Sul genocidio dei Palestinesi
Sul genocidio dei Palestinesi
in Dialoghi Mediterranei
n. 6, luglio-agosto 2024
pagine 176-186
Indice
-Premessa. Un evento coloniale
-«It is not a war, it is murder»
-Schizofrenie imperialiste
-Alcuni appelli
-«Né Dio né l’Idf hanno pietà dei bambini»
-Anatomia di un genocidio
-Conclusione
In questo saggio ho cercato di sintetizzare nel modo più chiaro possibile quanto so e quanto ho compreso del genocidio palestinese in atto dal 1948 al presente.
Mi sono particolarmente soffermato su quattro fonti relative a ciò che sta accadendo dal 7 ottobre 2023 a oggi:
-un documento del Ministero dell’Intelligence dello Stato di Israele – Dipartimento tematico, Documento politico: opzioni per una politica riguardante la popolazione civile di Gaza;
-il rapporto ufficiale diffuso il 25 marzo 2024 dall’ONU e stilato dal «Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967», incarico attualmente ricoperto dall’italiana Francesca Albanese. Il documento ha come titolo: A/HRC/55/73, Anatomia di un genocidio;
-i testi di alcuni appelli sottoscritti da centinaia di docenti e studiosi italiani in questi mesi;
-alcuni articoli e riflessioni del filosofo italiano Eugenio Mazzarella.
Una delle conclusioni è che le generazioni future si vergogneranno di un’epoca “democratica e progressista” che ha permesso il genocidio giustificando in tutti i modi i carnefici. Si chiederanno come sia potuto accadere. Troveranno le risposte nel fanatismo della storia; nel razzismo degli eletti da Dio; nella situazione geopolitica; negli interessi finanziari del capitalismo trionfante; nella menzogna sistematica dei media (tra i quali spicca il quotidiano italiano la Repubblica); nell’indifferenza diffusa tra le persone.
13 commenti
agbiuso
Palestine – Stop génocide : Appel à rassemblement ce samedi à Paris
12.9.2024
Comme ce bombardement d’al-Mawasi, un camp de toile qualifié de « zone humanitaire sûre », par l’armée israélienne elle-même, où plus de 50 réfugiés ont été assassinés dans la nuit de lundi à mardi.
Sans parler, non plus, du meurtre de la jeune militante pacifiste américano-turque Aysenur Ezgi Eygi, assassinée par un sniper israélien dans le village de Beita, en Cisjordanie occupée.
Les déclarations des dirigeants du régime fasciste israélien ne laissent aucun doute sur leur volonté d’annexer la totalité des territoires palestiniens occupés, et sur leur racisme décomplexé.
Les scènes atroces sont incessantes, les images de souffrance bouleversantes.
On peut voir des bulldozers militaires passant et repassant sur les corps d’adolescents tués par cette armée monstrueuse, équipée et finnacée par les USA.
On voit des soignants et secouristes kidnappés, torturés, exécutés, et des parlementaires israéliens défendre le droit de violer des Palestiniens.
Les 50.000 morts et 100.000 blessés civils sont largement dépassés à Gaza, de l’avis même de l’ONU.
Les régimes arabes corrompus ne bougent pas. Ils ne voient rien, ils n’entendent rien.
agbiuso
L’esperimento con i social network di un soldato russo costituisce una verifica davvero significativa di tutto: guerra, media, presunti e fasulli sentimenti ‘umanitari’. È un emblema del nostro presente.
agbiuso
L’Iran e il naufragio di Israele
il Simplicissimus, 26.8.2024
Molti si chiedono come mai la risposta dell’Iran all’assassinio del capo di Hamas sul proprio territorio, tardi ad arrivare e pensano che si tratti di debolezza, ma le ragioni di questa strategia in realtà sono abbastanza evidenti: costringere Israele e i suoi alleati a tenere in piedi un costosissimo sistema di difesa, non solo è estremamente logorante per loro, ma permette a Teheran di studiare meglio tale sistema e quindi essere più efficace nel suo attacco. Tuttavia queste ragioni militari sono secondarie rispetto agli effetti della tensione cui viene sottoposta la società israeliana allargandone le crepe ogni giorno che passa.
