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Dracula

di Dejan Dukovski
Teatro Litta – Milano
con Laura Bombonato, Jytte-Merle Bohrnsen, Stefania Medri, Woody Neri, Stefano Scherini, Marco Vergani
regia di Sandro Mabellini
sino al 3 luglio 2010

Tragico e ironico, sanguinario ed erotico, effimero e politico. Anche questo è il Dracula di Dejan Dukovski, nella messa in scena partecipe e dinamica di Mabellini. Le luci al neon dentro le quali i personaggi parlano, si raccontano, si incontrano, danno alla vicenda l’ambiguità di una favola d’amore, di un miraggio della storia, di una mostruosità intrisa di malinconia.
Gli attori -giovani e assai bravi- cantano, si spogliano, modulano voci e gesti nella postura intima del sogno. Dracula diventa ogni volta il diverso che siamo o che possiamo incontrare. Una differenza che chiede d’essere riconosciuta come tale, e accolta. Le luci si fanno specchio, evidenziano le speranze e le menzogne, scolpiscono i corpi e li lasciano alla loro morte. La forma di questo spettacolo parla da sé. Ed è anche per questo che mi è parsa superflua la non breve canzone finale dedicata a riassumerne il “messaggio” politico. Era già tutto chiaro.

Il Gabbiano

di Anton Cechov
Versione di Martin Crimp
Traduzione di Leslie Csuth
Con Donatella Bartoli, Elisabetta Ferrari, Mariano Nieddu, Alberto Onofrietti, Roberta Rovelli, Paolo Summaria
Regia di Sandro Mabellini
Teatro Litta – Milano
Sino al 10 maggio 2009

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Il Gabbiano ritorna su una scena del tutto spoglia, dove tre coppie danzano il disperato gioco dell’amore non corrisposto, degli incroci che non si colgono, delle aspirazioni ridimensionate, della vita-teatro. Sul palcoscenico solo un paio di microfoni, parlando nei quali e dando le spalle  alla sala gli attori diventano anche gli altri personaggi. Quando, invece, sono Konstantin e Nina, Arkadina e Trigorin, Medvedenko e Maša, gli attori si rivolgono al pubblico, che è dunque attivamente coinvolto nella rappresentazione.

Cechov non è mai semplice da recitare e da vedere. La regia di Sandro Mabellini -basata sulla asciutta versione di Martin Crimp- ne condensa senso e gesti traendo dal testo tutta la possibile contemporaneità, che vuol dire sempre la classicità di un’opera. Gli inserti musicali vanno da Mozart al rock e sono sempre rispettosi del contesto. La recitazione si fa spesso danza. La metafora del gabbiano viene esplicitata e diventa il corpo di un’attrice. La prima parte dello spettacolo rimane tuttavia povera e solo nel finale acquista la densità di un dramma esplicitamente shakespeariano, così come Cechov lo aveva voluto.

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