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Tremebondi

Questa pagina di Angelo Tonelli – filologo, traduttore dei tragici greci, studioso dei pensatori delle origini – mi sembra che riassuma con efficacia e chiarezza quanto è avvenuto in uno dei momenti più tragici ed emblematici del XXI secolo. Si tratta di riflessioni vicine a quanto ho cercato di argomentare in Disvelamento. Nella luce di un virus.

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Alleggerita della presenza ammorbante degli umani la Natura ha offerto acque terse e cieli incontaminati, notti assorte e stelle lucenti, silenzi misteriosi, mentre il virus, uno dei tanti mezzi con cui la Madre Terra tenterà sempre più spesso di scrollarsi di dosso gli insetti nocivi umani, svolgeva dignitosamente il suo lavoro.
E sicuramente più dignitoso si è rivelato il virus Corona, rispetto ai popoli tremebondamente aggrappati alla miserevole zoé e ai governanti assai lesti nell’utilizzare la paura amplificata mediaticamente come mezzo per instaurare una sottile dittatura paternalistica profanando il tempio di Hyghíeia, la dea ellenica della salute integra e integrale, in nome di una algoritmia sanitaria devastatrice del bíos.
È cronaca adesso e un giorno sarà storia la somministrazione ricattatoria di un farmaco Rna messaggero, elaborato in fretta e secretato per anni a venire nei suoi componenti, mai sperimentato in precedenza in scala planetaria su persone sane, proposto, grazie al divieto di somministrare cure efficacissime contro il virus, come unica salvezza dalla Peste Nera, benché rischioso nei suoi effetti collaterali non testati e incapace di proteggere veramente dalla malattia.
È cronaca adesso e un giorno sarà storia la strenua resistenza di una minoranza numerosa che per non assoggettarsi alla sanitocrazia mondialista, ha preferito subire persecuzioni mediatiche, sanzioni penali, esclusione dal lavoro, e discriminazioni che ricordano il razzismo nazista, in una contrapposizione, funzionale al potere, dei cittadini in bioclassi vax e novax, obbedienti e ribelli.
È cronaca adesso e un giorno sarà storia e giustizia la distorsione di alétheia ad usum delphini per favorire l’instaurazione di un nuovo assetto globale della società in chiave capitalcomunista e transumanistica: la società del controllo. 

Angelo Tonelli, Nel nome di Sophía. Un manifesto contro il transumanesimo
Agorà & Co., Sarzana-Lugano 2022, pp. 38-39

Dotti, medici e sapienti

Edoardo Bennato
Dotti, medici e sapienti
da «Burattino senza fili»
(1977)

La solennità del barocco fa da ironico fondamento a questa ribelle e divertente messa alla berlina dei medici asserviti all’autorità, ai costumi, al conformismo.

«Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi
per il giovane in questione» 

Eh sì, al congresso della televisione trasformata in sede di primari e luminari della medicina asservita a Pfizer e alle altre aziende farmaceutiche; al congresso di un Parlamento ridotto a un insieme di automi obbedienti agli ordini dei conti e dei draghi; al congresso della malafede o, peggio, di una pura e immedicabile stupidità e creduloneria, si sono riuniti in tanti. In tanti sono stati e in tanti continuano a essere.
Non soltanto medici ma anche dotti e sapienti di ogni disciplina, rettori universitari, giornalisti che hanno «toujours un maître, parfois plusieurs» (Debord, Commentaires sur la société du spectacle, Gallimard 1992, § VII, p. 31). E insieme ai dotti, medici e sapienti, al congresso dell’irrazionalismo e del servaggio si è unita gran parte del corpo collettivo, milioni di persone.
Ora si viene a sapere che stanno morendo in tanti, e ancor più si stanno ammalando sistematicamente e periodicamente, che gli effetti si sentiranno sul lungo periodo, che tanti giovani e ragazze rimarranno sterili (benedetto vaccino!)
Di fronte a tale spettacolo di sciocca obbedienza al male contro se stessi, rivendico di essere rimasto l’anarchico che ero a 17 anni, di essere rimasto «questo giovane malato» che «so io come va curato / ha già troppo contagiato / deve essere isolato».
Meglio da solo, infatti, che in una compagnia così triste.

