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Babilonia

Babilonia
Aldous
, 3 settembre 2024
Pagine 1-2

La natura profondamente teologica dell’opera narrativa e drammaturgica di Friedrich Dürrenmatt si esprime nei temi, nel lessico, nel significato complessivo dei suoi singoli romanzi, racconti, commedie e drammi. A volte però lo fa in modo palese e diretto, come nel caso di Un angelo è sceso a Babilonia.
Può una commedia scritta nel 1953, i cui protagonisti sono Nabucodonosor, mendicanti babilonesi, angeli e mercanti, può un simile testo parlarci del nostro presente? Può descrivere politici, funzionari, professori, medici, giornalisti, albergatori, bidelli contemporanei? Sì, può. La torre della ὕβρις politico-moralistica nella quale siamo immersi emerge vivida da una commedia che testimonia che cosa sia il grande teatro del Novecento.

Cosmologie antropodecentriche

Deus. La sfera nera
(Deus. The dark Sphere)
di Steve Stone
Gran Bretagna, 2022
Con: Claudia Black (Karla Grey), David O’Hara (Ulph), Philip Davis (Vance)
Trailer del film

Gli ingredienti classici della fantascienza spaziale – enormi astronavi, il viaggio verso l’ignoto, un equipaggio variegato e al proprio interno in conflitto, una potenza enigmatica ad attenderlo – sono tutti presenti ma vengono declinati in una chiave particolare, che è l’inganno. Un inganno di natura teologica, psicologica, politica.
Vari elementi della sceneggiatura sono superflui o francamente improbabili ma la tensione rimane costante dal risveglio dell’equipaggio ibernato al finale che svela il mistero. C’è una scena, forse solo una, che è disvelativa di una verità che in ambito politico, saggistico, informativo rimane per lo più accuratamente occultata. Questa verità è che siamo troppi, che questo piccolo pianeta non potrà sostenere ancora a lungo il peso di una massa di più di 8 miliardi di esseri umani, destinati a crescere ulteriormente. Si tratta di un numero veramente spropositato. Un personaggio del film lo dice con chiarezza, traendone conseguenze che dovrebbero apparire agli occhi dello spettatore negative, e che in effetti lo sono in alcuni aspetti. Ma la verità dell’assunto rimane: il numero degli esseri umani deve diminuire. Devono diminuire soprattutto gli abitanti di continenti dalla fecondità spaventosa e ancora fuori controllo come l’Africa e parte dell’Asia. L’Occidente europeo e anglosassone è invece da tempo stabilizzato verso il basso ma viene invaso senza posa da milioni di persone, generando problemi enormi. L’auspicio è che anche altri territori del nostro pianeta inizino la china della diminuzione demografica.
È questa una prospettiva malthusiana? Non ho difficoltà ad ammetterlo, per la semplice ragione che se la popolazione aumenta con progressione geometrica e le risorse crescono con progressione aritmetica, l’esito che ne risulta è la guerra, la fame, la distruzione dell’ambiente.
Confidavo che la truffa del Covid19 avesse almeno un aspetto positivo, che diffondesse sterilità nei giovani umani che hanno allegramente e irresponsabilmente inoculato nei loro corpi sostanze sconosciute, ma sembra che per vedere gli effetti di tale inganno di massa, peraltro limitato in gran parte ancora una volta all’occidente, bisognerà aspettare a lungo.
E quindi alcuni dialoghi di questo film sembrano costituire un avviso forse involontario ma certamente concreto sul fatto che «c’era un piccolo pianeta meraviglioso che la dismisura di una delle specie che lo abitava ha ridotto a un luogo invivibile» o, come scrive Dürrenmatt ne La guerra invernale del Tibet, «la natura, per quanto ottusa, non rifarà probabilmente la sciocchezza di creare dei primati, il caso culminato nella creazione della nostra razza non si ripeterà, probabilmente. Con questi esseri futuri non è possibile parlare di noi, ma solo di qualcosa che riguardi loro e noi insieme: le stelle» (in «Racconti», trad. di Umberto Gandini, Feltrinelli 1996, p. 270).
Le stelle, lo spazio vuoto, la cosiddetta materia oscura della quale sembra composto gran parte dell’universo, le galassie, la luce. Soltanto questo era, è e sarà.

