l’emergenza sanitaria passi, e non ci siano più ‘scuse congiunturali’ per la ripresa in grande stile delle logiche predatrici austeritarie, anti-nazionali e di classe. Lo scenario che ci aspetta, non difficilmente immaginabile a grandi linee, non sarà nemmeno quello già critico (per molti Paesi ‘europei’) del pre-coronavirus, ma quello peggiorativo recessivo e depressivo che è destinato a dispiegarsi nella sudditanza all’euro-atlantismo.
    […]
    I programmi di aggiustamento strutturale del FMI, invasivi delle sovranità nazionali e dei diritti sociali dei popoli, devastanti in Africa, in parti dell’Asia, in America latina hanno preso il nome di “Washington Consensus” e nel continente geografico in cui si trova l’Italia, “Unione Europea”.
    Martedì andrà in scena in video-conferenza una grande e roboante operazione-immagine delle istituzioni europee, veicolata dalla grancassa massmediatica, per dire che, di fronte all’emergenza sanitaria ed economica, l’Unione Europea c’è, eccome (purtroppo!) se c’è!
    […]
    Se i vuoti attuali non saranno adeguatamente riempiti, questa grande opportunità storica di liberazione che si è aperta, certamente in questa parte di mondo del continente europeo, Italia inclusa, si richiuderà e chi domina oggi gestirà gli inevitabili nuovi scenari di domani, nell’accentuata durezza di condizioni che questa fase di quasi collasso economico-sociale lascerà. Una calamità virale, sanitaria, non avrà insegnato alcunché, non si sarà rovesciata in un processo ‘positivo’ di liberazione nazionale e di uguaglianza dei diritti sociali”

  • agbiuso

    Marzo 27, 2020

    “Nemmeno gli effetti di una recessione che si annuncia (particolarmente) in Italia pesantissima già in questo primo semestre, ha smosso gli appetiti predatori-affaristici incardinati nelle istituzioni esecutive-finanziarie europee. Bruxelles e Francoforte sono pronte a ridurre l’Italia come la Grecia”.

    È quanto si legge in una breve ed efficace analisi di Indipendenza:
    Collasso finanziario da coronavirus: è l’Unione Europea!

  • agbiuso

    Febbraio 2, 2020

    Segnalo un’analisi del tutto condivisibile del discorso con il quale Farage ha salutato il Parlamento Europeo. L’autore è Francesco Carraro.

    ============
    Brexit, per me il discorso d’addio di Nigel Farage al Parlamento europeo è di una verità lampante
    il Fatto Quotidiano, 1.2.2020

    Il discorso d’addio, di quattro minuti appena, di Nigel Farage al Parlamento europeo – con il quale il più noto dei politici inglesi anti-euro ha salutato l’Unione – è una miniera di spunti di riflessione. E non solo, si badi bene, per i cosiddetti populisti e sovranisti, ma anche per tutti gli altri. Persino per chi ha sempre creduto, e ancora crede, alla prospettiva di una integrazione libera e democratica fra gli Stati del Vecchio Continente. Analizziamolo, allora, passaggio per passaggio.

    Esordisce così: “I miei genitori aderirono a un mercato comune, non a un’unione politica, non a bandiere, inni, presidenti”. Solare verità, sia sul piano storico che sul piano della coscienza di massa. Le prime forme di cooperazione rafforzata tra gli Stati europei datano 1951 e 1957 (trattati di Parigi e di Roma) e si connotano per l’istituzione di una “comunità” europea del carbone e dell’acciaio e di una “comunità” economica europea (Cee). Si trattava di intelligenti e lungimiranti forme di “comunitarismo” interstatuale che avevano un senso; e infatti funzionavano proprio perché concepite in una logica di “Comunità”, non di “Unione”. E si muovevano su un piano “economico”, non “politico”.

    Erano, in qualche modo – un “modo” equilibrato, abbastanza coinvolgente, ma non troppo soffocante – di tradurre in pratica il monito dell’economista liberale francese Frédéric Bastiat: dove non passano le merci, passano i cannoni. Non pretendevano, insomma, l’impossibile, vale a dire la fusione a freddo di nazioni troppo diverse per diventare una cosa sola. Moltissimi europei, singoli cittadini e interi popoli, hanno inizialmente aderito con entusiasmo a questo progetto proprio perché non intaccava la loro indipendenza e autonomia nazionale.

