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L'Expo di Justin Durban

di Anonimo Anonymous
Tbook, Milano 2009
Pagine 171

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Questo libro va descritto e commentato su due piani. Uno è quello dei suoi contenuti, l’altro è la forma in cui appare. Partiamo dal primo.

Il luogo è la Hulahop Valley. Il protagonista è Justin Durban, un anziano manager che viene chiamato, dai due partiti che si contendono l’amministrazione della Valle, al ruolo di Governatore, certi che solo di una funzione rappresentativa si sarebbe trattato. Invece Durban comincia a rivoluzionare lo Stato e la sua capitale in vista dell’imminente Expo. Una città inquinata, insicura, umida e insieme senz’acqua, a volte invivibile, si trasforma in modo lento ma inarrestabile in uno spazio con pochissimi automezzi privati, sempre fresco e gradevole, quasi privo di criminalità (il “quasi” si chiarisce alla fine…), con un’altissima qualità della vita per tutti, anche per gli anziani. In questo modo, l’Expo diventa non una vetrina costosissima, inutile e in mano agli speculatori ma un evento che testimonia ciò che è possibile fare per rendere migliore l’esistenza umana.
Un’utopia, che però nasce dalla convinzione «che oggi tra l’immaginare e il fare, in moltissimi casi, quel che manca è solo il coraggio di prendere una decisione» (pag. 170) perché, come recita l’epigrafe da Einstein, «Tutti sanno che una cosa è impossibile. Finché non arriva chi non lo sa, e la fa». E però, al pari di tutte le utopie, anche quella dell’anonimo di questo testo richiede una massiccia presenza della forza pubblica nella vita dei singoli e delle comunità. I risultati sono eccellenti certo (sarei ben lieto di vederne realizzati anche solo una parte…) ma la condizione è sempre la stessa di ogni progetto di rigenerazione sociale: l’invasività del potere.

Il luogo reale al quale l’Anonimo si riferisce è trasparente ed è Milano, col suo prossimo e distruttivo Expo del 2015. Le innovazioni descritte nel racconto sono tranne una tutte tecnicamente possibili e alcune già esistenti. Il linguaggio è piano e descrittivo, a volte anche troppo, come se si trattasse di un progetto da sottoporre ai decisori. Ma vibra in queste pagine una grande fiducia nell’intelligenza tecnica, nell’onestà fattiva, nel primato della collettività rispetto all’arroganza del singolo e dei politici di professione. E il testo è esso stesso una testimonianza visibile di tale volontà di innovare.

Questo libro infatti, e così veniamo al secondo piano cui accennavo all’inizio, ha una struttura assai diversa da quella dei tradizionali volumi. Si presenta come un’agendina per appunti, con un’agile rilegatura a spirale (già sostituita nella nuova versione con un anello unico e più elegante), stampata su entrambi i lati del foglio, con una robusta copertina e soprattutto con due alette di pelle ai lati nelle quali inserire le dita per una lettura comoda e continua. Lasciato in piedi su un tavolo, il libro diventa un leggio di se stesso. Le dimensioni e la comodità dei lettori di ebook elettronici si uniscono in tal modo alla leggibilità e inimitabilità della carta stampata. Questo è il tbook, un oggetto innovativo, un’originale tappa nella lunga e magnifica storia del libro.

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