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Con la Russia, per l’Europa

Che cosa autorizza un Paese come gli Stati Uniti d’America a intromettersi nelle decisioni, nella vita, nelle libertà di altri Paesi? In nome di che che cosa gli USA sono giudici dei destini di ciò che avviene nel continente asiatico, in America Latina, in Europa, ovunque? Da dove proviene questo privilegio assoluto di decidere per tutti che cosa sia il bene e che cosa il male? Che cosa legittima la pretesa che gli altri popoli, stati, nazioni debbano obbedire ai giudizi, alle decisioni, alle azioni degli Stati Uniti?
Non vedo porre tali domande, che pure sono essenziali di fronte a un’ingerenza sempre più pervasiva, totale, assai rischiosa, da parte dello stato nordamericano in tutti gli eventi del pianeta.
Ai difensori dell’imperialismo statunitense (così si chiama tecnicamente nella scienza della politica) pongo tali domande, che non sono retoriche. Vorrei proprio saperlo, infatti. Perché e da dove nasce il privilegio assoluto degli USA di decidere sulla Siria, sull’Iran, sui rapporti tra la Cina e la Russia, sui governi italiani, sulla politica monetaria cilena, solo per fare qualche esempio di una presenza totale? Da dove proviene? Che cosa lo motiva? Su quali elementi normativi o etici del Diritto internazionale si fonda?
Sin quando queste e analoghe domande non riceveranno risposte razionali e plausibili, l’ingerenza planetaria degli Stati Uniti d’America sarà una forma della volontà di potenza, la più pericolosa mai attuata nella storia della nostra specie.
Nulla di nuovo naturalmente, anche se nuove sono le potenzialità distruttive che una simile politica comporta, ma allora bisognerebbe dirlo in modo esplicito, senza infingimenti: nelle guerre che gli USA iniziano ovunque o alle quali partecipano domina la legge del più forte, vigono principi di natura geopolitica, sono in gioco le ambizioni di dominio economico e strategico della potenza più armata del pianeta. Di questo si tratta. E non di ‘valori’, ‘democrazia’, ‘libertà’. Ripulire il campo dall’ipocrisia moralistica e semantica sarebbe già un passo avanti.

È soltanto in questo quadro che si può comprendere la questione Ucraina.
Oskar Lafontaine, ex ministro delle Finanze tedesco ed ex presidente del partito socialdemocratico (SPD) ha dichiarato apertamente che «la guerra in Ucraina non è una guerra della Russia contro l’Ucraina o viceversa, ma una guerra degli Stati Uniti contro la Russia» (Contropiano. Giornale comunista on line, 16.2.2012). È infatti una guerra anche vigliacca quella combattuta dagli Stati Uniti d’America per procura contro la Russia in Ucraina, «senza rischiare la vita di un solo soldato sul terreno, limitandosi a fornire strumenti di morte e informazioni spionistiche per rendere l’impatto più efficace» (Marco Tarchi, Diorama Letterario 371, p. 1).
Una guerra che invera e prosegue la svolta rovinosa che a partire dalle Paci di Versailles del 1918-1919 ha trasformato la guerra in una questione assoluta, nella quale il nemico non è più un semplice nemico ma è diventato un subumano che non merita alcun rispetto. Una disumanizzazione, anche rispetto al mondo antico, che ha la sua plastica testimonianza nella richiesta del presidente ucraino di vietare a tutti gli atleti russi di partecipare alle Olimpiadi di Parigi del 2024, quando invece per i Greci le Olimpiadi erano ragione di tregua nei conflitti in corso.
La marionetta che governa Kiev (e che si crede un burattinaio) oltrepassa ogni misura, razionalità, responsabilità, chiedendo «armi, più armi» alla NATO. Tanto che i Paesi che compongono l’alleanza militare si stanno dissanguando per finanziare la guerra, togliendo pane, sanità, scuola, lavoro, ai propri cittadini allo scopo di armare all’inverosimile la dittatura ucraina.
E che si tratti di una dittatura è confermato dal Partito Unico al potere, dalla persecuzione dei russofoni e della Chiesa ortodossa non nazionalista, dalle ‘punizioni’ erogate in pubblico e senza alcun processo per chiunque sia giudicato ribelle dalla polizia, dal tentativo di sterminio degli abitanti delle regioni autonome, dal dominio totale sui media ucraini. Anche Amnesty International conferma che l’esercito dell’Ucraina ha come obiettivo la morte e il danno dei cittadini ucraini. L’Ucraina è in realtà uno dei Paesi più corrotti d’Europa e fiumi di denaro dei cittadini e contribuenti italiani ed europei vanno a ingrossare i conti correnti di politici e oligarchi ucraini.

