Aldous, o del presente
Aldous, 2 agosto 2022
Nel Nuovo Mondo di Huxley si ha il «dovere di essere infantili» e lo strumento principale per riuscirci – oltre la droga – è la televisione che «si lasciava funzionare, come un rubinetto aperto, dalla mattina alla sera». Il mezzo televisivo, infatti, non comunica qualcosa di vero o di falso ma, semplicemente, di irreale, di insignificante. Il Nuovo Mondo è l’«Era del Vizio Televisivo», con gli umani trasformati da carne da cannone in «carne da televisione». Nel Nuovo Mondo il vero e unico nemico è la persona capace di pensare al di là ed eventualmente contro i decisori politici, le celebrità mediatiche, coloro che hanno ridotto il sapere scientifico, tecnico, medico a dogma, minaccia, religione.
Televisione, infantilismo, conformismo; un’esistenza del tutto in superficie e volta a impedire qualsiasi anche piccolo “trauma psicologico”; il culto del nuovo e la negazione del passato; il disprezzo per la creatività e per il sapere a favore del “saper fare”; i libri sostituiti dalle immagini e dal consumo di inutili prodotti e miriadi di “distrazioni”; l’appartenere a una qualche forma di collettivo alla moda; la paura di star soli; l’adesione spontanea alle minacce, alle lusinghe e alle decisioni di chi comanda.
Giustamente, Huxley definisce tutto questo «avvelenamento da gregge».
[L’articolo è stato ripreso da Sinistrainrete, 4.8.2022]
17 commenti
agbiuso
Raccomando ai cittadini telespettatori, lettori di Repubblica, sensibili alle più terrorizzanti bugie che si tenta nuovamente di propalare e propinare, di correre immantinente agli hub per la quarta dose, e di «scendere, scendere, dentro il fasto verminoso dell’eternità» (Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Garzanti 1994, p. 116)
agbiuso
Al presente si può ben applicare quanto scrive Giuseppe Savoca a proposito di Manzoni e Sciascia, «sulla credulità che accomuna il volgo ai dotti in situazioni storiche normali e più ancora in tempi difficili» (Sogni fatti in Sicilia. Pirandello, Brancati, Sciascia, Olschki 2022, p. 135).
agbiuso
Sul transumano come forma di subumanismo.
“La debole struttura umanistica, la scarsa frequentazione del canone filosofico occidentale, la perduta comprensione della storicità delle cose” vanno producendo “l’idea della infinita e indolore mutabilità dell’uomo, il suo venir considerato alla stregua di uno strumento da aggiornare: era del resto pensabile che l’onnipresente utilizzo della struttura di funzionamento del computer come unico paragone per spiegare la mente umana non ci presentasse in qualche modo il conto? L’uomo è qualcosa a cui fare uno o più upgrade senza starci troppo a pensare e il superuomo, in spregio al lungo dibattito interpretativo nicciano, ne è solo la versione più aggiornata. Si rende necessario vedere l’uomo come illimitata plasmabilità, come una materia indistinta da cui tutto si può trarre e di cui tutto si può fare (sempre per il suo bene, si intende!). La stessa insistenza della cultura gender nel portare a termine l’atrofia della sfera del biologico che è implicita in quella teoria, anche a voler tener conto dei buoni propositi di alcuni attivisti, si inserisce perfettamente in questa temperie propedeutica all’infinita manipolazione dell’uomo.
[…]
L’attenzione che la parte della popolazione meno convinta dalla attuale “favola bella” del potere mostra per l’emersione e i rischi del transumanesimo nelle sue forme più eclatanti, rischia però di tradursi in una lettura insufficiente del fenomeno. La perlustrazione e il conseguente allarme sulle nuove forme di vigilanza telematica (dalle telecamere ai green pass ai tracciamenti), sul credito sociale, sulla smaterializzazione del denaro, sui deliri anti-mortalisti a base di silicio, sulle propagande per la realtà virtuale come alternativa a quella senza aggettivi, sulla fusione (e direi confusione) tra uomo e macchina eccetera, è assolutamente necessario e benemerito. È, diciamo così, il pacchetto di mischia senza cui non varrebbe neppure la pena di giocare la partita. Ma la concentrazione su questi aspetti rischia di convincerci che la battaglia sia essenzialmente politica e legislativa quando è invece essenzialmente culturale. Si rischia, in caso contrario, di cogliere solo ciò che emerge e non la manipolazione del comune sentire che porta e permette, soprattutto nelle giovani generazioni, questi mutamenti.