    Questo spirito è stato tradito dagli eventi successivi. E il tradimento è consistito nell’aver traghettato gli europei da quel disegno (comunitario e di matrice economica) a uno tutt’affatto diverso (unionista e di matrice politica) dove si è preteso di imporre un presidente, una bandiera, un inno a persone e a nazioni che già ne avevano di propri senza desiderarne, né averne mai desiderati di nuovi.

    Farage prosegue, poi, con un’annotazione sul sedicente processo democratico con cui si è arrivati a questa Unione: “Nel 2005 ho visto la Costituzione scritta da Giscard d’Estaing e da altri, l’ho vista bocciata dai francesi in un referendum e poi l’ho vista bocciata dagli olandesi in un referendum e ho visto voi in queste istituzioni ignorarli, riportarla nella forma del Trattato di Lisbona e vantarvi di averla fatta passare senza referendum”. Anche in questo caso, chi può negarlo? La marcata tendenza delle élite europee a portare avanti la missione integrazionista a dispetto delle manifestate volontà popolari non è un’opinione, ma un dato di fatto.

    A questo punto, il discorso di Farage fa un salto di qualità e pone la domanda che tutti avremmo dovuto porci molti anni fa e che oggi forse, almeno per noi, suona drammaticamente tardiva: “Cosa vogliamo dall’Europa? Se vogliamo commercio, amicizia, collaborazione, reciprocità non abbiamo bisogno di una Commissione europea, della Corte europea di giustizia, di tutte queste istituzioni e di tutto questo potere”. Touché, ancora una volta. L’Unione attuale è un “termitaio” di burocrati il cui vertice pianifica i bilanci dei singoli stati di semestre in semestre; e lo fa con una ossessione patologica per le virgole e i decimali. Ancora una volta, non è ciò che gli europei, e i loro padri nobili, avevano in mente quando pensavano al futuro dei propri paesi.

    A un certo punto, Farage esclama: “Noi adoriamo l’Europa, ma detestiamo l’Unione europea”. Pure in questa affermazione c’è un potente afflato di verità in grado di spazzare via un micidiale equivoco: l’idea che gli euroscettici o gli euro-critici, i populisti e i sovranisti, debbano essere tutti necessariamente dei nazionalisti ottusi e bellicosi, l’uno contro l’altro maldisposti. È vero il contrario: la gran parte di essi adora l’Europa intesa come “comunità” di Stati indipendenti e pacificamente cooperanti, ma non sopporta più questo tipo di “unione” forzata fra gli stessi.

    La conclusione del discorso di Farage, per finire, è una metafora perfetta di quanto egli ha detto, nei quattro minuti del suo intervento, e di quanto è accaduto nei quarant’anni che abbiamo alle spalle. Nigel e i suoi iniziano a sventolare la bandiera del Regno Unito e, perciò, il Presidente del parlamento gli toglie la parola minacciando: “Se disobbedisce alle regole, il suo microfono viene tagliato; per favore rimuova le bandiere”. Ecco cosa è, oggi, l’Unione: una a-democratica e coatta rimozione delle identità nazionali.

    Ma questa non deve per forza essere l’Europa democratica del futuro. E una delle più antiche democrazie del mondo ci sta sollecitando a trovare non tanto una liberante via d’uscita per restare da soli, ma una via totalmente diversa per rimanere insieme.

    http://www.francescocarraro.com

  • agbiuso

    Dicembre 12, 2019

    I risultati delle odierne elezioni nel Regno Unito confermano quanto avevo scritto nel 2016 e che ribadisco con convinzione alla luce di ciò che è accaduto in Europa negli ultimi due anni e mezzo. La politica vera non è un effetto dei social network e di fenomeni spettacolari (sardine et similia) ma dei bisogni “materiali”, come direbbe Karl Marx. La Brexit è un risultato confortante.

  • agbiuso

    Aprile 30, 2019

    Segnalo una bellissima riflessione del filosofo francese Denis Collin: L’Unione Europea contro l’Europa.

