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Vita pensata 6 – Dicembre 2010

Vita pensata 6 – Dicembre 2010

È uscito il numero 6 di Vita pensata, Rivista mensile di filosofia

Indice del numero 6 – Dicembre 2010

[Miei contributi]

Editoriale: Università (con Giusy Randazzo), p. 4

Alfabeta e analfabeti, pp. 5-9

Sebastiano Ricci, le verità del mito (con Giusy Randazzo), pp. 38-39

Della dissimulazione necessaria, pp. 40-41

Mente, evoluzionismo e altri disordini, pp. 47-51

5 commenti

  • agbiuso

    Dicembre 5, 2010

    @ Filippo Scuderi
    Caro Scuderi, la ringrazio di cuore per delle parole tanto belle. Lei è uno degli studenti più appassionati che abbia avuto. Continui anche lei così.

    @ diegob
    Nessuna impertinenza, caro Diego. La sua domanda mi ha dato l’occasione di dire che cosa penso della mia professione. Grazie, quindi.
    Catania è lontana dalla Liguria, è vero, ma noi l’aspettiamo lo stesso.

  • diego b

    Dicembre 5, 2010

    gentile filippo, purtroppo la città degli elefanti è lontana da qui, ed io non ne ho il tempo, ma non dubito che ne valga la pena

    non volevo essere impertinente col professore, in fondo siamo coetanei (io un poco più vecchio), e quindi mi sono permesso una domanda sul filo del paradosso

    leggo sempre con interesse i suoi commenti, anch’essi preziosi, caro scuderi

  • filippo scuderi

    Dicembre 5, 2010

    Caro Diego, le posso dare un consiglio; vada ad assistere ad una lezione del Prof. Biuso, e penso che non scriverà più a proposito di cambiare mestiere , perchè le posso assicurare che la facoltà di filosofia di Catania è orgogliosa di avere un professore giovane ed intenso nel suo mestiere come il professore Biuso, e sono felice che non pensi minimamente di cambiare mestiere,la sua materia ” filosofia della mente “, non è una passeggiata, personalmente non riuscirei a pensare questa materia in mano ad altri professori ,(chiedo scusa, non voglio offendere nessuno)-
    Grazie Prof.Biuso continui cosi.
    F.S.

  • agbiuso

    Dicembre 4, 2010

    Caro Diego,
    rispondo volentieri alla sua domanda, personale sì ma non impertinente.
    Ho insegnato per quindici anni nei Licei (un’esperienza splendida) e le assicuro che le incombenze burocratiche e il tempo sprecato sono in quel contesto enormi e sempre in crescita. Sembra quasi che uno degli obiettivi sia scoraggiare gli insegnanti che hanno passione per lo studio.

    Da quando sono passato all’Università, ho la fortuna di poter studiare in pace, quello che più mi interessa. I giochi di potere, le invidie, la corruzione sono in realtà presenti in tutti gli ambienti di lavoro. Che anche l’Università ne sia vittima, ci impressiona perché pensiamo a quel luogo in maniera forse un po’ ingenua, come se non fosse abitato da esseri umani ma da menti disincarnate.
    In questo contesto, complesso e contraddittorio come molti altri, cerco di comportarmi nella maniera più corretta possibile, che per un docente significa anzitutto studiare molto, comunicare a lezione e con le pubblicazioni ciò che ha imparato, valutare con criteri oggettivi coloro che si presentano agli esami.
    Quanto al cambiare mestiere, non ci penso minimamente: studiare e insegnare sono la mia stessa vita.

  • diego b

    Dicembre 4, 2010

    sto leggendo con interesse; la recensione sul numero tematico di micromega è un concentrato potente di tematiche dalle quali sono molto attratto (un nome per tutti: edoardo boncinelli), ed è essa stessa un microcompedio molto gustoso di temi

    ma venendo all’università, a quel mondo così in sofferenza (la si descrive spesso con toni che oscillano fra kafka e tucidide della peste in atene), mi pemetto una domanda personale, forse impertinente, caro prof. biuso

    non le viene mai la tentazione di mandare tutti a quel paese? non le viene mai la tentazione di andare magari a insegnare in una scuola media o, addirittura, a fare un altro mestiere?

    così da poter studiare in pace?

    ovviamente è una domanda retorica, ma a volte ho la strana impressione che tutto la serie dei tormenti burocratici, delle vicissitudini gerarchiche, dei bizantinismi di potere, portino un luogo a non essere il luogo del sapere, ma il luogo della maledizione del sapere

    scrivo questo perchè una persona mia amica, che ha rapporti (precari) con l’università una volta mi ha scritto: beato te, che leggi quel che ti pare e scrivi quel che ti pare, visto che fai altro, per vivere

    io credo che l’università dovrebbe essere un presidio di autorevolezza: siccome ci sono miliardi di parole scritte, ci vuole un luogo dove, qualcuno possa discernere il buono, l’importante, in questo flusso troppo indeterminato

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