[…]
Quando Meta, la rivendita di oppio telematico di Zuckerberg, scrive, in uno spazio pubblicitario a tutta pagina acquistato nelle scorse settimane su un compassato giornale confindustriale color paglierino, «il metaverso avrà un impatto positivo nel campo dell’istruzione, per questo stiamo contribuendo a svilupparlo. Le lezioni virtuali potranno trasportare gli studenti nell’antica Roma, per osservare gli eventi storici in prima persona» concludendo poi con il claim «il metaverso è uno spazio virtuale, ma il suo impatto sarà reale», ebbene non è certo il metaverso il problema fondamentale. Il problema è invece quante poche persone leggendo la pubblicità la troveranno falsa in una misura che rasenta la mancanza di rispetto, perché ipotizza che qualcuno possa credere che il motivo per cui Meta sviluppa il metaverso sia “l’impatto positivo nel campo dell’istruzione”. Il problema è quanti inoltre noteranno che è nuovamente falsa la pubblicità perché la storia è proprio l’opposto di ciò che pubblicizza Meta: è non vivere le cose in prima persona, raffreddarle con una concettualizzazione adeguata e saper vedere quello che i contemporanei non erano in grado di vedere. Meta lavora solo per contrarre ancora la gabbia del presente continuo in cui siamo finiti puntando ancora sull’emotività e la mancanza di sguardo prospettico.
[…]
Di esempi così se ne potrebbero fare decine: da quanto tempo non sentite giudicare le persone in termini di profondità e di cultura invece che di competenze? Da quanto tempo non ci si scandalizza più perché si pretende di scegliere persone per ruoli importanti e delicati come il medico o l’insegnante con quella oscenità morale e cognitiva che sono i test? Da quanto tempo non sentite fare un elogio della riservatezza o qualcuno sottrarsi al carnaio del panopticon social? Da quanto tempo non sentite mettere al centro della formazione di qualcuno la conoscenza e il godimento delle grandi opere artistiche e filosofiche umane? Da quanto tempo qualcuno non vi fa notare che le conoscenze non bisogna sapere dove trovarle ma possederle in proprio e che solo possedendole si può valutare comparativamente la conoscenza in rete? “L’imparare ad imparare” è solo una formula che oscilla tra l’asintotico e il masturbatorio.
Insomma il campo di pertinenza dell’umano si restringe sempre di più. L’ossessione per la digitalizzazione è arrivata perché la gente era già pronta per la mietitura. Ogni transumanismo trionfante riposa su quello che potremmo ribattezzare “subumanismo”, cioè su una concezione che vede l’attività umana come performance e non come significato, l’identità umana come sostituibile e non come irripetibile. Non è la macchina ad essere superiore, siamo noi che decidiamo di sfidarla in campi che non ci appartengono e veniamo sostituiti da essa o ci ibridiamo con essa per reggere il confronto”
Da Il transumano della porta accanto
di Davide Miccione, Avanti!, 25.12.2022
agbiuso
“Così dunque la pubblica opinione (una prece per questo feticcio dei pensatori moderni e civili) ha già esercitato il proprio “acume” sulle politiche pandemiche, sullo sviluppo in atto di una tecnologia del tracciamento e della sorveglianza (per la prima volta finanziata non dai sorveglianti ma dai sorvegliati stessi: “orsù, si comprino “alexe” e smart watch, e non si badi a spese!”), sull’ecologia trasformata in business, sul conflitto regionale russo-ucraino e si prepara adesso a esercitarlo sui sacchi di denaro degli sceicchi che spuntano dalle abitazioni di rappresentanti istituzionali dell’Unione Europea.
[…]
A meno che la macchina mediatica non decida di farne l’exemplum di una verità, se possibile sempre retorica e sempre moralistica. Sono i media, con la loro potenza di fuoco e pervasività, a decidere che cosa significa ciò che sta accadendo e ciò indipendentemente dall’improbabilità della loro spiegazione.
