Skip to content


Insetti / Depressione

Effetti collaterali
(Side Effects)
di Steven Soderbergh
Con: Rooney Mara (Emily Taylor), Jude Law (Jonathan Banks), Catherine Zeta-Jones (Victoria Siebert),  Channing Tatum (Martin Taylor), Vinessa Shaw (Deidre Banks)
USA, 2013
Trailer del film

Il giorno del suo matrimonio Emily vede arrestare il marito Martin per un reato finanziario, l’insider trading (o “asimmetria informativa” nelle operazioni di compravendita finanziaria). Un elemento, questo, che all’inizio sembra secondario ma che nel corso della vicenda diventerà centrale. In ogni caso, Emily ne viene sconvolta e cade in uno stato di profonda depressione che la spinge a tentare il suicidio anche dopo che Martin è uscito dal carcere. In ospedale incontra uno psichiatra -il dottor Banks- che le propone l’utilizzo di un nuovo ansiolitico in corso di sperimentazione. Gli effetti collaterali di questo farmaco si riveleranno però drammatici, sino a sconvolgere la famiglia di Emily e quella di Banks. Sullo sfondo sta Victoria Siebert, la psichiatra che aveva avuto precedentemente in cura la donna.

Nella prima parte il film tenta -riuscendoci- qualcosa di temerario: mostrare il mondo come lo vede un depresso. Grigiore, nebbia interiore, oggetti e situazioni senza reciproche relazioni, stanchezza, insignificanza, raggomitolarsi in se stessi, pianto, vuoto. La raffinata tecnica cinematografica di Soderbergh è capace di entrare in questi meandri interiori e trasformarli in immagine. È sicuramente la parte che vale l’intero film. Poi, Effetti collaterali diventa un buon thriller teso e conseguente. Ma niente di più. L’opera accenna anche agli enormi interessi finanziari che stanno dentro e dietro l’attività e i profitti delle case farmaceutiche ma il significato del film sta nello sguardo freddo e nelle modalità oggettive con le quali il mondo del depresso viene analizzato sin nei dettagli. La cinepresa diventa un entomologo che osserva, scruta, fruga la psiche diventata puro movimento di un insetto triste.

 

Che – Guerriglia

di Steven Soderbergh
(Che: Part Two)
USA-Francia-Spagna, 2008
Con: Benicio Del Toro (Ernesto Guevara), Jordi Mollà (Capitano Vargas)
Trailer del film

che_guerriglia_2

Lasciata Cuba, rifiutate prebende ministeriali e agiatezza economica, Guevara cerca di instaurare regimi rivoluzionari in Venezuela, Congo, Bolivia. È qui che l’esercito governativo e gli uomini della CIA lo braccano, lo catturano, lo uccidono a sangue freddo.

La seconda parte di questo film conferma l’originalità e i caratteri della prima. Anzi li accentua. Si assiste infatti al tramonto del progetto visionario di liberare l’intera America Latina. Più che i nemici di classe, sono i contadini stessi a non capire Guevara, a denunciarlo, a consegnarlo al governo boliviano. Il film comincia con l’immagine televisiva di Fidel Castro che legge la lettera d’addio del suo compagno e si svolge poi quasi per intero in una giungla senza direzione, senza prospettive, senza luce. Il Che vi appare simile al guerrigliero italiano Carlo Pisacane che i contadini respingono perché rivoluzionario, senza religione, sbandato. È la storia di uno sconfitto, di un uomo assai lontano dall’icona vincente, epica, da martire. Un film asciutto e duro, che trova il suo culmine nella drammatica scena in soggettiva di Guevara morente.

Che – L'argentino

di Steven Soderbergh
(Che – Part One)
USA-Francia-Spagna, 2008
Con: Benicio Del Toro (Ernesto Guevara), Demiàn Bichir (Fidel Castro)
Trailer del film

che_argentino

Dall’incontro del medico argentino Ernesto Guevara con Fidel Castro a Mexico City alla guerriglia nella Sierra Maestra e da lì verso la capitale cubana. È il percorso della prima parte di un film che è stato pensato in modo unitario (4 ore e mezza) e che soltanto esigenze di distribuzione hanno indotto a dividere in due tronconi.
Sin da ora, comunque, si può dire che il Che di Soderbergh è un personaggio malinconico e minimale, duro per esigenze di ufficio e più a suo agio nella cura dei campesinos. Un uomo che vive la rivoluzione come un dovere, che rifiuta di assurgere a simbolo di alcunché e che invece il destino e il merchandising hanno trasformato in una merce buona per tutte le stagioni, generazioni e classi sociali. Nel film l’icona è abbattuta a favore dell’utopia di giustizia e della sua impossibilità.
La regia è funzionale a questo progetto. Nessun primo piano se non per frammenti del volto di Guevara durante l’intervista concessa a una giornalista statunitense in occasione del discorso che tenne all’ONU come ministro cubano dell’industria; l’alternarsi nel montaggio di scene in bianco e nero quando il Che si trova negli USA e a colori quando combatte nella giungla; un taglio dell’immagine che la rende sempre incompleta, a dire l’incompiutezza di ogni progetto umano di riscattare il proprio male.

Vai alla barra degli strumenti