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Il progetto sionista

Sabato 17 maggio 2025 alle 18.30 nella sede della CGIL di Catania (via Crociferi 40) parlerò del progetto sionista nell’ambito di un evento dal titolo HeArt of Gaza. Children’s art from the Genocide.
Il progetto dello stato di Israele di espellere il popolo palestinese dalla sua terra ha radici antiche nella storia e nell’ideologia del sionismo. Tale volontà  appare sempre più evidente a chiunque guardi con un minimo di oggettività quello che da più di settanta anni accade in Palestina.
La deportazione di milioni di persone dalle loro case; il trasferimento forzato di migliaia di malati; il radere al suolo intere città della Striscia di Gaza; l’occupazione sempre più totale e violenta della Cisgiordania; il massacro di vecchi, donne, bambini attraverso bombardamenti indiscriminati e mediante la morte per fame, costituiscono delle prove schiaccianti di una volontà genocida che non ha intenzione di fermarsi prima di aver raggiunto i suoi obiettivi.
Cercheremo di conoscere e comprendere i fatti e le idee che stanno conducendo alla cancellazione di un popolo dalla terra e dalla storia.

 

Sull’Europa

Lunedì 12 maggio 2025 dalle 15.00 alle 17.00 nell’Aula B del Polo didattico ‘Virlinzi’ di via Roccaromana 43, a Catania, per gli studenti del corso di Teoria generale del Diritto terrò una lezione dal titolo Sull’Europa. Il Nomos della terra di Carl Schmitt.
A invitarmi al Dipartimento di Giurisprudenza è Alberto Andronico, professore ordinario di Filosofia del diritto nell’Ateneo di Catania.

«La formula dell’emisfero occidentale era diretta proprio contro l’Europa, l’antico Occidente. Non era diretta contro la vecchia Asia o l’Africa, ma contro il vecchio Ovest. Il nuovo Ovest avanzava la pretesa di essere il vero Ovest, il vero Occidente, la vera Europa. Il nuovo Ovest, l’America, voleva sradicare l’Europa, che fino ad allora aveva rappresentato l’Ovest, dalla sua collocazione storico-spirituale, voleva rimuoverla dalla sua posizione di centro del mondo» (Il Nomos della terra, Adelphi, p. 381)

Sul sionismo

Sabato 12 aprile 2025 alle 18,00 nella Villa Di Bella di Viagrande (CT) parlerò del sionismo insieme a Pino Cabras e Leonardo Nicolosi. Il mio intervento avrà come titolo Sionismo e valori. La doppia morale dell’occidente.
Quanto accade in Palestina da più di un secolo è una testimonianza assai chiara del nesso profondo che lega i principi morali – sostenuti da una potenza più forte e più agguerrita rispetto ai suoi vicini – al colonialismo, che nel caso della Palestina prende la forma di una relazione tra sionismo e valori volta a giustificare un genocidio.
La storia di questo genocidio è una conferma di quanto l’anarchico Proudhon aveva definito come inganno umanitario.
Le forme di tale inganno sono molteplici e toccano le varie sfere della vita individuale e collettiva. Una, assai antica, riguarda la peculiare strategia dell’aggressore che urla che lo sgozzano; del potente che accusa l’inferiore di recargli danno, ombra, pericolo; del dominante che stigmatizza e moralmente condanna l’odio del dominato nei suoi confronti.
Quanto sta accadendo in Palestina tra il 2023 e il 2025 ci permette di rispondere alla domanda, posta da decenni, su ‘come sia stato possibile’ nelle civili Europa e Germania degli anni Trenta e Quaranta del Novecento lo sterminio di milioni di persone. Adesso abbiamo la risposta.
È così che è stato possibile, è così che è possibile.
Con la capacità distruttiva che è frutto di un rapporto di forze del tutto sproporzionato; con una volontà genocida consapevole di se stessa; con una serie di atrocità commesse in nome di un Valore Supremo, che nel caso di Israele è di tipo politico-religioso; con la complicità – attiva o silenziosa – del resto del mondo.
Con la piena complicità dell’occidente anglosassone, che si reputa sede e culla dei valori umani ed è invece attuatore e complice dello sterminio.

