Skip to content


Libertà e obbedienza

Sabato 27 agosto 2022 alle 18,30 nel Chiostro San Francesco di Patti (Messina) terrò una conversazione nell’ambito della prima edizione di Umana². Festival del Contemporaneo e della Partecipazione.
Il titolo del mio intervento è Libertà e obbedienza nelle società contemporanee.
Affronterò alcuni temi che qui provo a riassumere.

Libertà e obbedienza sono legate al fatto che l’umano costituisce una struttura corporea limitata nel tempo e consapevole della propria finitudine. Il dispositivo fondamentale dell’autorità tirannica, di ogni regime dispotico, sta qui, abita nella paura della morte.
Quando l’autorità prospetta il rischio della morte se si disattendono i suoi comandi, la probabilità di essere obbediti cresce esponenzialmente.
È per questo che ogni epidemia diventa un dono per chi comanda, una vera e propria manna, che essa sia discesa dal cielo, fuggita da laboratori, germinata dalla terra e dalla sua potenza.
Un’epidemia infatti dissolve con il suo stesso nome i corpi collettivi nei quali la socialità si organizza, cancellando il magnifico insieme di elementi ricchi, complessi, plurali nei quali la vita consiste.
È la paura del morire che sta a fondamento della pervasività del potere.
Ma se questo fosse il suo unico fondamento, il potere sarebbe sempre e soltanto espressione del negativo. Sarebbe dunque debole e ancor più incerto di quanto già non sia. L’altra sua fonte è la predisposizione a obbedire, ad accettare il comando da parte di coloro ai quali viene trasmesso.
Hume osserva come «NOTHING appears more surprising to those who consider human affairs with a philosophical eye than the easiness with which the many are governed by the few; and the implicit submission, whit which men resign their own sentiments and passions to those of their rules» (Of The First Principles Of Government, Part I, Essay IV, § 1).
La forza dell’autorità consiste anche nella capacità di presentarsi come affidabile ed esperta solutrice di problemi. Su questo punto la vicenda dell’epidemia Sars-Cov2 ha molti insegnamenti da darci.

La semplice vita organica – fondamentale ma non esaustiva – è ciò che i decisori politici si sono assunti come compito, a costo di rendere la vita di tutti misera, angosciante, depressa.
La salute dei cittadini è diventata un alibi per le pratiche di repressione, esclusione, discriminazione.
Si tratta di un compito ideologico, nel senso che esso maschera la morte, la quale viene invece favorita:
-dalla proibizione di cure efficaci;
-dalla chiusura degli ospedali;
-dalla distruzione della sanità pubblica attuata dai governi e dalle strutture liberiste;
-dall’imposizione di sieri che rappresentano un rischio enorme per milioni di persone, bambini e giovani specialmente, che non corrono di fatto alcun rischio a causa del virus.
La vicenda del coronavirus è stata ed è anche la testimonianza di un complottismo al contrario, testimonianza dell’attribuzione di ogni responsabilità all’elemento biochimico, al virus – indubbiamente presente – e però del silenzio a proposito:
-delle condizioni finanziarie
-delle modalità produttive (i mercati della carne)
-delle politiche sanitarie (la diminuzione drastica e feroce dei finanziamenti alla sanità pubblica)
che ne hanno favorito la comparsa, la virulenza, la diffusione.
Lo Stato etico prende la forma di:
-uno Stato psicologico/psichiatrico
-uno Stato ultrapaternalista
-uno Stato dispotico.
Siamo stati e continuiamo a essere vittime di una gestione dell’epidemia che ha intaccato in modo assai grave la salute della democrazia.

Salute è relazioni, è lavoro, è affetti, è sole, aria, luce. Salute è la vita. Quella che invece viene proposta è la salute degli zombie, favorita -come diceva De André- da una continua e quotidiana «ginnastica d’obbedienza».
La libertà del cittadino, acritico, obbediente e irresponsabile sarà sempre:
-una concessione delle autorità
-sarà la libertà dei fascismi
-non sarà mai l’essenza stessa del respiro umano, lo splendore dello sguardo, il pensiero che comprende
-sarà la libertà della brava formica, la cui essenza è l’omologazione, il marciare compatti verso la meta, l’identità senza differenze, lo stare sempre dalla parte della maggioranza ‘buona e giusta’
-sarà il conformismo eretto a valore
-sarà la libertà che si genera dalla paura e non dal gesto che rompe le catene.
Tanto più diventano politicamente essenziali quei cittadini, pochi o molti che siano, i quali rimangono autonomi, consapevoli, liberi, nonostante l’enorme pressione sociale e normativa che stanno subendo. Sono loro la Costituzione, sono i loro corpimente ancora liberi.

