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Mimesis

Segantini
Palazzo Reale – Milano
Sino al 18 gennaio 2015

Segantini-Il-Naviglio-a-Ponte-San-MarcoMimesis. Il realismo nella letteratura occidentale è il titolo del grande libro che Erich Auerbach dedicò a questo tema. E tuttavia il sottotitolo della prima edizione era Eine Geschichte des abendländischen Realismus, als Ausdruck der Wandlungen der Selbstanschauung der Menschen, vale a dire una storia del realismo occidentale come espressione delle trasformazioni dell’autorappresentazione umana. Neppure per Auerbach, insomma, il realismo è separabile dal modo in cui la mente individuale e collettiva percepisce di volta in volta il mondo.
Su questo punto non possiamo più permetterci di essere ingenui. La realtà assoluta non esiste, semplicemente. È probabilmente anche a causa di questa consapevolezza che il mio sguardo è sempre critico nei confronti di tutto ciò che intende rappresentare la ‘realtà’. Nella sua opera Giovanni Segantini sembra stare stretto dentro il reale, sembra ogni volta voler uscire da un figurativismo che tuttavia lo attraversa e rinchiude dall’inizio alla fine. I suoi quadri, per quanto un po’ uniformi nei temi e nell’ambiente, rappresentano anche una sorta di riepilogo dell’arte europea dal Rinascimento (Mantegna) al Divisionismo, passando per il Naturalismo. Nelle nature morte, nei crepuscoli, nelle madri, nelle mandrie, nelle montagne dell’Engadina, diagonali di luce separano la tela in una molteplicità di spazi o sembrano vibrare dai corpi animali e umani.
L’ispirazione è panica, sacra, panteistica. «Ciascuno di noi è parte di Dio, come ciascun atomo è parte dell’universo», scrisse. E aggiunse che «tutto si deve fondere in un solo pezzo, in una commozione profonda di Vita vera vita palpitante». Intenzioni del tutto condivisibili ma che già alla fine dell’Ottocento non potevano più essere realizzate rimanendo ancorati alla figura. Il simbolismo di Segantini è -insieme a quello di altri artisti a lui contemporanei, compreso lo stesso Klimt– forse l’ultima possibile espressione di una imitazione del reale che aveva ormai perduto ogni referente. Da questo tramonto sarebbe nata la grande arte del Novecento, quella che ormai non vuole descrivere un modello che non esiste ma fa della forma stessa il proprio oggetto.
La mostra di Palazzo Reale permette di attraversare per intero questo itinerario dentro l’impossibilità della mimesis. Tra le tante opere esposte, mi ha particolarmente attratto un dipinto di Segantini poco più che ventenne –Il naviglio a ponte San Marco (1880)- e non soltanto perché descrive un luogo milanese. Soprattutto perché qui l’imitazione va dissolvendosi: umani, palloncini, architetture, acque sono la pura luce del corpomente, il suo desiderio di una gioia che nessuna realtà può dare.

Don Chisciotte

Teatro Strehler – Milano
Con Franco Branciaroli, da Miguel de Cervantes
Progetto e regia di Franco Branciaroli
Teatro de Gli Incamminati
Sino al 15 febbraio 2009

donchisciottelibro

A un certo punto dello spettacolo Branciaroli spiega che cosa sia lo humour, la sua natura, la differenza rispetto alla satira, alla beffa, al comico. E attribuisce a Cervantes (anche) il merito di aver inventato lo humour nella letteratura. Uno dei segreti del Chisciotte è l’imitazione. L’hidalgo imita i cavalieri erranti, un libro trovato per caso da lui e da Sancho imita le loro avventure. Branciaroli imita -perfettamente- Vittorio Gassman e Carmelo Bene mentre imitano, rispettivamente, Don Chisciotte e lo scudiero. Gassman imita Bene e quest’ultimo imita Gassman mentre entrambi recitano il Faust di Marlowe.  Lo spirito di Dante viene evocato a giudicare chi dei due reciti meglio la Commedia. Tutti e tre, infatti, sono ormai vivi nell’aldilà…

Un vorticoso gioco di specchi, un’idea splendida realizzata magnificamente. L’impressione è che i due grandi attori siano davvero tornati, con le loro voci, le tonalità, l’istrionismo, la malinconia, la potenza. E su tutto una riflessione partecipe e disincantata sul teatro, la sua finzione, la sua fine. Si ride moltissimo e molto si pensa, tra Totò, Peppino e Borges. Uno degli spettacoli più originali dei quali abbia goduto negli ultimi anni.

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