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Il business dei big data e della sorveglianza in nome della trasparenza
il manifesto
22 luglio 2017
pag. 11
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Siamo ancora qui e siamo i padroni del pianeta anche e soprattutto perché in milioni di anni l’Homo sapiens è riuscito a coniugare due caratteristiche: utilizzare i nostri sensi per percepire con estrema cura i suoni, gli odori, i movimenti dell’ambiente intorno a noi, in modo da evitare d’essere preda e diventare appena possibile predatori; coniugare i sensi con una tendenza immediata e pervasiva alla manipolazione degli oggetti e del mondo. A tutto questo abbiamo unito una formidabile capacità mnemonica, sia dei singoli sia della specie.
Anche per mezzo di tutte queste facoltà abbiamo costruito il mondo digitale e virtuale dentro cui miliardi di umani sono immersi ogni giorno e senza il quale non saprebbero più neppure immaginarsi.
Eppure questo mondo presenta dei rischi letali.

[Il titolo dell’articolo -poco corrispondente al contenuto del testo- non è mio ma è redazionale.
Photo by Matthew Henry on Unsplash]

Sociologia della cultura

Che cos’è la Sociologia della cultura
di Rocco De Biasi
Carocci, 2008
Pagine 110

In sociologia per cultura si intende l’insieme delle «norme, valori, credenze, simboli che incontriamo sul nostro cammino nella vita di ogni giorno e che ci consentono di conferire un senso a quel che ci accade» (pag. 11). Si tratta dunque di ciò che Durkheim chiamava la coscienza collettiva, «l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri della società» (27).
Centrale in queste definizioni è il concetto e la realtà del significato, di una semantica che avvolge e costituisce l’umano sia come individuo sia nella dimensione collettiva. Il valore fondativo della sociologia di Max Weber consiste anche e soprattutto nell’aver «conferito una centralità ai significati soggettivi attribuiti dagli individui alle loro azioni» (9), tanto che la spiegazione delle cause e degli effetti non può che essere successiva al coglimento di tali significati. Weber scrive che «“la cultura” è una sezione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo» (Il metodo delle scienze storico-sociali, [1904], Einaudi 1958, p. 96). Una sociologia comprendente fa questo: coglie, analizza, spiega la ragnatela di significati che intesse e costituisce la vita degli umani, le loro azioni, intenzioni, relazioni. Significati che la realtà fisico/chimica di per sé non possiede e che invece vengono donati dall’attiva presenza degli umani nel mondo. Non si dà alcuna immacolata percezione né mentale né sociale; il mondo è una “foresta di simboli”. Lo è sempre stato e lo è ancora di più nel presente delle reti, dell’industria culturale, della globalizzazione. «Ancor oggi persiste una centralità dello studio dei processi culturali. Per concludere con le parole di Clifford Geertz, “Ritenendo con Max Weber che l’uomo è un animale imprigionato in una ragnatela di significato che egli stesso ha tessuto, credo che la cultura consista in queste reti” » (104).
Reti, appunto, al plurale. Il politeismo degli universi simbolici richiede spiegazioni sempre plurali e multicausali. Weber ha colto più a fondo il legame e il conflitto sociale rispetto al monocausalismo economicistico di molte analisi marxiane. Economia, religione, credenze, attese, memorie, paure, riti, aggressività, clan, visioni del mondo, poteri palesi e nascosti, contribuiscono insieme alla stabilità e al mutamento delle strutture collettive.
Fare sociologia della cultura significa dunque sforzarsi di cogliere gli elementi comuni sia alla elaborazione delle verità scientifiche -anch’esse «prodotto di pratiche cognitive radicate all’interno di un ben preciso contesto sociale» (46)- sia alla persistenza del sacro, a «quel complesso di oggetti e di credenze che in ciascuna religione viene concepito come qualcosa di separato e di superiore rispetto alle cose e alle occupazioni quotidiane profane» (29), che emergono ancora e fortemente nel tessuto collettivo, pur se in forme per lo più secolarizzate.
L’esistenza sociale è sempre anche un teatro sociale. “La vita quotidiana come rappresentazione” -secondo la giusta intuizione di Erwin Goffman- si esprime oggi nella rappresentazione che dentro le Reti ciascuno fa di se stesso, assume dagli altri, gioca e ricompone ogni giorno. La multidirezionalità -da molti a molti- di Internet è forse il fenomeno più innovativo, ricco e ambivalente, poiché la tecnologia culturale da un lato moltiplica le possibilità di comunicazione dei singoli e delle comunità virtuali, dall’altro «rappresenta oggi il principale strumento per l’esercizio del potere culturale o simbolico e l’industria dei media è l’istituzione sociale che si pone alla sua base» (79-80).
La sociologia della cultura esercita la sua funzione critica e comprendente anche distinguendo informazione e comunicazione. La prima è una tecnica ingegneristica e matematica che è stata ben descritta da Shannon e Weaver col teorema per il quale «la quantità di informazione equivale alla quantità di incertezza rimossa»; gli esseri umani, però, «rispetto ai calcolatori digitali, non si limitano a trattare informazioni, bensì appaiono continuamente immersi in un processo comunicativo basato sull’attribuzione di un significato sociale ai messaggi veicolati» (78). Si torna così al nucleo fondante della cultura: l’umano come dispositivo semantico.