Covid e Stato etico

Venerdì 20 gennaio 2023 alle 15.30 nella sede di Belluno di Unidolomiti terrò una lezione dal titolo Epidemie, Diritti e Stato etico. L’evento si inserisce nel ciclo Dialoghi sul potere ideato e organizzato dal Prof. Lorenzo Maria Pacini.
Affronterò, in modo naturalmente sintetico, le seguenti questioni:

1 Che cos’è un’epidemia?
2 Che cos’è l’autorità?
3 Che cosa sono i diritti?
4 Il potere e la morte
5 Epidemie e vita
6 Epidemie e Stato etico
7 Una ginnastica d’obbedienza
8 Covid19 e disvelamento

Cercherò in questo modo di analizzare le ragioni e le radici della vessazione attuata dalle forze dell’ordine, dai social network, dalle televisioni, da uno Stato e da una società civile diventati etici, cioè convinti di essere la fonte non soltanto delle norme empiriche ma anche del bene e del male assoluti, da imporre a tutti i cittadini, i quali sono stati privati del diritto di difendere i propri corpi e di resistere a una visione del mondo e a un insieme di pratiche dalle chiare tendenze autoritarie e persecutorie.

Galileo?

Piccolo Teatro Strehler – Milano
Processo Galileo
di Angela Dematté e Fabrizio Sinisi
dramaturg Simona Gonella
con Luca Lazzareschi, Milvia Marigliano, Catherine Bertoni de Laet, Giovanni Drago, Roberta Ricciardi, Isacco Venturini
regia di Andrea De Rosa e Carmelo Rifici
Sino al 15 gennaio 2023

