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Proust, l’omerico

Proust, l’omerico
in Dialoghi Mediterranei
n. 60, marzo-aprile 2023
pagine 23-33

Indice
-Introduzione
-Proust sociologo
-Linguaggio
Du coté de chez Swann
À l’ombre des jeunes filles en fleurs
Le côté de Guermantes
-Sodome et Gomorrhe
La Prisonnière
Albertine disparue
Le Temps retrouvé
-La Recherche come filosofia

Proust è un sociologo, è un narratore, è un metafisico. Nella Recherche vivono, agiscono, amano, invecchiano, parlano, ricordano centinaia di personaggi che abitano una molteplicità di luoghi: Illiers/Combray, Parigi, Cabourg/Balbec, Amiens, Venezia. In questo saggio ho cercato di presentare alcuni di tali personaggi, luoghi, temi. La prima parte è dedicata alla spesso sottovalutata ma in realtà primaria dimensione storica e sociologica dell’opera proustiana; la seconda a un sintetico percorso dentro la Recherche; la terza a una riflessione sulla struttura metafisica dell’opera.

Tristesse

Ma nuit
di Antoinette Boulat
Francia, Belgio, 2021
Con: Lou Lampros (Marion), Tom Mercier (Alex)
Trailer del film

La notte di Marion, diciottenne che si è allontanata dalla madre dopo la morte della sorella e l’abbandono del padre. La notte. Prima trascorsa con alcune amiche che nello sballo, nell’erba e nei giochi ritrovano soltanto sonno e pianto. Poi con Alex, un solitario come lei ma di lei più saggio, che le insegna un poco di misura e di calma, che le ricorda che «la libertà è il sentimento di non aver paura». E le regala persino una traccia di sorriso quando il giorno ricompare nel suo fulgore e Marion può dire: «Ce l’ho fatta. Ho superato la notte». Camminando tra le strade nella luce del giorno, Marion indirizza lo sguardo e le braccia verso il cielo, per toccarlo.
C’è qualcosa di giusto nella tristezza che afferra e che intesse questi ragazzi al transito tra adolescenza e adultità. Il vuoto che si è merita il vuoto che si fa. Sapere (lo sanno ormai tutti sin dalle scuole medie) che alcuni comportamenti sono autodistruttivi e nonostante questo praticarli, merita la distruzione. Il mancato rispetto e persino odio nei confronti del tempo merita che il tempo punisca sbriciolando in angoscia il proprio passare e in lacrime le ore.
Marion ha il dono di uno sguardo intenso dentro un viso da capra, Alex ha l’energia e la dolcezza di un umano diventato un poco più adulto, Parigi ha il normale dolore di una città umana, la regista alterna i primissimi piani con i paesaggi urbani e antropici di una contemporaneità scandita dall’assenza.

Giovinezza e crepuscolo

Maigret
di Patrice Leconte
Francia, 2022
Con: Gérard Depardieu (Maigret), Mélanie Bernier (Jeanine Arménieu), Jade Labeste (Betty), Anne Loiret (Madame Maigret)
Trailer del film 

Crepuscolare Maigret, come se avesse compreso che un’intera vita dedicata alla ricerca della verità su omicidi, violenze, inganni, non avesse scalfito di niente l’iniquità del mondo e delle cose. L’imponenza somatica di Depardieu rende ulteriormente lenti i movimenti e i gesti del Commissario, il quale mai sorride – se non un fugace accenno – e anche quando scioglie il caso non sembra provarne soddisfazione. Il caso di una delle tante ragazze che arrivano a Paris in cerca di sogni che l’esistenza puntualmente cancella. Anche quanti sembrano avere realizzato in qualche modo le proprie aspirazioni lo fanno a costo di calpestare se stessi e gli altri, e forse anche ucciderli. Intorno al corpo di una ragazza sconosciuta e pugnalata per strada Maigret allarga a poco a poco i cerchi concentrici degli eventi e della loro comprensione, sino ad ambienti luccicanti e perversi. Lo aiuta in questo un’altra ragazza, simile alla vittima ma più di lei aggressiva e tenace.
La ricostruzione dei luoghi, degli oggetti, della tonalità collettiva di vita è splendidamente filologica e permette di immergersi nella Parigi degli anni Cinquanta del Novecento, nella sua eleganza, nella sua miseria, nella sua inconfondibile atmosfera, nella nostalgia verso un’Europa e una Francia che nonostante le distruzioni della guerra possedevano una propria identità, non ancora del tutto invasa e distrutta dalla barbarie occidentale.
Maigret et la jeune morte si intitola il romanzo dal quale Leconte ha tratto liberamente il suo film (molto liberamente, quasi solo un accenno alla trama). Forse gli europei, come i greci del Timeo platonico (22C), sono rimasti sempre giovani e anche per questo devono essere uccisi. Depardieu/Maigret lo sa e compie il suo dovere, scioglie il caso e prosegue da solo dando nell’ultima scena ancora uno sguardo alla giovinezza che il tempo dissolve.

