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La famiglia ritrovata?

La famiglia ritrovata?

Sorelle Mai
di Marco Bellocchio
Con:  Pier Giorgio Bellocchio, Elena Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Letizia Bellocchio, Maria Luisa Bellocchio, Gianni Schicchi, Alba Rohrwacher, Valentina Bardi
Italia, 2010
Trailer del film

Sulle colline piacentine, a Bobbio, Giorgio spera in un futuro che non arriva e intanto accudisce la nipotina Elena, che sua sorella Sara lascia spesso da sola per inseguire il sogno di diventare un’attrice. Giorgio ed Elena vivono nella vecchia casa di famiglia, insieme alle zie nubili, alla loro tenace anche se un po’ funebre positività. A curare casa e interessi è l’amico di famiglia Gianni Schicchi. Da Bobbio si va e si torna, come se un’attrazione senza fine richiamasse sempre al luogo nel quale si è apparsi alla vita. Una melodia di eventi semplici ma a volte anche drammatici e violenti si dipana dal 1999 al 2008, un tempo finto nei personaggi ma reale negli attori che li interpretano. Il film, infatti, è stato girato lungo questo arco cronologico. Vediamo quindi gli attori/personaggi crescere davvero, mutare, invecchiare. I luoghi, invece, sembrano rimanere identici a se stessi, attraverso inquadrature sgranate o a obiettivo corto, che non descrivono gli spazi ma il modo in cui gli umani li colgono.

Il dolore, il fallire, i sogni mai vissuti e la pazienza che ne scaturisce, intridono come un basso continuo quest’opera, che anche per ciò risulta così vicina alla vita vera. La ribellione estrema del primo film di Bellocchio –I pugni in tasca (1965), girato negli stessi luoghi di Sorelle Mai– si è stemperata ma non è scomparsa. La famiglia vi viene descritta per quello che essa effettivamente è: un rifugio biologico prima ancora che psicologico, e per questo una calamita potentissima e pronta sempre a dissolversi, rasserenante e angosciante a un tempo. La sintesi degli opposti accade nella bellissima scena conclusiva, nell’enigma di un gesto senza spiegazioni ma, si sente, carico di tutto ciò che il tempo e i rapporti hanno stratificato. Il Trebbia, fiume e placenta, purificazione e desiderio, è forse il vero protagonista di questo film privato e oggettivo, intimo e metafisico, tecnicamente raffinato e quindi documento efficace del perché gli orrendi filmini familiari girati da dei dilettanti (prime comunioni, compleanni, matrimoni, gite…) non siano né arte né esistenza ma soltanto la testimonianza che ad accadere non è la vita -che forse davvero «es sueño»ma la mente che la crea.

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