Logos

Metto qui a disposizione il file audio della relazione che ho svolto a Chieti il 12.10.2023 in occasione del III Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica (l’audio dura 27 minuti).

Il titolo della relazione fa riferimento a un’esperienza teoretica e didattica vissuta in questi anni insieme all’Associazione Studenti di Filosofia Unict. Ho cercato di descrivere le motivazioni, le modalità e gli obiettivi che dal 2018 al 2023 ci hanno stimolato a leggere (e discutere) Proust, Dürrenmatt, Gadda, Céline, Manzoni, D’Arrigo.
Il titolo Logos fa riferimento in particolare a una risposta che ho dato durante la discussione seguìta alla relazione. Mi è stato chiesto infatti quale fosse l’elemento unificante di questa esperienza, che cosa gli scrittori studiati avessero in comune. Questi elementi sono naturalmente molti ma centrale è la gloria della parola, la capacità che i grandi narratori e poeti hanno di fare dell’esperienza dolorosa e tenace della vita uno strumento di comprensione e un’espressione di bellezza, il λόγος appunto.

Filosofia e Letteratura

Giovedì 12 ottobre 2023 terrò una relazione per il III Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica che si svolgerà a Chieti e a Pescara dal 12 al 14 ottobre.

Il tema del Convegno è Pensare (con) la letteratura. Temi e modelli di ‘filosofia della letteratura’ in prospettiva teoretica. Il mio intervento sarà incentrato sull’esperienza didattica e scientifica che dal 2018 organizzo con gli studenti di Unict e in particolare con i soci dell’ASFU. Il titolo è infatti Filosofia e letteratura. Un’esperienza teoretica e didattica e questo è l’abstract:

Su proposta dell’Associazione Studenti di Filosofia di UniCt (ASFU), da alcuni anni svolgo un ciclo di lezioni intitolato Filosofia e letteratura. Dal 2018 al 2023 le lezioni sono state dedicate a Proust, Dürrenmatt, Gadda, Céline, Manzoni, D’Arrigo. Si tratta di un’esperienza didattica assai proficua, nella quale i confini disciplinari mostrano ancora una volta la loro funzione utile sì ma limitata e strumentale. Come ambiti e luoghi dell’ermeneutica esistenziale, infatti, se praticate sul corpo vivo del testo, filosofia e letteratura mostrano l’identità della parola umana nella sua potenza disvelatrice e la differenza di modi espressivi che cercano di intuire e comunicare in forme diverse la complessità delle società dalle quali le opere scaturiscono, la potenza dei mondi che incarnano e manifestano, la costanza della condizione umana e la fecondità del pensiero che la indaga.

Il piano inclinato

Gli eventi umani, i fatti sociali, le strutture politiche sono guidate, tra le altre, da una dinamica che possiamo chiamare piano inclinato: una volta che la pallina è messa in moto, essa acquista nel tempo e nello spazio velocità, sino a non poter più essere fermata e, alla fine, a schiantarsi.
Sin da quando nel giro di poche ore il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte decise nel marzo del 2020 il confino generalizzato dei cittadini italiani, e analoghe e insieme diverse decisioni venivano prese da altri governi europei, sapevo che si sarebbe arrivato a questo: che io e tanti altri cittadini saremmo diventati dei reietti, dei paria, dei «negri, ebrei, comunisti», come recita una canzone.
L’istinto gregario (la servitù volontaria); il terrorismo di giornali e televisione (infodemia); ciò che Friedrich Dürrenmatt definisce «la terribile stupidità del mondo» (L’incarico, Adelphi 2012, p. 104), insieme a particolari contingenze, interessi e viltà producono la discriminazione tra gli esseri umani sino, a volte, alla loro estirpazione. L’Europa, mia madre, ha creduto di essersi affrancata per sempre dalle ondate di fanatismo e di oscurantismo. Naturalmente non è così: nella vita umana, individuale e collettiva, il per sempre non esiste. 

