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Democrazia?

Le recenti elezioni politiche portoghesi hanno visto la vittoria di una sinistra critica nei confronti dell’Europa delle banche. È bastato questo perché il presidente della Repubblica -Anibal Cavaco Silva- attuasse una sorta di colpo di stato, affidando la formazione del governo alle forze sconfitte, favorevoli alla Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale).
Come si sa, in Grecia la volontà dei cittadini è stata calpestata in vari modi.
Se in Italia il Movimento 5 Stelle vincesse le elezioni, ipotizzo che la conseguenza sarebbe un colpo di stato anche violento, orchestrato dalle massonerie e dalle mafie che dominano i partiti -in primo luogo Forza Italia e il Partito Democratico-, le quali stanno letteralmente spolpando la nostra società e la nostra economia.
Sono, questi, alcuni degli eventi che provano come di fatto la democrazia in Europa non esista più, sostituita dalla Troika, dai criminali della finanza. Un processo che consegue dalla vittoria del liberalismo totalitario, il quale in tutto il mondo sta distruggendo con inesorabile miopia culture, differenze, libertà, popoli, pensiero, economie. Lo fa non soltanto con le armi che uccidono i corpi ma anche e soprattutto con l’enorme «manipolazione di massa che è in atto nel mondo occidentale con lo scopo di annientare tutti gli anticorpi in grado di ostacolare la diffusione del pensiero unico liberale, molla e, nel contempo, veicolo del più grande progetto di colonizzazione e sradicamento che l’umanità ha conosciuto» (M. Tarchi, in Diorama letterario, n. 324, p. 3).
È questo imperialismo liberista a produrre fenomeni apparentemente antitetici ma di fatto convergenti verso il tramonto del pensiero. Così nasce anche l’ISIS, che ha tra i suoi scopi il cancellare la memoria storica e i documenti antropologici di intere civiltà la cui struttura è stata o è diversa rispetto all’economicismo ultraliberista. E infatti, a proposito di Palmira e di altre grandi città, Tarchi ha ragione a osservare che

non vi è dubbio che chi rispondesse che, per quanto tragica sia la perdita di vite umane, la cancellazione della testimonianza di una civiltà fiorita due millenni orsono sarebbe un crimine ancor più orrendo, perché attenterebbe alla memoria collettiva di interi popoli, che trascende la somma delle individualità che li hanno composti, sarebbe inchiodato al muro della vergogna mediatica e trattato alla stregua di un cinico barbaro, privo di sentimenti e di spirito civico (Ivi, p. 1).

Analoga a tale devastazione è quella che gli organismi finanziari dominanti esercitano sui lacerti di democrazia appesi al gancio dell’estremismo liberista. Assai chiaro è quanto «ha detto senza fronzoli Jean-Claude Juncker, portavoce degli strangolatori liberali e in subordine presidente della Commissione europea, ‘non ci può essere scelta democratica contro i trattati europei’ (sic)» (A. de Benoist, ivi, p. 6).
Una frase che ha il pregio della chiarezza.

Porto / Luz

Visitando la mostra Porto Poetic è sorto il desiderio di vedere questa città. Magnifica città che dalle mura/case settecentesche sulla riva del Douro sale verticalmente diventando liberty, déco, imperiale, azulejos, avenidas, parchi. Zeppa di chiese tracimanti di legno, di oro e di una sfacciata sofferenza. La passione dell’uomo crocifisso è infatti mostrata in tutte le maniere e con un realismo a volte rivoltante. Dalle steppe russe all’estremo occidente, l’Europa è la terra dei cristiani. Non c’è niente da fare. Ma questa fede così violenta ha saputo per fortuna creare anche edifici di bellezza, spazi aperti e chiusi nei quali si sono avvicendati stili, forme, architetture, suoni, immagini, guerre e feste. Nel Portogallo come altrove tutto questo è diventato città. La medioevale vicina Guimarães è infatti anch’essa colma di edifici sacri, di palazzi, di croci e monasteri. Ma anche di architetture e di giardini che assorbono la luce.
Come, tornando a Porto, la Burgo Tower di Eduardo Souto de Moura, la cui seriale semplicità si mescola e si discosta dagli analoghi edifici che la circondano; la sghemba, straordinaria e labirintica Casa da Música di Rem Koolhaas, dal cui auditorium principale si vede la città e nei cui anfratti nulla è lasciato al caso; lo splendido Museu de Arte Contemporanea di Álvaro Siza Vieira, ovunque luminoso dentro la luce del Parco nel quale è immerso. Parco che contiene anche la Villa Déco progettata da José Marques da Silva per Carlos Alberto Cabral, una delle abitazioni più belle che abbia mai visitato. E poi il fiume, l’oceano, i ponti. E la pulizia di Porto, la gentilezza e la buona educazione dei suoi abitanti, che in varie occasioni hanno salvato il visitatore da errori e distrazioni. Abitanti certo meno agiati degli italiani ma da nessuna parte ho sentito schiamazzi o voci altissime in luoghi pubblici. Ovunque invece pulizia e dignità. Ogni volta si comprende meglio quanto volgare sia diventato il nostro Paese. Ma anche questa malinconia si può stemperare nelle cantine di Vila Nova de Gaia, nel gusto del Porto, un vino luccicante e dolce come la terra che lo genera.

