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Per l’Europa

Europa vs Occidente
Aldous, 30 giugno 2023
Pagine 1-2

L’Europa, nostra madre, è ormai da tempo attaccata su tutti i fronti. Il suo padrone, infatti, mano a mano che va perdendo l’egemonia mondiale teme la concorrenza economica, militare, culturale di potenze come la Russia, l’India, la Cina. E opera per sfruttare in tutti i modi la colonia europea anche a costo di distruggerne le risorse e la cultura. Credo anzi che questo sia esattamente uno degli obiettivi della politica statunitense.
Quanto sta accadendo in Ucraina – una terra e un popolo mandati al macello nella guerra contro la Russia preparata, voluta, finanziata e sostenuta dagli USA e dall’Unione Europea loro serva – rappresenta un’inquietante prospettiva per l’intero Continente, la cui cultura ed economia vengono erose dall’interno dalla dinamica della globalizzazione, un’ideologia occidentalista e non europea che i media in mano ai capitalisti contemporanei e alle loro società multinazionali non si limitano a esaltare, a difendere, a diffondere ma della quale semplicemente sono intrisi in ogni notizia che danno, in ogni riga che pubblicano, in ogni pensiero che i loro giornalisti concepiscono e che si trasmette per forza di gravità ai loro pigri e abitudinari lettori.
In questo testo per Aldous ho cercato (assai brevemente) di indicare alcune radici storiche della globalizzazione e ho auspicato che il nuovo pluriversum, che va nascendo anche dalla tragedia della guerra combattuta dagli USA e dalla Nato in Ucraina contro la Russia, determini ciò che con Carl Schmitt possiamo definire un nuovo Nomos della Terra, capace di ridare spazio alla feconda molteplicità dell’Europa rispetto alla distruttiva uniformità dell’Occidente.

Guerra

Céline. Sulla guerra, contro la guerra
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
9 giugno 2023
pagine 1-4

Da alcune settimane è in libreria Guerra di Céline, un libro il cui manoscritto era stato trafugato nel 1944, che è stato ritrovato ed edito da Gallimard nel 2022 e adesso in Italia da Adelphi.
La musica di questo romanzo comincia con una dichiarazione che poi tutto lo intride, lo guida, lo determina, lo spiega:  «Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa». Una guerra che il caporale Destouches (il vero nome di Céline) odia, pur essendo insignito della «Croce di Guerra», pur essendo stato eroe coraggioso ed esempio per gli altri soldati. Odio e orrore che abitano e gorgogliano in pagine nelle quali pulsa per intero la potenza di uno degli scrittori più grandi della letteratura universale.
Questo capolavoro coglie e restituisce la guerra come nessun’altra opera che io conosca; ci aiuta a capire in modo profondo e radicale anche la guerra in corso della NATO contro la Russia tramite l’Ucraina e ci fa chiedere che essa finisca. Perché la guerra è un fatto, una catastrofe, una potenza antica dentro la quale l’umano abita e si perde, diventando la sua mente nella guerra «ormai solo una corrente d’aria di uragani».

 

Eufemismi

Eufemismi totalitari
Aldous, 6 aprile 2023

In questo breve articolo discuto di un film ambientato in un mondo nel quale gli umani non sanno nulla del passato ed esistono in un presente fatto di cielo terso, di sorrisi, di «scusami» «accetto le tue scuse», di completa trasparenza nella quale nessuno può mentire, di un linguaggio politicamente e semanticamente correttissimo che ha eliminato ogni termine che non sia «inclusivo, sostenibile, non discriminante, non offensivo, neutro». In pratica non parlano di nulla e si avviano sorridenti e tranquilli ogni giorno al loro destino di vuoto.
Questi e altri elementi descrivono il fondamento politico e metafisico del Politically Correct, della Cancel Culture, dei movimenti Woke Gender: l’ossessione per un’identità che annulli realtà e linguaggio delle differenze.
Il pensiero unico che ha prodotto la tragedia dell’epidemia Covid19 e che sta saggiando nel cuore dell’Europa la possibilità di cancellare millenni di cultura (ché questo sostanzialmente significa la guerra contro la civiltà slava ancora difesa dalla Russia contro il dominio anglosassone) ha le stesse tendenze, fattezze, principi morali, eufemismi e linguaggi del mondo perfetto, esangue e totalitario descritto in questo film.

