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Vi presento il Capitale

Vi presento Toni Erdmann
(Toni Erdmann)
di Maren Ade
Germania-Austria 2016
Con: Peter Simonischek (Winfried / Toni Erdmann), Sandra Hüller (Ines), Thomas Loibl (Gerald), Trystan Pütter (Tim), Michael Wittenborn (Hennenberg), Vlad Ivanov (Iliescu)
Trailer del film

Winfried Conradi non è più giovane ma ama scherzare come un ragazzino, con parrucche, denti finti e aggeggi vari. Bada anche all’anziana madre e a un cane ancor più vecchio. La figlia Ines è una consulente aziendale, sempre in giro per il mondo e totalmente concentrata sul proprio lavoro, che sostanzialmente consiste nel preparare le condizioni per delocalizzare le aziende e licenziare delle persone. Adesso si trova a Bucarest. Winfried le si presenta all’improvviso, con la motivazione del compleanno di lei. Il padre osserva Ines, i suoi ritmi, gli sguardi, il lavoro, la fragilità e la ferocia. Dopo pochi giorni sembra ripartire e invece ricompare nelle vesti di Toni Erdmann, un bizzarro consulente-coach. Ines è costretta a presentarlo in questa veste ai suoi colleghi e amici. La travolgente e amara allegria di Toni Erdmann non servirà forse a ricomporre il legame tra padre e figlia ma sarà utile a indurre finalmente Ines a guardare davvero il tessuto dei propri giorni, il significato della vita.
Riassunto così, sembra un film psicologico e intimista. E invece è -soprattutto nella prima parte- una attenta ed esatta descrizione della brutalità del Capitale. I soggetti che lavorano alla liquidazione delle aziende utilizzano la lingua dell’anglofinanza, ben adatta a mascherare dietro termini asettici la rovina del corpo sociale. I soggetti che lavorano alla liquidazione delle aziende guardano soltanto al profitto come stella polare dei loro pensieri e delle azioni. I soggetti che lavorano alla liquidazione delle aziende si comportano al modo dei software: programmati, prevedibili, freddi. Gettato in tale mondo, il calore triste di Toni Erdmann osserva con stupore, ne comprende alcune forme se non proprio i significati, reagisce con l’istinto della vita rispetto alla morte.
Quando il padre accenna a tutto questo, Ines risponde con sarcasmo, rifiutando parole come «senso, felicità, esistenza». E a un certo punto si ascolta una domanda che non pensavo il cinema potesse ancora porre al capitale finanziario: «Ma tu sei un essere umano?».
La radicalità dell’interrogativo esprime con l’efficacia della sintesi la struttura reificata dell’economia contemporanea, la sua natura alienata (sì, i termini marxiani sono ancora attuali). Alla ricerca dei propri corpi cancellati dall’ossessione finanziaria, i personaggi cadono inevitabilmente nella volgarità di forme trasgressive assai banali, dalle quali escono più storditi di prima. L’evolversi dell’intreccio narrativo conferma quanto difficile sia rimanere svegli dentro il sonno del denaro.
Lo è stato anche per il pubblico dell’arena Adua di Catania, il quale sorpreso, sconcertato e irritato ha cominciato ad andarsene. Probabilmente ci si aspettava un film familiar-sentimentale e ci si è ritrovati davanti a un’opera politica. Toni Erdmann è certamente anche un film sentimentale, lo è però nel significato completo della parola. Ed è anche pieno di divertimento. Lo stile è quello del gruppo Dogma di Lars von Trier, anche se molto temperato. In ogni caso un film lento -anche questo ho sentito- rispetto alla banale frenesia del cinema statunitense.
Il corpo sociale (il pubblico medio) è talmente anestetizzato dalla bidimensionalità, frammentarietà e velocità degli schermi facebookiani e della pubblicità televisiva da non riuscire a sostenere opere che abbiano un minimo di profondità stilistica e analitica.

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