Di fatto oggi Israele è in mano ai coloni armati che vogliono una guerra su base escatologica, una sorta di “ultima guerra” come soluzione finale e che in diverse occasioni si sono scontrati con l’esercito. Non a caso Moshe Ya’alon, ex capo di stato maggiore delle delle forze armate oltre che ex ministro della Difesa ha detto in un’intervista video che le forze in via di prendere il potere in Israele sono tutte immerse nel fanatismo della superiorità ebraica: “è il Mein Kampf al contrario”. E non basta: il capo dello Shin Bet israeliano, Ronen Bar, ha affermato in una lettera a Netanyahu, Gallant e altri ministri pubblicata da Channel 12 che il “terrore ebraico” dei coloni in Cisgiordania e le incursioni di Ben Gvir nella moschea di Al-Aqsa stanno causando “danni indescrivibili a Israele”. Quando il capo del servizio di sicurezza interna parla apertamente contro le attuali politiche sioniste in tempo di guerra, vuol dire che Tel Aviv è nei guai. E Ronen Bar non è il solo. Il capo del Mossad e il portavoce capo delle forze armate, il contrammiraglio Daniel Hagari, si sono anche scontrati con Netanyahu. Hagari ha sollevato un putiferio un paio di settimane fa con questa dichiarazione pubblica : “Hamas è un’idea. Chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas si sbaglia”. Ancora più clamorosa la dichiarazione del generale israeliano Yitzhak Brik il quale ha detto che che Israele crollerà in meno di un anno: “Il paese sta davvero galoppando verso l’orlo di un abisso. Se la guerra di logoramento contro Hamas e Hezbollah continua, Israele crollerà entro non più di un anno”.
Tutto ciò che questi personaggi stanno dicendo è che Israele è governato da estremisti radicali che trascinano con sé l’intero paese alla rovina. Alcuni di loro come il ministro Itamar Ben-Gvir, sono Kahanisti con ideologia razzista che vedono apertamente tutti gli arabi come nemici e lavora per privarli di qualsiasi diritto all’interno di Israele.
E’ abbastanza ovvio che in queste condizioni l’Iran abbia tutto l’interesse a tenere in sospeso una società divisa e ormai polarizzata, accrescendone le fratture interne che si stanno allargando a vista d’occhio dopo le stragi di Gaza e il discredito internazionale che ne è derivato. Solo i più ottusi considerano il ritardo nella risposta come un sintomo di debolezza, quando è abbastanza evidente che proprio l’attesa è il peggior nemico di Netanyahu: centinaia di migliaia di persone sono fuggite dal nord e dichiarano che non torneranno mai più; l’unico porto israeliano Eilat è completamente chiuso da mesi per l’interdizione degli Houti e il fallimento della flotta occidentale nel difendere il traffico del mar Rosso (a proposito una portaerei americana è in riparazione a Norfolk con una grande buco sul ponte di volo), mentre la società portuale ha annunciato il licenziamento della maggior parte dei lavoratori; gli indicatori economici sono da catastrofe con oltre 46.000 aziende fallite, il turismo completamente fermo, il rating creditizio abbassato, le obbligazioni israeliane vendute a prezzi quasi da ” spazzatura”. Più tempo passa in attesa della vendetta più le forze disgregatrici si faranno forti e più il sionismo di indebolirà.
agbiuso
È la vecchia legge mosaica dell’ “occhio per occhio, dente per dente”.
Ma questo principio vale solo per Israele. Gli altri popoli invece non hanno il diritto di reagire al male che Israele infligge loro. Se tentano di farlo, o se soltanto dicono che hanno diritto di farlo, scatta l’accusa pavloviana di ‘antisemitismo’, vecchia canzone da organetto che spero non inganni più nessuno.
agbiuso
Sono ripugnanti, qualcosa che produce non soltanto orrore ma autentico ribrezzo.
agbiuso
Ciò che chiamano IDF, l’esercito di Israele, è in realtà composto da volgari assassini, da terroristi.
agbiuso
I pogrom dei sionisti contro i palestinesi
girodivite.it, 16.8.2024
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Coloni israeliani contro palestinesi a Jit. Una volta si chiamava pogrom
Decine di coloni israeliani hanno attaccato una cittadina palestinese in Cisgiordania
Nella notte hanno dato fuoco a case e auto, e almeno una persona è stata uccisa: dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, le violenze nella zona stanno aumentando
Nella notte tra giovedì e venerdì decine di coloni israeliani hanno attaccato la cittadina palestinese di Jit, in Cisgiordania. Hanno lanciato bombe molotov e dato fuoco a case e auto parcheggiate: il ministero della Salute palestinese ha detto che un ragazzo di vent’anni è stato ucciso e un’altra persona ha riportato ferite gravi al petto.