Nomos

Mercoledì 9 aprile 2025 alle 16.00 nella Sala rettangolare del Coro di Notte del Disum di Catania si terrà un incontro organizzato dall’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU) nell’ambito del ciclo dedicato alle Letture.
Leggerò Il Nomos della terra di Carl Schmitt.

Ho scelto questo libro perché illumina il presente e disvela le sua dinamiche profonde. Alcuni libri somigliano infatti a vini di qualità: con il tempo migliorano la loro struttura, la loro fragranza, il gusto. Il Nomos della terra è tra questi. Pubblicato nel 1950, raccoglie e sistematizza nel modo più chiaro e più ricco non soltanto la sapienza giuridica che Carl Schmitt ha interpretato e inverato ma anche una vera e propria storia del Diritto internazionale dal Medioevo al Novecento e una compiuta, aperta e critica filosofia della storia.
La convivenza tra i popoli è il significato ed è l’obiettivo del diritto internazionale e dei rapporti tra le comunità, le nazioni, gli stati. Strutture diverse nel tempo e nello spazio ma tutte caratterizzate da una costante e millenaria dinamica di identità e differenza. Si può entrare infatti in una relazione pacifica con l’altro soltanto se si possiede una propria identità quanto più forte possibile. È in questo modo che si evita, sino a che è possibile, l’insicurezza che è potenzialmente foriera di conflitto. Un conflitto che però non sarà mai eliminabile data la natura finita e animale della specie umana, data cioè la complessità dei suoi bisogni.
È anche per questo che sino al Novecento l’obiettivo del diritto internazionale e delle relazioni tra i popoli non è stata un’impossibile eliminazione della guerra (scopo dell’assai pericoloso testo kantiano Per la pace perpetua) ma una praticabile sua limitazione volta a evitarne gli esiti distruttivi ed esiziali.
Il dominio contemporaneo dei valori morali e della guerra giusta; della criminalizzazione del nemico in quanto hostis injustus; dell’interventismo della potenza egemone in ogni luogo del mondo, segna la fine dello Jus Publicum Europaeum. E tuttavia anche l’imperialismo occidentale vede in questi anni una profonda crisi, dalla quale è auspicabile che nasca un nuovo nomos della terra.

«Chi si fa verme»