Amore e Morte

La corrispondenza
di Giuseppe Tornatore
Con: Olga Kurylenko (Amy Ryan), Jeremy Irons (Ed Phoerum)
Italia, 2015
Trailer del film

Un professore di astrofisica di Edimburgo. Una sua studentessa, che per vivere fa anche la stunt nel cinema. Si amano da sei anni, incontrandosi quando e dove possono, in particolare a Borgoventoso, un affascinante paesino sul lago d’Orta. Si chiamano di continuo, si scambiano messaggi, si vedono su skype. Fino a quando il flusso sembra interrompersi a causa dell’astrocitoma che uccide il professor Ed Phoerum. Sembra però, perché Ed continua a far avere ad Amy i messaggi, i video, i sorrisi che ha registrato negli ultimi mesi della sua malattia, della quale nulla ha detto alla ragazza. «Solo che da qui non posso toccarti».
La corrispondenza è anche la struggente storia di un amore che va oltre la morte; è anche la prova della potenza degli strumenti digitali di comunicazione; è anche la raffinata e troppo patinata descrizione di Edimburgo e del lago d’Orta. Ma è soprattutto la continuazione di Una pura formalità (1994), il film più radicale di Tornatore. Analoghi sono l’enigma del morire e del rimanere, la domanda sui labirinti del tempo, l’intuizione di un errore fatale che conduce tutti gli umani alla fine, nonostante siano nati immortali. L’errore delle passioni, di una qualche passione che si amplia all’intera esistenza, come il tumore che uccide Ed Phoerum e che sembra dare ragione a Immanuel Kant: «Le passioni sono cancri» (Antropologia pragmatica, Laterza 2007, p. 157).
Il professor Phoerum naturalmente sa bene -e lo ripete a lezione- che la luce che ci arriva dalle stelle è in tanti casi la luce di astri che sono spenti da molto tempo. Una luce che però continua ad attraversare gli spazi e a battere il tempo.  Come l’amore, a volte.

Internet / Postumano

From Internet to Posthuman
(liberamente leggibile in pdf)
in Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia
Anno 6 – Numero 2/2015
pp. 305-310

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Abstract

La natura sociale e interattiva dell’essere umano ha generato strutture politiche, etiche, tecnologiche assai diverse tra di loro. Internet è una di esse. La comprensione della funzione, delle potenzialità e dei rischi del World Wide Web ha bisogno certamente di paradigmi sociologici, psicologici e cognitivi ma ha bisogno anche e soprattutto di uno sguardo teoretico radicale su quanto di umano e postumano abiti e si muova nella Rete e nei suoi dispositivi.

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