  • agbiuso

    Luglio 1, 2017

    LA FIN DE L’UNION EUROPÉENNE
    di David Cayla e Coralie Delaume

    L’Union européenne est morte, mais elle ne le sait pas encore.
    Elle est morte du rejet de ses peuples qui manifestent en toute occasion une répulsion sans réserve et une défiance sans retour.
    Elle est morte de son inaptitude à régler les crises qui la secouent autrement que par de brutaux oukases ou par des simulacres de négociations, au terme desquels les pays les plus forts finissent par imposer leurs vues et où l’unique option qui s’offre aux plus fragiles est celle d’une humiliante reddition.
    Elle est morte de l’échec spectaculaire de son modèle économique, échec conjoint du Marché unique et de l’euro.
    Elle est morte, enfin, de son illégitimité démocratique, de ses fondations juridiques baroques, de ses traités qui ont remplacé la souveraineté populaire par une technostructure sans vision.

    En vérité, il n’est même plus tout à fait temps de se demander s’il faut ou non “sortir de l’Union européenne”. Car c’est l’Union elle-même qui est en train de sortir. Elle sort de l’Histoire, par la toute petite porte. Tout le monde en est-il bien conscient ? Peut-être pas. Faut-il le démontrer ? Sans doute.

    ISBN : 978-2-84186-845-2 • 5 janvier 2017 • 256 pages
    EAN PDF : 9782347001018
    EAN ePUB : 9782347016166

  • agbiuso

    Febbraio 14, 2017

    «Tsipras? Farebbe bene a uscire dall’Europa»
    L’economista Giulio Sapelli. L’Europa a due velocità non esiste, quello che vuole la Merkel è un’Europa a “a la carte” dove di volta in volta decidere sui singoli temi l’integrazione tra gli Stati

    Fabio Veronica Forcella
    il manifesto, 14.2.2017

    Da sempre favorevole a un taglio del debito pubblico greco, Giulio Sapelli, economista e docente all’Università degli studi di Milano, teme più di tutto la decadenza del pensiero economico dei tecnocrati di Bruxelles che «non sanno nulla neanche di finanza». A Tsipras, che alla riunione del comitato centrale di Syriza parla di «anno cruciale per l’Europa», consiglia di non accettare altri ricatti e di preparare lui un’uscita dall’Europa. Un’Europa che, se dovesse vincere la Le Pen, il professore vede «tutta nera», perché «la Francia è da sempre il cuore politico dell’Europa».

    Professore ci risiamo. Si torna a parlare di Grexit…
    Ovviamente era tutto prevedibile. Non sono cambiate né le condizioni economiche, né quelle istituzionali.

    Intende un differente approccio alla crisi tra Europa e Stati Uniti?
    Esattamente. Il Fondo Monetario ha ormai una sua autonomia dall’ordo-liberismo teutonico che, al contrario, domina l’Europa. L’Fmi risente molto di più delle influenze della Fed e di una strategia che ha funzionato per far uscire gli americani dalla crisi e che ha avuto come perno fondamentale la garanzia statale. Basta vedere come hanno saputo gestire le crisi delle banche, dove lo Stato alla fine ci ha anche guadagnato.

    Eppure, Fmi e Ue per la Grecia chiedono nuovi tagli.
    E’ una grottesca trattativa in cui chiedono l’ennesimo taglio del 30% alle pensioni..

    Proseguire con questa politica è la strada giusta?
    Assolutamente no. Ma la cosa che più mi spaventa è che un approccio di questo tipo è la prova che questi tecnocrati non capiscono nulla neanche di finanza. Siamo in presenza di una vera e propria decadenza del pensiero economico.
    Oramai in Europa tutti parlano di investimenti e crescita eppure ogni volta tornano puntali le misure di austerità.
    Vedo che ci sono stati diversi tentativi di abbandonare una strada sbagliata, ma se alle parole non seguono iniziative politiche questo messaggio viene fatto proprio dai nuovi nazionalismi di estrema destra. Un errore gravissimo di noi italiani, a mio avviso, è stato quello di votare a favore di questo Bilancio europeo.
    Tornando alla Grecia, i creditori chiedono ad Atene un avanzo primario del 3,5% del Pil per molti anni. Sarà possibile?
    Ma no! A meno che non si voglia distruggere un’intera società. Quello che sta avvenendo in Grecia non è neanche paragonabile a quello che accadde ai tempi della Thatcher o di Reagan…

    Da anni l’Fmi insiste su un taglio deciso del debito greco.
    L’ho sempre sostenuto. Certo, alcuni creditori ne pagheranno le conseguenze, ma mi pare che la salvezza della Grecia, anche per il suo valore geo-strategico e per la questione dei migranti, richieda una lungimiranza che l’Fmi dimostra di non avere.

