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Blu

Yves Klein Lucio Fontana
Milano Parigi 1957-1962

Museo del Novecento – Milano
A cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti
Sino al 15 marzo 2015

Fontana_KleinYves Klein lasciò al santuario di Santa Rita da Cascia un ex voto fatto di oro e di pigmenti rossi e blu. E concluse la sua preghiera con questo auspicio: «Che tutto ciò che viene da me sia Bello. Così sia». E, in effetti, bellissimi sono i suoi Monocromi fatti di blu potenti e ipnotici nei quali naufragare come nell’infinito di Leopardi. Di infinito parla giustamente Lucio Fontana, ricordando il suo amico troppo presto scomparso. I pochi anni che li videro collaborare furono un tempo di rivolte esistenziali e di rivoluzioni formali, di invenzione continua e di rispetto per il mondo antico, anni anche di grande divertimento.
K-05Gioia e  invenzione spirano dal percorso che si dipana dentro uno dei luoghi più preziosi di Milano, il magnifico Museo del Novecento. Si comincia con un accostamento tra due opere: Quelli che restano di Boccioni e uno dei primi Concetti spaziali di Fontana; la genealogia è evidente. Si prosegue con La signorina seduta, una scultura fatta di spazio e di oro; con l’incontro tra Fontana e Klein in occasione della prima mostra a Milano dell’artista francese; con la presenza di Fontana a Parigi. Il culmine è raggiunto nella sala che ospita stabilmente la Struttura al neon di Fontana (1951), sotto la quale è stata posta la grande superficie di Pigment pur di Klein (1957), un quadro collocato non su una parete ma sul pavimento, limpida manifestazione di ciò che per Klein è la pittura, un’eco della terra e della sua forza. In un’altra sala sono esposti quattro degli 11 monocromi apparentemente identici e che sembrano illuminare lo spazio con la potenza bluissima del loro colore.
Si chiude con le pareti che da un lato ospitano alcuni dei capolavori di Fontana e dall’altro  le opere più dense e più mature di Klein: le Antropometrie, quadri realizzati imprimendo sulla tela i corpi delle modelle totalmente impregnate di blu, sorta di sindoni dell’avanguardia; la Victoire de Samothrace e la Vénus bleue, nelle quali l’enigma dei Greci vibra dentro il bronzo blu, cosmico e materico.Fontana_su_Klein

2 commenti

  • agbiuso

    Febbraio 6, 2015

    È proprio così, caro Diego, si tratta di un effetto straniante e coinvolgente, un effetto che fa pensare, che libera l’opera di partenza dalla sua ripetitività.
    La mostra sarà aperta sino a metà marzo; secondo me è un’occasione imperdibile anche per visitare l’intero Museo del Novecento.

  • diegod56

    Febbraio 6, 2015

    A proposito della Venùs bleu. Mi colpisce, caro Alberto, la scelta voluta, nel raffigurare un’icona della classicità, del colore più «antigreco» che esiste. Come spiega Pastoreau nel suo saggio «Blu, storia di un colore», ediz. italiana Ponte alle Grazie, il blu non era un colore che gli antichi greci considerassero, e, ancora per i romani, era un colore barbaro. In greco la parola «blu» non esiste, anche se qualcuno traduce così il «kiànos». Ma io sono un mediocre ex liceale, sicuramente un professore come te, caro Alberto, lo sa molto meglio. Ecco, io penso che la scelta del blu, così «anticlassica» squilli potente nel senso estraniante, spiazzante, di quell’opera. Purtroppo non l’ho mai vista dal vero, però.

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