L’eterogenesi dei fini è una delle forme più ironiche e più amare delle vicende umane. In questo caso, essa fa sì che i “democratici” italiani ed europei sostengano anche i movimenti neonazisti al potere in Ucraina. E lo fanno mettendo a rischio i propri concittadini in nome degli interessi e della propaganda degli Stati Uniti d’America. Di fronte alla rovina dell’Italia e dell’Europa, a vantaggio degli USA e per difendere il governo fantoccio dell’Ucraina, ci sarebbero le condizioni per processare i governi in quanto colpevoli di «alto tradimento» degli interessi e della sicurezza dei cittadini.
La miseria economica, il disagio sociale, la crisi della sanità, dei servizi, della formazione sempre più diffuse in Italia e in Europa per difendere e finanziare i Quisling dell’Ucraina costituiscono una prova assai chiara della inadeguatezza, della corruzione, della menzogna che guidano le classi dirigenti del Continente, compreso il governo Meloni. Perché, ad esempio, non ci sono soldi per il bonus edilizio, per l’assunzione di medici negli ospedali, per la ricerca universitaria, per gli edifici scolastici, e invece ci sono (molti) danari per inviare armi e ogni altro strumento di guerra all’Ucraina?
Gli inventori di una Ucraina «democratica» – si tratta in realtà di uno degli stati europei più autoritari e corrotti, con radici e simpatie nazionalsocialiste – si affannano a riempirla di armi e di denaro con il rischio di portare a distruzione l’Europa. Se l’aggressore operativo è la Russia, il vero aggressore strategico è la NATO, che venendo meno agli accordi di Minsk ha ampliato il proprio controllo sull’Europa sino ai confini della Russia. È come se quest’ultima ponesse le sue basi nucleari in Canada o nel Messico. Inaccettabile.

[L’espansione della NATO dal 1998 al 2022]

Gli Stati Uniti vogliono controllare ogni azione politica che accade nel mondo, non accettano neppure come ipotesi un pluriversalismo che limiti il globalismo unipolare che tendono a imporre all’intera umanità. Una prova linguistica e semantica di tale pretesa è l’affermazione che «la comunità internazionale» stia condannando e sanzionando la Russia. In realtà, i Paesi che si sono rifiutati di sanzionare la Russia rappresentano invece l’82% della popolazione mondiale.

E tutto questo per difendere «la libertà», la «democrazia»? No, tutto questo serve a organizzare, imporre e difendere un principio e un germe totalitario che consiste nella Gleichschaltung, nell’allineamento a una sola prospettiva, nella «soppressione dei modi di pensare dissidenti, l’eradicazione di ogni pensiero non coincidente con l’ideologia dominante» (Alain de Benoist, DL 371, p. 13).
Il totalitarismo non consiste  infatti soltanto e principalmente nei mezzi che si usano ma sta nello scopo per il quale si usano. Gli strumenti possono essere assai più leggeri rispetto a quelli utilizzati dai regimi totalitari del Novecento, «mezzi meno brutali, addirittura fatti per piacere e sedurre, che vanno di pari passo con l’adozione e un apparato di sorveglianza di un’ampiezza (e di un’efficacia) mai vista. Questo si chiama pensiero unico, e ogni progetto che punta ad imporre un pensiero unico è totalitario» (Ibidem).
Gli Stati Uniti d’America costituiscono una nazione nata dal peggio dell’Europa, prosperata con il genocidio e le guerre in tutto il pianeta. Una nazione distrutta dall’illusione multiculturalista e spenta dal Politically correct. Gli USA sono una democrazia apparente, sono una società iniqua e feroce.
La corsa a essere e a mostrarsi servi degli USA e della NATO, contro gli interessi dell’Europa e dell’Italia, è una delle massime espressioni della tragedia che l’Europa vive in questo nostro tempo. I decisori politici europei sono dei veri e propri traditori al servizio di una potenza straniera e nemica, che sta muovendo guerra all’Europa.
La Russia è stata sempre amica dell’Italia. L’ingratitudine spinta sino a fornire armi ai suoi nemici è una responsabilità inaudita del governo Draghi prima e di quello Meloni dopo. Tutto questo si spiega anche con l’idolatria televisiva, con la rinuncia al pensiero, con la Società dello Spettacolo. Una società stordita, inebetita, che scatta come un burattino alle parole d’ordine e alle menzogne dei media, primo dei quali la televisione. Nonostante tale controllo mediatico, il rifiuto della guerra è netto da parte della maggioranza dei popoli e dei cittadini europei. E questo ricorda il 1914. Governi e ceti dirigenti sono oggi come allora accecati da calcoli e fanatismi che portarono alla catastrofe l’Europa.
L’immagine sopra e quella qui sotto spiegano più di tante parole che cosa sia accaduto negli ultimi decenni., una proliferazione di basi statunitensi ovunque (800 sparse in tutto il mondo), che mette a rischio l’esistenza e l’autonomia della Russia e della Cina. Pensare che questo possa accadere senza che Russia e Cina si difendano è stoltezza politica.

