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Gender

[Il testo è una riflessione a partire dal numero 51 (marzo 2021, pagine 204) della rivista Krisis, dedicato al tema dell’Amore. Discuto in particolare il contributo di Denis Collin, dal titolo La fin du désir et l’érotiquement correct. Collin è uno dei maggiori e più lucidi filosofi marxisti contemporanei, i cui testi mostrano quanto fecondo sia l’insegnamento di Marx quando viene elaborato per comprendere in modo critico le forme virulente e nascoste del liberalismo (e liberismo) del XXI secolo] 

L’amore ha uno statuto simile all’essere e al tempo, si dice in molti modi: «Le mot est polysémique, sa définition presque impossible, son histoire pleine de détours» (Damien Panerai, p. 3). I suoi tre principali significati sono:
φιλία, l’amicizia profonda, i legami familiari;
ἀγάπη, l’amore fraterno e universale, l’essere in comunione con qualcuno o qualcosa;
ἔρως, l’amore passione, l’amore desiderio, l’amore totale, l’unità corpomentale che noi animali siamo.
Non a caso quest’ultima parola, ἔρως, è «introuvable dans le Nouveau Testament grec» (Jean-François Gautier, 29). Ci sono poi altre forme, definizioni e significati dell’amore: l’amore trofeo nel quale l’amata, l’amato, l’amore stesso costituiscono un  titolo e un corpo da esibire; l’amore/innamoramento, intensissimo e dalla durata più o meno breve; l’amore/tenerezza frutto di una lunga consuetudine con l’oggetto amato; le tante, molteplici, radicali forme d’amore descritte da Stendhal e soprattutto la fenomenologia assoluta e completa del fatto amoroso che è l’intera Recherche proustiana.
L’ἔρως, il vero amore, è una potenza infinita, che «laisse dans les cœurs et les esprits des hommes des cicatrices d’impuissance» (Anthony Keller, 55). L’ἔρως è la più radicale forma di alterità, sia nel significato di un confronto/conflitto/relazione con l’altro da sé (con la Differenza), sia nel significato di una dimensione totalmente altra rispetto alle buone e moderate forme e norme del vivere sociale. E questo anche perché «l’amour est le royaume de la vulnérabilité, de l’abandon, de la faiblesse consentie, de la toute-puissance non de soi mais de l’autre sur nous» e perché «les cœurs parlant à l’unisson avec une intensité jumelle sont rares. L’expression d’un très grande amour, surtout quand il n’est pas partagé à hauteur égale, peut terroriser celui qui en est l’objet, le faire fuir»; l’esito è « une attitude à haut risque», è il dramma dell’abbandono e della fuga: «Se rappelle-t-on l’adage qui édicte: ‘Suis-mois, je te fuis, fuis-moi, je te suis’ ?»  (Anaïs Lefacheux, 109-110).

Anche per cercare di neutralizzare la potenza sovversiva e immedicabile dell’ἔρως sono nate nel corso della storia e in molte società (non in tutte) delle vere e proprie ‘Leghe di virtù’ che hanno cercato di ostracizzare il dio (Διόνυσος / Ἔρως). Numerose correnti e tendenze religiose ne costituiscono degli esempi chiari e influenti. Il cristianesimo è una di queste leghe moralistiche e virtuose. Si tratta di una tendenza radicata nella psiche dell’Occidente e camaleontica nelle sue espressioni. La più pericolosa tra quelle contemporanee è «le féminisme nouveau [il quale è] maintenant l’équivalent des anciennes ligues de vertu» arrivando persino, con «les fanatiques de #metoo» a chiedere l’inversione dell’onere giuridico della prova e che quindi sia l’accusato a dover dar prova della sua innocenza. Una barbarie giuridica che si origina dall’idea che «les hommes sont coupables par nature!» (Denis Collin, 72).
In generale il politically correct  si esprime anche come una pulsione di morte eroticamente corretta, la quale «s’inscrit pleinement dans le processus de ‘désublimation répressive’ analysé voilà plus de soixante ans par Herbert Marcuse. Loin d’une libération de l’Éros, il pourrait bien en signifier le déclin, vaincu par les forces de Thanatos, cette pulsion de mort qui taraude la société capitaliste d’aujourd’hui» (Id., 69); tale pulsione segna e determina una progressiva decadenza della libido e del piacere, tanto che «la conclusion ultime de la ‘ révolution sexuelle ’ est, paradoxalement, la fin du sexe, son éradication promise» (Id., 73).