E dunque la seconda presidenza Trump sta cancellando le finzioni con le quali la colonia Europa ha giustificato a se stessa la propria servitù agli Stati Uniti d’America.
Ora il dominio del padrone americano appare per come realmente è: brutale, colonialistico, violento. Merito di questo miliardario è aver sollevato il velo – «sfrondato gli allori», direbbe Ugo Foscolo – e posto davanti agli occhi degli europei la verità del dominio e della servitù.
I ciechi non vedono, sennò non sarebbero ciechi, e tuttavia è talmente palese il disprezzo degli USA verso i colonizzati europei da gettare nello sconcerto i ceti dirigenti delle nazioni prone e il corrotto governo  dell’Unione Europea guidato da Ursula von der Leyen. Non si aspettavano proprio di essere ricambiati con il soldo dell’umiliazione, dopo aver fatto in tutto e per tutto gli interessi degli USA, distruggendo l’Europa in una guerra per procura contro la Federazione Russa e persino accettando il sabotaggio del gasdotto NordStream2 che riforniva di gas russo Germania ed Europa a costi molto vantaggiosi.
La psicologia collettiva e la filosofia della storia ci insegnano da sempre che un padrone può ben avvalersi dell’opera dei servi ma naturalmente non li rispetterà mai, proprio perché sono servi.
Tra i Paesi europei l’Italia è particolarmente disprezzata. Nel maggio del 2022 ponevo infatti «una semplice domanda: che cosa ha fatto la Federazione Russa all’Italia? In quali circostanze, modi, azioni ha aggredito il territorio italiano o le sue rappresentanze, ha tradito gli accordi commerciali o politici, ha leso i diritti dei cittadini italiani?»
La risposta è: niente, la Russia non ha fatto niente all’Italia nella sua storia recente. E tuttavia, pur senza aver subìto dalla Russia il minimo affronto o pericolo, l’Italia ha contribuito e sta contribuendo in modo massiccio – militarmente, finanziariamente, politicamente – alla guerra degli USA e della NATO contro la Russia. E questo anche a costo di sottrarre risorse finanziarie (soldi) alla sanità, alla scuola, all’università, ai trasporti. Lo fa il governo Meloni e lo fanno con altrettanto zelo le cosiddette ‘opposizioni’ guidate da quella entità penosa che è il Partito Democratico.
Perché accade? Perché, come spesso nella sua storia, l’Italia e i suoi governi sia di ‘destra’ sia di ‘sinistra’ sono senza onore, il che vuol dire che non fanno gli interessi degli italiani ma quelli dei padroni che guidano tali governi, ridotti a colonie.
«Wer sich aber zum Wurm macht, kann nachher nicht klagen, daß er mit Füßen getreten wird.
Ma chi si fa verme, non può poi lamentarsi d’essere calpestato»
(Immanuel Kant, Die Metaphysik der Sitten – La Metafisica dei costumi [1797], trad. e note di G. Vidari, Laterza, Bari 1973, parte II, I sezione, II capitolo, p. 297).
A proposito di metafore e similitudini etologiche, ha ragione Alberto Capece quando scrive che «la povera Europa strilla e corre senza meta come un gallina senza testa»…
Dolorosa e sostanziale testimonianza di tutto questo è infatti che la stessa struttura politica – l’Unione Europea e le sue articolazioni finanziarie – la quale con Draghi e con von der Leyen aveva per anni escluso categoricamente che si potesse deviare dal cosiddetto «patto di stabilità» per fornire ai cittadini europei i servizi sanitari, scolastico-universitari, pensionistici, dichiara ora che tale ‘patto’ può e deve essere sospeso per riempire l’Europa di armi. Ciò che non si poteva fare per salvare la sanità, i bambini, gli anziani, la formazione scolastica e universitaria, i trasporti, il lavoro (in Grecia e in tutta Europa) è ora richiesto e voluto per continuare una guerra e incrementare il militarismo, per dissipare in questo modo le risorse e le vite dei cittadini europei.
Qui si mostra la reale natura del liberismo e del capitalismo, una natura che è sempre guerrafondaia, sempre distruttiva, sempre antisociale.
E ancora una volta trova conferma la tesi che soltanto dalla dissoluzione dell’Unione Europea potrà forse rinascere la civiltà europea, ora in mano a un ceto dirigente globalista e delirante, un’Europa che mai era stata così politicamente umiliata.

Israele

[Versione (più ampia) dell’articolo in pdf]

Assistere al genocidio, alla distruzione, alla tortura di un intero popolo – donne, vecchi, bambini – il popolo palestinese, da parte di uno stato razzista e suprematista; approvare tale massacro e tutto questo orrore; dargli forza con le armi, con l’informazione, con la diplomazia. 
Che le classi dirigenti europee siano, nel 2025, complici di tale abominio, fa capire che cosa sia accaduto nel nostro continente negli anni Trenta del Novecento.
Fa capire quanto illegittima sia la pretesa di supremazia morale e politica sul resto del mondo da parte delle moribonde democrazie liberali.
Fa capire quanto carnefici siano Israele e le strutture statuali, finanziarie, mediatiche che nell’occidente anglosassone ne sostengono l’azione di sterminio.
Fa capire quanto fasulli e ipocriti siano i valori mediante i quali si è trasformato il discorso pubblico in un dogma, valori quali: il rispetto, la non violenza, l’inclusione et alia, proclamati ai quattro venti mentre si tace o si è complici della più tenace pratica di esclusione e di apartheid della storia contemporanea; ricordo pagine e pagine di commozione mediatica per un solo bambino morto durante il naufragio di una barca di migranti nel Mediterraneo; sulle decine di migliaia di bambini palestinesi assassinati, feriti, mutilati, per sempre traumatizzati, cala il silenzio da parte dei buoni, a dimostrazione che non sono buoni ma sono soltanto delle marionette che si muovono sulla base di ciò che televisione e altri media presentano.