    Cosa dovrebbe fare Alexis Tsipras per uscire da questo ennesimo ricatto?
    A queste condizioni dovrebbe dire di no e prepararsi in modo tecnico e serio ad uscire lui dall’Europa, magari guardando alla Russia. I russi aspettano solo questo. Se non dà un segnale forte, vedo persino avvicinarsi l’ombra di Metaxàs, il dittatore degli anni ’30.

    Tutto questo mentre nell’Unione si parla apertamente di un’Europa a due velocità. Lei che idea si è fatto?
    Questa idea di un’Europa a due velocità non esiste. La stessa Merkel non chiede questo, ma un’Europa “à la carte”, dove di volta in volta su singoli temi si decide dove fare maggiore integrazione tra gli stati. L’unica cosa sensata che andrebbe detta è eliminare il Trattato di Maastricht e il Fiscal Compact.

    Come se ne esce?
    Ho paura che la maggioranza degli europei ne uscirà solo a destra. Ma questa volta sarà un bagno di sangue perché la destra che avanza è quella della Le Pen. Se non si interverrà, tra 4-5 anni prevedo un’Europa tutta nera. Il cuore economico dell’Europa è la Germania, ma quello politico è la Francia e se dovesse vincere la Le Pen, le destre, purtroppo, dilagheranno in tutta Europa.

  • agbiuso

    Gennaio 8, 2017

    Gli effetti economici della vittoria del No al Referendum costituzionale italiano e dell’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna sono positivi.
    Le previsioni apocalittiche erano soltanto propaganda. Ovviamente.

  • agbiuso

    Dicembre 23, 2016

    “L’UE n’est pas l’Europe. C’est même la négation de ce que le meilleur de l’Europe a pu proposer au monde”.
    Per chi legga il francese, consiglio l’eccellente analisi di Raoul-Marc Jennar sul sito “La Sociale. Analyses et débats pour le renouveau d’une pensée de l’émancipation”
    Qu’est-ce que l’Europe ? Qu’est-ce que l’UE ? Quelle union des peuples d’Europe ?

  • Come europei - agb

    Agosto 30, 2016

    […] reazioni al referendum britannico che ha sancito l’uscita dall’Unione Europea sono state davvero disvelatrici della struttura ormai radicalmente oligarchica della politica […]

  • agbiuso

    Luglio 5, 2016

    Intervento di Jean-Luc Mélenchon al Parlamento europeo.
    “Soit on la change soit on la quitte”. Il fatto è che cambiare l’Europa così com’è vuol dire distruggerla. Pertanto essa va lasciata, quanto prima possibile.

  • agbiuso

    Luglio 3, 2016

    Una buona sintesi dell’inganno mediatico -e delle vere e proprie notizie isteriche– relative alla Brexit.
    Notizie false e tendenziose: tutte le bufale sulla Brexit, di LinkPop
    Trascrivo qui soltanto l’introduzione e una dell bufale più significative.

    “Confusi dall’esito inaspettato del referendum, gli anti-Brexit hanno cercato di spiegarselo ricorrendo a schemi razionali a loro piuttosto cari: cioè dipingendo gli elettori avversari come ignoranti, come pazzi, come vecchi – tradendo un sottotesto molto inglese e perciò molto poco democratico: quel voto, quello degli altri, dovrebbe valere molto meno – ma tant’è. Presi dall’ira, sono cascati in bufale che, in giorni più normali, avrebbero subito riconosciuto.
    […]
    I pro-Leave sono ignoranti, è ovvio. E a riprova di questa piuttosto discutibile lettura del voto sono emerse varie scoperte. Ad esempio, che subito dopo aver votato gli ignoranti britannici avrebbero googlato “What is EU”, per capire su cosa avevano espresso la loro preferenza. Apriti cielo! Le ricerche sarebbero addirittura triplicate. Vagonate di editoriali (ad esempio sul Washington Post) hanno stabilito quanto gli elettori scelgano con la pancia, senza nemmeno conoscere l’argomento in dibattito e, addirittura, senza nemmeno conoscere cosa fosse l’Unione Europea. Può considerarsi valido un voto del genere? Purtroppo sì. Anche perché la notizia non è vera. Prima di tutto, la ricerca non è “What is the EU” ma “What happens if we leave the EU”. E poi perché è vero che le ricerche sono triplicate, ma il dato di partenza (mai indicato nei giornaloni) è molto basso: sono 43 al giorno, 1.300 per il mese di maggio. Triplicarle vuol dire 129 ricerche. Insomma, non proprio tante”.

