Il peggior presidente della storia della Repubblica si è dimesso. Continuerà a contare, naturalmente, e a vivere come un principe. I danni enormi che ha inferto alla democrazia italiana sono palesi. Ho cercato in questi anni di indicarli. Brevemente, come si conviene, ma con chiarezza.
Giorgio von Hindeburg (7.3.2010)
Corea (del Nord) (24.6.2012)
Borsellino e il Presidente (19.7.2012)
I barbari (26.8.2012)
Il peggiore (8.4.1013)
Mummificati (21.4.2013)
Staatsgewalt / Ausschuß (8.6.2013)
Eguali (14.8.2013)
Fallocefali (19.9.2013)
Trame / Palazzi (11.2.2014)
Il Parlamento di Napolitano e delle due Destre (31.7.2014)
6 commenti
agbiuso
Il nemico della Costituzione è morto, i danni da lui inferti rimangono.
agbiuso
Il nemico della Costituzione repubblicana celebra il suo effimero trionfo.
Napolitano e Renzi sono i padroni del Partito Democratico, un’accozzaglia di miserabili.
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il manifesto, 14.10.2015
CenÂtoÂsetÂtanÂtotto voti, anzi 179 perÂché la camÂpioÂnessa Josefa Idem, appena rienÂtrata dalla malatÂtia, ha sbaÂgliato a votare «e mi scuso per i giorni in cui sono manÂcata». È una magÂgioÂranza assoÂluta larga, 18 voti sopra la soglia che sarà obbliÂgaÂtoÂrio ragÂgiunÂgere nella seconda e defiÂniÂtiva letÂtura della riforma costiÂtuÂzioÂnale che il senato potrà fare a parÂtire dal prosÂsimo 14 genÂnaio. Se, com’è proÂbaÂbile, la camera non tocÂcherà una virÂgola dei sei artiÂcoli del diseÂgno di legge che dovrà rieÂsaÂmiÂnare entro la fine dell’anno, sesÂsione di bilanÂcio permettendo.
Il governo è in trionfo, ma i numeri dimoÂstrano che i voti dei tranÂsfuÂghi del cenÂtroÂdeÂstra sono indiÂspenÂsaÂbili. A parÂtire dal gruppo VerÂdini, con i suoi 13 senaÂtori ieri tutti preÂsenti, pasÂsando per la copÂpia ex forÂziÂsta Repetti-Bondi, i tre su dieci del resiÂduo Gruppo Gal fino ai due senaÂtori che non molÂlano Forza ItaÂlia ma neanÂche Renzi. In tutto venti voti deciÂsivi per scaÂvalÂlare la soglia di sicurezza.
Nel Pd la minoranza dei trenta che furono è stata completamente riassorbita.
E graÂziata da CalÂdeÂroli, che non ha letto in aula gli sms degli ex barÂriÂcaÂderi — il leghiÂsta ha rinÂnoÂvato la minacÂcia: «Li metÂterò in un libro, ne ho riceÂvuti anche dal governo». Alla fine nel parÂtito del preÂsiÂdente del ConÂsiÂglio solo in quatÂtro non hanno votato la riforma: Tocci e Mineo conÂtrari, CasÂson asteÂnuto e la senaÂtrice Amati assente. Ma sopratÂtutto è arriÂvato l’annunciato voto di GiorÂgio NapoÂliÂtano, che ha spieÂgato di non essere interÂveÂnuto nei giorni del dibatÂtito «perÂché mi è semÂbrato più approÂpriato». Ma quando si conÂtano i voti, eccolo. L’ex preÂsiÂdente della RepubÂblica è l’unico senaÂtore a vita a votare, l’altra preÂsente, la senaÂtrice CatÂtaÂneo da lui nomiÂnata, è conÂtraÂria alla riforma e si astiene.
Quando entra nell’emiciclo, bastone a destra e borsa da lavoro a siniÂstra, il senaÂtore NapoÂliÂtano schiva l’imbarazzante Barani, appena riamÂmeso in aula dopo la sospenÂsione per gestacci, e si dirige verso l’amico SerÂgio Zavoli. Sta parÂlando la preÂsiÂdente del gruppo misto, la senaÂtrice di Sel LoreÂdana De Petris che in quel preÂciso momento legge le prime righe dell’articolo dei costiÂtuÂzioÂnaÂliÂsti pubÂbliÂcato ieri dal maniÂfeÂsto. NapoÂliÂtano gira alla larga e cerca un posto nella prima fila, rapido glielo cede Casini. La miniÂstra Boschi l’ha ricoÂnoÂsciuto padre della nuova CostiÂtuÂzione ma avenÂdolo lì governo e Pd si mostrano timidi, prima del voto non corÂrono a farÂgli la ruota.