E quindi vediamo in atto una forma di totalitarismo nuova ma dai caratteri ancora fortemente novecenteschi: informazione sottoposta ai governi, discriminazione simbolica e prassica nei confronti di categorie ben identificate di cittadini dei quali si decreta la morte sociale (apartheid), violenza psicologica, minacce e insulti verso chi non è d’accordo con alcune decisioni delle autorità in carica.
Nello specifico, una società decente (come la definirebbero Popper o Barrington Moore) sarebbe quella nella quale chi vuole si vaccina e chi non vuole non lo fa, data anche la grande incertezza scientifica che involve la questione. E invece no: gli impulsi profondamente autoritari dei singoli e delle collettività (si possono in questo senso anche chiamare «fascisti») portano a dire, a volere, a gridare: «obblighiamoli!»
Il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron è un perfetto esempio di «fascismo del XXI secolo», capace di coniugare conformismo mediatico, violenza delle polizie e biopolitica.
Il significato di tutto questo è ben riassunto in un breve e lucido testo di Giorgio Agamben, uno dei non molti filosofi contemporanei che abbiano compreso sin dall’inizio a cosa avrebbe condotto il piano inclinato.

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Cittadini di seconda classe

Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è, come è avvenuto per gli ebrei sotto il fascismo, la discriminazione di una categoria di uomini, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe. A questo mira la creazione del cosiddetto green pass. Che si tratti di una discriminazione secondo le convinzioni personali e non di una certezza scientifica oggettiva è provato dal fatto che in ambito scientifico il dibattito è tuttora in corso sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini, che, secondo il parere di medici e scienziati che non c’è ragione di ignorare, sono stati prodotti in fretta e senza un’adeguata sperimentazione.
Malgrado questo, coloro che si attengono alla propria libera e fondata convinzione e rifiutano di vaccinarsi verranno esclusi dalla vita sociale. Che il vaccino si trasformi così in una sorta di simbolo politico-religioso volto a creare una discriminazione fra i cittadini è evidente nella dichiarazione irresponsabile di un uomo politico, che, riferendosi a coloro che non si vaccinano, ha detto, senza accorgersi di usare un gergo fascista: “li purgheremo con il green pass”. La “tessera verde” costituisce coloro che ne sono privi in portatori di una stella gialla virtuale.
Si tratta di un fatto la cui gravità politica non potrebbe essere sopravvalutata. Che cosa diventa un paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe? Il bisogno di discriminare è antico quanto la società e certamente forme di discriminazione erano presenti anche nelle nostre società cosiddette democratiche; ma che queste discriminazioni fattuali siano sanzionate dalla legge è una barbarie che non possiamo accettare. 

16 luglio 2021
Giorgio Agamben

Fonte: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-cittadini-di-seconda-classe
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[Questo articolo è stato pubblicato anche in Girodivite e Corpi e politica]

Dürrenmatt / Gnosi

Friedrich Dürrenmatt
L’incarico
ovvero
Sull’osservare di chi osserva gli osservatori
Novella in ventiquattro frasi
[Der Auftrag oder Vom Beobachten des Beobachters der Beobachter. Novelle in vierundzwanzig Sätzen, 1986]
Traduzione di Giovanna Agabio e Roberto Cazzola
Adelphi, 2012
Pagine 108

La storia, certo. La storia contemporanea. Con le sue guerre senza fine, pur se definite ‘a bassa intensità’. Con i suoi conflitti politici tra l’Occidente e il mondo arabo. Il mondo arabo come luogo nel quale l’Occidente prova le proprie armi, le usa, le distrugge e quindi può tornare a produrne, «un ciclo geniale per mantenere a pieno ritmo l’industria bellica e con ciò l’economia mondiale» (p. 85).
La storia, certo. Quella privata di uno psichiatra svizzero, di sua moglie che viene dichiarata morta tra le rovine di un deserto mediorientale, stuprata, strangolata, dilaniata dagli sciacalli.
La storia, certo. Quella di tecnologie a supporto della guerra e della violenza; tecnologie televisive e digitali mediante le quali tutti osservano tutti e nessuno può sfuggire, tanto da sembrare «talora che la natura osservi a sua volta l’uomo che la osserva e diventi aggressiva […] mentre i nuovi virus, i terremoti, le siccità, le inondazioni, gli uragani, le esplosioni vulcaniche, eccetera, sono ben mirate misure difensive della natura osservata nei confronti di chi la osserva» (19-20).
La storia, certo. Quella di una giornalista che viene incaricata dallo psichiatra di scoprire che cosa sia accaduto in quel deserto a sua moglie. Lei che accetta e che precipita in una serie di vicende grottesche, violente, estreme, sino a un finale tecnico-politico che si conclude con il sarcasmo di una nascita. 