Presentando lo spettacolo i suoi due autori confessano che stavano lavorando con due diversi registi agli stessi temi. E che successivamente hanno deciso di creare un solo testo e un solo spettacolo. Ahimè, questo si vede. Il risultato sono due atti che diventano tre momenti ma il terzo momento si perde non esprimendo con chiarezza alcuna cesura. Il risultato è un minestrone nel quale si mescolano la vicenda scientifica e processuale di Galileo Galilei; la redazione di un articolo da parte di una giornalista/musicista contemporanea che parla con la madre che cura l’orto e che continuamente afferma di non capire nulla di ciò che lei dice, indicando come soluzione di qualunque problema il coltivare appunto fave e fagioli «ma concimandoli, eh!»; un giovane che si dichiara rivoluzionario dalle barricate del 1821 a Seattle 1999 e a Genova 2001 e che accusa gli apparati scientifici di collusione con quelli politici o almeno questa dovrebbe essere l’intenzione, non del tutto esplicitata se non nel programma di sala.
A questa confusione si aggiunge, ed è l’elemento sicuramente peggiore, un testo intessuto di un moralismo pervasivo, ostentato e banale.
I due registi affermano che «entrambi avevamo il desiderio di ragionare sull’impatto, sempre più forte, che l’apparato tecnico-scientifico esercita sulle nostre vite e sulla nostra socialità. Volevamo farlo a partire da Galileo Galilei, dagli atti del suo processo, dalla sentenza della Santa Inquisizione e dall’abiura dello scienziato, per approfondire i rapporti che, oggi più che mai, legano la scienza alla società e al potere. Che cos’è cambiato da quel lontano 22 giugno 1633? La scienza, che allora era stata costretta ad abiurare, che cosa è diventata? Dove si spingerà in futuro la sua ricerca?» (Programma di sala, pp. 10-11).
Domande talmente complesse da rendere necessario, per tentare di rispondere, un ordine teoretico e drammaturgico che questo spettacolo non possiede. Tanto più in presenza di una scelta spericolata qual è stato cominciare con le parole dello stesso Galilei, di sua figlia Virginia e dell’allievo Benedetto Castelli. Sono i primi dieci minuti e naturalmente sono i più belli perché intessuti di una lingua e di un pensiero limpidi e profondi. Ciò che poi segue appartiene invece ai due autori e ai due registi e sparisce di fronte alla coerenza ed eleganza della scrittura galileiana.
Galilei non fu un martire, fu un uomo abilissimo e uno scienziato geniale, fu soprattutto un filosofo che rifiutò di omologarsi alla scienza del suo tempo, utilizzando tutti gli strumenti possibili per mostrarne i limiti; esattamente l’opposto di ciò che fanno molti scienziati contemporanei che presentano i loro ambiti di ricerca come se fossero verità rivelate (lo abbiamo visto, lo stiamo vedendo con la medicina).
Paul Feyerabend scrive giustamente che «l’esperienza su cui Galileo vuol fondare la concezione copernicana non è altro che il risultato della sua fertile immaginazione, è un’esperienza inventata»; «si potrebbe dire che Galileo inventa un’esperienza che contiene ingredienti metafisici. Proprio per mezzo di una tale esperienza si realizza la transizione da una cosmologia geostatica al punto di vista di Copernico e di Keplero» (Contro il metodo, Feltrinelli 2021, pp. 68 e 77).
Galilei è consapevole del proprio valore, è altero ed è persino sprezzante. Si legga, ad esempio, una delle affermazioni iniziali del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: «Tal differenza dipende dalle abitudini diverse degl’intelletti, il che io riduco all’essere o non essere filosofo: poiché la filosofia, come alimento proprio di quelli, chi può nutrirsene, il separa in effetto dal comune esser del volgo, in più e men degno grado, come che sia vario tal nutrimento. Chi mira più alto, si differenzia più altamente; e ‘l volgersi al gran libro della natura, che è ‘l proprio oggetto della filosofia, è il modo per alzar gli occhi» (Edizione Einaudi,  a cura di L. Sosio, 1982, pp. 3-4).
Se si vuole cercare un’occasione per i propri sermoni edificanti e fondati sui valori, conviene rivolgersi ad altri e lasciar stare filosofi come Galilei. Il quale, osserva ancora Feyerabend, anche come «ciarlatano è un personaggio molto più interessante del misurato ‘ricercatore della verità’ che di solito ci viene additato come esempio da riverire» (Contro il metodo, nota 22, p. 89).
Rispetto all’epistemologia di Popper, di Lakatos, di Feyerabend e di altri filosofi del Novecento, nel XXI secolo sembra di essere tornati (davvero incredibilmente) all’ingenuo dogmatismo dei positivisti, con l’affermarsi di una «fiducia acritica nei confronti della scienza», la quale «ha soggiogato anche molti intellettuali, oltre alla maggioranza dei cittadini» (Roberta Corvi, I fraintendimenti della ragione. Saggio su P.K. Feyerabend, Vita e Pensiero, 1992, p. 298).
I veri scienziati sono degli eretici in tutto: nell’ispirazione, nelle procedure, nelle intenzioni. I buffoni conformisti che in questi anni riempiono la televisione presentando la medicina e la scienza al modo di un dogma non sono «scienziati» ma sono semplicemente dei miserabili al servizio dell’autorità costituita e dell’industria farmaceutica.

Marcosebastiano Patanè su Disvelamento

Marcosebastiano Patanè

Dissipatio e resistenza. Nella luce di un virus
L’articolo presenta e analizza Disvelamento. Nella luce di un virus
in il Pequod, anno 3, numero 6, dicembre 2022
pagine 12-21

«Disvelamento. Nella luce di un virus è un esempio di teoresi filosofica orientata alla resistenza, resistenza al terrore/potere che ormai governa solo in virtù di un’emergenza dalle mille forme, economica, sanitaria, umanitaria, politica, climatica, e che così facendo non manca di ricordare ogni giorno attraverso i suoi organi di comunicazione, il più potente dei quali rimane la televisione, chi è il vero padrone, a chi è necessario che si sacrifichi ogni cosa.
[…]
La filosofia conosce benissimo la continuità tra la Vita e la Morte e sa altrettanto bene che la volontà di cancellare la Morte dal continuum diveniente dell’Intero materico costituisce un atto di ϋβρις imperdonabile, il desiderio degli umani di annullare la differenza e installarsi nell’eternità dell’identico».