La brachilogia avrebbe potuto fermarsi qui. E però affermazioni come queste devono essere documentate quanto meglio possibile. Il testo è diventato talmente ampio da non poter essere pubblicato in html, come pagina del sito. Ho dunque preparato un pdf, che potrà essere scaricato e letto da chi lo desidera. Qui ne riporto alcune pagine.
Parte di tale documentazione è stata da me utilizzata in un saggio dal titolo Sul genocidio dei Palestinesi, pubblicato sul n. 69 (luglio-agosto 2024) del bimestrale Dialoghi Mediterranei; altra documentazione, soprattutto quella proveniente dall’ONU, si trova qui: La soluzione finale.

Altri documenti:

1) La migliore analisi che abbia letto sull’evoluzione della politica e dell’identità israeliane è di Aleksandr Dugin: Il Grande Israele e il Messia vittorioso, «Euro-Synergies», 24.12.2024 (in francese).

2) Testi da La causa dei popoli
Un’ampia documentazione sul genocidio, che in Palestina è in corso non dall’autunno del 2023 ma da decenni, si trova nel numero VIII/20-21, 2024 della rivista La causa dei popoli. Inserisco qui il pdf dell’intero numero, dal quale estraggo le seguenti affermazioni:

«Due campi fondamentali all’interno della società ebraica israeliana, oggi impegnati in quella che si può definire una guerra civile fredda. Si tratta di uno scontro tra quello che possiamo definire lo stato di Giudea e lo stato di Israele. Lo stato di Giudea è sorto negli insediamenti ebraici della Cisgiordania. Nato come movimento ideologico marginale, non è diventato una forza politica di rilievo centrale. Non si preoccupa dell’opinione pubblica mondiale, inclusa quella americana, e crede di poter realizzare con l’aiuto di Dio uno stato ebraico elitario e teocratico tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo» (Ilan Pappé, p. 3);
«Il fatto che molti ebrei, in Israele e altrove, rifiutino il sionismo dimostra che questa ideologia colonialista e razzista non coincide con l’ebraismo. Non solo, ma il fatto che alcuni dissidenti siamo stati costretti a espatriare per scampare alle ritorsioni governative conferma che il regime non tollera gli oppositori, soprattutto se occupano posti di rilievo che permettono loro di raggiungere un vasto pubblico. Davanti a questi fenomeni, lonestà intellettuale dovrebbe imporre di ammettere che il titolo di ‘unica democrazia del Medio Oriente’ è l’espressione di una posizione filo-israeliana basata sulla malafede e del tutto slegata dalla realtà» (Alessandro Michelucci, p. 5);
«Molti dei miei parenti sono stati sterminati nell’Olocausto. Niente è più spregevole che usare la loro sofferenza e il loro martirio per tentare di giustificare la tortura, la brutalità e la demolizione delle case che ogni giorno Israele commette contro i palestinesi. Mi rifiuto di lasciarmi intimidire dalle lacrime. Se aveste un cuore lo usereste per piangere i palestinesi» (Norman Finkelstein, dal documentario American Radical: The Trials of Norman Finkelstein [2009], p. 11);
«Il 15 maggio 2023, per la prima volta, le Nazioni Unite hanno commemorato ufficialmente la Nakba palestinese, o  ‘catastrofe’, un trauma nazionale che è iniziato nel 1947 e non è ancora finito. A novembre gli stati membri dell’Assemblea Generale hanno votato una risoluzione dove si riconosce il calvario delle generazioni che vivono sotto l’occupazione da quando le milizie israeliane le hanno cacciate dalle loro città e dai loro villaggi per costruire uno stato sionista. Gli Stati Uniti hanno votato contro la risoluzione e hanno boicottato l’iniziativa. La Nakba e il progetto coloniale sionista non vengono raccontati nei libri di storia. Washington ha usato ogni mezzo per occultare la tragedia palestinese al pubblico americano» (Reza Behman, p. 20).
«Israele non tollera ctitiche di nessun tipo. A queste, laddove è possibile, reagisce con una censura che ha ormai raggiunto livelli degni delle dittature più buie. Questa censura non viene praticata soltanto dal governo di Tel Aviv, ma viene applicata diligentemente anche da molti altri paesi. Dall’Italia all’India, dagli Stati Uniti all’Australia, studenti e professori vengono sanzionati, convegni e concerti vengono cancellati, artisti ed esponenti politici vengono epurati per essersi espressi in modo sgradito al governo israeliano. Chiunque lo contesti viene accusato di antisemitismo; dimostrare pubblicamente contro il genocidio di Gaza diventa una manifestazione di solidarietà nei confronti di Hamas; negare il ‘diritto di reagire’ alle stragi del 7 ottobre 2023 significa auspicare la ‘cancellazione di Israele’. Accanto a questi casi, ben visibili perché legati a episodi specifici, ne esiste un altro, meno evidente ma molto più importante, che tocca un pilastro centrale dell’intera architettura statale israeliana: contestare il dogma che considera la Shoah un genocidio mai visto, unico e irripetibile, o meglio ancora, l’unico evento storico che meriti di essere considerato un genocidio. Tutto questo ha trovato conferma in tempi recenti» (Alessandro Michelucci, p. 37).
«Quello che Israele sta facendo a Gaza col sostegno americano è un crimine contro l’umanità che non ha nessuno scopo militare. […] terre. In un eccellente articolo della New York Review of Books, David Shulman racconta la conversazione che ha avuto con un colono, che riflette chiaramente la dimensione morale del comportamento israeliano. ‘Certo, quello che stiamo facendo è disumano’, ammette il colono, ‘ma se ci pensate bene, tutto deriva dal fatto che Dio ha promesso questa terra agli ebrei, e soltanto a loro’» (John J. Mearsheimer, pp. 51-52).

