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Ministri

Il Ministro degli Interni del governo Renzi -il Ministro che con la sua sola presenza mostra la vera natura di un governo che evidentemente gli elettori del Partito Democratico un anno fa hanno scelto, voluto, indicato e del quale sono dunque giustamente soddisfatti- è stato a Catania, accompagnato da forze dell’ordine, scorte e notabili locali. A quale scopo? È venuto a Catania per rendere omaggio al «vero padrone» della città: Mario Ciancio Sanfilippo, editore del quotidiano La Sicilia, imprenditore e molto altro, uomo potentissimo senza la volontà del quale nulla di rilevante accade in questo luogo, personaggio indagato -a suo dire- «“solo” per concorso esterno in associazione mafiosa». A Ciancio fece visita anche il governatore Crocetta appena eletto. Il presidente regionale degli industriali, Ivan Lo Bello, «accompagnato dalla scorta che dovrebbe difenderlo dai mafiosi, se ne è andato a cena con Ciancio lo scorso 1 febbraio scorso in un ristorante alle pendici dell’Etna. La cosa è finita in Parlamento perché il senatore 5 Stelle, Mario Giarrusso ha presentato un’interrogazione chiedendo come mai uno sotto scorta vada a cena con un indagato per mafia. A chi l’ha presentata l’interpellanza? Ma al ministro dell’Interno. Sì, proprio ad Angelino Alfano che ha pensato di rispondere a strettissimo giro al senatore grillino e lo ha fatto in modo inequivocabile: con un voscenza benedica a Mario Ciancio…» (Domenico Valter Rizzo, «Mario Ciancio, la corsa al capezzale dell’indagato», il Fatto Quotidiano, 25.3.2014).
Renzi e i suoi dilettanti allo sbaraglio possono moltiplicare quanto vogliono le loro chiacchiere a vantaggio dei buoni elettori del Partito Democratico e del telepopolo. I fatti sono questi. I fatti sono che il ministro degli Interni del governo PD si offre alla propaganda di un potente indagato per mafia. In Sicilia.

 

Rinnovamenti

Il governo italiano guidato da Renzi è una genuina e coerente espressione del Partito Democratico, del suo ultraliberismo. Il PD -come il Nuovo Centrodestra, come Forza Italia, come l’Unione dei Democratici Cristiani, come Scelta Civica- è attento in primo luogo alla grande impresa e alla finanza, a quelli che una volta i comunisti che il PD ha tradito chiamavano «i padroni». Ed è attentissimo allo spettacolo. Il renzismo è la prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi.

 

Compassione

Ormai il Partito Democratico si fa dettare l’agenda, i contenuti, le forme da Denis Verdini. Sembra non avere fine l’agonia della sinistra istituzionale in Italia. Essere riuscito a mettere alla segreteria del PD un soggetto a sé identico è il vero trionfo di Berlusconi. Nella nuova coppia della politica italiana si mesta e rimesta lo squallore, l’inganno, l’analfabetismo, lo spettacolo. Ma questo trionfo del berlusconismo è stato reso possibile anche da milioni di iscritti ed elettori del Partito Democratico. Imperdonabili. Il manifesto definisce Renzi con gli epiteti di «bullo» e «Don Matteo» (il sinistro ‘Don’ dei siciliani). Ma la segreteria Renzi è la logica, inevitabile e doverosa conclusione dell’accettazione da parte del PD in questi decenni di tutti i dogmi dell’ultraliberismo. Gli eventi politici non accadono per caso e non si spiegano mai con gli umori, con le follie o i caratteri dei vari capi che si susseguono nella morta gora del potere. Hanno sempre delle ragioni e delle cause. Mentre la sua icona è nel punto più basso della propria personale parabola, il berlusconismo trionfa dentro la formazione politica che per vent’anni gli ha consentito -con azioni, opere e omissioni- di dominare. C’è una logica implacabile e giusta in tutto questo.
Avrei persino compassione di un partito così ridotto se non fosse che il suo ridursi ridurrà l’Italia ancora peggio. Sembra impossibile ma niente è precluso a questi sciocchi.

 

D'Alema for President

Sono stato facile profeta rispondendo oggi pomeriggio a Dario Generali «Temo che [Prodi] sarà bruciato e a quel punto emergerà D’Alema, il vero candidato di Berlusconi e del PD/PD». Tutto previsto, tutto voluto, tutto programmato dall’ambiziosissimo D’Alema: la cialtronesca candidatura di Marini, la finta indignazione di  Renzi (cavallo di Troia della destra dentro il PD), l’inganno verso Prodi, il tenace e politicamente maleducato silenzio sulle ragioni che inducono il Partito Democratico a non eleggere Rodotà e a respingere la proposta del Movimento 5 Stelle di sostegno a un governo PD -anche guidato da Bersani -nel caso di elezione del giurista proposto dal Movimento. Già: per quali ragioni?
Forse perché, come ipotizzano in molti, l’accordo prevede un presidente amico di Berlusconi che lo nomini senatore a vita, garantendogli in questo modo una definitiva impunità.
Vent’anni di legami inconfessabili -banche, televisioni, grandi opere distruttive dell’ambiente, affari sulle guerre e tanto altro- tra il clan di Silvio Berlusconi e il clan di Massimo D’Alema (il vero padrone del PD) porteranno alla  vergogna di Berlusconi nominato tra coloro che hanno «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» (art. 59 della Costituzione).
Il cattolico Prodi no. Il laico Rodotà no. Il comunista D’Alema sì. In cambio della garanzia giudiziaria e politica per uno degli uomini più corrotti al mondo. E in cambio del silenzio sul comune malaffare. A tanto è ridotto il Partito Democratico. A questo è ridotta l’Italia.

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