Sui social stanno circolando diversi video e foto che mostrano la situazione, in cui oltre agli edifici e alle auto incendiate si vedono colonne di fumo e persone che cercano di scappare.
Alcuni dei coloni avevano il volto coperto. Non è chiaro quanti fossero: il quotidiano israeliano Times of Israel ha parlato di 50 persone, mentre un residente di nome Hassan ha detto al quotidiano Haaretz di averne contate circa 100. «Quando sono uscito per vedere cosa stesse succedendo, mi hanno attaccato con il gas lacrimogeno. Hanno incendiato la mia auto e ne hanno distrutta un’altra, poi hanno proseguito verso la città», ha detto. Secondo Hassan l’esercito sarebbe arrivato «circa un’ora dopo, si sono presi il loro tempo e hanno lasciato che [i coloni] facessero quello che volevano».
In un comunicato l’esercito israeliano ha detto invece di essere intervenuto «nel giro di pochi minuti» e di aver sparato dei colpi in aria per disperdere la folla. I coloni autori dell’attacco sono poi stati allontanati da Jit, e uno di loro è stato arrestato. Al momento è impossibile verificare in modo indipendente come siano andate le cose.
L’attacco è stato condannato da vari leader israeliani. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha scritto sui social che tutte le persone responsabili degli «atti criminali» saranno perseguite, mentre il presidente Isaac Herzog ha condannato l’accaduto imputandolo a un gruppo ristretto di coloni, definiti una «minoranza estremista» non rappresentativa della «comunità dei coloni che segue la legge». Anche il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, un nazionalista di estrema destra che vive proprio in una colonia in Cisgiordania, ha detto che le persone che hanno attaccato Jit sono «criminali» che «non hanno niente a che fare con le colonie o i coloni».
Da decenni Israele costruisce e amplia insediamenti e colonie in Cisgiordania, un territorio che però secondo gran parte della comunità internazionale appartiene ai palestinesi. Questo è stato ribadito lo scorso giugno dalla Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, secondo cui l’utilizzo delle risorse naturali che Israele fa in quelle zone vìola il diritto internazionale.
Oggi in Cisgiordania vivono circa 2,7 milioni di palestinesi e 500mila coloni israeliani. I loro rapporti sono sempre stati parecchio problematici, ma a partire dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, lo scorso 7 ottobre, gli scontri e le violenze sono notevolmente aumentati. Secondo l’ufficio delle Nazione Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), dall’ottobre del 2023 allo scorso luglio almeno 553 persone palestinesi sono state uccise in Cisgiordania, tra cui 131 bambini. Di questi, 536 sono stati uccisi da soldati israeliani e sei dai coloni. Più di 5.500 persone palestinesi sono state ferite. Nello stesso periodo sono state uccise 14 persone israeliane, di cui nove soldati e cinque coloni.
agbiuso
Immondi.
agbiuso
Terroristi.
agbiuso
Ecco cosa siamo diventati
il Simplicissimus, 8.8.2024
Ecco cosa siamo diventati. E uso il noi poiché non vedo grandi distinzioni fra il sionismo israeliano e l’imperialismo americano, se non il fatto che il primo si vanta delle azioni che compie, forte di un vittimismo storico, mentre l’altro tende nasconderle sotto un velo di retorica storicamente buonista. Mi ci vorrebbero non so quanti post sull’origine del capitalismo per spiegare appieno tale distinzione e al contempo questa consanguineità del modus operandi, ma diamola per scontata visto che l’esperienza degli ultimi trent’anni e passa ne fa un elemento evidente di per sé.