  • agbiuso

    Luglio 3, 2016

    Ancora sulla stupidaggine del voto generazionale:
    La gran balla dei vecchi pro-brexit e giovani pro-remain, di Andrea Coccia.
    Alcuni brani di questo articolo ben documentato:

    “Eppure i fini analisti, i sociologi improvvisati e gli arguti scienziati politici di queste ore hanno preso un abbaglio che manco san Paolo sulla via di Damasco. E abbagliati si sbaglia, e qui lo sbaglio, oltre che macroscopico nel metodo, ha una portata pericolosa.

    Questa storia, infatti, è falsa come una banconota da 30 euro. Primo, perché non esiste nessuno dato reale che può indicare la percentuale di voto per fasce d’età. Nessuno. I dati che sono stati usati per costruire questa storia della lotta generazionale sono il risultato di un indagine condotta da YouGov tra il 17 e il 19 giugno, ovvero una settimana prima del voto. E sapete quanto è largo il campione degli intervistati da YouGov? 1652 persone, di cui, gli over 65 erano 73.

    Ricapitolando: a partire da un sondaggio fatto una settimana prima del voto su 1652 persone, i giornali di mezzo mondo stanno gridando al conflitto generazionale come a una guerra civile che potrebbe trasformare i salotti dei nostri genitori in campi di battaglia. Molto bene, ma non è verificabile in nessun modo. Il che fa di quei dati e di tutte le analisi che hanno generato un mucchio di roba inutile.
    […]
    Ne emergono dati interessanti che dimostrano — come mostrano i grafici del Guardian — come gli assi che sembrano aver condizionato più le decisioni degli elettori sono, nell’ordine, il livello scolastico, lo status sociale e la ricchezza procapite.

    Capitale scolastico, capitale sociale, capitale economico. Guarda caso esattamente le categorie usate da Pierre Bourdieu, il grande sociologo francese, per descrivere le dinamiche tra le classi sociali negli ultimi decenni del Novecento. Classi sociali, non classi di nascita.
    […]
    Alienazione. Rabbia sociale. Conflitto di classe. Esattamente quella roba che negli ultimi trent’anni abbiamo cercato di seppellire sotto terra, come gli indiani con le asce di guerra, ma che sta tornando, anzi, non se n’è mai andato. Un fantasma si aggira per l’Europa, scrivevano una volta due che l’avevano vista lunga. Ecco, sono passati 150 anni, ma quel fantasma, forse, è ancora lì. E non è il caso di aspettare che prenda coscienza da solo. Perché quello che potrebbe succedere, non piacerebbe a nessuno”.

  • diego

    Luglio 3, 2016

    Alberto carissimo, il filosofo di Treviri, era fondamentalmente un hegeliano, come giustamente osservava Gentile. Perchè ad un certo punto, uso la metafora del meccanico, decise di metter le mani nel motore, decise di sporcarsi con il grasso delle questioni prettamente economiche? Grande è il mio amore per la filosofia e, come ho anche ribadito di recente, essa intride il nostro «essere nel mondo», però io credo, forse anche condizionato dalle mie esperienze di piccolo imprenditore, che qualcuno deve «ficcare» il naso nel motore, per difendere gli interessi di chi lavora. Federico Caffè è importante, importantissimo, per capirsi. Poi, come nel calcio, ognuno gioca nel ruolo più adatto, perchè la partita è dura, durissima, la giocata elegante non basta, ci vuole la forza di chi galoppa e ci mette i polmoni. Non per contraddirti, ma per l’onore di scrivere nelle tue belle pagine, scrivo.

    • agbiuso

      Luglio 3, 2016

      Caro Diego, dove starebbe la contraddizione? Il testo che hai segnalato affronta questioni economiche. Il mio e gli altri analizzano sia gli aspetti politici sia quelli economici della Brexit. Io stesso ho accennato a Caffè. Non mi sembra che ci sia contraddizione ma semmai approfondimenti del problema nel suo ampio contesto. Meglio così, no?

