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Lucrezia Fava su Disvelamento

Lucrezia Fava
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Vita pensata, n. 27 – Settembre 2022
pagine 76-80

«Il successo e il senso di Disvelamento sta infatti nel mostrare tutto il male emerso dallo scoppio dell’epidemia Sars-Cov2, o meglio, da una minaccia specifica denominata Sars-Cov2 che secondo l’autore è servita come combustibile di dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali che sono distruttive per l’esistenza, che hanno una logica nichilista, che non soltanto esulano dal campo delle azioni necessarie o per lo meno utili a immunizzare l’individuo dal virus, ma anche limitano, logorano, contrastano ciò che realmente serve a tutelare, curare, migliorare la salute umana. Queste dinamiche, dunque, mentre vengono pubblicizzate e imposte come necessarie a proteggere il nostro organismo dalla Sars-Cov2, al contrario disintegrano proprio le condizioni indispensabili alla buona salute dell’individuo e della sua comunità. Non può che essere così, se è vero, come sostiene Biuso, che al fondo di esse vi sono l’ignoranza, l’alterazione, l’incomprensione dei significati di salute e malattia e più in generale di che cosa sia il corpo umano, di come si compia la sua identità, il suo senso, la sua vita piena e gaia. […]
Nel tentativo di debellare la Sars-Cov2 i corpi collettivi si sono poi confinati in un isolamento estremo, suicida, in cui la persona sospende la sua normalità, le sue possibilità esistenziali, si angoscia e si spegne. Si è fuggito il contatto con i propri cari, l’esperienza vivificante della condivisione del mondo sentito, interpretato, mostrato, rivelato dagli altri, e ci si è persi, inghiottiti nel vuoto che si estende ovunque quando si assottiglia il proprio legame naturale all’altro, quel rapporto dinamico, mutevole, che impegna il sé nella sua integralità e unicità, che lo mantiene permeabile all’alterità dell’altro grazie alla quale definisce se stesso e si comprende. […]
Ma tra tanti fattori del male presente mi sembra che uno in particolare, più o meno nascosto tra le righe di questo libro, stia al fondo di tutti gli altri: l’inadeguatezza generale degli umani alla comprensione e al compimento delle loro stesse migliori condizioni di vita. È allora fondamentale, per garantire la nostra sopravvivenza, imparare a elaborare dei dispositivi non di potere ma di conoscenza che insegnino a pensare e a sanare “uno dei frangenti più stupidamente tragici della storia contemporanea”».

Eresie

Menocchio
di Alberto Fasulo
Italia-Romania, 2018
Con: Marcello Martini (Menocchio), Maurizio Fanin (Inquisitore), Carlo Baldracchi (il carceriere), Nilla Patrizio (la moglie), Agnese Fior (la figlia), Mirko Artuso (prete Melchiorri)
Trailer del film

