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Klimt

Klimt. Alle origini di un mito
Palazzo Reale – Milano
Sino al 13 luglio 2014

Anche Klimt in questa mostra. Ma soprattutto l’ambiente affettivo, storico, culturale nel quale prese vita una pittura che sta al confine tra il figurativismo ormai al tramonto e la ricerca di forme diverse -più ricche del banale aspetto delle cose come appare d’acchito ai nostri occhi- con le quali plasmare l’ordine del mondo nella mente. Le prime opere sono infatti soltanto l’estenuarsi decadente di ciò che una volta, sostanzialmente sino al Settecento, era stata la potenza della realtà attraversata dallo sguardo. Tra l’imitazione del passato e un profluvio simbolico che voleva esser nuovo -ma era soltanto stanco- si consuma il debito verso Wagner e il suo progetto emulativo della Gesamtkunstwerk, che non poteva rinascere al modo pedissequo nel quale il musicista lo intendeva.
Il confine tra un simbolismo malinconico e la forza di forme nuove alla pittura è probabilmente il grande Fregio dedicato nel 1902 a Beethoven e che la mostra riproduce per intero. Poi Klimt cerca davvero strade altre. E le trova trasformando la donna in potenza della mente e i paesaggi in vibrazione, nel colore che attraversa l’estensione e la sostanzia. Il Bosco di faggi sembra infatti fremere nello spazio, la Madre con due bambini ha la forza espressionista che era già di Schiele, l’Adamo ed Eva conclusivo e incompiuto segna il riconoscimento della potenza materica della donna -il suo sorriso, infine- e dell’uomo quasi inesistente alle sue spalle. Finalmente Eva/Cortigiana/Salomè è diventata la Sophia da sempre ricercata, unione dei mortali con la luce.

 

Immagini / Leggenda

La leggenda di Kaspar Hauser
di Davide Manuli
Con: Vincent Gallo (lo sceriffo e il pusher), Silvia Calderoni (Kaspar Hauser), Fabrizio Gifuni (il prete), Claudia Gerini (la duchessa), Elisa Sednaoui (la prostituta), Marco Lampis (il drago)
Italia, 2012
Trailer del film

Nel 1820 a Norimberga comparve dal nulla un ragazzo che parlava una lingua del tutto personale e sapeva scrivere soltanto il proprio nome: Kaspar Hauser. Giudicato da alcuni un impostore e da altri una vittima di intrighi dinastici, venne ucciso nel 1833. La carica simbolica di questa figura -dal Romanticismo in avanti- è tale da generare ancora film come quello di Davide Manuli. Il quale trasporta la vicenda nella Sardegna abbacinante di oggi ma toglie il colore alla pellicola per non distrarre lo spettatore dalla metafora, dalla violenza e dal canto. Metaforiche sono infatti le figure di un bizzarro sceriffo che parla soltanto in inglese e che attendeva l’arrivo di Kaspar Hauser; del fratello dello sceriffo, pusher e assassino; di una granduchessa che giudica Kaspar un buffone e ne ordina la morte; di un prete con la pistola, autore di mistici monologhi e diffidente verso il ragazzo; di un uomo-drago che va a puttane e declama gli ordini del potere; di una prostituta bella e malinconica. E poi Kaspar, un androgino che proclama di continuo il proprio nome -“Io sono Kaspar Hauser”-, ascolta musica techno/elettronica e alla fine, in Paradiso, impara a fare il dj.
La trasparente simbologia cristologica si apre e si chiude con degli Ufo che trasvolano sopra la spiaggia al ritmo ossessivo e liberatorio della musica. Si esprime qui un’idea del cinema come scarto rispetto a ogni realismo; come rigore della forma (decisamente privilegiati i piani sequenza); come ironia e ossessione della mente e dei suoi archetipi; come immagini/leggenda.

 

Čiurlionis, l'esoterico

Čiurlionis. Un viaggio esoterico 1875-1911
Milano – Fondazione Mazzotta / Palazzo Reale
A cura di Gabriella Di Milia e Osvaldas Daugelis
Sino al 13 febbraio 2011

Vissuto nel pieno del Simbolismo, Mikalojus Konstantinas Čiurlionis è stato uno dei maggiori musicisti e pittori lituani. Musica e pittura erano per lui due manifestazioni diverse della stessa realtà artistica, tanto che diede il titolo di Sonate a molti dei suoi cicli pittorici. Le strutture che dipinge sono diafane, trasparenti, sovraccariche di elementi simbolici. Il colore è un azzurro-verde-giallo uniforme e trapuntato di luci. I soggetti descritti e trasfigurati fanno riferimento alle religioni orientali, all’Egitto, all’astrologia. I cicli più interessanti sono infatti la Sonata delle Piramidi e il Ciclo dello Zodiaco. Quest’ultimo è paradigmatico dell’intera opera di Čiurlionis per la capacità di coniugare la sovrabbondanza di elementi esoterici e l’essenzialità formale con la quale vengono espressi. Tra serpenti, stagioni, costellazioni, affiorano comunque ponti, gallerie, strade, che riflettono le grandi strutture industriali che le Esposizioni universali dell’epoca facevano conoscere in tutta Europa. Čiurlionis utilizza pure lo strumento fotografico, con risultati notevoli per la profonda somiglianza tra pittura e fotografia nel taglio, nella prospettiva, nell’essenzialità.

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