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Belluno

Belluno

Un borgo dalle abitudini tipicamente provinciali, con i locali pieni all’ora dell’aperitivo e il silenzio e il vuoto durante i pasti e nella notte. Un silenzio e un vuoto riempiti dalla presenza ovunque delle Dolomiti che circondano la città.

 

Un’impronta architettonica fortemente veneziana che ripete i palazzetti, le loro finestre, i balconi, la struttura delle costruzioni della laguna, tanto che se si guardasse soltanto in alto sembrerebbe a volte di trovarsi a Venezia.
Una memoria risorgimentale presente ovunque, con il culto rivolto a Giuseppe Mazzini e una grande lapide in marmo sotto Porta Doiona sulla quale è scolpito il testo integrale del Proclama di vittoria del generale Diaz il 4 novembre 1918 e con il fiume simbolo di quella guerra, il Piave, che appare in ogni angolo mentre si cammina. Anche la grande piazza che una volta aveva il nome bello e significativo di Campedel è stata un po’ troppo sbrigativamente rinominata ‘Piazza dei Martiri’.
Più raccolta e cuore istituzionale della città è Piazza del Duomo, con la chiesa gotico-rinascimentale, l’elegante Palazzo dei Rettori – con portico, logge, bifore -, il Municipio. Poco lontano la piccola Piazza del Mercato / Piazza delle Erbe è circondata anch’essa da portici e palazzi cinquecenteschi. Lungo il percorso del principale asse del castrum romano – Via Mezzaterra – si aprono altri palazzi e Chiese. Più a nord, il bel tempio gotico dedicato a S.Stefano. E soprattutto tra quest’ultimo e il Campedel si trova il Palazzo Fulcis , ora sede del Museo di Belluno.
In questa splendida dimora scorrono secoli di arte italiana ed europea, dal gotico al Novecento. Solo qualche nome: Cristo davanti a Pilato di Tintoretto; un Bernardino Licinio – Donna  che si pettina i capelli (1540) – che sembra uscito dal Realismo magico del Novecento (e viceversa); la grande tela di Alessandro Seffer Caccia sul greto del Piave (1901), luminosa, aperta, malinconica.

E poi numerosissime testimonianze di cultura materiale come mobili, porcellane, oggetti in legno di ogni tipo: sculture, elementi architettonici, strumenti di vita quotidiana. Assai bello, infine, il Salone, che è nello stesso tempo raccolto e monumentale.

All’ultimo piano di Palazzo Fulcis è aperta sino al 26 febbraio 2023 una mostra dedicata a uno dei bellunesi più noti e più grandi, Dino Buzzati, con 16 dei disegni realizzati dallo scrittore per illustrare il suo racconto a puntate La famosa invasione degli orsi in Sicilia, pubblicato nel 1945 sul «Corriere dei Piccoli» e che è diventato nel 2019 un film realizzato da Lorenzo Mattotti con delle coinvolgenti animazioni e illustrazioni.

La mostra presenta più di 150 tavole di Mattotti e permette di comprendere il rapporto empatico che il disegnatore ha intrattenuto con Buzzati e con il libro, il cui incipit è questo:

«Dunque ascoltiamo senza battere ciglia
La famosa invasione degli orsi in Sicilia.

La quale fu nel tempo dei tempi
Quando le bestie eran buone e gli uomini empi.
In quegli anni la Sicilia non era
come adesso ma in un’altra maniera:
alte montagne si levavano al cielo
con la cima coperta di gelo
e in mezzo alle montagne i vulcani
che avevano la forma di pani.
Specialmente uno ce n’era
con un fumo che pareva una bandiera
e di notte ululava come ossesso
(non ha finito di ulular neppure adesso)».

Le montagne, dunque, ancora una volta. Quelle che osservano e proteggono le case di Belluno, la cui natura e senso – oltre l’abitare – è di essere pietre immobili sullo sfondo innevato o scuro delle cime.

2 commenti

  • Michele Del Vecchio

    Febbraio 10, 2023

    Carissimo Alberto, ho letto il tuo splendido resoconto della visita di Belluno, un “borgo” che meriterebbe una notorietà ed un pubblico apprezzamento e riconoscimento ben maggiori di quelli solitamente conferitogli. La lettura della tua pagina sulla cittadina veneta, anzi sulla “patria” di Buzzati, ha risvegliato in noi (me e Grazia) il ricordo di una nostra lontana visita estiva che ci aveva regalato una grande gioia.
    La tua descrizione di Belluno è magistrale. E’ perfetta nel ritmo che tu hai dato al tuo racconto, che ha la cadenza del passo lento del visitatore colto, ammirato, incantato, attento. L’immagine di Belluno che ho conservato nel cuore, coincide pienamente con la tua accuratissima descrizione di palazzi, piazze, fregi e atmosfere. I nostri ricordi partono dalle montagne che altissime, rocciose, levigate e protese verso il cielo sembrano una invalicabile muraglia innalzata per proteggere l’elegante centro cittadino.
    Grazie anche per le immagini dei quadri visti al Museo di Palazzo Fulcis. Naturalmente ho coinvolto Grazia che mi ha aiutato nella ricerca delle opere e dei pittori che maggiormente ti hanno colpito. Grazia ha ritrovato -tra la massa sterminata di volumi monografici e cataloghi di mostre che lei possiede – il libro-catalogo sulla mostra tenuta a Venezia, a Palazzo Ducale, nel 1955 su “Giorgione e i giorgioneschi” (a cura di Pietro Zampetti) in cui erano esposte tre opere di Bernardino Licinio tra cui una “Allegoria” con una figura femminile in primo piano. La “Donna che si pettina” del museo di Belluno ha indubbiamente un suo fascino: Un ritratto bello in cui, secondo Grazia, si può intravedere un futuro Botero. Bello il dettaglio del pettine, piccola “natura morta”.
    Entrambi ti ringraziamo per la tua testimonianza su un “Borgo” carico di ricordi personali e di storia nazionale. Un caro abbraccio.

    • agbiuso

      Febbraio 10, 2023

      Grazie a te e a Grazia per la condivisione, per la conferma del valore e della tonalità di questo luogo. Il mio auspicio è che questa paginetta su Belluno spinga qualche lettore ad arrivare da quelle parti e proseguire poi dalla città verso l’incanto delle Alpi.
      A Vallada Agordina e tra le sue montagne trascorsi alcune estati da ragazzo, quando avevo 16-17 anni e la potenza della materia mi coinvolgeva in modo meno consapevole di adesso ma sempre profondo.

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