Stefano Piazzese su Disvelamento

Stefano Piazzese
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Discipline Filosofiche (4 luglio 2022)

«La prospettiva ermeneutica da cui l’autore guarda il presente è plurale, mai univoca; infatti, come può una sola dimensione, e/o indirizzo del sapere, avere il primato ermeneutico su un evento costituito da una molteplicità di dimensioni?
Il rigore dello sguardo filosofico è dato sempre dal metodo – non si dà filosofia senza di esso –, che Biuso delinea nel seguente modo: “si tratta di capire la complessità di ciò che accade e di affrontarlo con coraggio e lucidità, sine ira et studio, con equilibrio esistenziale e scientifico” (p. 13). L’onestà intellettuale dello studioso, nonché la sua missione all’interno della comunità, consiste, in primo luogo, nel fornire delle chiavi di lettura valide per interpretare gli enti, gli eventi e i processi che del mondo costituiscono l’incessante accadere. La validità delle chiavi di lettura fornite da Biuso risiede non solo nella formulazione degli interrogativi fondamentali che la pandemia, come evento globale, ha fatto riemergere, ma pure nelle risposte storicamente fondate che rafforzano la tesi principale del libro, così enunciata da Davide Miccione: “l’epidemia e il suo uso politico hanno messo in luce le viltà e le debolezze di interi settori, le fragilità di quella democrazia che diamo per acquisita e, soprattutto, la miseria teoretica e morale di coloro che dovrebbero analizzare e spiegare il mondo”. […]
Biuso invita ad avere uno sguardo ampio e comprendente, dunque, la complessità dell’evento in questione, poiché ogni singolo aspetto isolato non è sufficiente a coglierne i vasti connotati sociali, storici, individuali. […]
Tra i diversi filosofi citati, un particolare posto spetta a Nietzsche, a cui è dedicato il quindicesimo capitolo. In che modo il filosofo di Röcken può aiutarci a comprendere la pandemia? Biuso ricorre al cosiddetto metodo genealogico per evidenziare “ciò che sempre sta e opera sotto le forme, lo si sappia o no” (p. 113). […]
L’analisi di Biuso, lungi dall’essere un lamento pessimistico, comprende anche una pars construens che risponde alla domanda: cosa fare? Ripensare l’epidemia vuol dire costruire un pensiero che non sia riduttivo, affrettato, mediatico e neppure antropocentrico, puramente sanitario (pp. 139-140). Si tratta di saper andare oltre la tragica e liberticida contingenza dell’epidemia, vuol dire, ancora, cogliere la follia del presente e saperne tracciare un rimedio, un pharmakos».