Lasciano così spaÂzio a VerÂdini, il quale sa come si conÂquiÂsta l’attenzione. L’ex bracÂcio destro di BerÂluÂsconi piomba dai banÂchi in alto a destra dove ha trinÂceÂrato i suoi e si inventa un omagÂgio all’ex preÂsiÂdente, un saluto fatto di poche parole e molte fotoÂgraÂfie. Nel fratÂtempo tocca interÂveÂnire proÂprio ai verÂdiÂniani e prende la parola un senaÂtore qualÂsiasi. Gli ex squaÂliÂfiÂcati Barani e D’Anna non solo non parÂlano ma venÂgono fatti sedere in modo da non entrare nella diretta tv.
Quando tocca a NapoÂliÂtano, che interÂviene a nome del gruppo delle autoÂnoÂmie al quale si è iscritto appena sceso dal Colle, spunta il senaÂtore SciÂliÂpoti, disdiÂceÂvole rapÂpreÂsenÂtante del traÂsforÂmiÂsmo quando il traÂsforÂmiÂsmo era disdiÂceÂvole. Ormai è l’ultimo dei berÂluÂscoÂniani e piazza sul banco di NapoÂliÂtano, a coprirÂgli il testo dell’intervento, un foglio dove si legge «2011». RifeÂriÂmento alla stoÂria del «golpe» del Colle, Monti a palazzo Chigi al posto di BerÂluÂsconi. I comÂmessi lo bracÂcano, SciÂliÂpoti conÂseÂgna il foglio, poi ne tira fuori un altro dalla tasca. E via così tre volte, fino a che si placa e NapoÂliÂtano attacca. L’aula si fa silenÂziosa e anche piutÂtoÂsto vuota, perÂché già i leghiÂsti sono andati via svenÂtoÂlando costiÂtuÂzioni e olio di ricino, poi quelli del MoviÂmento 5 sfiÂlano in muta proÂteÂsta per non senÂtire l’ex preÂsiÂdente. E nel silenÂzio cominÂcia a squilÂlare un teleÂfono sugli abbanÂdoÂnati banÂchi leghiÂsti, per cui i primi cinÂque minuti di NapoÂliÂtano somiÂgliano a quelli di C’era una volta in AmeÂrica. Fino a che il teleÂfono tace e si può senÂtire NapoÂliÂtano parÂlare di sé stesso, di quello che ha fatto al QuiÂriÂnale, di quello che aveva detto nel primo giuÂraÂmento, della comÂmisÂsione di saggi che aveva beneÂdetto. ImmeÂdiaÂtaÂmente dopo parla QuaÂgliaÂriello che è giuÂsto uno di quei saggi e cominÂcia — ce ne fosse bisoÂgno — con una citaÂzione di Napolitano.
Ma è proÂprio NapoÂliÂtano che, inaÂspetÂtaÂtaÂmente, avverte: «BisoÂgnerà dare attenÂzione a tutte le preÂocÂcuÂpaÂzioni espresse in queÂste setÂtiÂmane in mateÂria di legiÂslaÂzione eletÂtoÂrale e di equiÂliÂbri costiÂtuÂzioÂnali». Stiamo facendo una prova? È un invito a torÂnare indieÂtro sulla legge eletÂtoÂrale che proÂprio lui ha batÂtezÂzato? Un inciÂtaÂmento a torÂnare al preÂmio per le coaÂliÂzione? FioÂriÂscono ipoÂtesi, ma non è il caso di immaÂgiÂnare chissà quale piano. L’ex capo dello stato argoÂmenta ormai da renÂziano. QueÂsta riforma può non essere perÂfetta, ricoÂnoÂsce il suo «padre» nel momento cui mette il sigillo, ma quello che ci ha ferÂmato fino a qui «è stata la defaÂtiÂgante ricerca del perÂfetto o del meno imperÂfetto». Renzi avrebbe detto: «Si può essere o meno d’accordo su ciò che siamo facendo, ma lo stiamo facendo», e infatti l’ha detto.
A proÂpoÂsito di fare, appena comÂpleÂtato il pasÂsagÂgio trionÂfale della riforma, il governo ha dovuto ammetÂtere che alcune norme tranÂsiÂtoÂrie proÂprio non stanno in piedi. Invece di rinÂviare alla camera le corÂreÂzioni, Grasso ha conÂcesso di modiÂfiÂcare il testo come «coorÂdiÂnaÂmento». Rapida alzata di mano e via. Tutti ad abbracÂciare Napolitano.
agbiuso
Sangue e merda
Rino Formica affermò che “la politica è sangue e merda”. Aveva una buona conoscenza del suo partito, di Bottino Craxi e del suo tesoriere, tal Giuliano Amato, il presidente della Repubblica preferito da Berlusconi, un condannato a capo di un partito fondato con la benedizione della mafia e con Dell’Utri in carcere.
