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Mongolia

Cascina Linterno – Milano
Urna
Ciclo «La musica dei cieli», 11 dicembre 2022

La Cascina Linterno si trova a due passi dalla mia casa milanese. Posso raggiungere a piedi un luogo immerso nei fontanili, nei prati, nelle ‘marcite’ lombarde. Un luogo che è probabile sia quello descritto da Francesco Petrarca in alcune sue lettere e abitato dal poeta durante l’estate negli anni da lui trascorsi a Milano (1353-1361).
Nella piccola chiesa della Cascina è risuonata la voce di Urna Chahar-Tugchi, dalla quale e attraverso la quale si percepisce la vastità delle steppe asiatiche, il tempo lento dei pastori e delle loro mandrie, l’energia dei cavalli – uno degli animali più perfetti che camminino sulla Terra -, il sorgere dei pianeti e la brillanza delle stelle, la calma e la potenza del tempo senza fine, senza umani, senza dolore. Soltanto una voce che scandisce, che si amplia, che diventa una cosa sola con lo spazio.
La più parte dei canti eseguiti da Urna sono quelli delle tradizioni mongole, altri sono stati composti da lei. Tutti trasmettono la musica di una civiltà.

Propongo l’ascolto di Hödööd:
Brano su Spotify
Brano su YouTube

Consiglio anche Haram gui, che sembra proprio una corsa di cavalli:
Spotify
YouTube

The Two Horses of Genghis Khan

di Byambasuren Davaa
(Chingisiyn Hoyor Zagal)
Con Urna Chahar-Tugchi, Hicheengui Sambuu, Chimed Dolgor
Germania/Mongolia, 2009
Trailer del film

two_horses

Urna è una cantante che desidera realizzare il sogno della nonna morente: restaurare il violino che era andato quasi distrutto perché su di esso erano scritti i versi di una vecchia canzone, segno di un’identità che il fanatismo modernizzante della Rivoluzione culturale in Mongolia intendeva cancellare. L’incontro con musicisti, liutai, sciamani, nomadi condurrà a ricostruire i versi dell’antico canto dedicato a Genghis Khan e ai suoi cavalli.

Varie opere della recente filmografia dedicata alla Mongolia hanno l’obiettivo di ricordare la storia di questo antico Paese e di recuperarne la memoria. Pur non raggiungendo il livello dello splendido Khadak (2006), The Two Horses of Genghis Khan descrive gli stessi spazi, canta la stessa vicenda, difende la tenacia di un popolo nomade, del suo sconfinato orizzonte.

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