Questa ondata di moralismo virtuoso e punitivo sembra avere a fondamento -come sempre– un vero e proprio odio verso la corporeità, il piacere, il sesso. Odio che si esprime anche come separazione/opposizione tra sesso, erotismo e amore, che sono in realtà la stessa dinamica espressa in forme diverse. Infatti «sans l’impulsion fondamentale de la pulsion libidinale, il n’y aurait pas d’érotisme, ni de sublimation amoureuse. […] Judith Butler est une idéaliste au plus mauvais sens du terme, et avec elle tous les champions du ‘ tout est construction sociale ’, puisq’elle prétend émanciper le rapport érotique de tout son fondement  naturel, ‘ matériel ’ pourrait-on dire» (Id., 74-75).
Le prospettive di Butler e di molti altri teorici della distinzione sesso/genere affondano nella tradizione dualistica della cultura occidentale per tendersi verso un culturalismo radicale, un volontarismo culturalista che disprezza o almeno ignora la potenza dei corpi ritenendo ad esempio che si possa «liquider les ‘ genre fixes ’ pour faire place à la liberté du ‘genre flottant ’. Je suis ce que je veux être à l’instant» (Id., 75). Chistine Delphy afferma con chiarezza che «ciò che è sociale non deve niente alla natura» e che «dietro la maschera della biologia è la società ad esprimersi come un ventriloquo» (Les Féminismes en question. Éléments pour une cartographie, 2005). Tesi, queste, talmente lontane dalla materia e dai corpi da  risultare del tutto sterili.
Il sentirsi maschi in un corpo di femmina e femmine in un corpo di maschio è certamente legittimo e anch’esso naturale ma questo non significa che la persona non abbia e non costituisca uno statuto ontologico che è maschile o femminile, senza incertezze. I maschi non hanno il ciclo mestruale, i maschi non vengono ingravidati, i maschi non partoriscono e non allattano. Le femmine non penetrano e non eiaculano con un pene. Dover ricordare simili ovvietà è segno di una inquietante negazione dell’animalità umana, sostituita dall’ennesima tendenza spiritualista che prende il nome di gender. È una delle tante tendenze del liberismo capitalistico, una delle molte espressioni del self-made-man, che costruisce da sé se stesso, la propria identità e il proprio mondo, una delle numerose tendenze dell’antropologia liberale che «postule l’interchangeabilité des individus, qui mène à leur atomisation» (David L’Épée, 103). 

