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Stefano Isola su Ždanov

Stefano Isola
Per un’ascesi barbarica
ACrO-Pólis
25 agosto 2024
pp. 1-5

«Questo di Biuso è un libro necessario per orientarsi nella situazione di barbarica decadenza in cui viviamo, e lo è anche per la sua capacità, assai rara nel quadro degli attuali tentativi di ridefinizione degli strumenti concettuali per la critica del presente, di realizzare generosamente l’auspicio del suo stesso autore: scrivere un testo che sia non soltanto una critica al wokismo dilagante, ma un più generale “tentativo di ragionare sulla difficoltà o persino sulla impossibilità di buona parte della cultura dominante di pensare il mondo”. In tale ampia prospettiva il libro di Biuso dedica ricche ed ispirate disamine a questioni fondamentali come la dissoluzione della scuola e dell’università, e l’oscurantismo antibiologico della cosiddetta gender theory, in capitoli che meriterebbero ciascuno una recensione a parte.
[…]
I fenomeni collettivi che vanno sotto la denominazione di woke e di cancel culture, insieme ad esiti apparentemente bislacchi come gli abbattimenti di statue o la censura nell’insegnamento scolastico di poeti e pensatori del passato in nome di dogmi del presente, sedimentano ed alimentano l’annullamento e il superamento dei dati di realtà – tra cui la distinzione biologica tra i sessi, ma anche tra salute e malattia, tra materico e digitale, tra reale e virtuale – spingendo l’intera cultura occidentale nella trappola di un narcisismo egotico in cui tutti possono essere tutto nello stesso momento in cui sono portati benevolmente per mano verso il nulla, verso la perdita di ogni differenziazione culturale ed esperienziale e dunque di ogni significato effettivo. E proprio nella misura in cui si dissolve il confine tra verità e finzione, tra ciò che si dà e ciò che si inventa, tra ciò che si produce naturalmente e ciò che viene artificialmente simulato ed implementato, si configura un macroscopico processo di ingegneria sociale assegnato alla decostruzione delle dimensioni umane prodotte dalla biologia e dalla storia, ed al loro oltrepassamento verso la dimensione del transumanesimo»

[La recensione è uscita anche sulla rivista La Fionda, il 6 settembre 2024]

Fiction

Nightmare Alley
(La fiera delle illusioni)
di Guillermo Del Toro
USA, 2021
Con: Bradley Cooper (Stanton ‘Stan’ Carlisle), Rooney Mara (Molly), Cate Blanchett (Lilith Ritter)
Trailer del film

Stati Uniti d’America 1940-41. Un uomo solitario ha appena seppellito (‘bruciato’, esattamente) suo padre e va in cerca di fortuna. Stan è infatti molto, molto avido. Si aggrega a un luna park ambulante, impara i trucchi ‘mentalisti’, lascia la fiera portando con sé la fidanzata, indispensabile per la riuscita dei suoi trucchi, diventa ricco ma non gli basta. Dopo aver incontrato una psicoanalista, concorda con lei di truffare dei pazienti ricchissimi e angosciati, utilizzando le confidenze che lei gli trasmette. Ma la dottoressa Lilith è ancora più infame di lui e le persone ingannate da Stan sono assai potenti.
Ho commesso l’errore di vedere un secondo film di Guillermo Del Toro dopo lo scadente La forma dell’acqua del 2017. Come in quell’opera, le ambizioni sono alte: penetrare nel cuore umano, nella sua tenebra e follia, tramite l’intensità dei colori fumettistici posta al servizio di corpi in continua tensione. E come in quell’opera il risultato è finto, banalmente finto, ostentatamente finto ma con la pretesa di convincere lo spettatore che sia autentico.
Il cinema è finzione, certo, come il teatro o la letteratura. Ma è una finzione che diventa una delle forme più limpide di verità quando un’idea, la scrittura, la tensione esistenziale dell’autore trovano il giusto equilibrio tra il calore delle passioni creative e la distanza della forma tecnica.
In questo film, invece, i caratteri sono tutti delle rigide caricature: l’ambizioso, la perfida, l’ingenua, il potente, lo sciocco, il nano, la bestia…e così via. L’atmosfera ‘dark’ si risolve in una truculenza da Grand Guignol, sin dalle scene iniziali della casa bruciata e dell’«uomo bestia» che sgozza con i denti un pollo. L’ostentata raffinatezza degli ambienti della seconda parte del film è veramente di cartapesta. La mescolanza di Far West e psicoanalisi è rivelatrice della pochezza di tutta la trama. Una psicoanalisi davvero da operetta in ogni sua manifestazione.
Qualcosa di vero c’è però in questo Nightmare Alley, in questo vicolo terrificante. Questo qualcosa è il disvelamento dell’ossessione statunitense per il denaro, disvelamento della violenza che questa nazione scatena da quando esiste per accumularne la maggiore quantità possibile. Il film è finto ma gli Stati Uniti d’America sono veri.

