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Spettri

Assassinio a Venezia
(A Haunting in Venice)
di Kenneth Branagh
USA 2023
Con: Kenneth Branagh (Hercule Poirot), Kelly Reilly (Rowena Drake), Tina Fey (Ariadne Oliver), Michelle Yeoh (Joyce Reynolds), Jude Hill (Leopold Ferrier), Riccardo Scamarcio (Vitale Portfoglio)
Trailer del film

Bellissima Venezia vista dall’alto, sentita nello sciabordare delle sue acque tra i palazzi, cupa nella tempesta che intrama gli eventi, gotica nella sua essenza. Tra le antiche dimore della Serenissima c’è il Palazzo del Pianto dei Bambini, un antico orfanotrofio del quale si dice che la presenza degli infanti abbandonati e morti sia ancora ovunque nelle stanze, in ogni angolo. Da un suo balcone si è gettata nel canale una giovane malata di mente. La madre vuole a tutti i costi riascoltare la sua voce e chiama a questo scopo una famosa medium.
La scrittrice di gialli Ariadne Oliver è molto interessata a questo evento e invita il suo (forse) amico Hercule Poirot a parteciparvi. Il celebre detective si è infatti ritirato dalla sua attività e abita in un altro palazzo veneziano, dalla cui terrazza gode un panorama mozzafiato sulla città. Poirot risponde di no ma alla fine cede. E gli atavici e sempre giovani fantasmi sembrano alla sua presenza ritornare, fare altre due vittime, sino a quando l’impareggiabile intuito e la ferrea logica dell’europeo sembrano avere ragione di ogni più o meno macabra leggenda.
Un film inquietante nelle numerose scene di morte, nei colori cupi e negli eventi truci, negli anfratti dai quali sembrano in ogni momento arrivare violenza e paura. E con un pappagallo svolazzante tra i possibili indiziati. Ma dietro questa paccottiglia irrazionale si leva ancora una volta la lucida e calma forza dell’osservazione, dell’intuito e della deduzione. La forza che ha fatto dei Greci e dell’Europa la luce di una razionalità del tutto consapevole del male che intesse questo mondo ma che non rimane imbelle nell’illuminarne forme, genesi, oltrepassamenti.

Sugli altri due film di Branagh dedicati al Poirot di Agatha Christie:
Assassinio sull’Orient Express (2017)
Assassinio sul Nilo (2022)

Il Nilo

Assassinio sul Nilo
(Death on the Nile)
di Kenneth Branagh
USA, 2022
Con: Kenneth Branagh (Hercule Poirot), Tom Bateman (Bouc), Gal Gadot (Linnet Ridgeway Doyle), Armie Hammer (Simon Doyle), Jodie Comer (Jacqueline de Bellefort), Annette Bening (Euphemia), Russell Brand (Windlesham), Ali Fazal (Katchadourian)
Trailer del film

Elegante e fastoso come il precedente Assassinio sull’Orient Express (2017), anche Assassinio sul Nilo costituisce un omaggio al cinema e alle passioni.
Il cinema che compare in tutta la magnificenza dei paesaggi reali e virtuali, dell’esotismo che a questa forma dell’immaginazione è connaturato, poiché vedere un film (vederlo davvero, in una sala cinematografica) significa entrare non soltanto nel mondo onirico del grembo materno ma anche nel desiderio di novità, di improbabilità, di inaudito e di felicità che abita gli umani.
Le passioni poiché a fare da fondamento e accompagnamento a questa storia sono due dei maggiori tormenti della vita: l’amore e il denaro. L’amore verso l’Altro e l’amore per il denaro che rende più semplice accedere all’Altro, o anche il puro desiderare l’Altro e per questo essere disposti a qualunque cosa per soddisfare il desiderio che Lui ha di denaro.
E tutto questo attraversando il Nilo dal Cairo ad Assuan, con le acque, i tramonti, i templi immensi delle divinità egizie; con gli animali, il Sole, il deserto; con le nevrosi e l’infelicità di ciascuno (davvero, «anche i ricchi piangono»); con gli impeccabili gilet, cravatte, cappelli, con l’intima e palese eleganza di Hercule Poirot. Il quale però nella scena iniziale appare giovane soldato belga nelle orrende trincee della Prima guerra mondiale, nel fango, nel sangue, nei veleni, nei resti umani di quella guerra senza luce.
Il bisogno che Poirot sente di comprendere l’incomprensibile, di disvelare i modi, le intenzioni, le strategie della violenza affonda in quell’inizio della sua vita, in quella fine della sua vita. E questa dolente verità espressa e narrata dal film compensa un poco l’ormai insostenibile politically correct che lo intride, rendendo obbligatorio che di alcuni personaggi si mettano in evidenza il colore della pelle –«la razza»– e i gusti sessuali –«il genere». Una maledizione degna di quelle dell’antico Egitto e della quale non è facile liberarsi. Per ragioni, ovviamente, di denaro.

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