Queste tendenze sono state analizzate a fondo da Eugenio Mazzarella in L’uomo che deve rimanere. La smoralizzazione del mondo (Quodlibet 2017). Il filosofo vi sostiene che «lo scenario ideologico che si apre è la pura e semplice smoralizzazione di massa del mondo, di cui la teoria del gender è oggi il ‘manifesto’ biopolitico più avanzato del work in Progress della reingegnerizzazione sociale in atto della sociogenesi ‘naturale’ fin qui attestata dalla ‘tradizione’. […] A scelta di un individuo che a priori, naturalmente e socialmente, non è ontologicamente nient’altro (o almeno tale si pretende) se non persona giuridica, fiction sociale titolare dei diritti che la società gli riconosce in una pattuizione ogni volta a determinarsi (pp. 43 e 45). La smoralizzazione della quale parla Mazzarella non è naturalmente un «banale immoralismo» ma costituisce la pretesa di rimoralizzare l’umano «su nuove basi tecnicamente e socialmente ‘escogitate’» (p. 48).
Simili confusioni ontologiche producono delle contraddizioni logiche come quella tra il gender e il trans. Se infatti ognuno è ciò che vuole essere, perché mai sarebbe necessario intervenire sugli organi genitali di un corpo/volontà che è già ciò che pensa di essere? «Les partisans des opérations de réassignation de genre apportent aux thèses de Butler et tutti quanti un démenti flagrant. On ne doit pas pouvoir être en même temps queer et trans» (Collin, 78). Dal punto di vista esistenziale, «c’est la haine de la nature et la haine de la chair qui animent ces gens. Rien d’autre. Et effectivement, ils son sürement très malheureux» (Id., 80).
E però, nonostante la grancassa mediatica del liberismo gender, nonostante le intimidazioni, l’arroganza e il fanatismo dei «commissaires politiques du sexuellement correct» (Id., 73), «en dépit des contrôles, des brimades et des interdictions, le désir finit toujours par se frayer un chemin» (Ludovic Maubreuil, 162). Nonostante i nuovi Pentèo che temono e disprezzano il piacere e vorrebbero ingessare le relazioni tra uomini e donne in una gabbia di norme fuori dalle quali gridano allo stupro, alla violenza, al maschilismo, alla molestia, nonostante questa barbarie puritana, Dioniso rimane il dio della ζωή, il trionfo del corpomente, la gloria del σῶμα.

I corpi, il potere

Imponendo un passaporto sanitario, Francia e Italia sono pronte a calpestare persino le normative UE del 14.6.2021, le quali al comma 36 affermano questo:

Therefore, possession of a vaccination certificate, or the possession of a vaccination certificate indicating a COVID-19 vaccine, should not be a pre-condition for the exercise of the right to free movement or for the use of cross-border passenger transport services such as airlines, trains, coaches or ferries or any other means of transport. In addition, this Regulation cannot be interpreted as establishing a right or obligation to be vaccinated.

Come definire i regimi di Macron e di Draghi/ Speranza/ M5S/ Forza Italia/ Letta/ Salvini?
Mario Draghi, Presidente del Consiglio pro tempore del Governo italiano, in una recente conferenza stampa ha mentito in due modi:
1) affermando che chi è vaccinato non è contagioso
2) sostenendo che chi non è vaccinato «muore o fa morire».
Un rapporto così rigido di causa/effetto è degno di un analfabeta. Draghi naturalmente non lo è. La motivazione è il terrore. Penso male di costui ma non immaginavo sarebbe arrivato a uno dei livelli più bassi mai raggiunti dal potere contemporaneo in un Paese democratico.
Come Conte prima di lui, Draghi utilizza sempre più un dispositivo ricattatorio, menzognero e paternalistico, come un qualunque Francisco Franco.

Quando pensate a «come furono possibili» la caccia alle streghe, le inquisizioni, l’avvento del Nazionalsocialismo; quando vi chiedete «com’è che obbedivano tutti?» pensate a questi anni, guardatevi allo specchio e avrete le risposte. È infatti interessante (e anche tragico) che per i «sostenitori dei diritti» di questo e quello, la privazione dei diritti di milioni di concittadini non costituisca un gravissimo vulnus, anzi non faccia proprio problema o sia persino auspicata.
Se vi privano del diritto fondamentale, il diritto al vostro corpo, vi potranno togliere -e lo stanno già facendo- qualunque altro diritto, a cominciare dal lavoro e dalle opinioni. Ricordate? «Prima vennero a prendere…» e quello che ne segue. Non vi illudete: dopo quello di chi viene colpito nel proprio corpo arriverà anche il vostro turno, un qualunque vostro turno.