Con la Russia, per l’Europa

Che cosa autorizza un Paese come gli Stati Uniti d’America a intromettersi nelle decisioni, nella vita, nelle libertà di altri Paesi? In nome di che che cosa gli USA sono giudici dei destini di ciò che avviene nel continente asiatico, in America Latina, in Europa, ovunque? Da dove proviene questo privilegio assoluto di decidere per tutti che cosa sia il bene e che cosa il male? Che cosa legittima la pretesa che gli altri popoli, stati, nazioni debbano obbedire ai giudizi, alle decisioni, alle azioni degli Stati Uniti?
Non vedo porre tali domande, che pure sono essenziali di fronte a un’ingerenza sempre più pervasiva, totale, assai rischiosa, da parte dello stato nordamericano in tutti gli eventi del pianeta.
Ai difensori dell’imperialismo statunitense (così si chiama tecnicamente nella scienza della politica) pongo tali domande, che non sono retoriche. Vorrei proprio saperlo, infatti. Perché e da dove nasce il privilegio assoluto degli USA di decidere sulla Siria, sull’Iran, sui rapporti tra la Cina e la Russia, sui governi italiani, sulla politica monetaria cilena, solo per fare qualche esempio di una presenza totale? Da dove proviene? Che cosa lo motiva? Su quali elementi normativi o etici del Diritto internazionale si fonda?
Sin quando queste e analoghe domande non riceveranno risposte razionali e plausibili, l’ingerenza planetaria degli Stati Uniti d’America sarà una forma della volontà di potenza, la più pericolosa mai attuata nella storia della nostra specie.
Nulla di nuovo naturalmente, anche se nuove sono le potenzialità distruttive che una simile politica comporta, ma allora bisognerebbe dirlo in modo esplicito, senza infingimenti: nelle guerre che gli USA iniziano ovunque o alle quali partecipano domina la legge del più forte, vigono principi di natura geopolitica, sono in gioco le ambizioni di dominio economico e strategico della potenza più armata del pianeta. Di questo si tratta. E non di ‘valori’, ‘democrazia’, ‘libertà’. Ripulire il campo dall’ipocrisia moralistica e semantica sarebbe già un passo avanti.

È soltanto in questo quadro che si può comprendere la questione Ucraina.
Oskar Lafontaine, ex ministro delle Finanze tedesco ed ex presidente del partito socialdemocratico (SPD) ha dichiarato apertamente che «la guerra in Ucraina non è una guerra della Russia contro l’Ucraina o viceversa, ma una guerra degli Stati Uniti contro la Russia» (Contropiano. Giornale comunista on line, 16.2.2012). È infatti una guerra anche vigliacca quella combattuta dagli Stati Uniti d’America per procura contro la Russia in Ucraina, «senza rischiare la vita di un solo soldato sul terreno, limitandosi a fornire strumenti di morte e informazioni spionistiche per rendere l’impatto più efficace» (Marco Tarchi, Diorama Letterario 371, p. 1).
Una guerra che invera e prosegue la svolta rovinosa che a partire dalle Paci di Versailles del 1918-1919 ha trasformato la guerra in una questione assoluta, nella quale il nemico non è più un semplice nemico ma è diventato un subumano che non merita alcun rispetto. Una disumanizzazione, anche rispetto al mondo antico, che ha la sua plastica testimonianza nella richiesta del presidente ucraino di vietare a tutti gli atleti russi di partecipare alle Olimpiadi di Parigi del 2024, quando invece per i Greci le Olimpiadi erano ragione di tregua nei conflitti in corso.
La marionetta che governa Kiev (e che si crede un burattinaio) oltrepassa ogni misura, razionalità, responsabilità, chiedendo «armi, più armi» alla NATO. Tanto che i Paesi che compongono l’alleanza militare si stanno dissanguando per finanziare la guerra, togliendo pane, sanità, scuola, lavoro, ai propri cittadini allo scopo di armare all’inverosimile la dittatura ucraina.
E che si tratti di una dittatura è confermato dal Partito Unico al potere, dalla persecuzione dei russofoni e della Chiesa ortodossa non nazionalista, dalle ‘punizioni’ erogate in pubblico e senza alcun processo per chiunque sia giudicato ribelle dalla polizia, dal tentativo di sterminio degli abitanti delle regioni autonome, dal dominio totale sui media ucraini. Anche Amnesty International conferma che l’esercito dell’Ucraina ha come obiettivo la morte e il danno dei cittadini ucraini. L’Ucraina è in realtà uno dei Paesi più corrotti d’Europa e fiumi di denaro dei cittadini e contribuenti italiani ed europei vanno a ingrossare i conti correnti di politici e oligarchi ucraini.