 

Pura forma che si fa poesia

Porto Poetic
Palazzo della Triennale – Milano
A cura di Roberto Cremascoli
Sino al 27 ottobre 2013

Un progettare e un disegnare di apparente semplicità, il cui risultato è pulitissimo, raffinato, geometrico. E funzionale. L’opera di Álvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura è infatti attenta alla specificità dei luoghi nei quali le architetture sorgono e della funzione che gli oggetti svolgono. Dalle chiese alle sedi universitarie, dalle terme alle biblioteche, dalle piscine agli stadi di calcio, dai musei alle stazioni della metropolitana, dai conventi ai palazzi privati, dai ristoranti alle biblioteche, dalle sedie agli armadi e agli arredi da bagno, le strutture e gli oggetti di questi architetti sono profondamente rispettose sia del singolo che ne deve fruire e le deve abitare/attraversare sia dell’ambiente storico e naturale dentro il quale prendono vita, spazio, respiro.
La Chiesa di Santa Maria a Marco de Canaveses possiede la mistica verticalità del gotico; le piscine e il lungomare di Leça da Palmeira sono suggestive nella loro continuità tra la sabbia, il mare, gli invasi, il cemento, le rocce; l’edificio Burgo di Oporto è un parallelepipedo perfetto e affascinante; il Convento das Bernardas di Tavira è uno spazio di meditazione nel quale l’acqua è sacra; lo stadio di Braga è unito alla roccia nella quale è immerso. Quando la progettazione si sposta in Corea e in Brasile, cambiano le dimensioni e le forme perché altri sono i luoghi e altra la loro sinuosa imponenza. La più giovane scuola architettonica portoghese, documentata anch’essa assai bene dalla mostra, segue e rinnova l’impronta dei due maestri.
Il Movimento Moderno in architettura richiede degli artisti e non dei tecnici. È questo il suo limite ed è questa la sua forza. Álvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura sono gli artisti che del Moderno hanno colto ed espresso il bisogno di nitore, la pura forma che si fa poesia.

 

 

 

Africa / Europa

Angola
di Bonga Kwenda e  Bernard Lavilliers
da Hora Kota (2011)

«C’est le blues d’Angola / mineur et solitaire / qui nous vient de Luanda / c’est un chant de poussière» intona Bernard Lavilliers, in un controcanto che alla dolce profondità del francese alterna la voce roca, malinconica e potente di Bonga. Tra il Portogallo e l’Africa suoni che danzano, vita che fluisce, ritmo che affonda nella terra e nella memoria.

[audio:Bonga_Angola.mp3]

A religiosa portuguesa

di Eugène Green
Con Léonor Baldaque, Ana Moreira, AdrienMichaux, Beatriz Batarda, Eugène Green, Aldina Duarte
Portogallo/Francia, 2009


Una troupe francese gira un film a Lisbona. Julie interpreta il ruolo di una monaca combattuta tra misticismo e carnalità. A poco a poco la città la seduce, gli incontri la trasformano, la rendono felice.
Il film è recitato in maniera volutamente enfatica e solenne -proprio al modo del teatro secentesco, secolo in cui è ambientata la storia della religiosa portoghese- con gli attori che spesso guardano direttamente in macchina nell’alternarsi dei primi piani. I dialoghi sono intessuti di riferimenti colti e di autoironia, come questo scambio iniziale tra il portiere dell’albergo e l’attrice: «-Non conosco i film francesi, sono per intellettuali -Ma a Lisbona i nostri film sono popolari -A Lisbona ci sono molti intellettuali; la grande città ha i suoi inconvenienti». Vera protagonista è la meravigliosa capitale lusitana, vista negli angoli suoi più intimi e nell’imponente paesaggio del Tago.

Portogallo Italia

Una povera dittatura provinciale. Questo fu il Portogallo di Salazar per alcuni decenni. Un Paese clericale in mano a un primo ministro con pieni poteri, in perenne recessione economica, isolato dall’Europa, nel quale l’esercito controllava le strade. Un Paese con aspirazioni ancora coloniali ma piccino piccino. Nato nel 1922, Josè Saramago conobbe bene tale regime e vi si oppose. È forse anche per questo che ha descritto l’infamia italiana con parole terribili, tra le quali: «Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche culture europee. (…) Non c’è chi non sappia in Italia e nel mondo intero che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa abiezione».

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