Ma non soffermiamoci su questi prudenti, su questi cittadini ligi all’autorità qualunque essa sia –qualunque-, pensiamo invece al coraggio, al dinamismo, all’uscire dal terrore, a immaginare ciò che oggi sembra diventato impossibile (e che sino a ieri era la nostra vita, semplicemente), ad affrancarci dal conformismo, pensiamo alla disobbedienza, pensiamo alla libertà.
«Potete liberarvi senza neanche provare a farlo, ma solo provando a volerlo. Siate risoluti a non servire più ed eccovi liberi» (Étienne de La Boétie, Discours de la servitude volontaire o Contr’un, trad. di F. Ciaramelli, Chiarelettere 2011, p. 14).
Non è così semplice ma è un dovere provarci. Per tentare di essere e di rimanere dei corpi liberi dalla tenaglia dell’autorità, dalla morte.

Androidi animisti

Gli androidi, la scuola, i tramonti
Recensione a: Kazuo Ishiguro, Klara e il Sole (Klara and the Sun, 2021)
Trad. di Susanna Basso
Einaudi, 2021
Pagine 273

in Aldous, 21 giugno 2021

«Lezioni su schermo»; ibridazione tra persone umane e intelligenze artificiali che si chiamano AA, Amici Artificiali; «editing genetico». Non sono gli elementi di una ulteriore fantascienza, di ancora un racconto dedicato al potere conquistato dalle macchine inventate dagli umani e che degli umani tentano di prendere il posto nel dominio sugli enti. Sono invece gli elementi di un testo all’apparenza tradizionale e in ogni caso costruito sulle strutture narrative, i dialoghi, le modalità temporali che hanno fatto del romanzo un genere letterario consolidato e a tutti noto.
I tre elementi -l’istruzione, l’ibridazione, il potenziamento genetico- a un certo punto della trama convergono nel modo più drammatico ed estremo, almeno come possibilità. Il realizzarsi o meno della quale dipende da qualcosa di impensabile in un contesto così tecnologicamente raffinato, da una sorta di «superstizione da AA» nutrita con ferma, fideistica, ingenua ma argomentata convinzione dall’androide Klara. Una fede nell’elemento più universale, materico, fondante la vita e ogni scambio di energia sul nostro pianeta: il Sole. 

[Sullo stesso blog/rivista il suo fondatore, Davide Miccione, ha pubblicato qualche giorno fa un articolo chiarissimo e disvelante sulle politiche scolastiche e formative del Governo Draghi, sul loro fondamento liberista, sulle loro conseguenze devastanti per ogni giustizia sociale, oltre che per l’esistenza di un pensiero critico: The Closing of italian Mind]

Il maestro vuoto

Recensione a:
Aa. Vv.
Tempi Covid moderni
Koinè, anno XXVII, nn. 1-4
A cura di Alessandro Dignös
Gennaio-Dicembre 2020
Petite Plaisance, 2020
in Vita pensata, n. 24, marzo 2021, pagine 58-60

Il numero 24 di Vita pensata è dedicato alla scuola, e in generale all’insegnamento, nei tempi della barbarie. Vi ho pubblicato un’analisi delle tematiche pedagogiche che vengono discusse nel numero 2020 di Koinè.
La didattica del vuoto -detta anche didattica a distanza– ha come orizzonte fondativo e prospettiva futura quello che Renato Curcio chiama il maestro vuoto, «un volto incorporato nelle applicazioni digitali, un potente e freddo detta-istruzioni, obbedendo alle quali l’utente compie con successo l’operazione prefissata, raggiunge il risultato voluto e/o imposto» (p. 33).
Il maestro vuoto è l’espressione pedagogica e didattica dell’universale rimozione della presenza dei corpimente nello spaziotempo, è la dissipatio della dimensione politica della vita umana.
Il maestro vuoto è il protagonista della «videolezione, come lezione spettrale», appiattita «sulla mera trasmissione di nozioni» (p. 40).
Il maestro vuoto è la vittoria della separazione tra gli umani, della negazione della natura sociale di Homo sapiens, è il trionfo della distanza come vero e proprio paradigma antropologico, psicologico, comportamentale, etico, per il quale l’altro è sempre un rischio, un competitor, un nemico.
L’orizzonte epistemologico nel quale queste complesse dinamiche si inscrivono è il transumanesimo, il superamento dell’umanità biologica a favore dell’umanità digitale. Se tale prospettiva può sembrare patologica, bisogna tuttavia riconoscere che «though this be madness, yet there is method in’t”», che c’è del metodo in tutta questa follia.