Ma non è la storia, non sono le storie la trama di questo romanzo, come di ogni scritto di Dürrenmatt. Il tema, il suo tema, è «la terribile stupidità del mondo» (104), osservata con lo stesso gelo che lo scrittore attribuisce qui a un fotografo zoppo dal nome Polifemo, il quale «veniva osservato mentre osservava […] lui, Polifemo, era un dio caduto» (90-91) e il suo amico ed ex commilitone Achille è un «dio idiota» (104).
Termini, vicende, trame e sentimenti che confermano la natura profondamente gnostica dell’opera di Friedrich Dürrenmatt, nella quale l’accadere è generato da «un dio contaminato dalla sua creazione, un dio che stermina le sue creature» (99), osservare il quale significa guardare «dentro un gelido orrore» (92).
Tutto trema, si scioglie, si dissolve in un tempo che non redime, nel quale si è gettati. Tutto accade, acceca, annebbia in un mondo che è stato generato dalla potenza orba e ubriaca di Yahweh/Yaldabaoth, il quale nella sua presunzione ha generato «questa vita a rovescio ed enigmatica, intollerabile», come scrive Kierkegaard (alcuni personaggi del romanzo sono danesi) nella frase che fa da epigrafe al libro e che viene ripresa a p. 60. Tutto appare e sparisce in un «processo che si risolve nel puro nulla, dato che persino i protoni finiscono per disintegrarsi, e in questo ciclo terra, piante, animali ed esseri umani nascono e muoiono» (88-89).
F., questo il nome della giornalista che si avventura dentro il male, «si sentiva come una figura degli scacchi spinta di qua e di là» (69). Gli scacchi. Una geometria nella quale la pura razionalità del calcolo è metafora della guerra. Guerra che è ovunque in questa «novella in ventiquattro frasi» che infatti dilata per 24 volte il virtuosismo di uno dei primi racconti di Dürrenmatt, Il figlio (1943), dove in un unico denso periodo si mostra l’essenza selvaggia dell’uomo roussoviano, ritenuto per natura innocente.
I 24 capitoli de L’incarico sono tutti composti da un unico e lungo periodo, il libro consiste in 24 frasi che narrano una vicenda assai strana ma dall’inquietante sapore familiare, «in un grumo di odio e di ribrezzo» (14). Il grumo della storia.

L’ironia, lo splendore

Nel primo dei tre incontri dedicati alla narrativa di Friedrich Dürrenmatt organizzati la scorsa primavera dall’Associazione Studenti di Filosofia Unict (Dipartimento di Scienze Umanistiche, 14.3.2019) abbiamo analizzato sette racconti: Il figlio, Il torturatore, Il vecchio, Pilato, La caduta, La guerra invernale del Tibet, Minotauro. Una ballata.
In essi sono detti l’enigma, la storia, l’ironia, l’amore che manca, il buio dell’essere, lo splendore della parola, la Gnosi.
La registrazione dura due ore e tre minuti e quindi è davvero proibitiva ma un file mp3 può essere ascoltato camminando, cucinando, correndo, poltrendo…
Per chi vuole, c’è anche la possibilità di ascoltare l’audio e scorrere le diapositive che ho utilizzato durante la lezione: Dürrenmatt. I racconti 
Gli ultimi venti minuti sono dedicati al dialogo molto intenso con gli studenti, forma ed espressione della Communitas che l’Università di Catania è.

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