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Banda & Jazz

Giacomo Tantillo & The Zisas: Bandistikamente
Castelbuono – 21 agosto 2024

Giacomo Tantillo, palermitano, è uno dei maggiori e più innovativi jazzisti italiani. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo, insieme all’ensemble The Zisas e alla voce di Eleonora Tomasino, nella piazza del Castello di Castelbuono lo scorso mese di agosto. I brani composti da Tantillo o da lui rivisitati costituiscono un riuscito tentativo di coniugare la tradizione bandistica italiana e siciliana con i ritmi del jazz.
Chi c’era è stato dunque coinvolto nella festa di una banda felice e nella malinconia di una banda quasi funebre, ha ascoltato i suoni sincopati o distesi della solista. Tutti fondati e amalgamati con la tromba di Tantillo, squillante inno alla vitalità del sangue vivo, della storia accolta, della memoria conservata, della gioia di fare musica insieme, di dare a ogni strumento la libertà di improvvisare (dinamica nel jazz fondamentale), sempre all’interno però di un progetto sonoro, espressivo e culturale condiviso e comune.
Il problema dell’ascolto di molta musica jazz (anche se naturalmente non soltanto di essa) è che qualunque registrazione non può, davvero non può, restituire la vibrazione, la potenza, il divertimento dell’esecuzione dal vivo, dell’esecuzione vera. Mi limito quindi a proporre due video e una registrazione su Spotify. Il primo video è il brano Ligonziana, eseguito con la stessa formazione che ha suonato a Castelbuono. Il secondo è L’Orientale, cantato per le strade con una banda. Il file audio è Zingarella, un classico del repertorio bandistico che durante il concerto di Castelbuono ha prodotto l’intenso coinvolgimento che questa musica sempre sa creare.

Barocco / Jazz

Strike the Viol
Henry Purcell (1694)
in «Music for a while. Improvisations on Purcell»  (2014)
Esecuzione dell’ensemble L’Arpeggiata diretto da Christina Pluhar
Raquel Andueza, soprano
Gianluigi Trovesi, clarinetto

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2018/04/Purcell_Strike-the-viol_Pluhar.mp3]

«Music for a while / shall all your cares beguile» affermano alcuni versi musicati da Henry Purcell. E davvero la musica è una delle massime consolazioni e gioie della vita umana. L’arte di Purcell ha ispirato diverse modalità d’esecuzione e molteplici forme espressive. Tra le più intriganti interpretazioni ci sono quelle dell’ensemble L’Arpeggiata fondato e diretto dalla musicista austriaca Christina Pluhar. Un meraviglioso esempio è l’album dal quale traggo il brano dal titolo Strike the Viol, scritto da Nahum Tate e musicato da Purcell nel 1694 (numero z323/5).
Il testo è un invito a gustare l’armonia e sorriderne:
«Strike the Viol, touch the Lute;
Wake the Harp, inspire the Flute:
Sing your Patronesse’s Praise,
Sing, in cheerful and harmonious Lays».
L’interpretazione contamina barocco e jazz, dando ritmo e improvvisazione a uno sguardo limpido sul mondo.

