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Brodo ucronico

Lola
di Andrew Legge
Irlanda-GB, 2022
Con: Stefanie Martini (Martha), Emma Appleton (Thomasina), Rory Fleck Byrne (Sebastian)
Trailer del film

Il cinema è immagine in movimento. È quindi tempo che coniuga la stabile unitarietà della pellicola (o del suo analogo digitale) con il divenire dei singoli fotogrammi. Anche per questo il tempo è uno dei suoi temi prediletti, una delle strutture e prospettive ricorrenti. Del tempo il cinema e la letteratura amano in particolare indagare la possibilità di muoversi in esso, di viaggiare nell’avvenire-passato-presente come se ci si muovesse tra pianure, montagne e valli. Eventualità fisicamente e ontologicamente impossibile ma anche per questo immaginata nelle forme più diverse e fantasiose.
Lo fa anche Lola  di Andrew Legge. Il titolo si riferisce a una macchina che Martha e Thomasina, orfane di un poliedrico inventore, costruiscono seguendo le indicazioni paterne. Siamo nel 1941 in Gran Bretagna e la macchina delle due ragazze permette di captare notizie, filmati e documenti audio-video del futuro immediato – i successivi anni e mesi di guerra – e di quello più lontano – cronache, eventi, cantanti e complessi rock e pop degli anni Sessanta/Settanta, tra i quali David Bowie e Bob Dylan. Le due fanciulle sono così brave da trasmettere via radio al governo inglese e alla popolazione civile gli avvisi di attacchi tedeschi che stanno per avvenire via mare e via cielo. Le ragazze diventano delle eroine sino a quando un’informazione sbagliata ha come conseguenza un grave rovescio militare e a quel punto saranno addirittura processate e condannate come spie naziste.
Da qui in avanti il film diviene un’ucronia (o fantastoria), vale a dire racconta una storia che non è avvenuta: la vittoria del Terzo Reich e la disfatta di Churchill, sino poi a smarrirsi in qualcosa che non è storia e non è ucronia ma soltanto una sovrana confusione.
Confusione testimoniata anche dalla scelta tecnica di costruire il film come se fosse una vecchia pellicola degli anni Quaranta smarrita e ritrovata, girata dalle due sorelle e fatta di salti, graffi, sincopi e tutti i difetti delle vecchie pellicole analogiche mal ridotte. La sensazione è dunque dall’inizio alla fine piuttosto fastidiosa. Ma questo è il meno. Il film parte da un dispositivo tecnico (Lola appunto) tanto potente quanto arbitrario, ingenuo e persino patetico. La costruzione e il funzionamento di tale apparato non possiedono neppure quel minimo (proprio minimo) di verosimiglianza senza la quale non esisterebbe la fantascienza. La vicenda mescola questioni fisico/teoriche (l’immancabile «teoria quantistica» continuamente citata da chi non ha la più pallida idea della matematica quantistica), posizioni ideologico/politiche e sdilinquimenti sentimentali tra le due sorelle e delle due sorelle con uomini.
Lola è un minestrone cucinato a tavolino e quindi gelido, oltre che confuso. Uno dei peggiori film che abbia visto negli ultimi anni, tanto ambizioso quanto noioso. Consiglio vivamente di evitarlo, nel caso lo incrociaste da qualche parte nello spaziotempo.

Bastardi senza gloria

di Quentin Tarantino
(Inglourious Basterds)
USA/Germania, 2009
Con: Christoph Waltz (Hans Landa), Brad Pitt (Aldo Raine), Mélanie Laurent (Shosanna Dreyfus) Diane Kruger (Bridget Von Hammersmark)
Trailer del film

tarantino_bastardi

Francia 1941. Il colonnello Landa è un cacciatore di ebrei dall’intuito infallibile. Il capitano Raine è un cacciatore di tedeschi che non fa prigionieri e che chiede ai suoi uomini lo scalpo dei nemici uccisi. Shosanna Dreyfus è l’unica scampata alla strage della sua famiglia e vive sotto falso nome a Parigi, dove gestisce un cinema. Un soldato tedesco appassionato di film le fa la corte e riesce a far ospitare nel locale della ragazza la prémiere di un’opera di Goebbels. Vi assiste anche Hitler e non si dà quindi migliore occasione ai bastardi di Raine per chiudere la guerra, con il sostegno della «vendetta ebraica».

Per immaginare e reggere una ucronia si deve possedere qualcosa di analogo al talento narrativo e alla radicalità teoretica di Philip Dick o è meglio lasciar perdere. Spesso, e temo volutamente, macchiettistico nella recitazione e nelle situazioni, Inglourious Basterds mescola la gentilezza affettata dell’ufficiale nazionalsocialista col sadismo dei militari statunitensi, lo spara-spara del cecchino tedesco con la cinefilia dello stesso soldato (e di Tarantino), tutto sullo sfondo di ricostruzioni storiche farsesche prima che impossibili. Per dire che cosa? Che il cinema purifica il mondo e riscatta il male? Le uniche scene riuscite sono quella iniziale e il lungo duello di sguardi e movimenti nello scantinato/locanda. La storia non si addice al pulp.

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