Tragedia

L’ombra di Caravaggio
di Michele Placido
Italia, 2022
Con: Riccardo Scamarcio (Caravaggio), Louis Carrel (L’inquisitore), Maurizio Donadoni (Paolo V), Isabelle Huppert (Costanza Sforza Colonna), Lolita Chammah (Anna), Micaela Ramazzotti (Lena Antonietti), Michele Placido (Cardinale Del Monte)
Trailer del film

Tragedia è la costante tendenza dei corpi collettivi a imporre una ortodossia e una ortoprassi volte a comprimere, reprimere, controllare, sopire e troncare, troncare e sopire quanto la fantasia, l’intelligenza e la libertà costantemente generano dentro le collettività umane. La fantasia, l’intelligenza e la libertà che dentro tali collettività gli individui più dotati di talento sanno esprimere, inventare, difendere, generare, diffondere. La tendenza securitaria dei gruppi umani è invece quella di chiudersi dentro un recinto ben organizzato di verità e di valori che giudica inevitabilmente pericolosa ogni prospettiva che non si confà ai valori praticati e alle verità credute da gruppi, partiti, chiese e regimi di volta in volta diversi ma costanti nella loro tendenza a catturare e distruggere il pensare.
Michelangelo Merisi (1571-1610) fu una delle vittime di questa tendenza e però la sua arte e il suo talento furono così grandi da convincere parte del potere – in questo caso quello di famiglie e cardinali della Chiesa Romana – a proteggerlo e a finanziarne l’opera. Così come vittima fu negli stessi anni Giordano Bruno che in questo film viene fatto incontrare in carcere con Merisi in una delle scene comunque più deboli dell’opera.
Caravaggio e Bruno furono aggrediti e perseguitati in nome dei valori e delle verità della dottrina cristiana. Almeno però il fasto, lo scetticismo e il libertinismo di molti esponenti della Chiesa Romana garantivano il lavoro degli artisti e la sopravvivenza delle loro opere; cosa che oggi credo non accada più, visto che tale Chiesa è diventata sempre più moralizzata e moralistica. Peggio accadde in ambito protestante e luterano dove, almeno agli inizi, non era neppure possibile che sorgessero artisti e filosofi lontani dai valori e dalle verità bibliche alle quali si ispiravano il monaco agostiniano Lutero e il gelido teologo Calvino.

L’opera e il pensiero di tali custodi dell’etica cristiana continuarono nel massimo custode dell’etica egualitaria e uniforme dello stalinismo: Andrej Ždanov. Il quale fu intransigente persecutore di ogni pittore, musicista, letterato che si discostasse dalle regole del «realismo socialista», unica forma d’arte ammessa dal regime sovietico.
L’opera e il pensiero di tali custodi dell’etica cristiana e stalinista continua oggi negli intransigenti persecutori di ogni cittadino e intellettuale che critichi i valori uniformanti e conformisti del Politically Correct; della medicina ricondotta a braccio armato delle case farmaceutiche -come ha documentato Ivan Illich -; delle scienze ridotte a correnti di un’ortodossia e un’ortoprassi volte a perseguitare quanti in vari modi difendono la salute dei cittadini, l’abito scientifico, il buon senso, le nostre libertà.
Caravaggio non ebbe requie e pace da coloro che o con l’apparato dottrinale o con la violenza dei pugnali ripudiavano la metamorfosi che nei suoi capolavori accadeva di gente miserabile, mendicanti e prostitute in santi e madonne. Questo non era etico, come non è etico oggi utilizzare il maschile neutro per rivolgersi a un gruppo di persone o apprezzare il pensiero di David Hume e di Voltaire nonostante il primo accettasse la schiavitù e il secondo fosse antisemita. E sono soltanto due esempi di una tendenza che non lascia in pace niente della storia dell’Europa, tendenze nichilistiche quali la Cancel culture e l’ideologia Woke.