Christina Pluhar racconta in questo testo la perennità della musica di Purcell:
Henry Purcell in the Twentieth & Twenty-first Centuries
Just how modern Purcell’s harmonic language is, and how timeless his use of ground bass, is no secret. Today’s pop, rock and jazz musicians and film-makers have found constant inspiration in his musical inventions.
Pete Townshend of The Who declared in 2009 that Purcell was a strong influence on the band’s music of the sixties and seventies – echoes of Purcell’s harmonic language feature notably in ‘I Can See for Miles’, ‘Pinball Wizard’, and ‘Won’t Get Fooled Again’.
’What power art thou’, the song of the Cold Genius in King Arthur, became one of the show pieces of the cult New Wave singer Klaus Nomi, who recorded it as ‘Cold Song’ in 1981. Purcell originally wrote the piece for a bass, but since Nomi’s interpretation a number of counter tenors have taken it into their repertoire. In 2009 the English singer-songwriter Sting included ‘Cold Song’ in his album If on a Winter’s Night; in 2013 the actress and singer Arielle Dombasle added a beat to it and performed it on video naked in a coffin.
Purcell has often made appearances in film scores. The composer Wendy Carlos adapted the march from the Music for the Funeral of Queen Mary for synthesiser in Stanley Kubrick’s A Clock work Orange (1971). Oliver Hirschbiegel’s Downfall (2004) uses Dido’s lament ‘When I am laid in earth’. The soundtrack of Joe Wright’s Pride and Prejudice (2005) includes a piece entitled ‘A Postcard to Henry Purcell’ in which Dario Maria nelli makes use of Purcell’s Rondeau from Abdelazar. Benjamin Britten’s variations on the same theme in his Young Person’s Guide tothe Orchestra feature in Wes Craven’s Moonrise Kingdom (2012).
In 2003 we invited the great Italian jazz clarinet tist Gianluigi Trovesi to appear on our album All’Improvviso and improvise on Baroque bassi ostinati from seventeenth-century Italy. At that time we deliberately refrained from altering the original harmonies of these ostinato basses (or ‘grounds’ as they were known in England). It was only the melodic idiom of the jazz clarinettist, with his subtle timing, that differed from ‘our’ seventeenth-century musical language.
On Music for a while, however, we wished to underline the extraordinary modernity of Purcell’s music by constantly moving between the centuries in the harmonies and styles of the improvisations. This change of musical style is often accomplished within a single bar of a piece by means of subtle rhythmic and harmonic modifications to the ground. The bass lines and melodies composed by Purcell remain intact, but the improvisatory style of the instruments suddenly switches centuries. Our listeners find themselves in a timeless music room.
I am especially glad that the wonderful Gianluigi Trovesi has again enriched this new project with his superb artistry, ten years after All’Improvviso. I am also delighted that I was able to persuade my old school friend, the extraordinary jazz guitarist Wolfgang Muthspiel from Graz, to join our Purcell project.

La La La

La La Land
di Damien Chazelle
USA, 2016
Con: Emma Stone (Mia), Ryan Gosling (Sebastian)
Trailer del film

Il film inizia con un vertiginoso piano sequenza, nel quale gli automobilisti bloccati in coda su una delle autostrade di Los Angeles cominciano a cantare e a danzare. Tra di loro ci sono Mia, che vorrebbe fare l’attrice ma intanto fa la barista, e Sebastian, il quale ama il jazz «che sta morendo», quello dei grandi maestri, e che invece è costretto a suonare insulsi motivetti dove capita. Dopo un primo incontro non proprio positivo, Mia e Sebastian si innamorano, condividono i loro sogni, il tempo, la casa, la mente. Il successo arriva ma con esso giunge anche la distanza.
Un musical totalmente anni Cinquanta, anche se girato con le tecnologie del XXI secolo. E che dunque del musical condivide il destino, l’essere una versione dimidiata e banale del melodramma europeo. Neppure La La Land sfugge all’incoercibile noia di questo tipo di spettacolo, che Damien Chazelle affronta senza un briciolo di ironia e al quale non fa mancare nulla di tipico del genere, compreso questo scambio di battute tra i due protagonisti: Mia «Ti amerò per sempre», Sebastian «Ti amerò per sempre anch’io», una delle affermazioni più provvisorie che si possano enunciare.
Rispetto a un’opera geometrica, spietata e radicale come Whiplash, Chazelle precipita qui in una melassa prevedibile, superficiale e inutile. La La Land è il già visto in forma canterina.

Bruciare

Whiplash
di Damien Chazelle
USA, 2014
Con: Miles Teller (Andrew Neyman), J.K. Simmons (Terence Fletcher), Paul Reiser (il padre di Andrew)
Trailer del film

La batteria, il jazz, i padri, le sfide, l’iniziazione alla vita e all’arte. Vivere e non vegetare, creare e non ripetere. Il primo padre di Andrew, quello biologico, si accontenta di esserci e di spiegare ciò che altri hanno scritto. Il secondo padre, tiranno alla Scuola di musica, lavora per trovare un artista assoluto. Quando intuisce il talento del ragazzo gli fa sputare lacrime e sangue (alla lettera) e lo pone dinanzi a un modo insostenibile di esistere, quello che non si volta dalla stella della musica e a essa tutto è pronto a sacrificare. Tutto. La vita stessa.
Un film dove educazione e formazione si pongono al di là di ogni teoria pedagogica, nel trionfo della volontà del maestro che vuole essere superato dal proprio allievo. E per questo è disposto a ucciderlo.
Un film fisico e iniziatico, nel quale il jazz intride le immagini, le colora, le trasforma in suono ripetuto, ossessivo, tribale. Il finale incrocio degli occhi sancisce il patto faustiano, perché davvero ciò che conta non è la durata dell’esserci ma che si abbia un altare sul quale bruciare la propria sostanza.

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