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Dipende

Nymphomaniac vol. 2
di Lars von Trier
Danimarca, 2013
Con: Charlotte Gainsbourg (Joe), Stellan Skarsgård (Seligman), Stacy Martin (Joe da ragazza), Shia LaBeouf (Jerome), William Dafoe (L), Jamie Bell (K)
Trailer del film

Ascoltando Joe e i suoi racconti, Seligman afferma: «La religione è molto interessante, come il sesso». Che li si pratichi o meno, naturalmente. Non credere ad alcun dio e nutrire grande interesse verso il sacro, le religioni, la fede, le chiese. Oppure essere parte di una chiesa e dipendere da essa per le proprie interpretazioni del mondo e per le pratiche di vita.
Bere, bere e poi ancora bere. Immergere nella bottiglia il senso dei propri giorni. Dipendere dagli alcolici, aspirare al liquido eccitante, rinfrancante, anestetizzante.
Iniettata, aspirata, compressa e ingoiata. Dipendere dai mondi che gli stupefacenti creano e in essi illudersi di vivere sottraendosi alla fatica dei giorni, dentro le scogliere di marmo della bianca sostanza, della polvere.
Frenetici davanti alle slot machine, alle scommesse, al videopoker. Dipenderne fino a vendere l’ultima traccia della vita che fu.
Ore ore e ore davanti al monitor, compulsando la posta, facebook, twitter. Giornate intere davanti ai videogiochi buoni per tutte le età. E lì eccitarsi di connessioni e ubriacarsi di paroleimmagini, dipenderne.
Dalle prime ore del lunedì alla sera della domenica pensare alla propria squadra, non parlar d’altro, riempirsi la casa e la mente dei suoi colori. Tifare e far dipendere il proprio umore da sfere lanciate dentro una rete. Gol.
Soldi soldi soldi, idolo estremo, puramente simbolico e insieme brutalmente materico. Il signore di questo mondo dal quale si dipende come dall’aria che si respira.
«’O cumannà è meglio d’ ‘o fottere» poiché ti fa guadagnare tanti soldi, ti dà sicurezza e soprattutto ti fa sentire vivo mentre imponi un ordine ai morti, morti alla loro volontà sostituita dalla tua. Nel comando si dipende tutti, sia chi l’ordine impone sia chi lo riceve.
Cercare qualcuno o tanti a cui imporre la propria presenza, l’umana compagnia bramata per scaricare sull’altro la propria angoscia e riceverne conforto, amicizia, parola, speranza, vita, gratificazioni, lodi. Dipendere dai conspecifici umani come la formica dal formicaio.
«Amore mio grande senza di te non è vita». «Figlio mio caro non abbandonare la tua mamma». Dipendere dai sentimenti sino a piangere, disperarsi, crollare quando l’altro fa ciò che era già implicito nel cominciamento della vita e dell’amore: andarsene.

E tuttavia soltanto al sesso si attribuisce di solito la perversione. Come se tutto questo non lo fosse altrettanto. Joe continua a narrare l’abisso del proprio desiderio irraggiunto -Achille che non raggiungerà mai la tartaruga dell’orgasmo- nonostante le visioni, la violenza, il dolore, lo specchio e la pistola. Nonostante l’anatra silenziosa.
E quando la conclusione del racconto sembrerà virare verso una volontà di redimersi divenuta finalmente cosciente del baratro; quando un barlume di amicizia sembra infine scoccare nel buio dei giorni insensati e dello sfacelo; quando sulla rovina del vissuto si apre l’ancòra da vivere, allora beffardo ritorna il desiderio, la dipendenza di qualcuno dalla fica a lungo negata.
È il buio di fotogrammi ormai neri sul rumore di passi che vanno. Non c’è salvezza dalla catastrofe inaugurata dall’essere venuti al mondo, in esso gettati.
È probabilmente l’oscenità di tale pensiero ad aver indotto a censurare il film, tanto che il suo autore dichiara all’inizio di aver autorizzato questa versione senza però riconoscersi in essa. Dipendere dal cinema come dalla forma platonica. «La filosofia contemporanea non consiste nel concatenarsi dei concetti, bensì nel descrivere la fusione della coscienza con il mondo, il suo impegnarsi in un corpo, la sua coesistenza con gli altri, e tale argomento è cinematografico per eccellenza» (Merleau-Ponty). Questo è l’argomento di Nymphomaniac: la potenza e i limiti della libertà.

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