[Le basi statunitensi in Asia e Oceania]

Gli Stati Uniti d’America e i loro alleati non hanno il diritto di parlare di pace, semplicemente.  Non ne hanno diritto perché la politica estera degli USA dal 1945 al presente è consistita in una serie ininterrotta di guerre. Ecco un elenco delle tante guerre che gli USA hanno scatenato, per non parlare dei colpi di stato contro Paesi sovrani, come il Cile del 1973:

 -Corea e Cina 1950-53 (Guerra in Corea)
– Guatemala (1954)
– Indonesia (1958)
– Cuba (1959-1961)
– Guatemala (1960)
– Congo (1964)
– Laos (1964-1973)
– Vietnam (1961-1973)
– Cambogia (1969-1970)
– Guatemala (1967-1969)
– Grenada (1983)
– Libano, Siria (1983, 1984)
– Libia (1986)
– El Salvador (1980)
– Nicaragua (1980)
– Iran (1987)
– Panama (1989)
– Iraq (1991) (Guerra del Golfo)
– Kuwait (1991)
– Somalia (1993)
– Bosnia (1994, 1995)
– Sudan (1998)
– Afghanistan (1998)
– Jugoslavia (1999)
– Yemen (2002)
– Iraq (1991-2003) (truppe Usa e UK insieme)
– Iraq (2003-2015)
– Afghanistan (2001-2015)
– Pakistan (2007-2015)
– Somalia (2007-2008, 2011)
– Yemen (2009, 2011)
– Libia (2011, 2015)
– Siria (2014-2015)

Per quanto riguarda l’Ucraina è ormai chiaro che il gasdotto che unisce la Germania alla Russia è stato distrutto da militari USA. Una gravissima azione di guerra attuata con modalità terroristiche.
E questo perché gli Stati Uniti d’America praticano la guerra contro l’Europa. Lo fanno da tanto tempo. Adesso l’hanno proprio dichiarata. La responsabilità maggiore è dell’Unione Europa, è dei ceti dirigenti europei di “destra” e di “sinistra” – compreso il governo italiano guidato da Giorgia Meloni – che non difendono i loro popoli da un nemico così implacabile, barbaro.
Tutto questo è espressione dell’Identità che tende a cancellare la Differenza. E invece l’essere, anche quello politico, è un gioco senza fine di Identità e Differenza, nel quale nessuno dei due poli cancella, può cancellare, l’altro. Pena la dissoluzione.

Culture animali

Recensione a:
Carl Safina
Animali non umani
Famiglia, bellezza e pace nelle culture animali
Adelphi, 2022
Pagine 565
in Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia
vol. 13, n. 2/2022
pagine 173-174

