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Platone e la Differenza

Ho inserito su Dropbox il file audio (ascoltabile e scaricabile sui propri dispositivi) della lezione di Filosofia teoretica svolta il 3.4.2017.
Abbiamo parlato della metafisica in Platone e Heidegger. In particolare: Platone e la differenza; l’epigrafe platonica a Sein und Zeit tratta dal Sofista 244a: «Perché è chiaro che voi avete una lunga familiarità con quello che propriamente intendete quando usate l’espressione ‘ente’ (ὄν / seiend), ma noi, una volta sì credevamo di averlo compreso, ora però siamo caduti nell’imbarazzo»; pluralismo e monismo; «tutto ciò che è altro non è che δύναμις», altro non è che capacità di diventare; l’apologia platonica del divenire; le strutture dell’essere: stasi e movimento, identità e differenza; l’essere si dice in molti modi: unità, relazione, predicato; la dialettica come differenza ontologica e «scienza degli uomini liberi».
La registrazione dura un’ora e 43 minuti.

Incorrect

The Square
di Ruben Östlund
Svezia, Danimarca, USA, Francia, 2017
Con: Claes Bang (Christian), Elisabeth Moss (Anne), Terry Notaryy (Oleg)
Trailer del film

«Rigore è quando arbitro fischia» diceva Vujadin Boskov . «Arte è quando artista lo dice», potremmo parafrasare. «È così? Non c’è dubbio. Per ora. Finché dura il party generalizzato. La festa immobile dell’anti-arte, della spiritualizzazione banalizzata del far-niente estetico d’un inafferrabile ‘Io è un altro’, del trionfo dell’autofeticizzazione servo/sovrano» (Giuseppe Frazzetto, L’artista sovrano. L’arte contemporanea come festa e mobilitazione, Fausto Lupetti editore, Bologna 2017, p. 206).

Il party generalizzato è gestito da Christian, direttore di un Museo d’arte contemporanea di Stoccolma. Il prossimo spazio situazionale sarà The Square, un’opera spiegata con queste parole: «Il quadrato è un santuario di fiducia e altruismo, entro i cui confini tutti hanno uguali diritti e doveri». Nobile e banale idea, per promuovere la quale vengono chiamati due ‘creativi’ che realizzano un video decisamente violento, il quale suscita le reazioni indignate della gente, della stampa, delle istituzioni. Il fatto è che Christian non ha seguìto personalmente la produzione del filmato promozionale, perché occupato a recuperare portafoglio e cellulare che gli sono stati sottratti con destrezza in una piazza. Evento dal quale scaturiscono a cascata altri fatti, grotteschi e inquietanti.
Come grottesca, inquietante e aggressiva è la performance di Oleg, artista che durante una elegantissima cena appare muscoloso al modo dell’incredibile Hulk, si comporta come un animale selvaggio -è così, infatti, che viene presentata la sua opera/corpo- ed esercita violenza sui commensali sino a essere alla fine da costoro pestato. È questo il momento forse più alto -un momento che ben ricorda il Buñuel del Fascino discreto della borghesia– di un film intelligente e ironico. Un film dissacratorio dell’unico Valore Supremo che sembra pervadere il mondo contemporaneo. Il Valore che sacralizza le minoranze, le donne, i mendicanti, i ‘diversamente abili’, i profughi, gli studenti dei corsi zero, i credenti di tutte le fedi, i piangenti di ogni latitudine, salvo poi escluderli ferocemente da ogni autentico riscatto. Infatti «nel regime neoliberale post-democratico la classe dominante è legittimata a esercitare il dominio solo se si dichiara preoccupata per le sorti dei dominati», scrive Stefano Jorio in un’analisi del film condivisibile in gran parte ma non nelle conclusioni: Violenza di classe (in «il Tascabile», 14.11.2017)