Nemesi e dismisura

Nemesi e dismisura
in il Pequod , anno 3, numero 5, giugno 2022, pagine 7-14

Indice del saggio
-Tracotanza
-Nemesi
-Un conclusione politeistica

Leggere oggi Nemesi medica (uscito nel 1976) significa disvelare sotto una luce radente e profonda le radici, le manifestazioni e soprattutto il significato del presente.
È accaduto che si sia invertito l’ordine naturale e logico del rapporto tra salute e malattia, è accaduto che si sia diventati tutti pazienti senza essere malati, è accaduto che «il cittadino, finché non si prova che è sano, si presume che sia malato. […] Risultato: una società morbosa che chiede una medicalizzazione universale, e un’istituzione medica che attesta una universale morbosità» (Ivan Illich); è accaduta un’aggressione del corpo collettivo verso se stesso, la metastasi di una parte tesa a consumare il tutto; è dilagata una malattia sociale, politica e civile.
E questo nonostante il fatto che «studiando l’evoluzione della struttura della morbosità si ha la prova che durante l’ultimo secolo i medici hanno influito sulle epidemie in misura non maggiore di quanto influivano i preti nelle epoche precedenti. Le epidemie venivano e se ne andavano, esorcizzate da entrambi ma non impressionate né dagli uni né dagli altri. Esse non vengono modificate dai riti celebrati nelle cliniche mediche più di quanto lo fossero dai tradizionali scongiuri ai piedi degli altari» (Illich).
Ciò che sta accadendo da due anni a oggi è dunque un esempio del concetto chiave dell’analisi di Illich: iatrogenesi.
L’attacco è stato e continua a essere furibondo nei confronti dell’immunità naturale, la quale è il fondamento e la condizione che consente alla nostra specie, come alle altre, di non essere spazzata via dalla miriade di agenti patogeni che abitano la Terra. Una medicina sana favorisce e rafforza l’immunità dei corpi, una medicina malata danneggia e indebolisce l’immunità naturale. Infatti, «fino a tempi non lontani la medicina si sforzava di valorizzare ciò che avviene in natura: favoriva la tendenza delle ferite a sanarsi, del sangue a coagularsi, dei batteri a farsi sopraffare dall’immunità naturale. Oggi invece essa cerca di materializzare i sogni della ragione» (Illich), che – come si sa – hanno la tendenza a diventare i suoi incubi.
Per millenni e sino alla fine dell’Ottocento il medico, o chi per lui, è stato addestrato e abituato a riconoscere la facies hippocratica, i segni della morte imminente e inevitabile, in base ai quali deve subentrare il rispetto per la persona che nel ciclo naturale e infinito lascerà il posto ad altre forme e ad altre vite. Lasciare andare il morente, accompagnarlo con l’abbraccio dei suoi cari, è stato un preciso dovere, sostituito ora dall’accanimento insensato che fa morire gli umani in una solitudine meccanica e ambientale che è il più atroce esito della nemesi medica.
Nel 1976 Illich enunciava un’affermazione icastica e feroce, che il tempo ha confermato, vale a dire «la servile subordinazione della classe medica italiana nei confronti dell’industria farmaceutica». Una subordinazione che è data certamente dalla secolare condizione di colonizzazione degli italiani, compresi i loro intellettuali e tecnici, e da un tessuto politico particolarmente corrotto ma che è anche e soprattutto espressione di un radicato e più generale rifiuto del πέρας, del limite, della consapevolezza della finitudine, che è – semplicemente – l’intelligenza del mondo.

=======
Tali sono alcune delle tesi che ho cercato di argomentare in questo saggio che esce in un numero assai ricco del Pequod, sul quale hanno scritto molti amici e allievi, a cominciare dal suo ideatore Enrico Palma. L’indice completo lo si trova anche nel pdf ma ricordo qui che tra i contributi ci sono quelli di Davide Amato, Nicoletta Celeste, Sarah Dierna, Stefano Piazzese, Mattia Spanò, del collega Antonio Sichera. Insieme ad alcuni di questi studiosi e ad altri, abbiamo anche scritto una riflessione collettiva dedicata alla messa in scena del’Edipo Re quest’anno a Siracusa: Edipo Re. Una nota filosofica, esperimento riuscito di pensiero collettivo, segno certo di salute.

Il danno

Un’ondata mai sperimentata di influenza in piena estate.
La promessa di immunizzazione tramite vaccino clamorosamente smentita («Se ti vaccini vivi, se non ti vaccini muori…»)
Nell’ipotesi migliore i vaccini sono inutili ma è molto probabile che siano dannosi, che il loro effetto consista nel deprimere le difese immunitarie (il numero di morti improvvise di persone sane va crescendo in modo inquietante).
Un premio Nobel per la medicina lo aveva pur detto che vaccinare durante un’epidemia è pericoloso poiché rafforza il virus, lo rende mutante, resistente e pervasivo.
E dunque ora il rischio è che i vaccinati si contagino molto più facilmente tra di loro e mettano in pericolo gli altri, coloro che non hanno ceduto alla propaganda, al terrore, alla violenza, al ricatto. I vaccini non sono una soluzione e costituiscono un danno ma i decisori politici insistono. Perché?
È veramente esiziale l’ostinazione dei nemici del metodo scientifico, il quale procede senza dogmi, per prove ed errori, non con fanatismo e minacce.