Venuto da altri pianeti

Starman
di John Carpenter
USA, 1984
Con: Jeff Bridges (Starman), Karen Allen (Jenny Hayden), Charles Martin Smith (Mark Shermin)
Trailer del film

Ho rivisto dopo molti anni questo film che all’epoca ebbe un grande successo (tanto da generare una serie televisiva). Racconta di un alieno la cui astronave viene distrutta e che però ha la capacità di prendere la fattezze di un umano a partire da poche tracce di DNA. Assume quindi l’aspetto e il corpo di Scott, morto qualche tempo prima, e induce la sua giovane vedova ad aiutarlo a tornare dai suoi simili, che lo riporteranno sul pianeta dal quale proviene. Pianeta lasciato proprio per accogliere l’invito a visitare la Terra lanciato nel 1977 dalla sonda interstellare Voyager 2 (che viaggia ancora negli spazi immensi e vuoti del cosmo). Solo che, una volta atterrata, questa entità diventa la preda inseguita dall’esercito statunitense, allo scopo di catturarlo, ucciderlo e vedere come è fatto. La bella vedova però, dopo un iniziale momento di stupore e paura, lo aiuterà a conseguire il suo scopo.
La trama è analoga a quella di King Kong (nelle sue tante versioni) e di altri film e romanzi dai quali emerge, al di là di ogni esplicita intenzione, la cattiva coscienza degli Stati Uniti d’America, il cui mito dell’accoglienza e delle infinite possibilità è appunto una leggenda.
Gli USA sono una potenza imperiale nata dal fanatismo calvinista, dal genocidio dei Pellerossa, dal calpestare ogni principio e ogni diritto, nel passato come nel presente. Una potenza che ha nel proprio cuore nero la distruzione, come dimostra una semplice cronologia delle guerre da essa iniziate o alle quali ha partecipato, anche limitandosi al periodo 1945-2024. Le più recenti di queste guerre sono state perdute, a partire dalla clamorosa sconfitta in Vietnam (1961-1973), ma l’imperialismo acceca i suoi portatori.
Anche un film ‘fantascientifico’ come Starman esprime dunque e documenta la difficoltà e, alla fine, l’impossibilità di accogliere il diverso – o almeno di avere con lui un rapporto di curiosità e di decenza – da parte di una potenza politica e militare cresciuta a dismisura. La storia (pochi però ormai studiano e conoscono la storia) insegna che queste strutture sono destinate naturalmente a crollare (dall’Atene di Tucidide all’Unione Sovietica del XX secolo). Accadrà anche agli USA. L’auspicio è che avvenga prima che il pianeta ne sia irreparabilmente devastato. Gli umani non hanno un altro luogo dove andare, come invece accade al protagonista di Starman, venuto da altri pianeti.

[Nell’immagine Orione e la sua Nebulosa, una delle più belle costellazioni visibili dalla Terra]

Sul genocidio dei Palestinesi

Sul genocidio dei Palestinesi
in Dialoghi Mediterranei
n. 6, luglio-agosto 2024
pagine 176-186

Indice
-Premessa. Un evento coloniale
-«It is not a war, it is murder»
-Schizofrenie imperialiste 
-Alcuni appelli
-«Né Dio né l’Idf hanno pietà dei bambini»
-Anatomia di un genocidio
-Conclusione

In questo saggio ho cercato di sintetizzare nel modo più chiaro possibile quanto so e quanto ho compreso del genocidio palestinese in atto dal 1948 al presente.
Mi sono particolarmente soffermato su quattro fonti relative a ciò che sta accadendo dal 7 ottobre 2023 a oggi:
-un documento del Ministero dell’Intelligence dello Stato di Israele – Dipartimento tematico, Documento politico: opzioni per una politica riguardante la popolazione civile di Gaza;
-il rapporto ufficiale diffuso il 25 marzo 2024 dall’ONU e stilato dal «Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967», incarico attualmente ricoperto dall’italiana Francesca Albanese. Il documento ha come titolo:  A/HRC/55/73, Anatomia di un genocidio;
-i testi di alcuni appelli sottoscritti da centinaia di docenti e studiosi italiani in questi mesi;
-alcuni articoli e riflessioni del filosofo italiano Eugenio Mazzarella.
Una delle conclusioni è che le generazioni future si vergogneranno di un’epoca “democratica e progressista” che ha permesso il genocidio giustificando in tutti i modi i carnefici. Si chiederanno come sia potuto accadere. Troveranno le risposte nel fanatismo della storia; nel razzismo degli eletti da Dio; nella situazione geopolitica; negli interessi finanziari del capitalismo trionfante; nella menzogna sistematica dei media (tra i quali spicca il quotidiano italiano la Repubblica); nell’indifferenza diffusa tra le persone.