Quanto più il politically correct agisce, tanto più intollerante diventa l’omologazione, tanto più l’ingiustizia trionfa nell’orgia del narcisismo spettacolare, dei social network, delle migliaia di petizioni, dell’ossessione di non offendere nessuno -proprio nessuno– quando si parla, condizione che impone il silenzio a ogni critica rivolta al mondo e alle sue manifestazioni.
È di questo che tratta The Square, del quadrato illogico del conformismo contemporaneo il quale vince nel rispetto assoluto e maniacale dovuto alla condizione e alla sconclusionatezza di tutti e di ciascuno, anche di chi -in un’altra scena emblematica- disturba una conferenza con un continuo turpiloquio (una delle manifestazioni della sindrome di Tourette). Tutti rispettati e tutti servi del sistema spettacolare, del quale il sistema dell’arte -ciò che Frazzetto definisce «il Collettivo» (op. cit., p. 45)- è metafora e sineddoche.
Il politicamente corretto esprime un nichilismo profondo, il nichilismo dell’identità che cancella ogni differenza con l’affermare che le differenze devono essere tutte eguali.

Poltiglia

Predestination
di Michael e Peter Spierig
Australia, 2014
Con: Ethan Hawke (il barista), Sarah Snook (la madre nubile), Noah Taylor (Mr. Robertson)
Tratto dal racconto di Robert A. Heinlein …All You Zombies…
Trailer del film

«Il tempo prima o poi raggiunge tutti» afferma il protagonista di Predestination. Bella frase, che può significare molto o significare niente. Qui siamo sul secondo versante.
Il film si incentra su un dispositivo a forma di custodia di chitarra che permette a chi lo tiene in mano di impostare una data e in pochi istanti ritrovarsi nel tempo voluto. Un limite del viaggio temporale consiste nel non potersi spostare più di 53 anni dal momento in cui il dispositivo è stato inventato (il 1981, mi sembra). A utilizzare tale sorprendente strumento sono degli «agenti temporali», vale a dire delle spie, degli agenti segreti che invece di viaggiare nello spazio viaggiano nel tempo. Uno di essi è incaricato di impedire la serie di eventi che portano agli attentati compiuti da uno psicopatico imprendibile che miete centinaia di vittime ma lo fa -e questo è interessante- perché anche lui conosce il futuro e quindi sa che tra le sue vittime ci sono soggetti che se sopravvivessero compirebbero stragi e massacri. Uccide quindi per impedire che altri uccida.
Nel compiere questa sua missione, J -il protagonista- incontra un uomo che gli racconta la propria vita, il suo essere venuto al mondo come femmina, l’essere stata lasciata in un orfanotrofio, l’essere cresciuta diversa dagli altri, essere stata contattata da un’agenzia governativa per viaggi spaziali, l’essere stata scartata pur essendo la migliore, l’aver incontrato l’unico uomo di cui si sia innamorata, essere rimasta incinta, essere stata da lui abbandonata, aver dopo il parto subìto isterectomia e sviluppo del pene -la ragazza infatti è un ermafrodito-, l’aver dovuto sopportare anche il rapimento della figlia neonata.
J le svela la propria identità e le promette di farle incontrare l’uomo che abbandonandola l’ha rovinata. Entrambi viaggiano di qua e di là del presente sino alla conclusione, in cui si incastrano eventi su eventi in modo evidentemente artificioso. L’esito è il più radicale e insensato che si possa immaginare, che non svelo qui per chiare ragioni.
Questa poltiglia temporale tanto ambiziosa quanto confusa ha un solo merito: mostrare con la forza della fantasia la totale implausibilità logica e ontologica dei viaggi nel tempo. In Predestination, infatti, siamo ben oltre il paradosso relativistico dei gemelli di età diversa e oltre l’ipotesi di un soggetto che uccide il proprio nonno paterno prima che questi generi il padre, rendendo così impossibile la nascita di quel soggetto che poi torna a ucciderlo nel passato. Qui siamo nel territorio di una identità assoluta che cancella qualunque differenza, annullando in questo modo il tessuto stesso della materia e della psiche. Non vale la pena di vedere il film soltanto per la curiosità di capire che cosa c’entrino in tutto questo identità e differenza. Basta inviarmi una mail e svelerò l’enigma.