Intervista su Disvelamento

L’emittente televisiva RevolutionChannel mi ha chiesto qualche giorno fa un’intervista sui contenuti di Disvelamento. A condurla è stato Giuseppe Ferrara, che ringrazio per la coerenza e puntualità delle sue domande. E per aver così presentato l’intervista:
«Sono passati oltre 2 anni da quando una coppia cinese in vacanza risultò positiva ad un nuovo coronavirus che causava sintomi influenzali con un’elevata mortalità. Successivamente il delirio. Confinamenti, coprifuoco, misure restrittive che si erano viste solo nelle dittature più feroci. La nostra democrazia e la nostra stessa libertà messa forzatamente in stand by per salvaguardare il diritto alla salute.
Ma che vita è una vita priva di quelle sensazioni, di quella quotidianità, che fa la differenza tra la semplice funzione biologica e il piacere di assaporare l’esistenza. Queste domande hanno favorito un’intensa riflessione e il risultato di questa riflessione ha partorito uno dei libri che reputiamo fondamentali per la comprensione di tutto questo. Il libro si chiama Disvelamento, nella luce di un virus del prof Alberto Giovanni Biuso».
Tra le domande che mi sono state poste, una delle più importanti riguarda il rapporto tra l’epidemia e le strutture formative del corpo collettivo, quali sono la scuola e l’università, relazione alla quale nel libro ho cercato di dedicare l’attenzione che merita.

Il video dura 21 minuti e lo si può seguire qui:
Il virus che infetta la socialità
oppure sul canale YouTube dell’emittente.

[Se quando si scrive si incorre facilmente in refusi, figuriamoci quando si parla. Un errore del quale mi scuso è aver indicato in 70 milioni l’attuale numero di cittadini italiani; per fortuna siamo di meno, anche se siamo tanti: quasi 59 milioni]

Anarchia

Recensione a:
Tomás Ibáñez
L’anarchia del mondo contemporaneo
elèuthera 2022
pagine 270
in Carmilla. Letteratura, immaginario e cultura d’opposizione
Supplemento a PROGETTO MEMORIA. Rivista di Storia dell’Antagonismo Sociale
8 aprile 2022

L’anarchia va sempre declinata al plurale. A esistere, sia nel passato sia nel presente,  sono infatti una molteplicità di anarchismi che sono per definizione e natura liberi da dogmi ideologici, linee di comando, ortodossie di qualunque natura, modelli organizzativi stabili. Movimenti, filosofie, individui che si definiscono anarchici hanno avuto e hanno solo un elemento veramente in comune: «l’insolita attitudine di non volere né obbedire né comandare». Per il resto l’anarchismo è differenza, è molteplicità, è rifiuto del dominio, è divenire, è incessante mutamento.
Uno dei più lucidi militanti e teorici dell’anarchismo contemporaneo, Tomás Ibáñez (1944), argomenta in questo suo libro chiarissimo e coinvolgente la necessità e la presenza dell’anarchia, oggi (e illustra molte delle ragioni per le quali sono un anarchico).

Sospesi ma liberi

Sono tanti i docenti universitari e gli amministrativi degli atenei italiani sospesi nei mesi scorsi dall’attuale governo e reintegrati dal primo aprile. Alcuni di loro hanno redatto un documento che sta ricevendo numerose adesioni. Lo pubblico anche qui. I nomi di coloro che hanno preparato il testo e di quanti lo hanno firmato si trovano su girodivite.it.
I docenti, gli amministrativi, i dottorandi che volessero sottoscrivere il documento potranno rivolgersi agli estensori, tra i quali ci sono anch’io.

==========

Prendiamo atto che il Decreto Legge 24 del 25.3.2022 ha parzialmente ripristinato il diritto a lavorare anche in assenza di adempimento all’obbligo vaccinale, ma imponendo un tampone che appare meramente punitivo, dal momento che anche i vaccinati si infettano e contagiano. Viene infatti eliminata, almeno per ora, una norma (l’obbligo vaccinale per lavorare) ormai giuridicamente insostenibile perché priva di basi scientifiche nel prevenire l’infezione e il contagio, lesiva di diritti naturali dell’uomo, unica in Europa. Pur con questo piccolo e dovuto passo verso un ritorno alla legalità, occorre che vengano rimossi tutti gli obblighi vaccinali per età e/o categoria (non abrogati dal DL 24/2022), il ricatto vaccinale a cui è ancora sottoposto il personale sanitario per tutto il 2022 e le norme (GP base, mascherine …) mantenute vive oltre il termine dello stato di emergenza e quindi illegittime. In particolare, è deplorevole l’accanimento verso i giovani a cui, almeno per tutto aprile 2022, è ancora negato lo sport di squadra, l’accesso a palestre e piscine e alla stessa università senza un cosiddetto greenpass o peggio un supergreenpass. Non solo: ancora fino al 15 giugno 2022 è imposta la mascherina agli studenti nelle scuole di ogni ordine e grado, sebbene dal primo maggio non sarà più necessaria, almeno stando alle norme attualmente vigenti. 