L’eterogenesi dei fini è una delle forme più ironiche e più amare delle vicende umane. In questo caso, essa fa sì che i “democratici” italiani ed europei sostengano anche i movimenti neonazisti al potere in Ucraina. E lo fanno mettendo a rischio i propri concittadini in nome degli interessi e della propaganda degli Stati Uniti d’America. Di fronte alla rovina dell’Italia e dell’Europa, a vantaggio degli USA e per difendere il governo fantoccio dell’Ucraina, ci sarebbero le condizioni per processare i governi in quanto colpevoli di «alto tradimento» degli interessi e della sicurezza dei cittadini.
La miseria economica, il disagio sociale, la crisi della sanità, dei servizi, della formazione sempre più diffuse in Italia e in Europa per difendere e finanziare i Quisling dell’Ucraina costituiscono una prova assai chiara della inadeguatezza, della corruzione, della menzogna che guidano le classi dirigenti del Continente, compreso il governo Meloni. Perché, ad esempio, non ci sono soldi per il bonus edilizio, per l’assunzione di medici negli ospedali, per la ricerca universitaria, per gli edifici scolastici, e invece ci sono (molti) danari per inviare armi e ogni altro strumento di guerra all’Ucraina?
Gli inventori di una Ucraina «democratica» – si tratta in realtà di uno degli stati europei più autoritari e corrotti, con radici e simpatie nazionalsocialiste – si affannano a riempirla di armi e di denaro con il rischio di portare a distruzione l’Europa. Se l’aggressore operativo è la Russia, il vero aggressore strategico è la NATO, che venendo meno agli accordi di Minsk ha ampliato il proprio controllo sull’Europa sino ai confini della Russia. È come se quest’ultima ponesse le sue basi nucleari in Canada o nel Messico. Inaccettabile.

[L’espansione della NATO dal 1998 al 2022]

Gli Stati Uniti vogliono controllare ogni azione politica che accade nel mondo, non accettano neppure come ipotesi un pluriversalismo che limiti il globalismo unipolare che tendono a imporre all’intera umanità. Una prova linguistica e semantica di tale pretesa è l’affermazione che «la comunità internazionale» stia condannando e sanzionando la Russia. In realtà, i Paesi che si sono rifiutati di sanzionare la Russia rappresentano invece l’82% della popolazione mondiale.