Il film di Michele Placido ha reso vivide ai miei occhi le conseguenze e le forme di ogni ondata di moralismo con la quale si intende cancellare fantasia, intelligenza e libertà in nome di un qualche valore supremo. Per questo l’ho apprezzato, per il suo costante intersecare «un immenso talento» (parole dell’inquisitore) con «tuttavia» il pericolo che l’arte di Caravaggio disvelasse al popolo la tragedia dell’esistere e l’inconsistenza delle promesse redentive.
Mi sembra che il regista e gli sceneggiatori facciano propria l’ipotesi di Vincenzo Pacelli e Tomaso Montanari secondo la quale l’artista lombardo non morì di febbri e infezione da piombo ma assassinato da emissari dei poteri a lui avversi. Al di là di vari elementi controversi della biografia, il film mostra in ogni caso l’inquietudine costante, il carattere difficile, il bisogno di libertà e il genio davvero sconfinato di Caravaggio, del quale qualche anno fa scrivevo questo:
«Da dove viene questa luce? Viene dalla sapienza delle mani febbrili nel lavorare e dipingere per poi ‘darsi al bel tempo’, come si diceva allora; viene da un carattere inquieto, votato allo svelamento e al possesso totale della vita; viene dalla dismisura di un uomo violento, permaloso, passionale, facile al pugnale; viene dalla forma, cercata negli anfratti più scuri dell’essere, quelli in cui si conserva l’eco della sapienza primordiale, del non dicibile ma raffigurabile; viene dall’ombra, perché anche quest’ombra è la filosofia».

L’immagine in alto riproduce La morte della Vergine, un capolavoro rifiutato dall’Ordine Carmelitano – che pure a Caravaggio lo aveva commissionato – e che oggi si trova al Louvre. La madre di Gesù ha le sembianze terree di un vero cadavere, non destinato a essere assunto in cielo, e sembra raffigurare con il suo ventre gonfio una donna incinta o almeno morta annegata nel Tevere. I valori della fede mariana non potevano accettare una simile sconcezza. Ma il dipinto è mirabile. Essere liberi, esserlo davvero dentro il cuore, significa difendere la bellezza, l’immaginazione, il pensare e la differenza da ogni cupo controllo dei valori morali, che si tratti di quelli del cristianesimo nella sua gloria o dei «diritti umani» i cui fanatici sostenitori sono pronti a privare di diritti i cittadini che non si conformano ai loro valori, alle loro credenze, alle loro interpretazioni del mondo, al loro bisogno di apparire «buoni e giusti».
Ecco, questa è la tragedia sempre presente nelle società umane. Tragedia pervasiva del nostro presente epidemico e politico. 

Medicina e censura

Tra gli articoli scientifici più chiari e più fecondi che abbia letto di recente, consiglio un saggio appena pubblicato su Minerva. A Review of Science, Learning and Policy, rivista «devoted to the study of ideas, traditions, cultures, and institutions in science, higher education, and research. It is equally focused on historical as well as present practices and on local as well as global issues. Moreover, the journal does not represent one single school of thought, but rather welcomes diversity within the rules of rational discourse».

Questi i riferimenti:
Shir-Raz, Y., Elisha, E., Martin, B. et al.
Censorship and Suppression of Covid-19 Heterodoxy: Tactics and Counter-Tactics. Minerva (novembre 2022; https://doi.org/10.1007/s11024-022-09479-4).
E questo il link: Censorship and Suppression of Covid-19 Heterodoxy
Inserisco qui anche la versione pdf del saggio (con alcune mie sottolineature ed evidenziazioni).