Occorre che il Parlamento ritorni a legiferare attivamente, per eliminare il caos normativo introdotto dai numerosi DL, con particolare riferimento al DL 44/2021, passando per il DL 1/2022 ed infine il recente 24/2022. Tale caos è aggravato dalla interpretazione di queste intricate norme, visti i ripetuti rimandi e modifiche di leggi precedenti. In fase di sospensione solo un ateneo, per quanto noto, ha concesso l’assegno alimentare e, dopo il DL 24/2022, ogni università ha adottato provvedimenti anche molto diversi, ad esempio, con reintegro a partire dal 25.3.2022 piuttosto che dall’1.4.2022. Altri atenei impongono al personale Tecnico Amministrativo, in caso di reintegro dal 25.3, di considerare i giorni dal 25 al 31 come ferie o permesso; inoltre ad alcuni sembra concesso lo smart working per poter lavorare senza greenpass base e ad altri no. Ancora più grave: alcuni atenei hanno atteso fino al 31 marzo per comunicare anche solo ufficiosamente i nuovi provvedimenti, facendo perdurare uno stato di incertezza sempre più insostenibile e dannoso per chi lo subisce, per i collaboratori e per gli studenti.

Nel giro di un mese si sono dunque creati innumerevoli problemi e situazioni imbarazzanti che hanno causato notevoli ed evitabili disservizi:

1) Dopo le prime sospensioni da settembre 2021, la maggioranza del personale universitario è stata sospesa tra il 15 febbraio e il 15 marzo con un caso estremo di sospensione notificata il 30.3.2022 e sorprendentemente firmata ed effettiva dal 25 marzo, giorno della pubblicazione del DL 24/2022. Per quanto riguarda i docenti molti corsi sono stati messi a bando e potrebbero iniziare, da parte dei vincitori di concorso, dopo la riammissione in servizio dei titolari ex sospesi. Per quanto concerne il personale tecnico amministrativo, gli incarichi sono stati ridistribuiti, creando anche problematiche relazionali e scavando solchi tra persone che da anni lavorano insieme negli stessi settori e uffici. Questa situazione ha causato un carico psicologico pesante sia sui sospesi che tra i colleghi non sospesi.

2) Sono stati bloccati, o comunque rallentati, progetti di ricerca, pubblicazioni e contratti con aziende, con danni alle carriere dei sospesi ma anche dei collaboratori che hanno visto rallentamenti dovuti all’interruzione del lavoro di ricerca e dell’attività di pubblicazione.

3) Agli studenti è stato in alcuni casi negato il diritto allo studio e, in generale, causato un disorientamento legato all’incertezza su chi avrebbe tenuto il corso e avrebbe gestito e coordinato tesi ed esami, solo per fare alcuni esempi.

4) Assai grave è l’ulteriore discriminazione a cui sono sottoposti i docenti delle scuole elementari, medie e superiori, ai quali è stato negato il doveroso diritto di rientrare nelle proprie classi.

Ancora ad aprile 2022, a stato di emergenza scaduto, a chi non sia in possesso di supergreenpass è richiesto il greenpass base da tampone (imponendo loro quindi di pagare per lavorare). Tale norma rappresenta una palese discriminazione rispetto ai vaccinati con 3 dosi (gli unici ad avere un supergreenpass illimitato a norma di legge ma non avallato da basi scientifiche) che hanno carica virale e contagiosità dello stesso ordine di grandezza rispetto ai non vaccinati. Ancora una volta è evidente quanto il greenpass (normale, super, rafforzato in un elenco non esaustivo delle sue varie gradazioni) non costituisca uno strumento di prevenzione sanitaria, come peraltro dimostrato dall’aumento esponenziale dei contagi dopo il suo utilizzo sempre più ampio a partire da settembre 2021. 

Occorre impegnarsi per un ritorno alla normalità non soltanto giuridico–amministrativa ma sostanziale e dunque capace di restituire serenità ed equità alla vita quotidiana negli atenei. Per questo è necessario un dibattito aperto e sereno nel mondo accademico, e nell’intero corpo sociale, sull’uso e abuso dello strumento cosiddetto green pass e sugli obblighi vaccinali.

Vai alla barra degli strumenti