Dati, fatti, eventi, situazioni, comportamenti mostrano che è arrivato il tempo nel quale la riflessione filosofica, e più in generale un approccio scientifico al mondo, abbandonino antichi e potenti dualismi, ormai falsificati. Tra questi, uno dei più importanti e pervasivi è il dualismo di cultura e natura, di culture nurture, di acquisito e di innato, di apprendimento e ‘istinto’.
Questo libro di Carl Safina scioglie il nodo naturacultura mediante l’osservazione e l’analisi sul campo di alcune strutture viventi molto diverse tra di loro: i capodogli, i pappagalli ara dell’Amazzonia, gli scimpanzé dell’Uganda. Sul campo poiché soltanto se studiati nel loro ambiente, nelle loro condizioni naturali e culturali, le creature viventi possono essere comprese nella loro struttura, nei comportamenti individuali e collettivi, nella complessità e nell’evoluzione.
In tutti e tre i casi osservati emerge con grande chiarezza l’esistenza, la ricchezza, la differenziazione e la varietà di culture animali caratterizzate da numerosi elementi che da sempre vengono pensati come esclusivi della specie umana ma che non lo sono affatto.
In modi tra di loro diversi anche all’interno dei gruppi e della comunità nelle quali si dividono, capodogli, are e scimpanzé costruiscono e modificano continuamente acquisizioni naturali e culturali quali i linguaggi, gli strumenti, le strutture estetiche, l’apprendimento, la comunicazione, la trasmissione intergenerazionale.
Nel mondo animale, umani compresi, sono all’opera molte intelligenze; esistono una varietà di strutture mentali che hanno in comune il senso del tempo, della memoria e del futuro, tanto che «oggi alcuni psicologi e altri scienziati si stanno rendendo conto, sistematicamente e con prove, che noi condividiamo il mondo con menti di altro tipo». Aver visto in questa straordinaria ricchezza di forme insieme ‘naturali’ e ‘culturali’ soltanto delle risorse, delle materie prime, degli oggetti – ciò che Heidegger definisce come Bestand, un fondo al quale attingere per le umane esigenze – produce conseguenze catastrofiche per tutto il pianeta. Sterminando le balene, ad esempio, si impoverisce l’oceano e quindi si pongono le condizioni per la decadenza dell’intera biosfera. Il provincialismo antropocentrico ha avuto e ha come conseguenza «qualcosa di spaventoso e tremendo, e cioè che la specie umana si è resa incompatibile con il resto della Vita sulla Terra» poiché «più gli uomini riempiono il mondo, più lo svuotano».
Le culture degli altri animali, il loro costruire strumenti, le attività educative che sanno mettere in atto, la consapevolezza del tempo e della morte, confermano la chiara continuità tra la specie umana e le altre, anche e soprattutto nell’ambito che definiamo cultura.

[Ricordo che, per quanto possa essere più o meno ampio, ciò che scrivo in queste pagine è sempre soltanto un abstract delle mie pubblicazioni, per leggere le quali basta visitare i link indicati sopra: i pdf o le pagine delle riviste nelle quali i testi appaiono]

Sulla Russia

Che cosa ha fatto?
Aldous, 14 maggio 2022

In questo breve articolo ho cercato di sintetizzare ciò che penso del conflitto tra Russia e Ucraina all’interno del più ampio contesto geopolitico contemporaneo. Un contesto che mi sembra pericolosamente simile al clima di esaltazione e di propaganda che portò l’Europa al suicidio nell’estate del 1914.

Segnalo inoltre il miglior articolo che abbia letto sinora sul conflitto in Ucraina, il suo significato, le modalità, la funzione:
Lo spettacolo della guerra
di Giovanna Cracco, paginauno, n. 77, aprile-maggio 2022.

La pace femminile

E ora dove andiamo?
di Nadine Labaki
(Et maintenant on va où?)
Francia, Libano, Egitto, Italia, 2011
Con: Nadine Labaki (Amale), Claude Msawbaa (Takla), Layla Hakim (Afaf), Antoinette El-Noufaily (Saydeh), Yvonne Maalouf (Yvonne)
Trailer del film

Un gruppo di donne vestite di nero avanza danzando e battendosi il petto con le fotografie dei propri morti. Vanno al cimitero, dove si divideranno tra le tombe cristiane e quelle musulmane. In un villaggio senza nome di un indeterminato Vicino Oriente l’imam e il prete cattolico tentano di mantenere un clima di pace tra le due comunità. Le tensioni però sono sempre pronte a emergere, sino a un evento che sembra spalancare le porte al reciproco massacro. Ma le donne -tutte, islamiche e cristiane- ricorrono a ogni stratagemma pur di evitare il conflitto: dalle presunte visioni della madonna all’ingaggio di alcune danzatrici ucraine per distrarre i maschi, dal seppellimento delle armi alla preparazione di dolci corretti all’hashish.

Divertimento e dramma si mescolano in questa parabola che va oltre il particolare contesto libanese e mostra con intelligenza e lievità la natura irrazionale di ogni conflitto, di ogni cedimento alle pulsioni che comportano anche la fine del pur di raggiungere la distruzione dell’altro. La guerra è un enigma evoluzionistico, politico, metafisico che millenni di riflessione hanno illustrato in tutti i modi, non riuscendo in alcun modo a debellarne la furia. Lo sguardo e il tocco femminili di questo film si pongono totalmente dalla parte della donna, vista come madre e amante pronta a tutto pur di proteggere i propri nati e i propri uomini dalla loro stessa furia, in una costruzione corale che è l’elemento più riuscito dell’opera. Il significato del titolo viene svelato nella scena finale e nella battuta conclusiva, ancora una volta capaci di mescolare le differenze e farne una ragione di ricchezza invece che di odio.