  • Dario Generali

    Luglio 2, 2016

    Caro Alberto,

    come sempre le tue osservazioni e le tue valutazioni sono straordinariamente intelligenti e penetranti.
    Non condivido tutti i punti di vista esposti, ma capisco perfettamente l’alta dignità intellettuale e civile di quelle prese di posizione.
    Condivido invece pienamente la tua osservazione conclusiva. Anch’io sono nemico dell’Europa delle banche e degli eurocrati, perché l’Europa, per vivere ed esprimere il suo altissimo magistero di civiltà, deve essere l’Europa dei popoli e della sua straordinaria storia culturale, non quella del capitale finanziario, spesso nemico anche di un’ordinata crescita dell’economia delle imprese, che generano profitto dal lavoro, dalla creatività e dall’ingegno e non dalla speculazione parassitaria.
    Alla lista degli autori che indichi a titolo d’esempio mi piacerebbe aggiungere però anche Galileo, Spinoza, Newton, Voltaire, Diderot, Darwin e Russell.
    Un caro saluto.
    Dario

    • agbiuso

      Luglio 3, 2016

      Caro Dario, grazie della condivisione. I nomi che formuli sono tutti espressione di un’Europa della ragione, della giustizia, della complessità. E per fortuna se ne potrebbero indicare degli altri. Anche questo è la ricchezza del nostro Continente e della sua cultura. Ricchezza della quale non dobbiamo privarci, sostituendola con la macdonaldizzazione del mondo. Difenderò sempre l’Europa contro i barbari esterni e interni che la vogliono impoverire. So che questo è anche il tuo pensiero.

  • agbiuso

    Luglio 2, 2016

    @Pasquale Grazie a te per ciò che hai scritto e per ciò che spero ancora scriverai.

    @Diego Tecnico ma interessante l’articolo del Sole24ore. Come hai visto, il mio intervento non è comunque tanto incentrato sugli aspetti economici quanto su quelli mediatico-politici. Mi sembra gravissimo, infatti, affermare -come hanno fatto Monti e Napolitano, i peggiori traditori degli interessi italiani- che non bisogna sottoporre alla volontà popolare “questioni troppo complesse”. Tutte le questioni lo sono, compresa la decisione sul partito da mandare al governo, decisione che ha dietro sé moltissimi presupposti politici e culturali.
    Grave è anche l’opinione di coloro i quali -e sono molti- affermano che se poniamo molta attenzione alla scelta di un artigiano o di un medico, per la stessa ragione non possiamo affidarci alla decisione della maggioranza nelle scelte economico-politiche.
    Tutti costoro dovrebbero avere il coraggio -e la logica- di trarre le inevitabili conseguenze da tale presupposto e dichiarare la forma democratica di governo, anche quella semplicemente rappresentativa, del tutto sbagliata, optando per governi aristocratico-elitari.
    Era questa in parte l’idea di Platone, pur se formulata in un contesto assai diverso. Sono compiaciuto, certo, della persistenza delle idee dell’uomo più intelligente che sia vissuto ma disprezzo ugualmente coloro che lo scimmiottano perché so che parlano così soltanto perché la maggioranza si è pronunciata in modo diverso rispetto alle preferenze del loro partito, giornale o padrone, non perché ne siano convinti. In ogni caso sono inconseguenti e questo rende insignificante il loro dire.

  • diego

    Luglio 2, 2016

    cari amici, vi propongo un interessante studio che smonta il dogma del rapporto fra debito pubblico e crisi economica, dogma che ha comportato scelte miopi in Europa; non si tratta di abolire la politica finanziaria europea, ma di renderla utile e non dannosa per le economie dei paesi coinvolti, e soprattutto per le vite di chi vive del proprio lavoro e non di speculazione finanziaria

    attenzione, la fonte non è un sito no global, ma proprio il sole24ore, il che la dice lunga

    http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-06-10/tutti-falsi-miti-debito-pubblico-spesso-paesi-piu-indebitati-pagano-meno-interessi-ecco-perche-110933.shtml?uuid=ADsK2kZ

    il testo fondamentale è per me «Titanic Europa» edizioni Aliberti, dell’amico e serio economista Vladimiro Giacchè

  • Pasquale D'Ascola

    Luglio 2, 2016

    Ti ringrazio per avermi citato tra le voci sensate, Alberto; fatto che mi onora specie per l’autorevolezza delle altre che presenti. Grazie anche per la ricchezza degli argomenti che sciorini. Peraltro, stavo meditando un corollario al mio post precedente. Corollario che non è pronto e che non ho modo di comporre ora. Vediamo domani se metto insieme qualche altra sensataggine. Se non desisto.

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