Populismo

Inti-Illimani
El pueblo unido jamás será vencido
(Sergio Ortega-Quilapayún, 1970 – Esecuzione: Víctor Jara Sinfónico, 2019)

Ciò che pulsa e si esprime in questo video dal febbraio 2020 è sparito, non è più possibile, si è dissolto nella paura che pervade l’intero corpo collettivo. Le autorità non hanno creato l’epidemia da Sars2 ma certamente sanno bene come utilizzarla a fini reazionari.

Uno dei fatti più interessanti e più drammatici è che cittadini, partiti, intellettuali che pensano di essere ‘di sinistra’ o anche soltanto ‘progressisti’ sembrano non aver compreso che quanto sta accadendo è uno dei più potenti dispiegamenti della repressione e dell’antisocialità che la storia contemporanea abbia visto.
Il risultato del coacervo di miopia, terrore, ingenuità è una «‘vita’ spogliata delle sue libertà uccise dal liberismo», è il «lockdown dell’anima», è la «smaterializzazione della vita» (Eugenio Mazzarella, Dopo la pandemia: due riflessioni. L’ecumene che ci serve. Salvare la ‘presenza’, in «Pandemia e resilienza. Persona, comunità e modelli di sviluppo dopo la Covid-19», Edizioni Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 2020, pp. 85-89) e quindi è di fatto la negazione dei presupposti biologici, sociali, relazionali, olistici, della ‘salute’.
Viene progressivamente cancellata la centralità dei corpi che abitano insieme lo spazio reale, il mondo degli atomi e non quello ingannevole e astratto dei bit. Una compiaciuta apologia della distanza sta distruggendo il corpo sociale e ogni sua residua possibilità di ribellione.
L’autentico significato degli ordini sanitari e securitari che da 14 mesi ci vengono imposti sta nell’isolamento, che è il vero e mai dismesso sogno del liberismo individualistico, del soggetto che fa tutto chiuso in una stanza davanti al suo monitor: relazioni, film, conoscenza, scuola, università, acquisti, sesso, tempo libero.
Sta vincendo non soltanto l’idea ma proprio la sensazione fisica profonda e sempre più interiorizzata che l’altro costituisca un rischio, un morbo, un infetto da tenere lontano di uno, due, tre metri; da incontrare senza volto dietro le maschere/museruole; da non toccare mai e dal quale mai essere toccati. In una condizione così artificiosa, lugubre, autoritaria, ogni possibilità di unirsi per rivendicare, protestare, rimanere liberi è chiaramente dissolta. È il sogno di ogni potere autoritario. È questo sogno che si va realizzando sotto i nostri occhi ormai complici, distratti, rassegnati.

Contro questo sogno reazionario, contro questo incubo della dissoluzione della vita umana che è vita politica, il mio auspicio è che «de pie cantar que el pueblo va a triunfar».

El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!
De pie, marchar que vamos a triunfar.
Avanzan ya banderas de unidad,
Y tu vendras marchando junto a mi
Y asi veras tu canto y tu bandera
Al florecer la luz de un rojo amanecer
Anuncia ya la vida que vendra

De pie, luchar,
Que el pueblo va a triunfar.
Sera mejor la vida que vendra
A conquistar nuestra felicidad
Y en un clamor mil voces de combate
Se alzaran, diran,
Cancion de libertad,
Con decision la patria vencera

Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!

La patria esta forjando la unidad
De norte a sur se movilizara,
Desde el salar ardiente y mineral
Al bosque austral,
Unidos en la lucha y el trabajo iran
La patria cubriran.
Su paso ya anuncia el porvenir.