3) Un altro testo, che mi è capitato di leggere quasi per caso e del cui autore non so nulla, coglie una delle principali ragioni della tragedia che sta colpendo non soltanto i palestinesi, non soltanto gli ebrei, non soltanto il Vicino Oriente ma il nucleo stesso della civiltà europea: il pensare. Perché pensare significa anche tenere conto della potenza del Sacro e dunque cercare di delimitarla. Se non ci si riesce, il risultato è la ferocia, è il massacro.
Il Sacro non potrà mai essere cancellato, esso infatti coincide in gran parte con l’umano. Può e deve invece quanto più possibile essere circoscritta la sua manifestazione religiosa, che è una espressione non di pensiero ma di autorità. Da questa prospettiva i due secoli forse meno religiosi della storia europea recente sono stati il Sette e l’Ottocento. Il Novecento ha invece visto un ritorno potente del sentimento religioso tramite la trasformazione delle opzioni politiche in fedi appunto religiose. Il XXI secolo sta aggravando tale metamorfosi, che non a caso – anzi inevitabilmente – si sta inverando nell’imposizione di verità indiscutibili; nella metamorfosi di contenuti politici, etici, scientifici in verità di fede; nella trasformazione dei critici in eretici.
Esempio tragico di tutto questo è l’essere diventato lo Stato di Israele un tabù, che in quanto tale nessuno può toccare, non può neppure sfiorare. Ecco perché l’autore propone di dissacrare Israele, per ricondurre a sensatezza la politica e a misura la storia. E, naturalmente, per continuare a pensare senza obbedire a dogmi.
Si tratta dunque di una riflessione che (anche se con alcuni limiti) va al di là delle armi, della geopolitica, della cronaca e dell’informazione, pur avendo come oggetto le armi, la geopolitica, la cronaca e l’informazione.
Dissacrare Israele, di Stac, da MyTwoSpicci, 16.11.2024

4) Per quanto infine riguarda la tregua sottoscritta da Israele e da Hamas, temo che sarà soltanto una pausa più o meno breve nel progetto del Grande Israele, e dunque nella pratica del genocidio.
Sulla base della storia e alla luce dell’apartheid, del razzismo e del colonialismo israeliani, credo che abbia ragione Chris Hedges a scrivere (16.1.2025) che «Israele, per decenni, ha giocato a un gioco ingannevole. Firma un accordo con i palestinesi che deve essere attuato in fasi. La prima fase dà a Israele ciò che vuole, in questo caso il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza, ma Israele di solito non riesce a implementare le fasi successive che porterebbero a una pace giusta ed equa. Alla fine provoca i palestinesi con attacchi armati indiscriminati per vendicarsi, definisce la risposta palestinese come una provocazione e abroga l’accordo di cessate il fuoco per ricominciare il massacro». Spero davvero di sbagliarmi, ne sarei sorpreso e felice.
In ogni caso, «i filmati dai droni mostrano i palestinesi che camminavano tra gli edifici distrutti nell’area di al-Saftawi tra Jabalia e Gaza City nel nord di Gaza dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco.
La guerra di Israele contro Gaza, durata 15 mesi, ha ucciso 46.913 palestinesi e ne ha feriti altri 110.750, secondo il ministero della Sanità di Gaza.
Per 471 giorni, le forze di occupazione israeliane hanno impedito alle ambulanze e alle squadre di protezione civile di entrare nelle aree colpite a Gaza, ostacolando gli sforzi per curare i feriti, recuperare migliaia di persone da sotto le macerie e persino registrare con precisione il numero di palestinesi martirizzati e feriti» (Giubbe rosse, 19.1.2025)