E tutto questo per difendere «la libertà», la «democrazia»? No, tutto questo serve a organizzare, imporre e difendere un principio e un germe totalitario che consiste nella Gleichschaltung, nell’allineamento a una sola prospettiva, nella «soppressione dei modi di pensare dissidenti, l’eradicazione di ogni pensiero non coincidente con l’ideologia dominante» (Alain de Benoist, DL 371, p. 13).
Il totalitarismo non consiste  infatti soltanto e principalmente nei mezzi che si usano ma sta nello scopo per il quale si usano. Gli strumenti possono essere assai più leggeri rispetto a quelli utilizzati dai regimi totalitari del Novecento, «mezzi meno brutali, addirittura fatti per piacere e sedurre, che vanno di pari passo con l’adozione e un apparato di sorveglianza di un’ampiezza (e di un’efficacia) mai vista. Questo si chiama pensiero unico, e ogni progetto che punta ad imporre un pensiero unico è totalitario» (Ibidem).
Gli Stati Uniti d’America costituiscono una nazione nata dal peggio dell’Europa, prosperata con il genocidio e le guerre in tutto il pianeta. Una nazione distrutta dall’illusione multiculturalista e spenta dal Politically correct. Gli USA sono una democrazia apparente, sono una società iniqua e feroce.
La corsa a essere e a mostrarsi servi degli USA e della NATO, contro gli interessi dell’Europa e dell’Italia, è una delle massime espressioni della tragedia che l’Europa vive in questo nostro tempo. I decisori politici europei sono dei veri e propri traditori al servizio di una potenza straniera e nemica, che sta muovendo guerra all’Europa.
La Russia è stata sempre amica dell’Italia. L’ingratitudine spinta sino a fornire armi ai suoi nemici è una responsabilità inaudita del governo Draghi prima e di quello Meloni dopo. Tutto questo si spiega anche con l’idolatria televisiva, con la rinuncia al pensiero, con la Società dello Spettacolo. Una società stordita, inebetita, che scatta come un burattino alle parole d’ordine e alle menzogne dei media, primo dei quali la televisione. Nonostante tale controllo mediatico, il rifiuto della guerra è netto da parte della maggioranza dei popoli e dei cittadini europei. E questo ricorda il 1914. Governi e ceti dirigenti sono oggi come allora accecati da calcoli e fanatismi che portarono alla catastrofe l’Europa.
L’immagine sopra e quella qui sotto spiegano più di tante parole che cosa sia accaduto negli ultimi decenni., una proliferazione di basi statunitensi ovunque (800 sparse in tutto il mondo), che mette a rischio l’esistenza e l’autonomia della Russia e della Cina. Pensare che questo possa accadere senza che Russia e Cina si difendano è stoltezza politica.

[Le basi statunitensi in Asia e Oceania]

Gli Stati Uniti d’America e i loro alleati non hanno il diritto di parlare di pace, semplicemente.  Non ne hanno diritto perché la politica estera degli USA dal 1945 al presente è consistita in una serie ininterrotta di guerre. Ecco un elenco delle tante guerre che gli USA hanno scatenato, per non parlare dei colpi di stato contro Paesi sovrani, come il Cile del 1973:

 -Corea e Cina 1950-53 (Guerra in Corea)
– Guatemala (1954)
– Indonesia (1958)
– Cuba (1959-1961)
– Guatemala (1960)
– Congo (1964)
– Laos (1964-1973)
– Vietnam (1961-1973)
– Cambogia (1969-1970)
– Guatemala (1967-1969)
– Grenada (1983)
– Libano, Siria (1983, 1984)
– Libia (1986)
– El Salvador (1980)
– Nicaragua (1980)
– Iran (1987)
– Panama (1989)
– Iraq (1991) (Guerra del Golfo)
– Kuwait (1991)
– Somalia (1993)
– Bosnia (1994, 1995)
– Sudan (1998)
– Afghanistan (1998)
– Jugoslavia (1999)
– Yemen (2002)
– Iraq (1991-2003) (truppe Usa e UK insieme)
– Iraq (2003-2015)
– Afghanistan (2001-2015)
– Pakistan (2007-2015)
– Somalia (2007-2008, 2011)
– Yemen (2009, 2011)
– Libia (2011, 2015)
– Siria (2014-2015)

Per quanto riguarda l’Ucraina è ormai chiaro che il gasdotto che unisce la Germania alla Russia è stato distrutto da militari USA. Una gravissima azione di guerra attuata con modalità terroristiche.
E questo perché gli Stati Uniti d’America praticano la guerra contro l’Europa. Lo fanno da tanto tempo. Adesso l’hanno proprio dichiarata. La responsabilità maggiore è dell’Unione Europa, è dei ceti dirigenti europei di “destra” e di “sinistra” – compreso il governo italiano guidato da Giorgia Meloni – che non difendono i loro popoli da un nemico così implacabile, barbaro.
Tutto questo è espressione dell’Identità che tende a cancellare la Differenza. E invece l’essere, anche quello politico, è un gioco senza fine di Identità e Differenza, nel quale nessuno dei due poli cancella, può cancellare, l’altro. Pena la dissoluzione.