De pie cantar que el pueblo va a triunfar
Millones ya imponen la verdad.
De acero son, ardiente batallon.
Sus manos van, llevando la justicia
Y la razon, mujer,
Con fuego y con valor,
Ya estas aqui junto al trabajador.

Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
Con voz de gigante gritando: Adelante!
El pueblo unido jamas sera vencido,
El pueblo unido jamas sera vencido!

[Questo testo è stato pubblicato su corpi & politica e su girodivite.it]

Post-ecologia

Transcendence
di Wally Pfister
USA, 2014
Con: Johnny Depp (Will Caster), Rebecca Hall (Evelyn Caster), Paul Bettany (Max Waters), Morgan Freeman (Joseph)
Trailer del film

Trascendenza è il modo in cui il Dottor Will Caster chiama la Singolarità. Nel linguaggio della Artificial Intelligence quest’ultima è l’ipotizzato momento nel quale i software, l’hardware, l’insieme delle ‘macchine per pensare’ prenderanno coscienza di esistere, diventeranno Dasein.
A questa singolarità lavorano davvero, nella realtà non al cinema, vari centri di ricerca sparsi per il mondo. La finzione del film comincia quando Caster, un informatico strepitoso e visionario, subisce un attentato da parte di gruppi neoluddisti. Sembra che la pallottola lo abbia colpito di striscio ma è stato sufficiente a immettere nel suo corpo un veleno radioattivo che a poco a poco lo uccide. Dandogli però il tempo, con l’aiuto della moglie/collega e di un amico medico e informatico, di sperimentare su se stesso le procedure del PINN (Physically Independent Neural Network), il progetto da lui ideato di ibridazione tra un organismo biologico e la Rete. Caster muore e le sue ceneri vengono disperse ma la sua mente sembra rinascere nei circuiti digitali. Sino a moltiplicarsi, espandersi, diventare così potente da guarire i ciechi, gli storpi, restituire vita. Vite che però diventano delle entità sottomesse al Grande Essere Digitale, il GED del quale parlai nel 2009:

«la forma nella quale probabilmente i corpi e le intelligenze si fonderanno in una connessione continua di memoria operativa, database conservativi e comunicazioni in tempo reale. Se il GED sarà, esso verrà costituito non da robot diventati padroni del mondo o da androidi ma da quella fusione di biologico e protesico che l’umanità è da sempre. Non bisogna, infatti, confondere entità assai diverse come –appunto- i robot, gli androidi e il cyborg. […] Il cyborg, invece, costituisce il presente e la stessa storia dell’umanità, poiché è la fusione tra un organismo biologico e una macchina o una funzione che modifica la struttura di base dei corpi. […] La natura protesica, metamorfica, estendibile del corpo, che è da sempre pronto a trasformarsi, adattarsi, evolvere, potenziarsi; il legame profondo e articolato dell’umano con le macchine intelligenti da esso prodotte»
(La mente temporale. Corpo Mondo Artificio, Carocci, p. 253).

A questo punto del film il governo si allea con i gruppi luddisti per fermare l’entità che si sta espandendo nello spazio e nel tempo, nella materia e nella memoria. Un’entità che si incarna nel  Dott. Caster di nuovo fisicamente vivo, capace di abbracciare la moglie e stabilire con lei che cosa fare, come sopravvivere o morire, in che cosa trasformarsi.
Come si vede, l’idea di Transcendence è profonda, direi preziosa e visionaria. La realizzazione è invece  banale, come se Hollywood non riuscisse quasi mai ad andare al di là del genere western. È comprensibile, vista la natura infantile e manichea della società statunitense, ma rimane un limite che taglia le ali anche ai progetti più interessanti. In questo caso l’interesse sta nell’atteggiamento panteistico e animistico dell’agente Smith di Matrix diventato qui PINN/Caster. L’agente Smith -lo ricordo– è una macchina in forma umana la quale afferma che all’inizio del loro potere i computer/software avessero immaginato un mondo felice, tranne però poi constatare che gli umani non riuscivano a viverci dentro, tanto da costringerli a modificare il programma. In quel film fondativo l’agente Smith si rivolge agli umani con queste parole:

«Voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta»
(Andy & Larry Wachowski, The Matrix, 1999).