Dunque si diceva, cosa siamo diventati: la stazione televisiva israeliana Channel 12 ha condotto un sondaggio: “Siete d’accordo che a un soldato sia permesso stuprare un ‘terrorista’?” E le risposte sono agghiaccianti:
47% Sì
43% No
10% Nessuna risposta
Naturalmente terrorismo è un’invenzione linguistica che deve solo richiamare il senso del terrore, ma non possiede una definizione concreta visto che concordemente i vocabolari parlano di violenza illegittima e indiscriminata, facendo spazio all’idea che vi sia una violenza legittima e che colpire un obiettivo determinato sia qualcosa di segno positivo. Non è un caso se a cominciare dagli Usa, seguiti da Gran Bretagna, Francia e Germania oggi sotto la categoria terrorismo può essere considerata qualsiasi attività, anche solo esercitata con la penna o persino con la chiusura di un conto bancario, che si opponga alle volontà di un governo o alle sue visioni: basti pensare a quanti hanno avuto la carriera stroncata o sono persino finiti in prigione per aver criticato le teorie vaccinali. E del resto di questa deriva abbiamo esempi simbolici come la persecuzione di Assange o di altri oppositori che negli Usa vengono regolarmente presi di mira dalle agenzie di governo con un qualsiasi pretesto: esempio di giornata la perquisizione della casa di Scott Ritter colpevole di essere in disaccordo sulla guerra ucraina e sulle stragi di Gaza. Non ha alcuna importanza che le accuse prefabbricate siano fasulle e possano cadere in tribunale: intanto si è sottoposti alla gogna, si perdono le fonti di sostentamento e si viene rovinati dagli avvocati. Niente altro che terrorismo legale che viene esercitato attraverso il processo che è la vera punizione.
Tutto ciò che un governo deve fare è etichettare qualcuno come terrorista e quella persona viene privata di qualsiasi diritto a un trattamento umano perché si troverà sempre una grande massa di imbecilli e di zombi disposti a ritenere che lo stupro sia una cosa legittima in questo caso: si tratta degli stessi che fanno le boccucce disgustate e magari ti querelano se dici un trans invece di una trans. Gli Stati Uniti in particolare, ancor prima di Israele, hanno palesemente perso ogni autorità morale quando hanno permesso l’abuso sessuale e l’umiliazione dei prigionieri ad Abu Ghraib, contro cui solo pochi hanno protestato. Però a un occhio attento, non distratto dai giochini che il mercato immette per anestetizzare le persone, questa totale caduta etica era evidente fin dai bombardamenti su Cambogia e Laos che fecero un milione di vittime al solo scopo di chiudere il “sentiero di Ho Chi Min”, massacrando gente che non c’entrava nulla. Ecco un bell’esempio di violenza illegittima e indiscriminata.
Ma torniamo al sondaggio: cosa si deve pensare di una popolazione che al 57 per cento approva gli stupri in carcere o non ha un parere in merito? Ha un grande futuro davanti a sé, oppure la dissoluzione? E la domanda vale anche per l’occidente collettivo che non solo fornisce le armi per il tentato genocidio di Gaza, ma in Ucraina spinge centinaia di migliaia di uomini alla morte solo nel tentativo di conservare la supremazia. L’ha già persa in realtà ed è proprio per questo che stanno saltando tutte le barriere etiche che vengono simulate sotto i tendoni circensi di evocati diritti civili, istituiti per far dimenticare i diritti costituzionali. Rimane solo l’abilità di ignorare gli eventi per non dover mettere in discussione gli ideologismi dominanti e le parole d’ordine, per non accorgersi della tirannia o per non far vedere quanto amino la condizione di sudditi. Saranno accontentati.
agbiuso
Distruzione di Gaza, violenze sistematiche in Cisgiordania da parte dei coloni israeliani, genocidio, massacro di bambini e torture.
Il governo e l’esercito di Israele confermano ogni giorno di più quello che sono: una delle entità politiche più feroci degli ultimi due secoli.
agbiuso
Inizia il collasso del sionismo
il Simplicissimus, 31.7.2024
In questi giorni di ultime cene e solite scene qualcosa sta succedendo in Palestina: ovvero si sta facendo strada l’idea che il sionismo è sulla via di disintegrarsi. Dopo che lo stupro di una prigioniera palestinese è venuto alla luce quasi per caso e il resoconto di questa brillante operazione diciamo così militare, sono arrivate alla superficie e pubblicati dalla Cnn , dal New York Times ( archivio ) e dal Washington Post ( archivio ) è stato giocoforza per Tel Avivi aprire formalmente un’ inchiesta, anche per evitare di innescare indagini internazionali sugli omicidi e le violenze nelle carceri israeliane che di certo sono cosa abbastanza comune. L’inchiesta interna protegge insomma Israele dai tribunali internazionali, almeno per ora. Tuttavia l’arresto dei militari stupratori ha innescato prima una serie di violente manifestazioni dell’estrema destra che sono arrivate fino all’occupazione di due prigioni, poi una lite senza ritegno tra il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, quello che voleva lanciare l’atomica su Gaza.