Anime morte

Nikolaj Vasil’evic Gogol’
Le anime morte
(Мёртвые души, 1842)
Trad. di Natalia Bavastro
Introd. di Serena Vitale
Garzanti 1989
Pagine XX-360

Leggere gli scrittori russi è un’esperienza affascinante. Tolstoj è un’epopea della pienezza. Dostoevskij insegna sugli uomini delle verità essenziali. Solo Proust e Thomas Mann possono stargli accanto.
Accanto a Dostoevskij e in modo assai diverso da lui, sta anche Nikolaj Gogol’, le cui Anime morte parlano della Russia profonda e ci aiutano a penetrare gli enigmi di un popolo così decisivo nella storia dell’Europa. In questo romanzo il flusso narrativo, la profondità psicologica, la consapevolezza della tragedia e dell’enigma che è il vivere si compongono a delineare una compiuta antropologia.

Del romanzo Gogol’ portò a termine, e conservò, solo la prima parte; della seconda rimangono i primi capitoli e alcuni frammenti  con molte lacune. Il resto non si sottrasse al rogo decretato dallo stesso Autore mentre la terza parte – una sorta di inutile poema del riscatto – non venne mai scritta.
Quello che rimane è un capolavoro. Ci troviamo a viaggiare per la vasta Russia insieme a Pavel Ivanovic Čičikov. Nulla sappiamo all’inizio di questo personaggio, se non qualcosa delle sue fattezze rotonde e banali e dei suoi modi cortesi e affettati. Neanche i luoghi hanno un nome ma in essi Čičikov cerca, tratta, acquista delle anime morte, vale a dire quei servi della gleba deceduti fra un censimento e l’altro ma sui quali i possidenti pagano ancora le tasse. Perché Pavel Ivanovic le vuole? Per dimostrare di essere anche lui un possidente e ottenere il prestigio e le agevolazioni governative che tale condizione comporta.
Solo alla fine della prima parte si viene a sapere qualcosa di più sul protagonista, sulla sua infanzia triste, sui pessimi educatori, sulla tenacia da lui dedicata alla carriera nell’Amministrazione dello stato e sui frutti della corruzione esercitata nei vari uffici in cui si era trovato a lavorare. Prima però Čičikov ha modo di farsi amare, stimare e poi calunniare dai funzionari – e dalle rispettive mogli – della città, portando comunque a termine la sua impresa. Nella seconda parte (ripeto, frammentaria) crescono l’ambizione e le disgrazie fino a un arresto ignominioso e a una rocambolesca liberazione…
Gogol’ definì il proprio romanzo «un poema» e della Divina Commedia quest’opera non ha solo il progetto iniziale in tre parti ma anche una vera e propria discesa nei gironi della volgarità umana, di quella che in russo si chiama poölost. Compito dello scrittore è infatti descrivere 

tutto ciò che ogni minuto si trova davanti agli occhi di tutti e che gli occhi indifferenti non vedono affatto -tutta la terribile e irritante melma delle meschinità che impastoiano la nostra vita, tutta la bassezza dei caratteri freddi, invertebrati, quotidiani, che brulicano sul nostro cammino terreno, talvolta amaro e tedioso… (p. 125).

Le forme che la volgarità assume nel mondo possono essere tante, alcune tipiche di un luogo e di un tempo, altre eterne. La maldicenza, ad esempio, il pettegolezzo del quale nel IX capitolo viene delineato un magnifico ritratto; oppure la corruzione, le tangenti, il denaro chiesto per svolgere semplicemente il proprio dovere.
La giustificazione che viene data del malaffare è davvero quella di sempre: «ho approfittato del superfluo; ho preso là dove ognuno avrebbe preso; se non avessi approfittato io avrebbero approfittato gli altri» (230). È la giustificazione di tutti i ladri della cosa pubblica. Al di là delle proprie posizioni ideologiche e delle idiosincrasie Gogol’ offre un quadro efficace, reale della situazione della Russia alla metà dell’Ottocento, prima che il servaggio venisse abolito e dopo la guerra napoleonica. Ma è insieme un quadro talmente originale e complesso da far sì che il romanzo sia stato rivendicato sia dagli slavofili sia dagli occidentalisti. E in effetti la Russia dei servi della gleba appare qui in mano a possidenti o inetti o corrotti o del tutto idioti ma è una Russia in ogni caso più ricca e produttiva di quella comunista e del Novecento:  i beni ci sono, le terre offrono grano e tanti altri generi, le potenzialità sono enormi. Gogol’ sembra diffidare delle proposte innovative che venivano dai liberali e spesso le loro idee subiscono la satira più feroce, mentre – nella seconda parte – uno dei personaggi migliori è un possidente tradizionalista e però estremamente efficiente.
Ciò che sempre traspare è comunque un grande amore verso la nazione e la civiltà russe. L’immagine che conclude la prima parte è fra le più belle. La Russia vi viene descritta come una troika lanciata a folle velocità nella storia mentre «gli altri popoli e gli altri paesi si fanno da parte e liberano la via» (240).

