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Sciascia / Marpessa

FERDINANDO SCIANNA
Viaggio Racconto Memoria
Palazzo Reale – Milano
A cura di Paola Bergna, Denis Curti, Alberto Bianda
Sino al 5 giugno 2022

In cinquant’anni di immagini, Ferdinando Scianna ha scattato più di un milione di fotografie. Ma, dichiara, «pochissime sono le foto buone». In effetti, qualunque mostra fotografica -tanto più se l’autore è molto noto- costituisce un distillato dello sguardo incessante che indaga le forme del mondo e da esso cerca di ricavare senso, simbolo, bellezza. Nonostante le sue dichiarazioni sul primato del reale rispetto alle immagini, nonostante le affermazioni per le quali «le fotografie non sono metafore» poiché «mostrano, non dimostrano», la più parte delle opere di Scianna sembrano in realtà costruite; non emergono dal mondo ma lo plasmano con degli obiettivi ben precisi per quanto ogni volta diversi in relazione ai soggetti: paesaggi, umani, ritratti, moda, feste, lavoro, solitudini. Emblematica una immagine dal titolo Mantova, 1991 nella quale una serie artificiosa di specchi inquadra una donna, le sue cosce, in una fuga che fa pensare a Velázquez.
Scianna scrive molto e dichiara apertamente che «fare libri è diventata la ragione e l’ossessione essenziale della mia esistenza e del mio lavoro». Esistenza e lavoro che si sono aperti ai luoghi più diversi del pianeta ma che trovano nella Sicilia il loro vero centro estetico ed esistenziale: le feste religiose, la nebbia di Enna, gli umani di Bagheria (città natale del fotografo), il latifondo e il mare, la solitudine e l’arcaico, il Sole. Al quale Scianna dice di essere interessato «soltanto perché fa ombra». Ma per un siciliano sole e ombra sono inseparabili, sono la stessa realtà, sono il «barbaglio della promiscuità» che sfocia «in una limpida e attonita sfera» (Ungaretti). Lo si vede anche nei tagli di luce che chiudono il loro raggio illuminando un cane solitario tra le strade di Valencia.
Il «sentimento del tempo» di Ungaretti è simile a quello che prova Scianna quando vorrebbe «fermare il tempo, non fosse che per un istante». L’istante maschile/femminile, femminile/maschile che si coniuga in due delle migliori espressioni della sua arte, che sono anche due nomi: Leonardo Sciascia e Marpessa Hennink.
Coniugare uno dei massimi scrittori del Novecento e una modella olandese può sembrare bizzarro e tuttavia è su questi due corpi, sui loro volti e posture, che Scianna ha dato il meglio di sé: Marpessa è la femmina, nella sua potenza sensuale divertente distante funerea e maliziosa. Sciascia non è Sciascia, Sciascia è il pensare dei siciliani, il loro «sentimento» che in siciliano significa appunto anche «pensiero».
Entrambi, Sciascia e Marpessa, sono emblema di ciò che emerge con chiarezza nell’immagine forse più singolare di questa mostra, scattata a Bagheria nel 1972: una testa sorridente e quasi divertita, che emerge da alcune ghirlande di un funerale. La femmina, il maschio, la morte, la Sicilia, la gloria e il disincanto, l’ovunque.

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