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Il tempo ricordato

Belfast
di Kenneth Branagh
Gran Bretagna, 2021
Con: Jude Hill (Buddy), Caitriona Balfe (Ma), Jamie Dorman (Pa), Ciarán Hinds (il nonno), Judi Dench (la nonna), Colin Morgan (Billy Clanton)
Trailer del film

In un quartiere di Belfast dove sino ad allora avevano convissuto porta a porta cattolici e protestanti, nel 1969 si scatena la violenza degli anglicani che minacciano, devastano, intimano ai cattolici di andare via, perché quelle strade appartengono a loro.
Buddy è un ragazzino delle elementari pieno di vitalità, simpatia, amore per le storie, per il cinema, per la fantasia. Si scontra con questa realtà distruttiva e incomprensibile, dentro una famiglia protestante che però non condivide per nulla il disprezzo verso i cattolici e anche per questo viene minacciata. L’assenza del padre, quasi sempre fuori per lavoro; la saggezza del nonno paterno; la forza fragile ma vincente della magnifica madre, lo salvano dalla trasformazione dei suoi occhi curiosi in uno sguardo brutale. E salvano il suo ricordo di Belfast.
Al quale ora, da attore e regista adulto, dedica un film che è un’iniziazione alle contraddizioni dell’esistere collettivo; allo splendore di ogni infanzia pervasa di amore; alla forza educativa della strada -quella strada alla quale nel nostro tempo impaurito i bambini vengono negati, privandoli di un fecondo modo di formazione, quella strada nella quale ho avuto anch’io la fortuna di essere educato-; un’iniziazione alla bellezza che anche i luoghi più brutti (Belfast lo è) assumono quando sono i luoghi che ti hanno visto venire alla luce e respirare.
Un bianco e nero intriso di pienezza e nostalgia è il segno stilistico più chiaro della potenza del tempo ricordato.

Il Nilo

Assassinio sul Nilo
(Death on the Nile)
di Kenneth Branagh
USA, 2022
Con: Kenneth Branagh (Hercule Poirot), Tom Bateman (Bouc), Gal Gadot (Linnet Ridgeway Doyle), Armie Hammer (Simon Doyle), Jodie Comer (Jacqueline de Bellefort), Annette Bening (Euphemia), Russell Brand (Windlesham), Ali Fazal (Katchadourian)
Trailer del film

Elegante e fastoso come il precedente Assassinio sull’Orient Express (2017), anche Assassinio sul Nilo costituisce un omaggio al cinema e alle passioni.
Il cinema che compare in tutta la magnificenza dei paesaggi reali e virtuali, dell’esotismo che a questa forma dell’immaginazione è connaturato, poiché vedere un film (vederlo davvero, in una sala cinematografica) significa entrare non soltanto nel mondo onirico del grembo materno ma anche nel desiderio di novità, di improbabilità, di inaudito e di felicità che abita gli umani.
Le passioni poiché a fare da fondamento e accompagnamento a questa storia sono due dei maggiori tormenti della vita: l’amore e il denaro. L’amore verso l’Altro e l’amore per il denaro che rende più semplice accedere all’Altro, o anche il puro desiderare l’Altro e per questo essere disposti a qualunque cosa per soddisfare il desiderio che Lui ha di denaro.
E tutto questo attraversando il Nilo dal Cairo ad Assuan, con le acque, i tramonti, i templi immensi delle divinità egizie; con gli animali, il Sole, il deserto; con le nevrosi e l’infelicità di ciascuno (davvero, «anche i ricchi piangono»); con gli impeccabili gilet, cravatte, cappelli, con l’intima e palese eleganza di Hercule Poirot. Il quale però nella scena iniziale appare giovane soldato belga nelle orrende trincee della Prima guerra mondiale, nel fango, nel sangue, nei veleni, nei resti umani di quella guerra senza luce.
Il bisogno che Poirot sente di comprendere l’incomprensibile, di disvelare i modi, le intenzioni, le strategie della violenza affonda in quell’inizio della sua vita, in quella fine della sua vita. E questa dolente verità espressa e narrata dal film compensa un poco l’ormai insostenibile politically correct che lo intride, rendendo obbligatorio che di alcuni personaggi si mettano in evidenza il colore della pelle –«la razza»– e i gusti sessuali –«il genere». Una maledizione degna di quelle dell’antico Egitto e della quale non è facile liberarsi. Per ragioni, ovviamente, di denaro.

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