Ontologia

The Ontology of Time
Being and Time in the Philosophies of Aristotle, Husserl and Heidegger
di Alexei Chernyakov
Kluwer, Dordrecht, Boston, London 2002
Pagine 234

La rivoluzione copernicana attuata da Heidegger, il passare dalla centralità degli enti a quella dell’essere, ha radici molteplici e antiche. Il debito dell’ontologia heideggeriana nei confronti di Husserl è evidente. Profondo è quello verso Aristotele e Francisco Suarez.
Aristotele ha difeso contro Parmenide la piena realtà del tempo, in particolare nel IV libro della Fisica, dove Corisco che si muove è sempre Corisco e nello stesso tempo Corisco è in luoghi ogni volta diversi; identità e differenza stanno dunque nella realtà del movimento e -insieme- nella mente che lo enumera: «We distinguish between the prior (the before) and the posterior (the after) in movement because we recognize identity in diversity. […] It is only if now Coriscus is at point A, and the same Coriscus is now at point B, and the soul notes (counts) the two ‘now’ and the internal between them, that we recognize movement and what is prior and what is posterior in it» (pp. 69-70). Anche il concetto heideggeriano di Eigentlichkeit (autenticità) sarebbe la traduzione dell’aristotelica εὐπραξία, il miglior modo d’essere di ogni cosa, così come «‘εὐδαιμονία’ is to be translated into the language of the existential analytic of Dasein as ‘authenticity’ (Eigentlichkeit)» (114). Per quanto riguarda Suarez, le sue Disputationes metaphysicae hanno insistito molto sulla dimensione della finitudine umana e di ogni ente.
Il soggetto trascendentale husserliano -e prima ancora kantiano- viene assunto e oltrepassato da qualcosa di assai più completo, caldo, legato al tempo: la Cura. «Curo ergo existo’ determines a new foundation of post-modern ontology; the existentiale of care is the central concept of Heidegger’s existential analytic of Dasein, just as the trascendentale subject is the ultimate ontological fundamentum in modern philosophy since Descartes» (21). Importante è però non confondere il concetto ontologico di Cura con quello ontico di semplice preoccupazione e attenzione quotidiana alla vita. La Cura è certamente anche questo ma non è soltanto questo, poiché essa «is the common root of three constitutive structures of Dasein’s being, existentiality (Existenzialität), facticity (Faktizität) and fallenness (Verfallenheit)» (178). La Cura, in altri termini, «is the primordial articulation of time; it is that from which on time temporalizes itself» (193).

Il contributo più interessante di questo studio ricco e approfondito consiste nel legare temporalità e cura alla differenza ontologica, della quale Heidegger parla per la prima volta già nei corsi marburghesi del 1927, dove discute dei Grundprobleme der Phänomenologie. Da subito il filosofo fa propria la centralità husserliana del tempo, contro tutte le filosofie che sulla scorta dell’eleatismo negano realtà al divenire e ritengono che parole come ‘fu’ e ‘sarà’ siano dei suoni privo di significato e persino pericolosi.
In realtà, lo ‘è’ parmenideo è in se stesso plurale e diveniente. L’ora può essere statico o dinamico. Nunc stans è l’adesso che sta e permane. Nunc fluens è l’accadere degli eventi che di volta in volta sono l’ora. Nunc aeternitatis e Nunc temporis sono tra di loro diversi ma non opposti. L’eternità è infatti l’intero che scaturisce dalla potenza senza fine del divenire. L’Aἰών è la materia qui e ora, pensata tutta insieme, il Χρόνος è tale materia nella forma di un’energia senza requie che si esprime in una molteplicità innumerevole di modi e di forme. La distinzione tra l’adesso che sta e l’adesso che diviene è il nucleo più profondo della differenza ontologica, vale a dire della differenza tra l’essere e gli enti. L’adesso che sta è reale, l’adesso che diviene è reale. Gli enti sono reali, l’essere è reale. Anche questo significa che l’essere è tempo, che «onto-logy is chrono-logy» (11). La comprensione della dinamica essere/enti è la temporalità. È dunque chiaro che la mente che comprende è inseparabile dall’essere come tempo. È la medesima struttura, è lo stesso tempo che nell’umano diventa corpomente e nella materia è l’essere.
La differenza tra questi orizzonti temporali è proprio la differentia differens, la differenza che costruisce se stessa nel mentre diventa altro, che è se stessa nel divenire altro. L’identità/differenza implicita in questa formula è ciò che rende ontologicamente possibile ed epistemologicamente comprensibile sia il permanere di un ente nella varietà radicale delle sue trasformazioni sia il trasformarsi di un ente nella costanza del suo rimanere. 