Il teatro della storia

L’ultimo metrò
(Le dernier métro)
di François Truffaut
Francia 1980
Con: Catherine Deneuve (Marion Steiner), Gérard Depardieu (Bernard Granger), Heinz Bennent (Lucas Steiner), Andréa Ferréol (Arlette Guillaume), Jean-Louis Richard (Daxiat), Sabine Hadepin (Nadine Marsac)
Trailer del film

Nella Parigi occupata dall’esercito tedesco la compagnia del Théâtre Montmartre cerca di recitare ancora dopo la fuga apparente del proprio direttore, l’ebreo Lucas Steiner. Mentre sua moglie continua a dirigere il teatro, dagli eventi emerge la resistenza che l’arte sempre rappresenta verso la legge del più forte. I sentimenti privati si coniugano alla vicenda collettiva, la nostalgia percorre un tempo nel quale le donne appaiono leggiadre ed eleganti anche nel pieno della catastrofe, la finzione del cinema si sovrappone a quella del teatro e della storia.
Nel narrare apparentemente e anche sostanzialmente classico di questo film, François Truffaut introduce sempre lo scarto di una tensione che non si limita agli eventi ma diventa domanda sul loro senso. E soprattutto costruisce magistralmente un montaggio che è la natura stessa del cinema. I colori saturi trasformano il film in una fiaba. E anche l’algida bellezza della trentenne Catherine Deneuve è quella di una favola.

Paris

L’antica Lutetia Parisiorum è ancora il punto geometrico della contemporaneità. L’omogeneità del paesaggio urbano è frutto del rispetto di regole rigide, della subordinazione all’interesse generale. Ma Parigi è anche la città delle molte rivoluzioni che hanno trasformato la Francia e l’Europa. Ha subìto dunque numerose distruzioni, dalla Rivoluzione per antonomasia al Sessantotto. L’Ottantanove cominciò a privarla del suo grande patrimonio romanico e gotico; i comunardi del 1870 ritirandosi facevano terra bruciata, incendiando -fra l’altro- le Tuileries; sui muri della Sorbona sino a poco tempo fa c’erano tracce di affissioni e di graffiti.
Parigi è sempre rinata rinnovandosi fino alla Défense, alla Villette e ai progetti ancora in corso. Di questa continuità fra nuovo e antico, il segno urbanistico più tangibile è forse la prospettiva che collega i tre archi: Carrousel, du Triomphe, la Grande Arche. La leggera asimmetria di quest’ultimo (spero che la si noti anche nella foto qui accanto) è lo scarto che permette il futuro nella fedeltà alla grande bellezza del passato.
Quella che già nel Duecento era la città più popolosa d’Europa, oggi è soprattutto la capitale ripensata e reinventata da Haussmann, il cui segno è pressoché ovunque. Ed è anche la città di Mitterrand, che molto fece per imitare la passione edificatrice del Secondo Impero. Quanto accaduto da allora è soprattutto aggiustamento e manutenzione, in particolare nel Marais, uno dei luoghi più coinvolgenti della capitale (sopra si può vedere una sua strada).
Rivisitandola dopo alcuni anni, ho visto che Parigi resiste al destino di città-vetrina che di fatto annulla il senso di luoghi come Venezia. Questo spazio è rimasto un «enorme asilo per l’intelligenza universale» (Giovanni Macchia); «la città celeste dei laici» (Saul Bellow); «uno dei grandi spettacoli della terra» (Mario Praz); il «vero Paese dei balocchi», capace come nessun altro di togliere «di su le spalle parte del peso della vita» come affermò Antonio Baldini. Il quale seppe descrivere in modo potente e profondo anche la Sicilia e che a proposito della città francese aggiunge che «bighellonando per Parigi ho continuamente l’impressione, e questo è già un mezzo paradiso, di ricordarmi di quando non ero ancora nato».
Un riconoscimento platonico che Paris merita ancora.

Louvre / Europa

Francofonia. Il Louvre sotto occupazione
di Aleksandr Sokurov
Con: Louis-Do de Lencquesaing (Jacques Jaujard), Benjamin Utzerath (Franz Wolff-Metternich), Johanna Korthals Altes (Marianne), Vincent Nemeth (Bonaparte)
Francia, Germania, Paesi Bassi 2015
Trailer del film

I tedeschi arrivarono a Parigi, la conquistarono senza combattere, ne rimasero affascinati. Lo fu in particolare il conte Franz Wolff-Metternich, al quale venne affidato l’incarico di salvaguardare il patrimonio culturale dei Paesi occupati, in particolare quello che si raccoglie al Louvre. Il conte e Jacques Jaujard – Direttore del Museo- collaborarono al fine di conservare per il mondo la bellezza.
Questo evento storico è il filo conduttore di un film che è puro cinema, vale a dire immaginazione, intreccio di diversi livelli spaziali e temporali, piani sequenza e zoomate sui particolari di alcune opere del Louvre, raccolta di analogie e di metafore -la più costante quella che coniuga La zattera della Medusa di Géricault alla tempesta di mare che investe un cargo il quale trasporta quadri per l’oceano-, citazioni di antichi documentari, dialogo con i corpi di Tolstoj e di Cechov.
Uno dei significati di questo film-antologia, che è anche un manifesto di poetica, è racchiuso in una delle affermazioni sue più dense: «Cosa saremmo noi senza l’Europa? In Europa è ovunque Europa». Mi ha ricordato un’affermazione di Elias Canetti: «Tanti che vorrebbero lasciare l’Europa. Io in Europa vorrei esserci ancora di più» (Il cuore segreto dell’orologio. Quaderni di appunti 1973-1985, Adelphi 1987, p. 132). L’Europa come splendore dei ritratti che costellano il Louvre. Il ritratto è infatti un genere pittorico specificamente europeo. Non esiste nulla di simile nelle culture ebraica, islamica, giapponese. Nello sguardo dell’umano su se stesso si percepisce con plastica chiarezza la domanda fondamentale sul significato del nostro stare al mondo, dell’esservi gettati e del tentare in tutti i modi di percorrere itinerari di salvezza.

[Questo film è stato mal compreso da molti critici. Una delle recensioni più utili ed equilibrate è apparsa sul sito del Centro Internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale a firma di Manfredi Mancuso. Ne consiglio la lettura per avere un’idea più completa dell’opera: Francofonia ]

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