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Finanza

La grande scommessa
(The Big Short)
di Adam McKay
Con:  Christian Bale (Michael Burry), Steve Carrel (Mark Baum), Ryan Gosling (Greg Lippman), John Magaro (Charlie Geller), Finn Wittrock (Jamie Shipley), Brad Pitt (Ben Hockett)
USA, 2015
Trailer del film

La cosiddetta crisi che sta impoverendo l’Europa (e non solo) ha avuto un’origine molto precisa. È nata infatti a metà degli anni Zero del nostro secolo in seguito alla speculazione finanziaria sui mutui erogati dalle banche statunitensi a cittadini che non offrivano garanzie. Le banche e i fondi di investimento hanno creato su tali mutui dei prodotti finanziari tossici, ad alto rendimento e ad altissimo rischio. Mutui subprime e derivati sono stati acquistati persino da Comuni e altri enti pubblici italiani. Quando la bolla speculativa -inevitabilmente destinata a finire- è esplosa, a pagare non sono state le banche criminali e i loro complici ma gli Stati, vale a dire i cittadini, che hanno subito l’aumento delle tasse e la diminuzione dei servizi: sanità, scuola, università, trasporti pubblici.
The Big Short, «il grande scoperto», è il titolo originale di questo film, vale a dire la scommessa sul crollo del mercato finanziario da parte di alcuni operatori che ne avevano previsto l’inevitabilità, quando invece le strutture politiche ed economiche ufficiali si dichiaravano convinte che il mercato immobiliare non sarebbe mai potuto implodere. Emblematica la scena nella quale la funzionaria di un’agenzia di rating -quelle strutture private che, con formule che vanno dalla tripla A alla tripla C (e peggio), valutano l’affidabilità dei titoli finanziari, delle banche, dell’economia di interi stati- si presenta con degli occhiali che le impediscono di vedere e alla fine ammette che le valutazioni date dipendono da chi paga meglio. Un enorme e criminale conflitto di interessi tra valutatori e valutati.
Con un ritmo forsennato; con una precisione linguistica quasi tecnica; con il mostrare le passioni, gli autoinganni, la lucidità degli umani, La grande scommessa è insieme un film appassionante e una lezione di storia economica che aiuta a capire quanto è veramente accaduto, e continua ad accadere, al di là delle menzogne ufficiali. Una delle banche protagoniste del crimine fu la Lehman Brothers, accuratamente descritta nello splendido spettacolo andato in scena lo scorso anno al Piccolo Teatro di Milano. L’aforisma di Bertolt Brecht è qui inevitabile perché vero: «Che cos’è rapinare una banca, in confronto al fondarla?».

Notturno soldi

Margin Call
di Jeffrey J. Chandor
USA, 2011
Con: Kevin Spacey (Sam Rogers), Paul Bettany (Will Emerson), Jeremy Irons (John Tuld), Zahary Quinto (Peter Sullivan), Simon Baker (Jared Cohen), Stanley Tucci (Eric Dale), Demi Moore (Sarah Robertson)
Trailer del film

Un film è anzitutto una narrazione. Di eventi, situazioni, personaggi, sviluppi, drammi, cadute, rassegnazioni, superamenti. Margin Call è la narrazione di quanto è avvenuto nel 2008 alla Lehman Brothers, una delle più importanti banche d’affari di Manhattan e quindi del mondo. Una banca che le ormai leggendarie e potentissime agenzie di rating classificavano con la tripla A -il massimo dell’affidabilità- poco prima del suo rovinoso crollo e quando i suoi titoli non valevano già più niente. Puro azzardo e truffa. Questo sono le grandi banche, che distribuiscono profitti stellari ai loro proprietari e conducono alla rovina milioni di persone che a esse si affidano o per bisogno oppure per il desiderio di una vita che vada al di là dell’agio. Salvo precipitare dall’alto delle proprie speculazioni.

Viene narrata la notte nella quale un giovane impiegato apre la chiavetta affidatagli da un collega più anziano licenziato in tronco e scopre che l’equazione sulla quale era fondata la previsione di crescita era inutilizzabile, che l’esposizione della banca superava ormai l’intero capitale sociale dell’azienda. L’uno dopo l’altro, in rigorosa scala gerarchica, vengono informati i dirigenti della banca. La decisione sarà di vendere tutti i titoli-spazzatura a chiunque sia disposto a comprare -anche alla mamma- e, alla fine, a qualunque prezzo. Dal crollo di quell’istituto finanziario sono derivate a domino le conseguenze che riguardano la vita di ciascuno di noi, anche di chi non ha soldi a sufficienza per investire in borsa o non vuole farlo. I mercati finanziari, infatti, sono i veri padroni della politica e dell’economia, com’è naturale che sia nella logica del capitalismo, quello nel quale siamo immersi tutti e che tutti rischia di frantumarci. Forse è soltanto questione di tempo.
Quel tempo che in questo film è serrato e discreto, osservatore e osservato, inesorabile e chiuso. Chandor conferma che si può fare puro spettacolo hollywoodiano senza per questo rinunciare a far capire ciò che accade, il suo buio. “Margin Call” viene definita «la richiesta fatta all’investitore, da parte dell’intermediario in titoli, di integrare il quantitativo di contante o titoli di Stato depositato in garanzia presso lo stesso intermediario. Questa richiesta viene avanzata quando il variare delle condizioni di mercato rende insufficiente il margine disponibile a tutelare l’intermediario dalle perdite» (Fonte: Performancetrading).

[Nelle loro recensioni Diego Bruschi e Marcella Leonardi evidenziano la struttura tragica di quest’opera, l’ineluttabilità greca, l’Ananke. Ma ne traggono giudizi opposti].

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