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L'isola di Filippo

Terraferma
di Emanuele Crialese
Con: Filippo Pucillo (Filippo), Mimmo Cuticchio (Ernesto), Donatella Finocchiaro (Giulietta), Timnit T. (Sara), Beppe Fiorillo (Nino)
Italia-Francia, 2011
Trailer del film

Una piccola isola del Mediterraneo. Filippo e suo nonno Ernesto continuano a pescare, nonostante il consiglio dello zio del ragazzo (Nino) e della madre (Giulietta) di demolire la barca e intascare i soldi che ne deriverebbero. Giulietta vorrebbe lasciare quello scoglio riarso e andare a cercar fortuna sulla terraferma, intanto affitta la propria casa in estate ai turisti. Nonno e nipote salvano dei clandestini dall’annegamento ma la legge lo proibisce e la loro barca viene sequestrata. Tra i salvati c’è Sara, una donna etiope che partorisce una bambina a casa di Giulietta. L’isola è ormai presidiata da carabinieri e da finanzieri e sembra impossibile nascondere la donna e i suoi due figli. Ma il debole e un poco ottuso Filippo prende una decisione coraggiosa, mostrando così di avere attraversato non invano l’enigma dell’amore e della morte.

In Nuovomondo (2006) Crialese sceglieva il linguaggio onirico per raccontare il dramma che fu di milioni di europei e che oggi è di altrettanti uomini e donne che arrivano da noi, convinti che quello dove noi viviamo sia il luogo dei sogni. Di questi uomini e donne parla anche Terraferma. I migranti di Petralia Sottana sono diventati gli accoglienti dell’isola. Non tutti, naturalmente, e il film mostra quanto diversi possano essere gli atteggiamenti dei singoli e delle comunità di fronte al diverso che arriva nelle nostre strade. Ma Terraferma mi sembra soprattutto un film di iniziazione e di formazione, un cui possibile modello è L’isola di Arturo di Elsa Morante. Anche in quel romanzo un ragazzino diventa uomo, si affranca dal padre, lascia la madre al proprio rimanere “piccirilla”, si libera dalla malia del mare.
La recitazione sembra a volte come imballata e la fotografia sovraesposta, forse per rendere la troppa luce che acceca e che spegne. Belle alcune scene visionarie: le reti che all’inizio lentamente si calano nel mare, i turisti che saltano dalla barca dello zio, la forza notturna con la quale Filippo respinge i clandestini che anelano alla barca, la chiusa che trasforma in onda e oscurità ogni elemento.

2 commenti

  • diegob

    Novembre 21, 2011

    ho visto il film

    (del resto ormai mia moglie al sabato sera mi chiede: «c’è qualche film consigliato dal professor biuso?»)

    concordo in toto sul giudizio e sulle scene sottolineate

    aggiungo la bella e molto «classica» figura dell’anziano pescatore (bellissime le inquadrature mentre usa la smerigliatrice nella grotta, sembra il dio vulcano), e, nella sua legge antica che cozza con l’orrore della legge odierna, c’è, inevitabile, per noi amanti dei greci, la questione posta da antigone

    aggiungo che il dialetto siciliano, con i sottotitoli, è veramente magnifico, una lingua intensa, virile e dolce nel contempo

  • Paolina Campo

    Settembre 23, 2011

    Leggendo la sua attenta recensione del film di Crialese, mi è venuto in mente l’incipit dei Malavoglia di Verga: una famiglia e la speranza in un riscatto che migliori le condizioni di quella famiglia. Ma quel “raccontare il dramma che fu di milioni di europei”, cambia la scena e la riflessione si sposta su una situazione che purtroppo si ripete oggi come ieri. Periodici siciliani come “Il Messaggero Mercantile” davano ampio spazio al fenomeno dell’emigrazione. Un articolo del 1906 riportava una circolare del commissario d’immigrazione al porto di New York diretta alle Società di Navigazione, denunciando un grave disagio nell’organizzare l’accoglienza agli emigrati.

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