C’è qualcosa che va oltre Čičikov e il suo commercio di anime, che va oltre la terra russa e il suo destino, ciò che fa di Gogol’ un autore universale. È la riflessione quasi ossessiva sugli umani. L’Autore osserva e descrive con minuzia non soltanto gli oggetti, gli ambienti, i paesaggi ma soprattutto i caratteri, non disdegnandone nessuno «e fissandogli addosso il suo occhio indagatore», come egli stesso afferma in una dichiarazione di poetica (234).
Il risultato di tale indagine è analogo a quello di Dostoevskij: l’umano come enigma impossibile da sciogliere, l’uomo come un ente capace di qualunque cosa, pensiero, azione: «È forse verosimile?…Tutto è verosimile, tutto può avvenire in un uomo» (120) e come un refrain ricorre spesso l’esclamazione «va’ a capire qualcosa dell’uomo!» (198).
Diversamente da Dostoevskij, però, il tono dominante in Gogol’ è l’ironia, il grottesco, il divertimento. Certe pagine, così come alcuni personaggi o battute, sono irresistibili. Finché, procedendo, tutto diventa più serio e drammatico e il libro si conclude con un severo e appassionato discorso del governatore generale ai suoi funzionari, discorso inquietante nella sua attualità per alcune nazioni e alcuni governi: «È giunta l’ora di salvare la nostra terra…ormai accanto all’ordine di cose legittimo se ne è formato un altro, molto più forte di quello legittimo» (360).
Ma la grandezza, la lucidità, di Gogol non è politica, non è morale. È piuttosto uno sguardo talmente plastico, verosimile e ironico sull’umano da poter dire, con Cioran, che «noi amiamo in lui la ferocia, il disprezzo degli uomini, la visione di un mondo condannato» (La tentazione di esistere, Adelphi 2022, p. 177). Noi amiamo in lui lo gnostico.

Ždanov è tra noi

Ždanov è tra noi
Aldous, 16 gennaio 2023

La cancel culture è l’ennesima forma di zdanovismo, la quale in nome – come al solito e come sempre – dei valori, della giustizia, del bene, censura secoli di filosofia, di ricerca, di scienza per la ragione che i loro protagonisti sono stati «maschi, bianchi, proprietari, schiavisti». Dall’Inquisizione dei Papi all’inquisizione «Woke» e «Black Lives Matter» passando per l’inquisizione staliniana, la storia dell’Occidente è piena di esempi di bacchettoni che cercano di imporre a filosofi e artisti la propria bêtise.
L’ελευθερία greca della quale parla Giorgio Colli è invece la libertà di pensare, di scrivere, di dire qualsiasi cosa, libertà senza la quale le società umane sono e rimangono un formicaio di obbedienti, una triste accozzaglia di buoni.
La vicenda dell’opera lirica tratta dal racconto di Gogol’ Il naso, composta da Šostakóvič nel 1927 e censurata dal regime sovietico, è un buon esempio di tutto questo. Il regista russo Andrey Khrzhanovskiy ne ha tratto un film bello ed emblematico: Il naso o la cospirazione degli anticonformisti.

Vandali

Una guerra politicamente corretta
Aldous, 26 ottobre 2022

Le post-verità (o più semplicemente le bugie) del potere politico e mediatico contemporaneo si inscrivono dentro l’ampia palude del politicamente corretto, della cancel culture, della cosiddetta ideologia woke, la cui radice è l’odio per le differenze, il bisogno di una ortodossia morale ed esistenziale di fronte alla quale la stratificazione della storia, la pluralità dei linguaggi, la bellezza dell’arte e la forza del pensiero devono essere annichilite in nome del Bene supremo dell’uniformità.

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