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Una vita tranquilla

di Claudio Cupellini
Italia, Germania, Francia 2010
Con Toni Servillo (Rosario Russo), Marco D’Amore (Diego), Francesco Di Leva (Eduardo), Juliane Köhler (Renate), Alice Dwyer (Doris), Maurizio Donadoni (Claudio)
Trailer del film

Nel cuore della Germania. Uno dei tanti emigranti italiani ha fatto fortuna, è il proprietario e lo chef di un ben avviato ristorante, ha sposato una bella donna, ha un bambino di nove anni. Una vita tranquilla, appunto. Sino a che arriva Diego, un altro suo figlio che Rosario ha dovuto lasciare fuggendo da Napoli tanti anni prima. Diego non viene da solo e ha una missione criminale da compiere. Con lui ritorna dunque il passato, in tutta la sua necessità.

Questo film non è la ripresa -come alcuni hanno detto- de Le conseguenze dell’amore, e non è soltanto imperniato sull’interpretazione di Servillo. Anche gli altri caratteri e personaggi sono ben delineati e la sintassi cinematografica è di buon livello. Il film, insomma, intriga e coinvolge dall’inizio alla fine. Servillo conferma di essere il miglior attore italiano vivente, con una interpretazione ancora una volta splendida, che dà corpo e vita a un personaggio plurale: timoroso e spietato, affettuoso e individualista, limpido e oscuro. Una scena, in particolare, colpisce: quando Rosario rivolge all’amico di Diego uno sguardo profondo, carico di rancore, di minaccia e di odio. La dramatis personae, la maschera, è perfetta.

Gorbaciòf

di Stefano Incerti
Italia, 2010
Con Toni Servillo (Gorbaciof), Yang Mi (Lila), Gaetano Bruno (L’Arabo), Geppy Geijeses (L’avvocato), Nello Mascia (Vanacore)
Trailer del film

Marino Pacileo fa il cassiere nel carcere di Poggioreale. Lo chiamano “Gorbaciòf” a causa di una vistosa voglia che ha in fronte. Vive da solo, ha la passione del gioco d’azzardo, parla pochissimo. Per giocare sottrae soldi alla cassa del carcere ma poi li restituisce regolarmente. Un uomo come questo non può innamorarsi. E però si innamora, corrisposto, della figlia del proprietario del ristorante cinese nel cui retrobottega gioca a poker. Tra di loro un sentimento quasi adolescenziale, silenzioso, dolce, impossibile. Il gioco si fa grande.

Ennesima, meravigliosa interpretazione di Toni Servillo che si fa ancora una volta il suo personaggio, che diventa il corpo di Gorbaciòf. Di questo guappo intriso di tenerezza e di una primitività quasi selvaggia e insondabile. Un uomo senza morale e senza malvagità, per il quale non parla la lingua ma le gote, le labbra, il modo straordinario in cui cammina, quasi remando nell’aria vuota di Napoli, le gambe. E soprattutto gli occhi, sino alla fine. Una fisicità della quale fanno parte le banconote da 20, 50, 100 euro. Simboli onnipresenti di un’ossessione che gira a vuoto. Poche volte l’assurdità del denaro fine a se stesso è stata resa in un modo così gelido ed esplicito. Il film ha il grande merito di essere cinema, e cioè opera visiva, pura immagine. Le rade parole scandiscono il divenire visivo del silenzio. Lontani dalla chiacchiera della fiction televisiva, dentro il cuore d’amore e di tenebra del mondo.

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