Il M5S non si rassegna a un’idea della politica basata sulla merda, sugli accordi sotto banco, sul continuo furto di democrazia dell’ebetino. Il M5S vuole respirare “il fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso” citato da Paolo Borsellino. E’ una utopia. Bene, ci batteremo per questa utopia fino a quando potremo. Vogliono cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza e di notte come i ladri? Il M5S si sottrae a questo gioco. Vuole trasparenza e democrazia. Referendum senza quorum e obbligo della discussione parlamentare delle leggi di iniziativa popolare. Vuole uno Stato che rappresenti i cittadini, non i partiti.
Questo Parlamento è incostituzionale, lo ha scritto la Corte (do you remember Mattarella?). Il silenzio di Mattarella di fronte allo scempio della Costituzione fatto da Renzie, mai eletto neppure in Parlamento che ieri notte si aggirava come un bullo in parlamento a provocare le opposizioni, questo silenzio è inquietante, forse peggio dei moniti di Napolitano. Formica fu ottimista, oggi la politica non è più sangue e merda, ma solo merda. Quando un parlamentare del pd ti stringe la mano non solo dopo devi lavarla, ma devi anche disinfettarla. Usate i guanti di lattice.
Noi non ci rassegniamo a questa idea della politica senza confronto, negazione della democrazia, volta solo a proteggere interessi insondabili e vantaggi di pochi. Noi non ci rassegniamo. Che i partiti si mettano l’animo in pace. Hanno già perso. Di noi non si sbarazzeranno mai. Di noi non si libereranno.
agbiuso
Si comprende perché le monarchie sono durate millenni e ne esistono ancora. E la loro corte oggi si chiama «stampa»:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/02/05/servizio-pubblico-travaglio-tutti-colori-di-mattarella/337512/ …
agbiuso
Così Daniela Preziosi conclude un suo articolo dal titolo La sinistra Pd ora invoca la diga «alle sciocchezze istituzionali», il manifesto, 1.2.2015
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NesÂsuno lo dice aperÂtaÂmente (solo CorÂraÂdino Mineo defiÂniÂsce NapoÂliÂtano «uno staÂliÂniÂsta senza lotta di classe, ovvero uno staÂtaÂliÂsta») ma con l’elezione di MatÂtaÂrella si slaÂtenÂtizza un penÂsiero inconÂfesÂsaÂbile nella minoÂranza Pd: che MatÂtaÂrella sarà un alleato per disÂsuaÂdere Renzi non dal comÂpleÂtare il proÂcesso delle riforme, ovviaÂmente, ma dalle «sciocÂchezze istiÂtuÂzioÂnali» che conÂtenÂgono.
L’alleato che NapoÂliÂtano, con le sue ripeÂtute esterÂnaÂzioni conÂtro i disÂsensi deruÂbriÂcati al rango di «attegÂgiaÂmenti freÂnanti», non è stato. Ma queÂsto fin qui non si poteva dire: nel novenÂnato scorso — dai tempi in cui NapoÂliÂtano era una ancora di salÂvezza conÂtro le periÂpeÂzie legiÂslaÂtive del governo BerÂluÂsconi, a quelli in cui il Colle ha indiÂcato la strada delle larÂghe intese con Monti anziÂché quella del voto, al «manÂdato conÂgeÂlato» di PierÂluigi BerÂsani fino ai nostri giorni — NapoÂliÂtano era per il Pd un papa infalÂliÂbile e insinÂdaÂcaÂbile, del quale «nihil nisi bonum».
Dario Generali
Caro Alberto,
ho letto l’articolo sul “Fatto Quotidiano” e sono rimasto indignato.
So dei molti privilegi della nostra casta di governanti, ma quello che viene dato agli ex presidenti mi pare vada oltre ogni limite di ragionevolezza.
Chiunque avesse mantenuto anche un minimo barlume di moralità rifiuterebbe privilegi simili, soprattutto in anni in cui si chiedono ai cittadini sacrifici economici straordinari, si eleva la pressione fiscale oltre ogni limite accettabile e si tagliano i servizi, la formazione e la ricerca in modi che non posso che definire barbari.
Per quello che mi risulta, l’unico ad aver rifiutato la residenza principesca al Quirinale e a non aver abusato di simili privilegi è stato Pertini, ma politici di questo genere, per il nostro paese, sono purtroppo rare eccezioni.
Un caro saluto.
Dario