[…]
Perdiamo ore a riflettere se il cibo è buono e neppure un minuto se il giornale che leggiamo o il programma che vediamo siano affidabili, decenti e “nutritivi”. […] Il mondo dei media trova ormai intollerabile la sola presenza di agenzie informative non riducibili al blocco di potere imperante e scaglia su di esse ogni possibile atto di delegittimazione. Altro non è, infatti, quella creazione di aborti linguistico-concettuali che già da qualche anno va diffondendosi. Dal concetto di post-verità, sbandierato per anni (come del resto oggi accade per “resilienza” o “sostenibilità”) a quello di fake news o di debunking. La creazione di questi vocaboli mira a coprire la semplice riaffermazione, dopo un bel po’ di decenni, del ruolo della censura (appunto il debunker) rivestendolo di modernità tecnologica e la ripresa del concetto di eresia (la fake news) travestita, come del resto ogni eresia, da falsità.
[…]
La nostra esperienza primaria, piena, corporea e intersoggettiva del mondo (poco controllabile dal potere) si sta riducendo a una lisca e la nostra esperienza mediatica, parziale, distratta, decorporeizzata, solipsistica del mondo (quasi del tutto controllabile dal potere) si è fatta onnipresente. Non crediamo più a ciò che vediamo se non lo vediamo attraverso uno schermo. […] Insomma: la scomparsa dell’esperienza reale sostituita da un’esperienza mediatica immersiva, ormai non più integrativa ma sostitutiva dell’esperienza umana”.
Sono alcuni brani di un eccellente e rigoroso articolo di Davide Miccione:
Fino al collo, Avanti!, 18 dicembre 2022
agbiuso
Da Le élite sono il nuovo Mago di Oz
di Carlo Freccero, 5.12.2022
Ne consiglio la lettura integrale perché è un testo che lega tra di loro i maggiori eventi del presente, radicandoli nei progetti della prestigiosa Fabian Society e con numerosi riferimenti agli autori delle più note distopie: “Per lungo tempo mi sono chiesto come abbiano potuto questi scrittori immaginare con tanta lucidità e precisione quello che oggi è il nostro presente, ma rappresenta per loro un lontano futuro. In realtà la risposta era semplice: lo conoscevano. A testimonianza di ciò esiste una lettera di Huxley ad Orwell che chiarisce che non si tratta di semplice letteratura, ma di definire il modello di società futura”
Ecco un brano:
“In particolare, sin dall’inizio del Grande Reset, Austin Fitts è stata chiarissima. La pandemia ed il Reset che ne è seguito avevano ed hanno lo scopo di salvare il dollaro. I lockdown hanno lo scopo di contenere l’inflazione, impedendo alle masse di spendere la grande liquidità immessa dalle banche centrali, per salvare le banche dal fallimento. In quanto alla crisi delle piccole e medie imprese, non si tratta di una sorta di evento naturale, ma dall’effetto di un piano ben preciso. Un reset economico per azzerare l’economia tradizionale, trasferendo ogni attività economica su internet. La digitalizzazione del sistema ha un duplice obiettivo: trasferire tutta la ricchezza reale dalle piccole imprese alle multinazionali e rendere contestualmente possibile alle stesse il controllo dei dati di tutti i consumatori on line. Oggi i dati sensibili rappresentano una sorta di nuovo petrolio. Con questo Reset si ottiene contestualmente il passaggio di mano della ricchezza reale ed insieme l’accesso delle multinazionali al controllo totale dei consumatori.
agbiuso
Adesso che il greenpass è stato abolito e non c’è più obbligo di vaccinarsi, spero chiedo mi auguro che i sostenitori dei vaccini contro il Covid19 si sottopongano presto alla quarta dose e poi anche alle successive.
Soltanto in questo modo dimostreranno di aver davvero creduto all’efficacia dei vaccini e non aver ceduto ai ricatti, al potere, alla stupidità, alla televisione.
agbiuso
“L’apocalissi del liberalismo, nel senso proprio di fine e di rivelazione di ciò che esso è stato”.
Un’analisi spietata del crollo del liberalismo, una appassionata e intelligente difesa delle libertà.