Da tali eventi e dalla rissa politica che è seguita si capisce molto bene che si sta creando una profonda frattura tra l’esercito e l’estremismo dei coloni o di gruppi religiosi settari, soprattutto in considerazione del fatto che ci si trova di fronte a un fallimento materiale e morale della guerra e dunque al conseguente fallimento del progetto “Grande Israele” che è stato da sempre il sogno del sionismo, ma che ormai confligge di fatto con l’esistenza stessa di uno Stato ebraico che ha bisogno di un buon rapporto con i vicini. Nel nuovo ordine mondiale che si va creando una situazione di conflitto permanente suggerito da una totale superiorità militare israeliana (supportata ovviamente dagli Usa), sta rapidamente tramontando: lo si capisce bene dal fatto che Netanyahu cerca l’appoggio incondizionato di Washington prima di iniziare la sua avventura nel sud del Libano, conflitto che il capo del governo di Tel Aviv vorrebbe trasformare in guerra totale all’Iran. Sa che da solo andrebbe incontro a un disastro. Ma la pubblicazione della vicenda degli stupri da parte di testate di sistema, sembrano indicare che gli Usa non vogliano arrivare a tanto e che la misura della distruzione di Gaza è ormai colma, nonostante i tentativi di sembrare vittime grazie alla capacità mediatica di creare miraggi come quello del drone su un villaggio druso tra l’altro in un territorio siriano abusivamente occupato.
La società israeliana è dunque arrivata al limite della guerra civile. Ma questa frattura era visibile fin dall’inizio dell’operazione di Hamas perché, come ora sappiamo, gli israeliani erano in possesso dei piani di attacco dei militanti palestinesi e hanno trasferito un rave party, organizzato evidentemente da persone che ben poco hanno a che fare con l’integralismo religioso e i relativi deliri sionisti, nella base militare di Re’im sulla Route 232 che era appunto uno degli espliciti obiettivi di Hamas. Secondo quanto riferito dal quotidiano Haaretz, alcuni ufficiali della divisione di Gaza hanno parlato di di pressioni politiche per lo spostamento di questa festa, cosa che fa pensare come si sia deciso di sacrificare civili (magari facendoli abbattere dallo stesso esercito, secondo le orribili direttive Annibale) che non appartengono al calderone di consenso in cui Netanyahu fabbrica i suoi veleni.
La cosa è talmente chiara che parecchi israeliani laici cominciano a parlare di andarsene e secondo l’ultimo sondaggio pubblicato a luglio, il 28 per cento degli abitanti sta valutando di lasciare il Paese. E tra questi ci sono molti cervelli della tecnologia, il che ovviamente è un segnale ancora peggiore. La società israeliana sta andando in frantumi e molti che volevano vivere nello Stato di Israele si sono trovati invece nello “stato di Giudea” ovvero dentro un progetto teocratico che si ispira in maniera diretta e meccanica alla Bibbia. Ma ora i frutti velenosi di tutto questo stanno maturando e la disfatta del sionismo comincia a diventare palpabile tra le rovine materiali ed etiche di Gaza.
Michele Del Vecchio
Argomento di terribile difficoltà per l’impossibilità di mettere in campo ragioni specifiche, ovvero richiami ad una fattualità che si presti, che si lasci usare come un tentativo di dare una spiegazione a ciò che di spiegazioni razionali non ne ha. E non ne può avere: come Auschwitz, come Hiroshima, come gli stermini da te ricordati nell’articolo. Bisogna passare ad una “argomentazione” diversa da quelle che solitamente si usano. Bisogna assumere come criterio “qualcosa” di diabolico in cui risuonano significati che non usiamo mai per noi stessi e per le genti con cui viviamo. Parole che sanno di morte, di omicidio, di inarrestabile potenza distruttiva. Parole che abbiamo avuto la folle spudoratezza di mettere nella voce di un Dio. Ammiro il coraggio che hai avuto, la decisione che ti ha sostenuto, l’esposizione ordinata di quest’ultimo inferno , uno dei tanti che abbiamo predisposto. Ti sei dato un compito difficile: pe raccontare la morte di massa, la morte che falcia tutto, la morte senza pietà, la morte senza un nemico con la divisa di un altro colore, la morte di chi è un tuo fratello che lavora nel campo vicino. La morte cieca e feroce che non distingue nessuno. Un compito informativo, un racconto che esige quella consapevole fermezza che anche la disperazione ci può fornire.