In conclusione, i fatti – e non le tesi pregiudiziali – dimostrano che lo Stato di Israele non è per nulla «l’unica democrazia del Medio Oriente» ma, al contrario, è un’entità politica caratterizzata dai seguenti elementi:
-forti tendenze autoritarie e repressive, che si esplicano anche nella persecuzione dei propri cittadini di etnia e religione ebraica, come i membri di Neturei Karta International, che è un’associazione internazionale di ebrei ortodossi i quali condannano in modo assai chiaro il sionismo dello stato di Israele, giudicandolo incompatibile con la fede e con l’identità ebraiche. Qui si trovano dei documenti inerenti tale Associazione: Gaza 2023;
-una politica interna caratterizzata da apartheid e razzismo nei confronti dell’etnia araba;
-una politica estera di impronta colonialista e suprematista.

La soluzione finale

Nel saggio dedicato al Genocidio dei palestinesi pubblicato sul numero 68 (luglio-agosto 2024) della rivista Dialoghi Mediterranei avevo ampiamente citato il rapporto – dal titolo A/HRC/55/73 – del «Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967», incarico attualmente ricoperto dall’italiana Francesca Albanese.
Il primo ottobre 2024 l’ONU ha presentato un secondo rapporto dal titolo A/79/384. Il genocidio come cancellazione coloniale. Pubblico qui sia il testo originale sia la traduzione predisposta dal sito «L’Indipendente» e diffusa anche dalla testata girodivite.it. Consiglio vivamente la lettura integrale delle sue 35 pagine (eventualmente anche scaglionandola nel tempo). Il testo in quanto tale è assai più breve, esso è integrato infatti da ben 321 note tecnico-giuridiche.
La relatrice Albanese sintetizza i contenuti del Rapporto in una chiara e vivace intervista  dal titolo: Perché quello israeliano è un genocidio: intervista alla Relatrice ONU Francesca Albanese (L’Indipendente, 9.11.2024).

Chi leggerà il rapporto A/79/384 si farà un’idea ampia e concreta di quanto sta accadendo sotto i nostri occhi e confronterà tale idea con la propria coscienza di persona umana e di cittadino. Qui seleziono alcuni brani e tuttavia, ripeto, soltanto una lettura integrale del documento potrà far capire, se desideriamo capire e se desideriamo sapere.

Pdf del Rapporto in inglese

Pdf della traduzione italiana

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La totalità degli atti di distruzione israeliani sono diretti contro l’intero popolo palestinese con l’obiettivo di conquistare l’intero territorio della Palestina.

La violenza si è diffusa oltre Gaza, poiché le forze israeliane e i coloni violenti hanno intensificato i modelli di pulizia etnica e apartheid in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.

Dal precedente rapporto della Relatrice Speciale (A/78/545), e nonostante gli interventi della Corte internazionale di giustizia, gli atti genocidi si sono moltiplicati. L’assalto, che risponde alla tattica del “fare terra bruciata”, durato quasi un anno, ha portato alla distruzione calcolata di Gaza: il costo umano, materiale e ambientale incommensurabile.
Dal marzo 2024, Israele ha ucciso 10.037 palestinesi e ferito 21.767 in almeno 93 massacri, portando il bilancio rispettivamente a quasi 42.000 e 96.000, sebbene i dati provenienti da fonti attendibili siano incompleti e potrebbero sottostimare l’entità delle perdite.

