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Silvia

Renzo Zenobi
Silvia
 (mp3)
(1975)

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Una poesia struggente, malinconica, distante, profonda, temporale.
Versi ermetici nati dentro una musica colma di dolcezza.

La canzone di Zenobi mi ha ricordato che una volta, secoli fa, scrissi a una donna questo: «Sei un sorriso che ubriaca persino i campi distesi delle viti».

Tutto su un tramonto viola acceso
Con il tè sopra Firenze
Nuovi giorni prometteva aprile
Cerchi di limone alle colline
Il tuo glicine sognava
Nodi di mare sulle nostre dita

Silvia, ti ricordi la commedia
Recitata ad un sorriso
La mia voce si accordava lenta
E Beato Angelico negli occhi
E mio padre nel cervello
Essenza di ambra
Consolava il mio mantello

Il fuoco di quercia triste
Mi guardava con occhi saggi
Da domani un’altra storia
E un’altra faccia
Fra i suoi legni
Ed ancora un Giorgione
Sopra il letto non ha
Svegliato i sogni

Piove piano sopra terra scura
E un cipresso maschio e canne
Si corteggiano con suoni di foglie
Dolce latte aumenta la coscienza
Soffia via la mente adulta
Da un cappa sale sopra il fumo

Silvia, ti ricordi la paura
Tanta gente dietro i vetri
E nessuno ti gettava un fiore
E la rabbia ormai non ha più voce
Lascia il posto a indifferenza
Suona forte se non torna
La pazienza

Che strano, con il mattino
Le montagne sono di sabbia
E non sapere dove volare
Non vuol dire
Sei senza amore
Ed ancora il mio nome
Puoi usarlo
Per un ventaglio al sole

Stanco di lottare contro il bianco
Il tuo glicine si è arreso
E sulle palme adesso è già l’inverno
La licenza è quasi terminata
La stazione e il mio maglione
La domenica è già consumata

Silvia, benedetta la tua mano
Calda al vento in tramontana
Fresca per le fronti di fatica
La Toscana ha vinto, ha già rubato
I tuoi occhi ai suoi colori e cavalchi
Ad una caccia fra le monete
Nella mia tasca.

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