L’adenovirus del liberalismo
Davide Miccione, Avanti! 4.12.2022
agbiuso
Una chiara apologia della dittatura.
agbiuso
Una lucida analisi di Davide Miccione sulla frattura che si è creata nel corpo sociale tra coloro che a proposito del Covid19 hanno riposto la loro fede nella narrazione dominante e chi invece ha nutrito dubbi, perplessità, pensieri.
La carezza del re
Avanti!, 20.11.2022
agbiuso
Un’analisi ironica e vivace di Chiara Zanella osserva, tra le altre cose, “soprattutto a beneficio di chi vede con timore e tremore l’orizzonte politico farsi rosso-bruno, che qualche milione di persone – quell’orizzonte – lo vedeva assai scuro anche prima della presunta “svolta” del 25 settembre. Eppure, quasi nessuno dalle nutrite schiere “partigiane” che oggi invadono le piazze – le schiere dei “buoni” per antonomasia – ha alzato la voce, allora, per difendere chi veniva calpestato nei suoi diritti, zittito a suon di manganello e spazzato via con gli idranti in nome di un finto Bene comune che non comprendeva nemmeno l’habeas corpus.
Chi tace, acconsente, dice il proverbio. Se la propaganda, la verità di stato, il paternalismo, lo stato etico, il negare in modo violento i diritti fondamentali delle persone (come il lavoro) sono fascismo, temo sia quanto mai opportuno retrodatare la data del suo “ritorno” tra noi, gettare la maschera che ci nasconde a noi stessi e cominciare a fare un serio esame di coscienza”.
L’articolo è stato pubblicato il 17.11.2022 su Aldous, con il titolo Chi tace, acconsente
agbiuso
La catastrofe della libertà.
agbiuso
Davide Miccione ha elaborato una attenta Fenomenologia del complottismo nella quale mostra che l’utilizzo del termine ‘complottismo’ “rivela in colui che lo usa una abnorme ignoranza oppure una sconcertante ingenuità o un totale asservimento al discorso dei media o infine un miscuglio variamente proporzionato delle tre cose”.
E giustamente aggiunge che “un dispositivo concettuale come quello del complottismo, così becero e così ridicolo, non è pensabile nella sua veloce affermazione solo motivandolo con l’ignoranza degli operatori dei media (che pure c’è). Va considerata la malafede di chi lo usa e l’utilità del dispositivo in termini di bonifica del dissenso. Il complottismo come classificazione di una dimensione paranoica della politica, in cui la ragione non fa più presa e ci si può lasciare andare alle teorie più fantasiose, permette l’estromissione degli elementi più pericolosi dal dibattito allocandoli in una dimensione che cessa di essere razionale, ideale, politica, e diventa invece eccentrica, paranoica, fantasiosa, nel migliore dei casi naïf. L’avversario non è più il portatore di una visione diversa ma un soggetto che ha perso la bussola e va, nel migliore dei casi, paternalisticamente accompagnato sul retto sentiero della ragione evitando faccia male a se stesso e agli altri. Non sono procedimenti particolarmente innovativi: la criminalizzazione e la patologizzazione del dissenso sono procedure antiche assai presenti nel Novecento. L’aspetto innovativo è riuscire a farle circolare in modo cosi apparentemente diffuso e “orizzontale” da farle sembrare interne a un esercizio di dibattito democratico mentre ne sono invece la piena negazione”.
Qui l’intero articolo, more solito assai lucido:
Fenomenologia del complottismo
Avanti!, 30.10.2022
agbiuso
L’odio degli sciocchi, uno dei più pericolosi.
agbiuso
La menzogna, l’infamia.
agbiuso
Quarta dose.
Michele Del Vecchio
Esprimo la mia grata ammirazione per la limpida e rigorosa presentazione del capolavoro di Huxley.
Il breve testo, “Contro il gregge”, indica tutti i temi,i motivi e le ragioni che fanno di “Brave New World” un insuperato classico della letteratura distopica, un classico che mantiene ancora tutta la sua inquietante attualità.
agbiuso
Grazie di cuore per il tuo commento, Michele.
Ricordo ai lettori che sul sito inserisco soltanto gli abstract dei miei articoli, rinviando ai link per il testo completo.