Traduco parte dell’Abstract, che riporto per intero più sotto:
«L’emergere del COVID-19 ha generato numerose controversie. Allo scopo di neutralizzare ciò che è sembrata una minaccia da parte di medici e scienziati che criticano la posizione ufficiale delle autorità sanitarie governative e intergovernative, alcuni sostenitori dell’ortodossia hanno agito per censurare coloro che promuovono opinioni dissenzienti.
Lo scopo di questo studio è indagare le esperienze e le risposte di medici e ricercatori altamente qualificati di diversi Paesi che sono stati oggetto di repressione e/o di censura a causa delle loro pubblicazioni e dichiarazioni relative al COVID-19.
I risultati dell’indagine indicano il ruolo centrale svolto dai mezzi di informazione, in particolare dalle società che gestiscono l’informazione della Rete.
Nel tentativo di mettere a tacere le voci alternative, è stata ampiamente utilizzata la censura, alla quale si sono aggiunte modalità di repressione che hanno danneggiato la reputazione e la carriera di medici e scienziati dissenzienti. E questo indipendentemente dal loro status accademico o medico e indipendentemente dalla fama scientifica che avevano prima di esprimere una posizione contraria all’ortodossia.
Invece di una discussione aperta ed equanime, la censura e la repressione del dissenso scientifico hanno implicazioni dannose e di vasta portata per la medicina, per la scienza e per la salute pubblica»
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«The emergence of COVID-19 has led to numerous controversies over COVID-related knowledge and policy. To counter the perceived threat from doctors and scientists who challenge the official position of governmental and intergovernmental health authorities, some supporters of this orthodoxy have moved to censor those who promote dissenting views. The aim of the present study is to explore the experiences and responses of highly accomplished doctors and research scientists from different countries who have been targets of suppression and/or censorship following their publications and statements in relation to COVID-19 that challenge official views. Our findings point to the central role played by media organizations, and especially by information technology companies, in attempting to stifle debate over COVID-19 policy and measures. In the effort to silence alternative voices, widespread use was made not only of censorship, but of tactics of suppression that damaged the reputations and careers of dissenting doctors and scientists, regardless of their academic or medical status and regardless of their stature prior to expressing a contrary position. In place of open and fair discussion, censorship and suppression of scientific dissent has deleterious and far-reaching implications for medicine, science, and public health».

La ricerca di Yaffa Shir-Raz, Ety Elisha, Brian Martin, Natti Ronel & Josh Guetzkow si colloca in ambito sia epistemologico sia politico, mostrando i legami tra tali campi, studiati con particolare profondità da filosofi come Kuhn e Feyerabend.
A tali riferimenti ‘alti’ aggiungo la più ordinaria ma significativa esperienza quotidiana degli ultimi tre anni. C’è infatti chi invoca, anche dai decisori politici, vecchie censure e «nuovi paradigmi» «allo scopo di adeguare i libri di testo per scuole e università alla lotta contro il patriarcato e la guerra». C’è chi cerca di mettere insieme «pacifismo» e «invio di armi a Kiev». E ha anche l’abitudine poco pacifista di insultare con vari epiteti chi non la pensa come lui.
Leggendo il testo di Minerva mi sono venuti in mente due ‘colleghƏ’ a* qual* qualche tempo fa ho sentito dire che «persino mie amiche laureate dicono di avere dubbi sulla quarta dose, che io farò subito, anche perché ho più di 60 anni», al che l’altro risponde «tanti non si fidano dell’autorità ma allora di chi possiamo fidarci?», infine la prima conferma: «non capisco perché le autorità dovrebbero danneggiare dei cittadini».
Rispetto a simili personaggi, io credo che sia più degna, più libera e naturale, persino più intelligente, l’esistenza di due miei vicini di casa e di quartiere a Catania: un pescatore analfabeta che chiama «nivuri» tutti gli immigrati e ‘u zu Cicciu Fimminaru’ (nome di fantasia), che si gode la vita come piccolo fuorilegge e seduttore. Tutti costoro guardano la televisione ma evidentemente nei meno acculturati il suo veleno sembra rimanere più in superficie.
In ogni caso, queste esperienze quotidiane sono forme nelle quali l’esistenza disvela se stessa, illuminando da un lato la natura e i limiti della conoscenza e dall’altro la potenza di stili naturali per nulla politicamente corretti. Al di là di tutte le censure c’è la vita e le sue passioni.

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