Almeno 13.000 bambini, tra cui più di 700 neonati36, venivano uccisi, spesso con un proiettile conficcato nella testa o nel petto.
In 300 giorni, 32 ospedali su 36 sono stati danneggiati, 20 ospedali e 70 su 119 centri di assistenza sanitaria di base sono stati resi incapaci di funzionare69. Al 20 agosto, Israele aveva attaccato strutture sanitarie 492 volte.
Dal 18 al 1o di aprile, le forze israeliane hanno nuovamente assediato l’ospedale di Chifa, uccidendo pi. di 400 persone e arrestandone altre 300, tra cui medici, pazienti, sfollati e funzionari pubblici.
Nell’agosto 2024, il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich ha affermato che era “giustificato e morale” far morire di fame l’intera popolazione di Gaza, anche se dovessero morire 2 milioni di persone.
I palestinesi subiscono sistematicamente maltrattamenti nella rete israeliana di campi di tortura.

La devastazione inflitta a Gaza si sta ora diffondendo in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Nel dicembre 2023, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aveva predetto che “quando l’IDF finir. Gaza, sarà il turno della Giudea e della Samaria [Cisgiordania]”.
25. Tra il 7 ottobre 2023 e la fine di settembre 2024, le forze israeliane hanno effettuato pi. di 5.505 raid. Coloni violenti, che agiscono con il sostegno delle forze israeliane e dei funzionari israeliani, hanno effettuato 1.084 attacchi, uccidendo più di 692 palestinesi.

Come a Gaza, molti di loro sono accademici, studenti, avvocati, giornalisti e difensori dei diritti umani, descritti come “terroristi” o “minacce alla sicurezza nazionale.

55. L’ambizione di fondare un “Grande Israele” (Eretz Israel), e consolidare così la sovranità ebraica sul territorio che oggi comprende sia Israele che i territori palestinesi occupati, è un obiettivo di lunga data, presente fin dagli inizi del progetto sionista e anche prima della creazione dello Stato di Israele. Il diritto, legittimamente riconosciuto, all’autodeterminazione dei palestinesi in relazione a questo territorio così come la loro presenza in gran numero costituiva ostacoli giuridici e demografici alla realizzazione del “Grande Israele”.
56. I governi che si sono succeduti hanno perseguito questo obiettivo, che si basa sulla cancellazione del popolo indigeno palestinese.

Tuttavia, è risaputo che Israele non può legittimamente invocare l’autodifesa contro la popolazione sotto occupazione.
Continuando a reprimere l’esercizio del diritto all’autodeterminazione, Israele riproduce casi storici in cui l’autodifesa, la controinsurrezione o l’antiterrorismo sono stati utilizzati per giustificare la distruzione del gruppo, portando al genocidio.
Come annunciato dal presidente di Israele, Isaac Herzog, Israele agisce sulla base del fatto che “un’intera nazione è responsabile”. L’intera popolazione – che Israele, secondo le sue stesse parole, ritiene non innocente e non dovrebbe essere scagionata – è stata oggetto di attacchi indiscriminati e sproporzionati.
Le tattiche della terra bruciata hanno diffuso il terrore tra i civili, ben oltre i limiti della forza legittima. Il continuo e infondato richiamo all’affiliazione con Hamas così come le accuse di utilizzo di “scudi umani” in quasi ogni attacco contribuiscono a nascondere il fatto che i civili vengono sistematicamente presi di mira, il che di fatto cancella la natura civile della popolazione palestinese.

Hind Rajab, 6 anni, ucciso da 355 proiettili dopo aver pianto per ore.
Quando la polvere si sarà depositata su Gaza, conosceremo la reale portata dell’orrore vissuto dai palestinesi.
Il numero di ostaggi uccisi dai bombardamenti indiscriminati israeliani o dal fuoco amico è stato superiore al numero di ostaggi salvati.

Oggi, il genocidio della popolazione palestinese sembra essere il mezzo per raggiungere un fine: la completa espulsione o sradicamento dei palestinesi dalla terra che è parte integrante della loro identità e che è illegalmente e apertamente ambita da Israele.
Riconoscere ufficialmente che Israele è uno stato di apartheid e che viola costantemente il diritto internazionale.

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