Eresia. Una delle parole fondamentali della religione cristiana: la storia «des guerre de religion, et aussi celle des hérésies (terme qui n’a tout simplement pas de sens dans le paganisme) commence avec le christianisme» (Alain de Benoist, Réflexions critiques sur le Néopaganisme, in «Sagesses païennes», numero speciale di éléments pour la civilisation européenne, giugno 2022, p. 39).
Una parola che ha moltiplicato e diviso tale religione in una miriade di rivoli l’un contro gli altri armati e feroci. Una ferocia che si concentra nella forza dell’istituzione che con tutto il suo peso schiaccia colui e coloro che fanno una αἵρεσις, una «scelta» diversa rispetto a quella della maggioranza. Esistono eresie in ogni ambito della vita collettiva poiché sempre la forza del numero ritiene di stare nella verità e nel bene, cercando di cancellare coloro che decidono di abitare in modo diverso il mondo. Una delle più recenti espressioni di tale dinamica è conseguenza dell’aver trasformato la medicina – un sapere e una pratica empirici, non una scienza esatta – in un dogma, vale a dire nel contrario di una scienza.
Eretico fu anche Domenico Scandella detto Menocchio, vissuto tra il 1532 e il 1599, un mugnaio che sapeva leggere e scrivere e che elaborò una interessante concezione panteistica del cosmo, per la quale il dio è nell’aria, negli alberi, nel vento. Sottoposto a due processi, nel primo fu condannato al carcere a vita dopo aver abiurato, nel secondo fu condannato alla pena che la bontà e la misericordia delle chiese cristiane riservano ai figli che esse amano di più: essere bruciati vivi. Con contorno, ovviamente, di torture, anni trascorsi in fetidi e malsani sotterranei, disperazione e tenebra. Tutto questo in nome dei valori, come sempre, di valori giudicati assoluti, indiscutibili, salvifici.
Neppure un mugnaio che discuteva delle sue concezioni con i pochi suoi compaesani in uno sperduto villaggio del Friuli poteva rimanere al sicuro rispetto alla pervasività dei valori della Grande Chiesa. Che infatti lo condannò per una nutrita serie di ragioni:
«Aver diffuso le sue concezioni a persone semplici e illetterate fu considerata un’aggravante; ‘pertinace nell’eresia’, ‘di animo indurato’, ‘nefando’, anzi ‘nefandissimo’, di ‘lingua maledica’, ‘orribile’, ‘maligno’, ‘perverso’, Menocchio ‘come i giganti aveva tentato di combattere l’ineffabile Trinità’. Nel rifiuto della confessione fu individuata un’eresia luterana; nell’equivalenza di ogni fede si vide un’eresia risalente a Origene; nell’esistenza di un caos primigenio un’affermazione pagana; nell’affermazione per la quale ‘Iddio è autore del bene ma non fa male, il diavolo è autore del male e non fa bene’ si vide un’eresia manichea» (voce Wikipedia: Menocchio) .
Il film di Alberto Fasulo racconta questa vicenda con uno stile a essa consustanziale, con una recitazione intensa e sobria, nel chiaroscuro degli ambienti, nell’asfissia degli spazi, nella sporcizia dei prelati, nella rassegnazione del villaggio, nella figura quasi omerica di Menocchio. Alla cui intelligenza sia reso onore rispetto alla miseria dei suoi carnefici cristiani.

Stefano Piazzese su Disvelamento

Stefano Piazzese
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Discipline Filosofiche (4 luglio 2022)

«La prospettiva ermeneutica da cui l’autore guarda il presente è plurale, mai univoca; infatti, come può una sola dimensione, e/o indirizzo del sapere, avere il primato ermeneutico su un evento costituito da una molteplicità di dimensioni?
Il rigore dello sguardo filosofico è dato sempre dal metodo – non si dà filosofia senza di esso –, che Biuso delinea nel seguente modo: “si tratta di capire la complessità di ciò che accade e di affrontarlo con coraggio e lucidità, sine ira et studio, con equilibrio esistenziale e scientifico” (p. 13). L’onestà intellettuale dello studioso, nonché la sua missione all’interno della comunità, consiste, in primo luogo, nel fornire delle chiavi di lettura valide per interpretare gli enti, gli eventi e i processi che del mondo costituiscono l’incessante accadere. La validità delle chiavi di lettura fornite da Biuso risiede non solo nella formulazione degli interrogativi fondamentali che la pandemia, come evento globale, ha fatto riemergere, ma pure nelle risposte storicamente fondate che rafforzano la tesi principale del libro, così enunciata da Davide Miccione: “l’epidemia e il suo uso politico hanno messo in luce le viltà e le debolezze di interi settori, le fragilità di quella democrazia che diamo per acquisita e, soprattutto, la miseria teoretica e morale di coloro che dovrebbero analizzare e spiegare il mondo”. […]
Biuso invita ad avere uno sguardo ampio e comprendente, dunque, la complessità dell’evento in questione, poiché ogni singolo aspetto isolato non è sufficiente a coglierne i vasti connotati sociali, storici, individuali. […]
Tra i diversi filosofi citati, un particolare posto spetta a Nietzsche, a cui è dedicato il quindicesimo capitolo. In che modo il filosofo di Röcken può aiutarci a comprendere la pandemia? Biuso ricorre al cosiddetto metodo genealogico per evidenziare “ciò che sempre sta e opera sotto le forme, lo si sappia o no” (p. 113). […]
L’analisi di Biuso, lungi dall’essere un lamento pessimistico, comprende anche una pars construens che risponde alla domanda: cosa fare? Ripensare l’epidemia vuol dire costruire un pensiero che non sia riduttivo, affrettato, mediatico e neppure antropocentrico, puramente sanitario (pp. 139-140). Si tratta di saper andare oltre la tragica e liberticida contingenza dell’epidemia, vuol dire, ancora, cogliere la follia del presente e saperne tracciare un rimedio, un pharmakos».

