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Corpo / Corporeità

Per coloro i quali, dalle prospettive più diverse, vogliano andare oltre il venerabile ma ontologicamente debole dualismo tra anima e corpo, indagare le tematiche relative alla corporeità è fondamentale. Ma, come scriviamo nell’editoriale del numero 26 di Vita pensata (gennaio 2022), «corpo» è un termine polisemantico, che non si riferisce soltanto all’umano né soltanto al vivente, vegetale o animale che sia.
In filosofia corpo è anche sinonimo di ‘ente’, ‘cosa’, ‘oggetto’. E così lo hanno inteso gli autori di questo numero della rivista. I quali si occupano certamente in gran parte della corporeità biologica ma anche delle sue strutture fisiche e metafisiche. Confidiamo in questo modo di aver ribadito un invito che si fa sempre più urgente: l’invito a pensare la complessità, ad affrancarsi dalle varie forme di riduzionismo che ancora pervadono le filosofie e la vita collettiva, a comprendere la varietà delle strutture individuali e sociali che stanno alla base di un’esistenza non ridotta e non riducibile al solo inspirare/espirare e non ridotta né riducibile alla sola vita dello spirito.
Ai corpi come li intende la fisica è dedicato un vivace saggio del fisico Alessandro Pluchino; del significato metafisico dei corpi ho cercato di occuparmi io in una recensione dedicata a un libro del filosofo statunitense Graham Harman, uscito nel 2018 e da poco tradotto in italiano. Per una forse comprensibile ma in ogni caso implausibile e bizzarra abitudine e tendenza, gli esseri umani ritengono che nell’innumerabile insieme di corpi, enti, oggetti e cose uno di essi occupi un luogo speciale, possieda un’ovvia centralità, sia il parametro del significato e del valore di tutti gli altri enti, tanto che, in particolare dal pensiero cartesiano in avanti, ha preso forza «la strana convinzione moderna secondo cui la nostra specie umana, pur essendo alquanto minoritaria, meriti di occupare un buon cinquanta percento di tutta l’ontologia» (Harman, p. 68). Convinzione strana, triste e anche un poco patetica «visto che esiste un numero infinito di composti che non hanno al loro interno nemmeno una componente umana» (85).
Sono stati numerosi nel corso della storia i momenti e le forme nelle quali questa tendenza antropocentrica è stata in vari modi decostruita. La Object-Oriented Ontology critica tale tendenza con argomenti originali, alcuni evidenti e altri più complessi, dei quali la mia recensione cerca appunto di discutere.
Corporeità biologica, fisica, metafisica e poetica. Il numero si chiude infatti con una silloge di Eugenio Mazzarella: sei composizioni dal titolo Corporea / Stare nel corpo.
L’auspicio è che ogni testo di questo numero della rivista possa contribuire a fare luce sul labirinto, la bellezza e il dramma dello stare al mondo.

 

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