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Nonostante

Piccolo Teatro Grassi – Milano
Il teatro comico
di Carlo Goldoni
adattamento e regia di Roberto Latini
con Elena Bucci, Roberto Latini, Marco Manchisi, Savino Paparella, Francesco Pennacchia, Stella Piccioni, Marco Sgrosso, Marco Vergani
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Sino al 25 marzo 2018

In pieno Illuminismo, a metà del secolo, nel 1749-1750, Carlo Goldoni compone una commedia che è un manifesto della propria poetica, una dichiarazione di drammaturgia nella quale spiega -non in modo teorico ma dal di dentro stesso del fare teatrale- in che cosa consista la progressiva ma definitiva rivoluzione con la quale sostituisce al teatro dell’arte -e quindi all’improvvisazione degli attori saltimbanchi- il teatro di carattere, e quindi un testo scritto da mandare per intero a memoria e mediante il quale restituire potenza alla parola pensata. Ci furono resistenze, certo, da parte degli attori e del pubblico, entrambi abituati alla sicurezza ripetitiva -si potrebbe dire ‘televisiva’- di battute e lazzi che erano diventati sempre uguali, di maschere fisse. E invece la vita è divenire, trasformazione e incertezza. Aver reso teatro tale divenire, anche questo fa la grandezza di Goldoni.
Il teatro comico è tra le meno rappresentate fra le sue opere. E si capisce perché. Non è facile mettere in scena una teoria. Roberto Latini lo fa con molteplici strumenti: trasforma il testo in un’occasione di riflessione sul teatro contemporaneo, citando esplicitamente le messe in scena di Giorgio Strehler e facendosi permeare da quelle di Leo de Berardinis; raccoglie una tradizione che va da Alighieri -il capocomico Orazio invita i suoi attori ad attraversare l’ignoto recitando il Canto di Ulisse- a Pirandello, come se i personaggi cercassero il loro autore; fa delle luci una forma di scrittura e pone a destra della scena una statua di Arlecchino che in vari momenti precipita, come a segnare la fine del teatro di maschera; utilizza musiche contemporanee quali il Requiem di Preisner.
E tuttavia lo spettacolo rimane freddo. Gli attori -soprattutto nella prima parte- muovono in modo frenetico gli arti, non stanno mai fermi, come se ci fosse un’intima sfiducia nelle parole di Goldoni, come se esse non bastassero. E soprattutto manca unità di stile. Sembra di assistere a diverse prove di modi in cui potrebbe essere messa in scena la commedia. Può sembrare un apprezzamento, questo, vista la natura del testo goldoniano ma invece è un limite. Perché tutto e in tutti i modi si può scrivere, musicare, dipingere e realizzare ma l’unità del pensiero che intrama questo fare deve sempre esserci e apparire.
Bella e profonda è comunque l’intuizione di fondo di Latini, che fa di questa commedia programmatica un’espressione tragica. Gli attori si muovono in gran parte come marionette e sulla scena appaiono dei veri manichini, il corpo di Arlecchino viene fatto letteralmente a pezzi, come a pezzi e a marionette spesso la vita ci riduce. Ci sono delle regole in essa, nella vita, che si possono formulare in equazioni persino quando riguardano l’imponderabile e l’irrazionale. I sentimenti, ad esempio. Nulla c’è di veramente imprevedibile nella traiettoria dei sentimenti. Basta avere i dati e il risultato fuoriesce. Dati che nessuno può conoscere per intero, certo. E questo dà l’illusione dell’imprevisto. Tenera, comica e tragica è l’esistenza. Non possiamo farci nulla, se non benedirla nonostante.

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