Identità e differenza

Ora che con estrema lentezza ma anche con inevitabile parabola il più volgare politico italiano dell’età moderna va dissolvendosi, non bisogna dimenticare che parte dei suoi crimini sono stati e continuano a essere le guerre coloniali in Afghanistan, in Iraq e in Libia. La tragedia dentro la tragedia è che tali crimini sono stati e continuano a essere perpetrati con la complicità convinta del Partito Democratico e del centrosinistra in genere. E  persino con il sostegno di settori della sinistra radicale, come quella che parla in Micromega e nel Manifesto.

Il fardello dell’uomo bianco si espresse una volta sotto il sole trascendente del cristianesimo, poi nella freddezza dello scientismo positivista (del quale l’imperialismo sovietico è stato una potente variante), ora trionfa tramite la menzognera formula della “democrazia” e dei “diritti umani”. Ma si tratta sempre della stessa ossessiva volontà di uniformare il molteplice all’uno, si tratta della stessa mortale presunzione di rappresentare il valore e la verità unica del mondo. Io sono orgoglioso di essere europeo ma lo sono perché l’Europa è stata ed è la terra del tramonto della verità e non il luogo di un’identità dogmatica, che essa sia religiosa, scientifica o politica. Perché la pace sta nelle differenze.

 

Guerra civile

Piccolo Teatro Studio – Milano
Prospettive sulla guerra civile
Liberamente ispirato a Prospettive sulla guerra civile e Il perdente radicale di Hans Magnus Enzensberger
Con Massimo De Francovich
Produzione: A.T.I.R e Thesis – Dedica Festival
Drammaturgia e regia di Serena Sinigaglia
Sino al 20 febbraio 2011

Tutto va compreso. Almeno dobbiamo fare questo tentativo, andando al di là della morale, al di là della consolazione religiosa, al di là della menzogna politica, al di là della rappresentazione televisiva, la più falsa in assoluto tra le forme ingannevoli.
Dalla fine del mondo bipolare le guerre civili si sono moltiplicate in tutto il globo. E non si limitano agli eserciti che per ragioni etniche, razziali, religiose, economiche, fanno strage di città, campagne, donne, bambini. La guerra civile è ovunque. Nelle scuole in cui gli studenti sparano ad altri studenti. Nella repressione delle polizie contro cittadini inermi, come al G8 di Genova del 2001. Nel suicidio dei kamikaze islamisti dentro le loro stesse città musulmane. Negli scontri razziali delle metropoli statunitensi. Che si generi dalle più flebili occasioni o nasca da fredde decisioni dei governi, la guerra civile è pervasiva anche perché ovunque va moltiplicandosi il perdente radicale, colui che imputa sempre ad altri, a lui più o meno vicini, i propri fallimenti. E ad essi non si rassegna.
La guerra civile è l’essenza del conflitto poiché è la guerra di tutti contro tutti.

Serena Sinigaglia e Massimo de Francovich mettono in scena due testi di Hans Magnus Enzensberger e lo fanno con passione e con misura. In un paesaggio di rovine urbane, scorrono su uno schermo le più efferate ma vere notizie su quanto accade nelle nostre città, su come si uccida per nulla, per divertimento, per noia. Poi entra un professore di filosofia e storia che inizia a raccontare la violenza, a spiegarla, a decostruirla. Lo aiutano tre giovani assistenti con le loro musiche, con le proprie testimonianze, con le immagini tratte da alcuni film, tra i quali 2001. Odissea nello spazio, Il Dottor Stranamore, Arancia meccanica. Emerge lentamente una non gradita verità, quella secondo cui «i civili innocenti non sono poi così innocenti» se tanti sono pronti a diventar carnefici dei loro vicini o a osannare i capi che procedono allo sterminio. Lo spettacolo si chiude con il racconto di Sisifo che riuscì per due volte a incatenare la morte. Dopo che Ares le restituì libertà e dominio sugli umani, Sisifo venne costretto dagli dèi a spingere verso la cima un masso che poi rotola ogni volta a valle. E ogni volta Sisifo deve ricominciare. «Il masso degli uomini è la pace».

[Una recensione più ampia si può leggere su Vita pensata, n.9 Marzo 2011, alle pagine 46-47]

Guerra e pace

La pace è un istante, la guerra è sempre. L’illusione della pace è il cadavere del pensiero. Il parmenidismo applicato ai rapporti umani -individuali e collettivi- è in realtà una necrofilosofia. La stasi è una consolazione per i deboli di cuore, per coloro che hanno timore della vita e del suo pulsare. Il tempo -il pólemos che scorre sempre e non si ferma mai- è per quanti accolgono la grandezza e il dolore del divenire. Certo, oltre il tempo si dà ancora essere. Ma è l’Indicibile.

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