Concordo con l’agente Smith.
L’immagine di apertura è stata scattata su Marte, dove non ci sono sofferenze, non ci sono virus, non c’è la morte, non c’è nessuna crudeltà; ci sono soltanto materia e luce, ci sono soltanto campi di energia, c’è soltanto la potenza delle rocce e delle stelle dalle quali derivano.

Negazionismi

Contro i negazionismi
in Dialoghi Mediterranei
Numero 47, gennaio-febbraio 2021
Pagine 519-527

La rivista Dialoghi Mediterranei ha pubblicato negli ultimi due numeri dei dossier dedicati al concetto di negazionismo. Nel mio contributo ho parlato delle varie forme di negazionismo relative all’epidemia in corso, tentando di far emergere la loro estrema pericolosità.
La redazione della rivista ha accompagnato il testo con alcune immagini di Maurits Cornelis Escher, scelta che ho molto apprezzato anche perché l’arte geometrica e insieme visionaria di Escher suggerisce che la realtà è assai più complessa rispetto a ogni forma di riduzionismo gnoseologico e politico. Che è quanto ho cercato appunto di sostenere a proposito dell’epidemia da Sars2. Il saggio comincia infatti in questo modo:

«Le modalità, le cause, gli effetti degli eventi contemporanei sono quasi sempre più complessi di come appaiano dalle notizie e interpretazioni della grande stampa, delle televisioni, dei social network. Uno dei compiti degli intellettuali – intendendo con tale termine coloro che cercano di pensare l’accadere in un modo non istintivo, non banale e non conformista e che abbiano strumenti per far conoscere il loro pensiero – consiste nel ricordare questa complessità all’intero corpo sociale, in modo che circostanze e problemi possano essere affrontati nel modo più profondo e fecondo possibile.
I mesi che ci separano dall’inizio dell’epidemia da Sars2 mostrano che questa funzione viene svolta soltanto in parte e in modo frammentario. Circostanza che ricorda ciò che negli anni Venti del Novecento Julien Benda ha definito trahison des clercs, ‘tradimento dei chierici’, dove i chierici sono, appunto, gli intellettuali. Tradimento anche della prospettiva universalista e olistica, capace di cogliere nel divenire complesso del mondo sia le identità sia le differenze, le evidenze e i labirinti, l’apparente semplicità e la reale complessità che sempre il mondo è.
È quanto sta avvenendo anche a proposito dell’epidemia da Sars2. A essere spesso negata è infatti la complessità dell’esistenza umana, ricondotta e ridotta soltanto alla sua immunità da virus. Di più: a un sogno di sicurezza totale e senza rischi che ovviamente non si dà in nessuna condizione del vivente.
L’esistenza viene per lo più ricondotta e ridotta alla sua dimensione soltanto individuale, alla salute illusoria del singolo corpo, che non tiene conto del fatto che l’essere umano vive di una intrinseca socialità, fatta di incontri, comunicazione, trasmissione, insegnamento, apprendimento attuati dal corpotempo che vive, agisce, comunica nello spaziotempo condiviso e reale.
L’esistenza è ricondotta e ridotta all’obbedienza acritica o a una altrettanto istintiva ripulsa di un potere che prende decisioni talmente gravi da mettere in discussione – ad esempio in Italia – la Costituzione della Repubblica, mantenendo a tempo indeterminato la condizione di asocialità, di miseria economica, di angoscia psichica nella quale il corpo collettivo va precipitando.
Un’esistenza nella quale la salute è un semplice fatto virale e non un evento complesso, costituito da dimensioni organiche, metaboliche, immunitarie, relazionali, psicosomatiche, temporali.
Un’esistenza che priva i ragazzi del sapere e del futuro, gli adulti della pienezza, gli anziani della compagnia che lenisce l’inevitabile morire».

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