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Post-ecologia

Transcendence
di Wally Pfister
USA, 2014
Con: Johnny Depp (Will Caster), Rebecca Hall (Evelyn Caster), Paul Bettany (Max Waters), Morgan Freeman (Joseph)
Trailer del film

Trascendenza è il modo in cui il Dottor Will Caster chiama la Singolarità. Nel linguaggio della Artificial Intelligence quest’ultima è l’ipotizzato momento nel quale i software, l’hardware, l’insieme delle ‘macchine per pensare’ prenderanno coscienza di esistere, diventeranno Dasein.
A questa singolarità lavorano davvero, nella realtà non al cinema, vari centri di ricerca sparsi per il mondo. La finzione del film comincia quando Caster, un informatico strepitoso e visionario, subisce un attentato da parte di gruppi neoluddisti. Sembra che la pallottola lo abbia colpito di striscio ma è stato sufficiente a immettere nel suo corpo un veleno radioattivo che a poco a poco lo uccide. Dandogli però il tempo, con l’aiuto della moglie/collega e di un amico medico e informatico, di sperimentare su se stesso le procedure del PINN (Physically Independent Neural Network), il progetto da lui ideato di ibridazione tra un organismo biologico e la Rete. Caster muore e le sue ceneri vengono disperse ma la sua mente sembra rinascere nei circuiti digitali. Sino a moltiplicarsi, espandersi, diventare così potente da guarire i ciechi, gli storpi, restituire vita. Vite che però diventano delle entità sottomesse al Grande Essere Digitale, il GED del quale parlai nel 2009:

«la forma nella quale probabilmente i corpi e le intelligenze si fonderanno in una connessione continua di memoria operativa, database conservativi e comunicazioni in tempo reale. Se il GED sarà, esso verrà costituito non da robot diventati padroni del mondo o da androidi ma da quella fusione di biologico e protesico che l’umanità è da sempre. Non bisogna, infatti, confondere entità assai diverse come –appunto- i robot, gli androidi e il cyborg. […] Il cyborg, invece, costituisce il presente e la stessa storia dell’umanità, poiché è la fusione tra un organismo biologico e una macchina o una funzione che modifica la struttura di base dei corpi. […] La natura protesica, metamorfica, estendibile del corpo, che è da sempre pronto a trasformarsi, adattarsi, evolvere, potenziarsi; il legame profondo e articolato dell’umano con le macchine intelligenti da esso prodotte»
(La mente temporale. Corpo Mondo Artificio, Carocci, p. 253).

A questo punto del film il governo si allea con i gruppi luddisti per fermare l’entità che si sta espandendo nello spazio e nel tempo, nella materia e nella memoria. Un’entità che si incarna nel  Dott. Caster di nuovo fisicamente vivo, capace di abbracciare la moglie e stabilire con lei che cosa fare, come sopravvivere o morire, in che cosa trasformarsi.
Come si vede, l’idea di Transcendence è profonda, direi preziosa e visionaria. La realizzazione è invece  banale, come se Hollywood non riuscisse quasi mai ad andare al di là del genere western. È comprensibile, vista la natura infantile e manichea della società statunitense, ma rimane un limite che taglia le ali anche ai progetti più interessanti. In questo caso l’interesse sta nell’atteggiamento panteistico e animistico dell’agente Smith di Matrix diventato qui PINN/Caster. L’agente Smith -lo ricordo– è una macchina in forma umana la quale afferma che all’inizio del loro potere i computer/software avessero immaginato un mondo felice, tranne però poi constatare che gli umani non riuscivano a viverci dentro, tanto da costringerli a modificare il programma. In quel film fondativo l’agente Smith si rivolge agli umani con queste parole:

«Voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta»
(Andy & Larry Wachowski, The Matrix, 1999).

Concordo con l’agente Smith.
L’immagine di apertura è stata scattata su Marte, dove non ci sono sofferenze, non ci sono virus, non c’è la morte, non c’è nessuna crudeltà; ci sono soltanto materia e luce, ci sono soltanto campi di energia, c’è soltanto la potenza delle rocce e delle stelle dalle quali derivano.

Sul tempo. Una prospettiva teatrale

Teatro Strehler – Milano
La grande magia
di Eduardo De Filippo
con: Luca De Filippo (Otto Marvuglia), Massimo De Matteo (Calogero Di Spelta), Carolina Rosi (Zaira), Nicola Di Pinto (Arturo Recchia e Gennarino Fucecchia), Giovanni Allocca (il brigadiere di polizia e Oreste Intrugli), Gianni Cannavacciuolo (Gervasio Penna e Matilde)
Scene e costumi Raimonda Gaetani
Regia di  Luca De Filippo
Produzione Compagnia di Teatro Luca De Filippo
Sino al 6 dicembre 2012
Video di presentazione

 

Calogero Di Spelta è assai geloso della moglie Marta. In vacanza all’Hotel Metropole, questo suo sentimento diventa l’oggetto dei pettegolezzi dell’intero albergo. In effetti Marta ha un amante, che però non riesce mai a incontrare proprio a causa dell’attenta gelosia del marito. Ma arriva l’occasione, incarnata dal mago di provincia Otto Marvuglia, con il quale la donna si mette d’accordo in modo che durante un suo spettacolo «la faccia sparire per un quarto d’ora». Ma l’amante Mariano la porta via con sé a Venezia e Marta quindi sparisce per davvero. A Calogero che chiede al mago di restituirgli la moglie, Marvuglia risponde che in realtà è stato proprio lui a farla sparire e che Marta si trova in una cassettina che gli consegna. Se il marito la aprirà credendo fermamente nella fedeltà della donna ella riapparirà, in caso contrario la magia non avrà più fine. Calogero crede a tutto pur di non ammettere a se stesso il tradimento di Marta. Quando la donna tornerà da lui, dopo quattro anni, rifiuterà di riconoscerla, convinto ormai che nessuno potrà separarlo da quella cassettina che non ha ancora aperto e dentro la quale è racchiusa tutta la sua passione.
Il paradosso e la tristezza dei sentimenti umani si esprimono qui al di là del dramma e della commedia. La gelosia è l’occasione per una complessa meditazione sul mondo interiore nel quale ciascuno vive, pensa, ama, soffre. Tutto è possibile all’immaginazione. Ciascuno si rinchiude nelle stanze della propria solitudine e da questo castello alto e desolato cerca di amministrare i feudi della disperazione. L’ipotesi che Otto Marvuglia presenta a Calogero Di Spelta è la stessa del film Matrix. Che cos’è realtà, che cosa è illusione? Apri la cassetta, prendi la pillola rossa, e ti troverai nel mondo vero. Tieni chiusa la cassetta, prendi la pillola azzurra, e continuerai a vivere in quell’illusione che tu chiami la verità del mondo.
Ma la svolta dentro questa vicenda tragica e grottesca è data dal tempo. Il mago, infatti, convince Calogero che il fluire degli istanti, delle ore, degli anni è soltanto «la traccia mnemonica di immagini ataviche»; che la sensazione dello scorrere dei giorni, l’imbiancare dei capelli, il raggrinzirsi della pelle è un inganno; che si trovano tutti sempre là, in quella serata all’hotel Metropole nella quale è cominciato il gioco dell’illusione, ha avuto inizio la grande magia.

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