Enrico Palma su Disvelamento

Enrico Palma
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in il Pequod, anno 3, numero 5, giugno 2022, pagine 157-162

«Il titolo, molto ambizioso, unisce lo sguardo filosofico a quello sulla realtà, tentando di utilizzare il Covid-19 come strumento appunto di disvelamento delle complessità etiche, estetiche, sanitarie, sociali e soprattutto politiche della contemporaneità virale. Il virus, per Biuso, è infatti una questione prima di tutto politica. Ed è tale perché il Covid-19 ha coinvolto ogni livello del vivere, sia individuale che collettivo. Sulla base di un’identità libertaria, filosofica e critica, Biuso individua allora alcune delle maggiori problematiche e delle più scottanti criticità nella gestione dell’emergenza sanitaria, facendo emergere l’ondata nichilistica, oscurantistica e irrazionalistica che ha pervaso i decisori politici e quindi di riflesso l’opinione dominante impattante sul corpo sociale, ammalato secondo l’autore di autoritarismo, servilismo e negligenza intellettuale ben più di ogni infezione da Covid-19. […]
Ad ogni modo, ho veramente difficoltà a comprendere pienamente la posizione dell’autore. Mi sembra che in almeno quattro loci del libro la malattia da Covid-19 venga presa nella sua realtà per la salute e dunque come evento da trattare con serietà e da fronteggiare anche in senso sanitario. […] Faccio difficoltà a coniugare una tale diversità di posizioni, come sia possibile cioè da una parte declinare una critica così lucida e largamente condivisibile alla gestione della pandemia e ai danni arrecati dalla risposta politico-sanitaria e dall’altra affermare la realtà del virus e non agire di conseguenza. […]
Un principio luminoso e di libertà profonda che ci ricorda del nostro limite, che lo fa accettare e benedire, che ci fa comprendere, distanti dall’illusione di gioie false e insperabili, la ferita e la tragedia che è la vita in sé, sempre, come sapeva, ben prima di ogni Covid-19, il Pavese con il quale Biuso termina in modo per me molto bello questo libro, che resta stimolante per la riflessione sul senso del nostro stare al mondo. Perché rimane prima di tutto un esercizio di libertà in vista della libertà stessa, un caveat radicalmente filosofico che intriso della lezione dei grandi maestri propone una prospettiva critica di comprensione su ciò che non dobbiamo smarrire, su ciò che dobbiamo ancora comprendere sulla nostra salus, che è insieme salute e salvezza».

Intervista su Disvelamento

L’emittente televisiva RevolutionChannel mi ha chiesto qualche giorno fa un’intervista sui contenuti di Disvelamento. A condurla è stato Giuseppe Ferrara, che ringrazio per la coerenza e puntualità delle sue domande. E per aver così presentato l’intervista:
«Sono passati oltre 2 anni da quando una coppia cinese in vacanza risultò positiva ad un nuovo coronavirus che causava sintomi influenzali con un’elevata mortalità. Successivamente il delirio. Confinamenti, coprifuoco, misure restrittive che si erano viste solo nelle dittature più feroci. La nostra democrazia e la nostra stessa libertà messa forzatamente in stand by per salvaguardare il diritto alla salute.
Ma che vita è una vita priva di quelle sensazioni, di quella quotidianità, che fa la differenza tra la semplice funzione biologica e il piacere di assaporare l’esistenza. Queste domande hanno favorito un’intensa riflessione e il risultato di questa riflessione ha partorito uno dei libri che reputiamo fondamentali per la comprensione di tutto questo. Il libro si chiama Disvelamento, nella luce di un virus del prof Alberto Giovanni Biuso».
Tra le domande che mi sono state poste, una delle più importanti riguarda il rapporto tra l’epidemia e le strutture formative del corpo collettivo, quali sono la scuola e l’università, relazione alla quale nel libro ho cercato di dedicare l’attenzione che merita.