Alterità

L’antica animalità e il consapevole sguardo filosofico del limite
il manifesto
14 marzo 2017
pag. 11
Pdf dell’articolo

Non siamo compartimenti stagni ma soglie di coniugazione. Non siamo strutture permanenti ma entità che emergono dal flusso temporale. Non siamo dispositivi autarchici ma scambi di alterità con tutto ciò che delimita i nostri corpi e che però li forma, li plasma, li nutre, li guida nell’ambiente, li significa nei simboli, li rende vivi, splendidi, mortali.

Architettura

Made in Europe 1988-2013
Milano – Palazzo della Triennale
Sino all’8 gennaio 2017

Venticinque anni di progetti esposti e premiati dalla Fondazione Mies van der Rohe di Barcellona. Una grande varietà di soluzioni -estetiche, tecniche, concettuali- al bisogno dell’abitare umano.
Anche nell’ultima edizione sono stati presentati centinaia di progetti da e per tutti i Paesi d’Europa. Li documentano modellini, fotografie, filmati che ritraggono e descrivono abitazioni civili, piazze, musei (magnificamente antico e nuovo quello di Ravensburg, Germania, come si vede dalla foto qui in alto), ristoranti, moschee, crematori, asili infantili, ospedali, sale da concerto, sedi universitarie, piazze, parchi urbani, l’ampio splendido lungomare di Thessaloniki, enoteche, stazioni ferroviarie.
Anche i materiali sono i più vari: vetro, pietra, ferro, trasparenze, legno, acciaio. I risultati sono molto diversi e spesso suggestivi. Alcuni sono rispettosi dell’esistente -i migliori, naturalmente-, altri meno o per nulla. Emerge la fecondità della grande lezione del Bauhaus, la sua semplicità, la chiarezza, la funzionalità, la luce. Un solo esempio: gli appartamenti costruiti nel 2001 alla Giudecca di Venezia.
Architettura e Filosofia sono lo stesso sapere declinato nello spazio e nel tempo. L’architettura consente di abitare i luoghi, la filosofia di vivere gli istanti. La filosofia è vita pensata, l’architettura è tempo abitato. Entrambe aiutano gli umani a dimorare nello spaziotempo, a illuminarne il divenire, a concepirne la forma.
L’architettura è uno degli elementi più profondi e peculiari di un Continente fatto di identità e differenza. In questa mostra l’Europa -uno dei miei grandi amori- emerge nell’arte che la intesse, nel pensiero che l’attraversa, nella bellezza che la segna, nell’intimità dei suoi spazi, sempre raccolti rispetto alla dismisura asiatica o americana. Ovunque in Europa ci si sente a casa e ogni volta in un luogo sempre nuovo. Identità e differenza.

Animali

Metto a disposizione la registrazione dell’intervento che ho svolto il 29.10.2016 a Bologna, nell’ambito delle Giornate Internazionali di Studio organizzate dal Siua – Istituto di Formazione Zooantropologica, dedicate alle Menti non umane. Strategie e talenti di vita.

La durata della registrazione è di 42 minuti: Identità e differenza animale
La registrazione si può anche scaricare e (comodamente) ascoltare dalla piattaforma Dropbox

La relazione contiene un (grave) errore, ripetuto per due volte. Ho attribuito infatti a Gorgia la massima sull’uomo come ‘misura di tutte le cose’, il cui autore è invece Protagora. Me ne scuso.
Aggiungo il file con le diapositive che ho utilizzato durante l’esposizione: Identità e differenza animale (slides)
Chi avesse proprio voglia potrebbe dunque ascoltare la relazione guardando la successione delle diapositive. Quasi come esserci 🙂
Aggiungo infine due immagini. Nella prima saluto Roberto Marchesini, nella seconda cerco di spiegare i concetti di Identità e Differenza.

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