Marta Mancini su Ždanov

Marta Mancini
Ždanov o della superiorità (im)morale
Aldous
3 luglio 2024
pagine 1-4

«La chiave per comprendere la sottocultura che va sotto il nome di politically correct, con gli annessi dispositivi della cancel culture e del wokismo, è senz’altro la sudditanza all’egemonia culturale d’oltreoceano, sostenuta da una forte matrice identitaria radicata nel puritanesimo protestante e nel più profondo calvinismo. Nonostante la crisi in cui versa il progetto economico-finanziario della globalizzazione, gli effetti che ha generato nelle mode culturali sono ancora tangibili e più stringenti che in passato, anche se il compito di conservare la supremazia statunitense ha passato la mano allo sforzo bellicista, naturalmente a spese di altri paesi e lontano dalla geografia fisica della democraticissima nazione che ha sempre molto da insegnare, specialmente in superiorità etica.
Da una simile prospettiva prende avvio l’ultimo libro di Alberto Giovanni Biuso, da poco uscito per Algra Editore, Ždanov. Sul politicamente corretto nel quale l’autore percorre i tratti di tale contesto culturale mostrandone con critica passione i sintomi, i presupposti impliciti, la pervasività, le sostanziali contraddizioni ma anche la possibilità di uscirne attraverso un atto coraggioso di libertà che è prima di tutto libertà di pensiero e di parola. Con la scelta della globalizzazione come sfondo naturale del politicamente corretto, Biuso ne esplicita anche la connotazione ideologicamente trasversale, rappresentata da “un bizzarro miscuglio di alcune espressioni della cultura ‘di destra’ nelle sue componenti individualistiche e liberiste e della ‘cultura di sinistra’ nelle sue componenti altrettanto individualistiche che tendono a trasformare semanticamente e giuridicamente alcuni legittimi ‘desideri’ individuali, figli di ben precisi contesti storici, in dei ‘diritti naturali’»

USA: lo Stato-Mafia

Se un individuo è il problema, eliminare quell’individuo significa risolvere il problema.
Questa la logica assai rozza ma spesso efficace con la quale le organizzazioni criminali, in particolare quelle che definiamo mafiose, affrontano il conflitto, i pericoli, gli avversari/nemici.
E questa è la logica politica che muove le azioni più importanti e più delicate degli Stati Uniti d’America. Kennedy venne ucciso seguendo tale logica, che quindi si rivolge spesso anche al proprio interno, ai conflitti e alla competizione affaristico-politica di quella stessa Nazione. Nei confronti dei capi di Nazioni estere, l’utilizzo dell’attentato – che spesso viene attribuito a un singolo killer o a soggetti mai identificati – è sistematico. I più recenti obiettivi, per fortuna sinora mancati, sono stati il capo del governo slovacco Robert Fico e il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, come affermato dal Ministero degli Esteri di quel Paese, Ministero non aduso a fare con leggerezza affermazioni di tale gravità:

 

 

 

 

Il nemico interno appare oggi Donald Trump, che infatti è stato oggetto di un recente attentato il cui autore è stato immediatamente ucciso, dopo che alcuni presenti alla manifestazione elettorale di Trump avevano vanamente segnalato alla sicurezza federale (vale a dire quella guidata dall’attuale governo USA) la presenza di una persona armata sul tetto di un edificio.
Se è vero che eliminare la persona dell’avversario politico ignora spesso la complessità del contesto e il fatto che quindi non si tratta di un metodo risolutivo, in molti casi tale metodo raggiunge comunque l’obiettivo di rimescolare a fondo il campo nemico, che diventa in questo modo in ogni caso meno pericoloso.
Tutto questo, anche se espresso con la sintesi richiesta da questo sito (brachilogie, appunto), conduce alla conclusione che ciò che da se stessa e dai suoi servi in altri Paesi (compresa l’Italia) viene definita ancora (e incredibilmente) ‘la più grande democrazia del mondo’ è invece una organizzazione statale che utilizza sistematicamente dei comuni metodi criminali. Il fatto che lo faccia tramite organizzazioni istituzionali come la Central Intelligence Agency (CIA) non toglie nulla alla natura mafiosa di questo Stato.

Immagini della dissoluzione

Immagini della dissoluzione
il Pequod
anno V, numero 9, giugno 2024
pagine 87-89

Di fronte all’orgia di distruzione che dappertutto causano gli Stati Uniti d’America, vedere per due ore vittima della dissoluzione la potenza che continua a infliggere ovunque morte mi ha fatto pensare: ‘Peccato che sia soltanto un film’. E questo per la semplice ragione – documentata dalla sistematica violenza che gli USA esercitano da ottanta anni sul mondo – che una prospettiva di pace ha come condizione il ridimensionamento dell’imperialismo statunitense. Data la potenza militare degli Stati Uniti, soltanto una implosione interna, una guerra civile appunto, potrà rendere realtà questo auspicio.

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