Il video dura 21 minuti e lo si può seguire qui:
Il virus che infetta la socialità
oppure sul canale YouTube dell’emittente.

[Se quando si scrive si incorre facilmente in refusi, figuriamoci quando si parla. Un errore del quale mi scuso è aver indicato in 70 milioni l’attuale numero di cittadini italiani; per fortuna siamo di meno, anche se siamo tanti: quasi 59 milioni]

«Disvelamento» al Disum

Martedì 7 giugno 2022 alle 16,00 nell’Aula A6 del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania presenteremo  Disvelamento. Nella luce di un virus.
Ne parleranno alcuni studenti e dottorandi dell’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU).

«Il lavoro filosofico aiuta a conservare e a comunicare la consapevolezza della duplice dimora in cui abitiamo, dell’inseparabilità del vivere e del morire. Non come decesso, quest’ultimo, ma come sostanza stessa del tempo che siamo. Una civiltà che nel morire vede soltanto un fallimento è una civiltà morta, è la civiltà barbarica della Sars2-Covid19. Ogni filosofia radicata nell’immanenza e nella finitudine – dai Greci a Nietzsche, da Spinoza a Heidegger – raffigura invece una civiltà della vita piena e completa, anche perché non teme Ἀνάγκη, l’inevitabile, il tempo, la fine.
In ogni caso non prevarranno, la tirannide si spezzerà, come sempre è accaduto nella storia. E noi saremo orgogliosi di ciò che siamo stati in uno dei frangenti più stupidamente tragici della storia contemporanea».
(Disvelamento, p. 143)

 

Disvelamento a Milazzo

Sabato 21 maggio 2022 alle 16,30 nel Palazzo D’Amico di Milazzo (Messina) presenteremo Disvelamento. Nella luce di un virusinsieme al libro di Andrea Zhok  Lo Stato di emergenza. Riflessioni critiche sulla pandemia.
L’evento si inserisce nella prima edizione de La Culturale. Pensiero critico in movimento, dedicata a Il corpo nell’era delle grandi mutazioni. A moderare saranno Enrico Moncado e Davide Miccione.

«Si tratta di un atteggiamento simile a quello di coloro che si approcciano ai vaccini in modo fideistico e lo stesso fanno in generale nei confronti della narrazione dei governi e dei media più potenti sull’epidemia SARS-CoV-2. Le profonde divergenze tra medici, biologi, ricercatori; le strategie assai diverse degli stessi governi; i gravi e numerosi punti oscuri della vicenda sin dal suo originarsi e nei suoi sviluppi; una concezione assolutamente riduttiva e volgarmente positivistica della salute, come se la solitudine, l’allontanamento dai propri cari, la distruzione dei legami sociali, la perdita del lavoro, la catastrofe economica, l’angoscia, non fossero cause scatenanti di gravi malattie che non vengono più diagnosticate, non sono curate o lo sono in ritardo, venendo così lasciate alla loro opera di morte; la realizzazione di enormi profitti da parte delle multinazionali del farmaco; la miriade di fatti che smentiscono la teoria o la pongono in dubbio; gli altrettanto numerosi elementi che dovrebbero suggerire almeno prudenza…tutto questo non può scalfire quella che è diventata una fede, che per di più pretende di presentarsi come una scienza e che in nome di questo scientismo fideistico disprezza gli infedeli, li discrimina giuridicamente e civilmente, li condanna al silenzio e in alcuni casi cerca anche di demolirne le figure, invece di rispondere seriamente e nel merito delle riflessioni critiche. I mezzi utilizzati sono infatti per lo più il principio di auctoritas, l’argomento ad personam, il terrore. E tutto questo immerso in una dimensione di vera e propria superstizione»
(Disvelamento, pp. 63-64).

 

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